Parrocchia dei SS.Pietro e Paolo di Luino
La forza dell'abitudine
da Camminiamo Insieme - anno 18, n.36 del 29/04/2001-
Sabato Santo mattina un buon numero di persone ha risposto
alla proposta di dedicare un'ora di preghiera con Maria, seguendo l'invito
del nostro Arcivescovo. Pochi si muovono dalle panche, anche se sono invitati
a recarsi nelle varie cappelle, per accogliere l'aiuto che gli affreschi o
le statue offrono alla preghiera. E' normale, è una vita che uno viene
in chiesa prende posto o, a volte, il suo posto. Ora non ha molto senso mettersi
a leggere un foglio, senza sfruttare un metodo nuovo per avviarsi alla preghiera.
Prendo questo spunto perchè l'abitudine, mentre per un verso ci facilita
, per l'altro può diventare rischio di ripetizione infinita di parole,
gesti, situazioni...
A volte debbo costringermi a vedere, a guardare, ad osservare,
perchè mi accorgo di comportarmi come un automa, programmato per schivare
un ostacolo, prendere una direzione, rispondere ad un saluto...A volte mi
risveglia uno scorcio, mi sollecita il calore di un incontro, mi orienta la
decisa testimonianza. Mi aiuta il paesaggio, un dipinto, uno scritto.
Tutto questo è preparatorio a tutto ciò che è
importante. Con i familiari il rischio dell'abitudine penso sia uno dei più
gravi. Si arriva a ritenere soddisfatto ogni nostro compito quando abbiamo
accudito l'altro. Vedere è uscire dal mio mondo, dall'aver ragione,
dai miei sentimenti, per accorgermi di chi ho vicino.
Amare il prossimo penso sia, prima di tutto, vedere il recinto
che racchiude la mia vita e la difficoltà ad incontrare l'altro. Frammezzo,
c'è il mio territorio delimitato dalla preoccupazione di difesa, garanzia,
protezione. A Pasqua ho scritto che su questa palizzata c'è il Cristo
Crocifisso a chiedermi di usare quei legni, ostacolo per l'incontro, per lanciare
un ponte e stabilire finalmente la comunicazione. E questo ancora una volta
è possibile se ho il coraggio di vedere, guardare l'altro, familiare
o amico. Prima di qualsiasi intervento o parola, vedere è prendere
in considerazione, accorgermi che lui o lei è lì con la sua
storia che, come la mia, chiede di essere guardata.
A questo punto avviene qualcosa di grande, inedito, che fa
bene: si rompe l'abitudine a dire, fare, trattare, per inaugurare l'inedito,
il nuovo. E' forse per questo che i giovani oggi vogliono sempre la novità
e reagiscono al ripetitivo e consueto: si usa, è il tuo dovere. Abbiamo
dato loro un senso di prefissato dove non c'è spazio per il cuore,
la mente, le parole, il gesto, la vita. Anche loro diventano abitudinari nelle
loro manifestazioni, esperienze, amicizie, perchè la sola intuizione
del nuovo, non basta se non ci si accorge che ciò che fa ripetitivi
è appunto quell'egoismo che è vecchio nel giovane come nell'adulto.
Se, superato e vinto, ha il potere di rendere vivo e nuovo, fresco e intuitivo,
geniale e simpatico, anche il più anziano.
La forza dell'abitudine non è nelle cose, nel tempo,
negli ambienti, è in un "io" ancora prigioniero di un recinto
che la decisione di tanti ha già abbattuto.
don giorgio