Testimonianze...

Don Marco in Kenya È come essere a Betlemme... Una campana per Lodokejek

Un giorno a Nairobi

Come possiamo aiutarlo?      

Lodokejek, tradotto in italiano, significa "gambe sanguinanti", perché si trova nelle vicinanze di una sorgente circondata da rovi che feriscono chi vi si avvicina: è il nome africano della parrocchia nel nord del Kenya nella quale don Marco Prastaro, già vice-parroco alla Collegiata, si trova dal 12 settembre 1999 come missionario diocesano.
Da 15 anni la diocesi di Torino è presente a Lodokejek con i suoi sacerdoti "fidei donum" (attualmente è parroco don Adolfo Ferrero coadiuvato da un volontario laico, il signor Giovanni Giacometti, pensionato milanese) situato a 1800 metri di altitudine vicino alla città di Maralal, tra la capitale Nairobi ed il lago Turkana ed a 400 chilometri dal Nairobi. Il luogo è abitato da circa 10 mila Samburu (ma gli ultimi dati ufficiali risalgono a 15 anni fa), un popolo di pastori nomadi costretti a percorrere centinaia di chilometri all’anno con le proprie capre per via del clima semiarido.

Il compito dei missionari consiste nel girare per i villaggi, catechizzare, pregare, celebrare la messa e confortare i malati; inoltre la missione sostiene gli studi di 304 alunni della zona. "Ogni battezzato è missionario ed ha il bisogno di aprirsi agli altri, di comunicare loro l’amore di Dio – spiega don Marco – Il lavoro dei missionari opera su due fronti: ti spiego che Dio ti vuole bene e ti faccio vedere come.

Questo servizio però serve se anche qui, a Torino come in tutto il mondo sviluppato, ci sono missionari che aiutano a costruire un mondo migliore, altrimenti la missione rimane soltanto un fatto personale del missionario".Come attuare questa cooperazione? "Le modalità possibili sono molte: ci si può tenere in contatto, con una semplice lettera che aggiorna come viene annunciata la parola di Dio in ambienti e periodi diversi; informarsi con libri e riviste che approfondiscono temi sul terzo mondo; attuare un consumo critico, magari favorendo il commercio equo e solidale. Si tratta di cambiare il modo di vivere, le cose che facciamo tutti i giorni. E poi, anche l’aiuto economico certamente non guasta: con 6 mila lire assicuriamo cibo per una settimana ad una donna con 6-7 figli".