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IL MESSAGGIO DEL VESCOVO BENIGNO LUIGI PAPA PER LA QUARESIMA

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Messaggio per la quaresima
«SOBRIETÀ E USO SAPIENTE DEL DENARO»
desidero incoraggiare tutte queste persone perché, al di là delle divisioni ideologiche e di appartenenza partitica, sappiano trovare unità di intenti per il superamento della crisi.


Come tema di riflessione e di verifica per il tempo della Quaresima di quest’anno ho pensato di proporre a tutta la comunità cristiana e agli uomini di buona volontà la riscoperta della virtù della
sobrietà e il saper fare un uso sapiente del denaro.È un tema questo che, specie in Quaresima, è sempre stato oggetto di attenzione pastorale da parte della Chiesa ed è presente, sin dalle origini dell’età apostolica, come tema di catechesi nei Vangeli e negli altri scritti del Nuovo Testamento. Ho ritenuto opportuno riproporlo, perché la crisi economica che attraversiamo, il triste fenomeno dell’usura di cui sono protagonisti e vittime tanti cittadini del nostro territorio e l’amara constatazione che non sempre si sa fare un uso buono del denaro – persino da parte di persone e famiglie che versano in precarie condizioni economiche – impongono una seria riflessione su questi temi di interesse vitale che abbia anche una ricaduta positiva sul piano educativo nei confronti delle nuove generazioni.Constatiamo con vivo compiacimento come in questo momento difficile dal punto di vista economico i responsabili della cosa pubblica, gli economisti, gli imprenditori, i sindacalisti mettano in atto tutte le loro competenze per favorire la ripresa economica. Io desidero incoraggiare tutte queste persone perché, al di là delle divisioni ideologiche e di appartenenza partitica, sappiano trovare unità di intenti per il superamento della crisi. Come Pastore della Chiesa sono molto preoccupato della perdita del lavoro da parte di moltissime persone, giovani e adulte, per le drammatiche conseguenze che questo ha sia per la nascita di una famiglia sia per la vita nella famiglia e perché è messa a rischio la dignità stessa della persona e la sua cittadinanza sociale. Resto sempre convinto che, nel nostro territorio, il primo dovere di chi ha la responsabilità di governare il bene comune sia favorire la possibilità del lavoro e la stabilità del lavoro. molto importante che la crisi economica attuale – che ha messo in discussione il sistema di sviluppo che si è organizzato nella nostra società – sia colta da tutti come un’opportunità per ripensare in maniera approfondita quale sia la gerarchia dei valori su cui si intende costruire la propria vita e di conseguenza quale sia la modalità con la quale rapportarsi alle realtà terrestri. Per noi cristiani è un dovere dal momento che siamo nel mondo ma non siamo del mondo, e come Gesù ha affrontato e superato la triplice tentazione dell’avere, del potere e dell’apparire (cf Lc 4,1-13), così anche noi – pur essendo sedotti da una cultura che propone come modello di vita l’avere, il potere e l’apparire – dobbiamo riuscire vittoriosi da questa prova ricordando, tra l’altro, che i beni di questo mondo sono realtà buone, positive, che ci vengono date come mezzo per vivere e per vivere dignitosamente, ma non possono essere scambiati per il fine della vita. Gesù, infatti, con la nota parabola dei talenti (cf Mt 25,14-30) incoraggia a saper utilizzare e far fruttificare i beni di questo mondo mettendo in atto tutte le proprie capacità personali che consentono di migliorare le condizioni di vita sociale, ma dice che è da persone stolte pianificare il futuro della vita umana in cui non c’è alcun posto per Dio nella presunzione che si possa disporre della propria vita e che la si creda al sicuro puntando esclusivamente sull’accumulo di ricchezze amministrate senza alcun riferimento a Dio e agli altri, in una logica di egoismo puro. Voglio citare per esteso questa parabola di Gesù: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (Lc 12,16-21).Questa parabola dello stolto agricoltore è l’icona dell’uomo di affari di oggi che, con spregiudicatezza e senza alcuna norma etica, si illude di vivere il più a lungo possibile, nella soddisfazione di tutti i piaceri, senza preoccupazione alcuna per i legami sociali con gli altri. La lezione è chiara: non possiamo fare del denaro una realtà assoluta a cui tutto debba essere subordinato. Soltanto se facciamo di Dio il tesoro a cui leghiamo il nostro cuore (cf Lc 12,34), guidati dalla sua legge, siamo nella possibilità di garantire la nostra libertà e di saper fare un uso corretto del denaro e, in genere, di tutti i beni terreni. Diversamente, tolto Dio dalla nostra vita, facciamo del denaro un Dio e non si può servire a Dio e alla ricchezza (cf Lc 16,13).Sulla base di questo insegnamento di Gesù la Chiesa apostolica ha affermato che la condotta dei cristiani deve essere aliena dall’avarizia (cf Eb 13,5) perché essa è una forma di idolatria (cf Col 3,5) che è in stridente contrasto con la condizione dei battezzati (cf Col 2,20-3,15). Una costante della catechesi apostolica è l’invito alla sobrietà. Essa è presente nei primi scritti del Nuovo Testamento (cf 1Ts 5,6.8), nella prima lettera di Pietro (cf 1,13; 4,7; 5,8) e nelle lettere pastorali di Paolo (cf 1Tm 3,1-2; 2Tm 4,5; Tt 2,2). È un invito motivato dalle necessità di mantenere viva la relazione con Dio (cf 1Pt 4,7) e la relazione con le altre persone umane (cf 1Tm 3,2).Accanto alla sobrietà troviamo in Paolo l’affermazione che la temperanza e il dominio di sé sono un dono dello Spirito (cf Gal5,23) e la proposta a sapersi anche accontentare di quello che si ha (cf 1Tm 6,6-10) è suffragata dal suo stesso comportamento: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione; so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (cf Fil 4,11). Questa testimonianza di Paolo è interessante perché insegna che chi ha trovato in Dio il proprio tesoro è capace di fare anche scelte di povertà volontaria.Pellegrini sulla terra, animati dalla grande Speranza che ci permette di essere promotori e realizzatori di speranze intra-mondane finalizzate allo sviluppo autenticamente umano di ogni uomo e di tutti gli uomini, dobbiamo essere attenti ad arricchire davanti a Dio(cf Lc 12,21) con uno stile di vita disponibile alla condivisione (cf Gal 6,2), alla solidarietà (cf Gv 13,34), certi di ricevere da Dio «una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi» (1Pt 1,4). Questi pochi accenni di catechesi biblica sull’uso dei beni di questo mondo sono sufficienti per far comprendere quanto sia utile anzi necessario motivare eticamente le scelte economiche che si fanno a livello sociale, famigliare e personale. Il Vangelo per i cristiani e la legge naturale per tutti sono i parametri a cui fare riferimento nel discernimento che chiama in causa ogni singola persona e comunità. Mi permetto soltanto di segnalare che, nei momenti di crisi economica come quella che attraversiamo, le scelte prioritarie da privilegiare sono quelle che riguardano la promozione della persona umana che è la più grande risorsa che noi abbiamo e gli investimenti sul versante di essa sono sempre produttivi anche se a lunga a scadenza: «in effetti la principale risorsa dell’uomo insieme con la terra è l’uomo stesso. È la sua intelligenza che fa scoprire le potenzialità operative della terra e le multiformi modalità con cui i bisogni umani possono essere soddisfatti.[…] Se un tempo il fattore decisivo della produzione era la terra e, più tardi, il capitale […], oggi il fattore decisivo è sempre più l’uomo stesso e cioè la sua capacità di conoscenza che viene in luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità di intuire e soddisfare i bisogni dell’altro» (Centesimus annus 32).Fratelli e sorelle carissimi, la quaresima vissuta come cammino verso la Pasqua, ci offre la prospettiva giusta secondo cui riflettere sulla tematica proposta: il Signore Gesù è la via, la verità e la vita (cf Gv 14,6), alla sua luce vediamo la luce sulle scelte da compiere nella vita di tutti i giorni. Chiediamo a Lui il dono del Suo Spirito perché le scelte che facciamo siano finalizzate al nostro
vero bene nel tempo e nell’eternità.Condividendo con voi il cammino della fede e il travaglio del discernimento, vi benedico tutti di cuore affezionatissimo in Cristo


X Benigno Luigi Papa Metropolita di Taranto

a Taranto, dal Palazzo Arcivescovile, il giorno 17 febbraio, mercoledì delle Ceneri, dell’anno 2010, XX di Episcopato




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