Parrochia Cristo Re


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FESTA DELLA DONNA

AZIONE CATTOLICA

PARROCCHIA CRISTO RE
AZIONE CATTOLICA ITALIANA


Come ogni anno, in occasione della festa della donna, l’Azione Cattolica organizza, oltre alla Mostra del libro, la scoperta di una donna che si è particolarmente distinta per il suo impegno.
Quest’anno scopriremo la figura di

SUOR IRENE STEFANI

attraverso la testimonianza di

Suor Mariangela Mesina,
suora della Consolata.

Tutti, soci e non soci, siamo invitati a scoprire una donna sulla strada della santità, sabato 12 marzo alle ore 19,15 in un salone della parrocchia.

La presidente, il parroco
e il consiglio


Suor Irene Stefani: LA VITA
Suor Irene Stefani fu una delle prime giovani che entrarono nell’istituto delle Suore missionarie della Consolata, fondato a Torino nel 1910 dal Beato Giuseppe Allamano che nel 1901 aveva già dato inizio all’Istituto dei Missionari della Consolata.
Nacque ad Anfo, Brescia, il 22 agosto 1891. A vent’anni, affascinata dall’ideale missionario, si diresse a Torino per rispondere alla chiamata del Signore, già intensamente amato. Emessi i primi voti il 29 gennaio 1914, ricevette presto il “mandato” per la missione del Kenya che raggiunse nel gennaio dell’anno seguente.
In Africa visse la carità fino all’eroismo. Durante la prima guerra mondiale (1915-18) negli ospedali militari in Kenya e Tanzania ufficialmente era infermiera crocerossina, ma lei si faceva serva, mamma e sorella di tutti e si dava a tutti con uguale amore. Suor Irene divenne subito, come la chiamerà un colonnello medico, l’ “angelo” di quei poveri uomini derelitti e malati, chiamati a combattere per una causa che non era la loro; mentre curava il corpo annunciava l’amore di Dio per ogni uomo. Instancabile e sempre sorridente affrontò le situazioni più tragiche, come quando le epidemie a Kilwa stroncavano anche cinquanta vite al giorno. Ormai aveva imparato a non crollare più di fronte a nulla.
La vita feriale e faticosa nella missione di Ghekondi (1920-30), non le riservò un minuto di riposo. Chi ne ricorda ancora la figura scattante ne indica pure la molla: “Era l’amore che la spingeva”, un amore che rese totale la sua dedizione. Si rivestiva delle gioie e dei dolori della gente proprio come una mamma, così che venne chiamata “Nyaatha” ossia” madre misericordiosa”.
Nell’ottobre 1930, di fronte ai bisogni immensi dell’evangelizzazione, chiese ai superiori di offrire la sua vita per la missione. Due settimane dopo a Ghekondi, nell’assistere un ammalato di peste che le morì tra le braccia, contrasse il male che il 31 ottobre la condusse alla morte. Nel vaneggiamento “missionario” delle ultime ore ripeteva ancora in kikuyu il messaggio della Salvezza. Aveva 39 anni.
Attualmente è in corso a Roma la Causa per la sua beatificazione.



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