Parrocchia San Giuseppe










































































































































































































































































































































































































festival giovani



































































































































































Messaggio della Madonna di Medjugorie
del 25 Gennaio 2009

"Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera. Sia la preghiera per voi come un seme che metterete nel mio cuore, che io consegnerò a mio figlio Gesù per la salvezza delle vostre anime. Desidero figlioli, che ognuno di voi si innamori della vita eterna che è il vostro futuro e che tutte le cose terrene siano per voi un aiuto per avvicinarvi a Dio Creatore. Io sono con voi così a lungo perché siete sulla strada sbagliata. Soltanto col mio aiuto, figlioli, aprirete gli occhi. Ci sono tanti che, vivendo i miei messaggi, comprendono di essere sulla strada della santità verso l’eternità. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

Editoriale
Con la conclusione di gennaio è trascorso anche il primo mese di questo nuovo anno; febbraio è alle porte e ci apprestiamo a vivere un periodo denso di avvenimenti,  mercoledì 25 saranno le ceneri e il giorno 1 marzo sarà la prima domenica Quaresima.
Quaresima significa per tutti noi cristiani tempo di riflessione e di rinnovamento; riflessione sulla nostra identità di cristiani, sulle nostre debolezze, sui facili entusiasmi e sulle rovinose cadute, sulle adesioni totali e sui tradimenti; rinnovamento sulla nostra miseria spirituale cercando di dare un senso alla nostra vita e abbandonandoci totalmente alla fiducia di Dio che tutto perdona.
Cercando di riflettere su queste parole abbiamo redatto questo nuovo numero del “San Giuseppe” numero che vuole essere una guida per vivere al meglio il periodo di Quaresima.
Alessio

La parola del Parroco

CELEBRAZIONE DELLA FESTA DEI CONSACRATI

Domenica primo febbraio, la nostra parrocchia di San Giuseppe, celebra la festa dei consacrati, nella stessa giornata la Chiesa celebra la festa della Vita e della Famiglia.
Nella Chiesa parrocchiale celebreremo la S. Messa solenne ringraziando il Signore per il dono della Vita Consagrata e in particolare per le diverse realtà presenti sia nella nostra parrocchia, sia nel nostro paese, seguirà poi un agape fraterno nella casa delle Suore dello Spirito Santo.
I membri della vita consacrata sono una grande numero di donne e euomni chiamati ad una donazione totale ed esclusiva della propria vita a Gesù, nel servizio alla Chiesa. Nulla è più di un milione di persone che hanno consacrato la loro  vita a Dio, vivendo i voti di povertà, castità e obbedienza, nelle distinte Congregazioni, Ordini e istituti di Vita Religiosa, e anche attraverso le nuove forme di Vita Consacrata.
I consacrati e le consacrate sono, un tesoro immenso e prezioso per e nella Chiesa e a favore di tutta l’umanità.
Auguri di Santità a tutti voi.
P.Luis Alfredo
 
Giornata della vita

XXXI GIORNATA PER LA VITA

La prima domenica di febbraio è l'appuntamento che ormai da diversi anni – per la precisione 31- la Chiesa ci  propone per riflettere sulla vita.
Un tema ampio e detto così anche troppo dispersivo. La vita? Non si sa forse che è importante? Non è naturale che la si debba difendere?

Negli ultimi tempi, si agogna una vita con un lavoro stabile, uno stipendio adeguato. Si cercano soprattutto salute e bellezza. Pensare in questo modo alla vita significa focalizzare tante cose, tante di contorno, tante importanti ma non quelle essenziali: la nascita, l'esistenza, la morte. 
Queste fasi sono vissute da ogni essere umano indistintamente, ma come le vive il cristiano? Come le viviamo noi?
Non è un caso che la GIORNATA PER LA VITA sia giunta al suo 31 appuntamento, dal momento che fu istituita dalla Chiesa italiana all'indomani dell'approvazione della legge 194 del 1978, la legge sull'aborto: la cultura della vita deve essere proclamata, capita e discussa, ma soprattutto deve essere testimoniata e vissuta.
Come vivere la cultura della vita? “La forza della vita nella sofferenza”: così la CEI, i vescovi italiani, ha denominato questa giornata 2009 dando l'accento sulla sofferenza. “La vita è fatta per la serenità e la gioia. Purtroppo può accadere, e di fatto accade, che sia segnata dalla sofferenza” così comincia il messaggio del Consiglio episcopale permanente in relazione alla XXXI GIORNATA DELLA VITA. Possiamo consultarlo integralmente negli organi di stampa che troviamo in parrocchia in questi giorni.
Malattia, aborto, eutanasia sono i temi su cui riflettere, ma anche fede, fortezza, Cristo. Rileggiamo il titolo “la forza della vita nella sofferenza” : è la vita sempre e comunque a rispondere alla sofferenza; è la vita a combattere l'aborto, è la vita a sostenere la malattia, è la scelta della vita a contrastare l'eutanasia. I cristiani hanno una marcia in più: Cristo. La fede in Lui che ha sconfitto la più terribile delle sofferenze, la morte, non ci lascia soli. Non siamo soli se crediamo che Cristo si manifesta nel Vangelo, nell'abbraccio di un amico, nella dedizione di un familiare. 
Questa giornata è l'occasione per pensare a quanto proprio noi possiamo spenderci per la vita: dall'accoglienza di un nuovo figlio all'adozione, fino all'adozione a distanza. Senza dimenticare la cura di parenti e amici in difficoltà, non solo quelli malati, che hanno bisogno che una famiglia si prenda cura di loro. Crediamo infatti che la famiglia abbia un ruolo fondamentale nell'apertura e nella cura alla vita, nella nostra parrocchia e nella società intera.
Sabina
Vita consacrata

LA BELLEZZA DI ESSERE CONSACRATO

La mia vocazione, finalmente l’ho trovata; la mia vocazione è l’amore!
”Così ha detto Teresa di Lisieux e oggi ripetiamo tutte insieme le stesse parole, noi, consacrate che abbiamo scelto questa via di sequela di Cristo, per dedicarci a Lui con cuore indiviso.
Come Teresa Benedetta della croce possiamo anche affermare che la vita consacrata può essere paragonata con l’immagine di Cristo sulla croce: i tre voti sono come i tre chiodi:
Gesù che si fa obbediente fino alla morte di croce, anche noi consacrate dobbiamo farci obbedienti per rendere agli altri il regno di Dio.
Gesù spogliato e nudo, perché ha scelto la povertà; chi vuole seguirlo deve rinunciare ad ogni possesso terreno.
Gesù col cuore squarciato; anche il nostro cuore deve essere aperto per accogliere tutti nostri fratelli e portarli a l’amore di Lui.
La bellezza di essere consacrate è rendersi sempre disponibili alla volontà di Colui che ci ha chiamati e vuole anche che diventiamo in mezzo agli uomini  presenza reale del suo amore. La grazia di fare straordinaria ogni giornata ordinaria fa di noi veri strumenti nella mano di Gesù, per mezzo del Santo Spirito che abita in noi e guida i nostri passi.
Abbiamo nel cuore che tutto ciò che facciamo e vogliamo fare è per mezzo di Lui, è per Lui e con Lui, per la  gloria di Dio Padre che per mezzo di Gesù ci ha insegnato la via da seguire.
Giovani Paolo II enfatizza nella esortazione apostolica post-sinodale VITA CONSACRATA che la vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. 
Con la professione dei consigli evangelici i tratti caratteristici di Gesù — vergine, povero ed obbediente — acquistano una tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo, e lo sguardo dei fedeli è richiamato verso quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli.
Diciamo che la vita consacrata in questa speciale sequela di Cristo ha come fondamento, una connotazione Cristo e lo Spirito Santo che esprime in modo vivo il carattere trinitario della vita cristiana. 
Essere discepoli di Cristo non soltanto accogliendo il suo Regno nella propria vita, ma mettere la propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita, diventando vera icona dell’agape, “Amore incondizionale del Padre”, perché gli altri vedendo possano credere e anche diventare nella loro vocazione testimoni di questo amore.
Comunità Palabra Viva
Carnevale
Il carnevale per noi cristiani
Il carnevale ha origini ancestrali legate alle stagioni: si festeggiava la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
L’etimologia del termine, con molta probabilità, deriva dal latino “carnem levare”: nel Medioevo stava ad indicare l’astensione dalla carne dal primo giorno di Quaresima, in pratica dal giorno successivo alla fine del carnevale.
Nel periodo di carnevale siamo propensi ad ogni divertimento, ci concediamo di essere qualcun altro o qualcos’altro; entrando,con maschere, divertimenti e balli, in un mondo colorato e gioioso, che ci fa tornare ad essere bambini.
Nonostante che il carnevale sia il periodo precedente la Quaresima, e dunque un periodo di preparazione ad essa, sono fermamente convinta che il cristiano, non per questo, debba alienarsi dal mondo. Anzi, proprio perché cattolici, dobbiamo vivere in esso; essere parte del mondo che il Signore ci ha donato.
Quindi evitiamo un atteggiamento ottuso e bigotto: festeggiare e gioire con i nostri fratelli e le nostre sorelle sono modi per condividere con loro la nostra felicità, e questo non mai è sgradito a Dio.
Ovviamente, mentre lo facciamo, dobbiamo ricordarci dei Suoi insegnamenti; affinché la festa rimanga tale e non si trasformi in una via che ci allontani da Lui: non è l’esasperazione della festa che si deve ricercare.
Il carnevale può aprirci la strada ad un nuovo modo di vedere i momenti ludici: non momenti da evitare, ma da vivere come momenti di condivisione profonda con i nostri amici, con la nostra famiglia; un momento per stare insieme, ridere insieme e divertirci insieme; un’occasione per trasmettere la gioia cristiana di essere una comunità, di essere una grande famiglia in tutte le occasioni.
Concludendo, vi auguro di divertirvi e di essere felici: un buon carnevale a tutti!

Anna

CEI: 31° Giornata per la vita

"La forza della vita nella sofferenza"
La vita è fatta per la serenità e la gioia. Purtroppo può accadere, e di fatto accade, che sia segnata dalla sofferenza. Ciò può avvenire per tante cause. Si può soffrire per una malattia che colpisce il corpo o l’anima; per il distacco dalle persone che si amano; per la difficoltà a vivere in pace e con gioia in relazione con gli altri e con se stessi.
La sofferenza appartiene al mistero dell’uomo e resta in parte imperscrutabile: solo «per Cristo e in Cristo si illumina l’enigma del dolore e della morte» (GS 22).
Se la sofferenza può essere alleviata, va senz’altro alleviata. In particolare, a chi è malato allo stadio terminale o è affetto da patologie particolarmente dolorose, vanno applicate con umanità e sapienza tutte le cure oggi possibili.
Chi soffre, poi, non va mai lasciato solo. L’amicizia, la compagnia, l’affetto sincero e solidale possono fare molto per rendere più sopportabile una condizione di sofferenza. Il nostro appello si rivolge in particolare ai parenti e agli amici dei sofferenti, a quanti si dedicano al volontariato, a chi in passato è stato egli stesso sofferente e sa che cosa significhi avere accanto qualcuno che fa compagnia, incoraggia e dà fiducia.
A soffrire, oggi, sono spesso molti anziani, dei quali i parenti più prossimi, per motivi di lavoro e di distanza o perché non possono assumere l’onere di un’assistenza continua, non sono in grado di prendersi adeguatamente cura. Accanto a loro, con competenza e dedizione, vi sono spesso persone giunte dall’estero. In molti casi il loro impegno è encomiabile e va oltre il semplice dovere professionale: a loro e a tutti quanti si spendono in questo servizio, vanno la nostra stima e il nostro apprezzamento.
Talune donne, spesso provate da un’esistenza infelice, vedono in una gravidanza inattesa esiti di insopportabile sofferenza. Quando la risposta è l’aborto, viene generata ulteriore sofferenza, che non solo distrugge la creatura che custodiscono in seno, ma provoca anche in loro un trauma, destinato a lasciare una ferita perenne. In realtà, al dolore non si risponde con altro dolore: anche in questo caso esistono soluzioni positive e aperte alla vita, come dimostra la lunga, generosa e lodevole esperienza promossa dall’associazionismo cattolico.
C’è, poi, chi vorrebbe rispondere a stati permanenti di sofferenza, reali o asseriti, reclamando forme più o meno esplicite di eutanasia. Vogliamo ribadire con serenità, ma anche con chiarezza, che si tratta di risposte false: la vita umana è un bene inviolabile e indisponibile, e non può mai essere legittimato e favorito l’abbandono delle cure, come pure ovviamente l’accanimento terapeutico, quando vengono meno ragionevoli prospettive di guarigione. La strada da percorrere è quella della ricerca, che ci spinge a moltiplicare gli sforzi per combattere e vincere le patologie – anche le più difficili – e a non abbandonare mai la speranza.
La via della sofferenza si fa meno impervia se diventiamo consapevoli che è Cristo, il solo giusto, a portare la sofferenza con noi. È un cammino impegnativo, che si fa praticabile se è sorretto e illuminato dalla fede: ciascuno di noi, quando è nella prova, può dire con San Paolo «sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne» (Col 1,24).
Quando il peso della vita ci appare intollerabile, viene in nostro soccorso la virtù della fortezza. È la virtù di chi non si abbandona allo sconforto: confida negli amici; dà alla propria vita un obiettivo e lo persegue con tenacia. È sorretta e consolidata da Gesù Cristo, sofferente sulla croce, a tu per tu con il mistero del dolore e della morte. Il suo trionfo il terzo giorno, nella risurrezione, ci dimostra che nessuna sofferenza, per quanto grave, può prevalere sulla forza dell’amore e della vita.
Consiglio Episcopale permanente
Vita di Maria
     (...continua dal numero di Gennaio)

LO SMARRIMENTO E RITROVAMENTO DI GESU' AL TEMPIO


La festa della Pasqua a Gerusalemme era stata bellissima, e dopo che fu terminata ci apprestammo con le altre famiglie a tornarcene a casa in carovana.
Come al solito, dovunque c'era una gran confusione.
Le donne, sui carri, parlavano in continuazione, ricordando gli eventi della festa, mentre i bambini correvano giocando avanti e indietro.
Gli uomini, anche, conducendo gli animali, passavano il tempo, parlando degli ultimi giorni.
Verso le nove, chiamai Giuseppe, chiedendogli di cercare Gesù, per dargli della frutta.
Poco dopo, tornò al carro, dove stavo, con lo sguardo preoccupato, dicendomi di non trovarlo.
Sentii una stretta al cuore, poi assieme a Giuseppe girammo, per tutta la carovana, alla sua ricerca.
In poco tempo, mentre  la disperazione ci prendeva, realizzammo che Gesù non era con noi... era rimasto a Gerusalemme!...
Raccolte poche cose, tra lo sguardo partecipe della nostra angoscia da parte dei nostri amici e parenti, lasciammo la carovana e, affannosamente, tornammo indietro.
Lungo il percorso, chiedevano alle altre carovane, che ci seguivano, se lo avevano visto. Ma nei loro volti leggevamo solo la comprensione del nostro dolore e, scuotevano il capo stringendo a sè i loro figli.
 Con la mente attraversata da sempre più funeste supposizioni e presi da una confusione sempre più crescente, arrivanno a Gerusalemme.
La disperazione ci toglieva il fiato, senza posa correvamo per tutti i vicoli chiedendo a tutti se lo avessero visto.
Giuseppe per dare forza e coraggio sia a  me che a lui stesso, mi stringeva con forza.
I giorni e le notti passavano senza esiti, lo sfinimento ci avvolgeva come un'ombra nera, e un dolore senza fine consumava, in noi, la speranza di ritrovarlo.
Risalimmo le scale del tempio, ormai solo il Signore riusciva a dare forza ai nostri passi, che divenivano sempre più lenti.
Ad un certo punto, tra le colonne, vedemmo un gruppo di persone, ci avvicinammo per chiedere se lo avevano visto, ... e con un tuffo al cuore sentimmo la sua voce...
Affannosamente ci facemmo largo e... lo vedemmo in mezzo ad un gruppo di Dottori della legge che in silenzio lo ascoltavano parlare.
Senza riuscire a trattenermi, mi gettai verso di Lui, chiamandolo,  mentre un pianto dirotto mi toglieva le parole di bocca.
Gesù interruppe il suo discorso, mi corse incontro e abbracciò le mie spalle tremanti, per il pianto convulso, che non riuscivo a trattenere.
Giuseppe, senza riuscire a parlare, abbracciava ora me ora Gesù, con il volto rigato di lacrime.
Dopo quel momento di frenesia e aver ripreso fiato, presi il capo di Gesù fra le mani e con la voce ancora piena di pianto, gli chiesi perchè ci aveva fatto provare questo dolore.
Allora Lui, con gli occhi, all'improvviso seri, ma sempre velati dalla dolcezza, mi prese le mani e disse: "... non sapete che devo interessarmi delle cose del Padre mio?!..."
Furono parole che non capimmo, ma abbassammo il capo e non dicemmo più nulla, e stretta a Giuseppe, ci sedemmo da una parte, in silenzio, aspettando che terminasse il suo incontro con i dottori.
Poi, tornò a noi, e scusandosi per il dolore causato, ci prese per mano e si avviò con noi, per raggiungere la carovana.
Il viaggio di ritorno fu in silenzio, sia io che Giuseppe non avemmo il coraggio di parlare...
Intanto il mio cuore, ora rinfrancato, ma pieno di interrogativi, meditava su quello che era avvenuto intorno a me e a quello che sarebbe avvenuto.
F. Montuschi

Mercoledì delle ceneri
IL MERCOLEDI’ DELLE CENERI
Ogni anno ritorna la quaresima, un tempo pieno, di quaranta giorni, da vivere come tempo di conversione, di ritorno a Dio. Ogni momento è favorevole ad accogliere la grazia e la misericordia del Signore, tuttavia la Chiesa – che nella sua intelligenza conosce l’incapacità della nostra umanità a vivere con forte tensione il cammino quotidiano verso il Regno – chiede che ci sia un tempo preciso che si stacchi dal quotidiano, un tempo forte in cui far convergere nello sforzo di conversione la maggior parte delle energie che ciascuno possiede. E la Chiesa chiede che questo sia vissuto simultaneamente da parte di tutti i cristiani, sia cioè uno sforzo compiuto tutti insieme, in comunione e solidarietà. Sono dunque quaranta giorni per il ritorno a Dio, per il ripudio degli idoli seducenti ma alienanti, per una maggior conoscenza della misericordia infinita del Signore.
La conversione, infatti, non è un evento avvenuto una volta per tutte, ma è un dinamismo che deve essere rinnovato nei diversi momenti dell’esistenza, nelle diverse età, soprattutto quando il passare del tempo può indurre nel cristiano un adattamento alla mondanità, una stanchezza, uno smarrimento del senso e del fine della propria vocazione che lo portano a vivere nella schizofrenia la propria fede. Sì, la quaresima è il tempo del ritrovamento della propria verità e autenticità, ancor prima che tempo di penitenza: non è un tempo in cui “fare” qualche particolare opera di carità o di mortificazione, ma è un tempo per ritrovare il significato del proprio essere. Gesù afferma che anche gli ipocriti digiunano, anche gli ipocriti fanno la carità . La quaresima vuole riattualizzare i quarant’anni di Israele nel deserto, guidando il credente alla conoscenza di sé, cioè alla conoscenza di ciò che il Signore, del credente stesso, già conosce: conoscenza che non è fatta di introspezione psicologica ma che trova luce e orientamento nella Parola di Dio. Come Cristo per quaranta giorni nel deserto ha combattuto e vinto il tentatore grazie alla forza della Parola di Dio (cf. Mt 4,1-11), così il cristiano è chiamato ad ascoltare, leggere, pregare più intensamente e più assiduamente – nella solitudine come nella liturgia – la Parola di Dio contenuta nelle Scritture. La lotta di Cristo nel deserto diventa allora veramente esemplare e, lottando contro gli idoli, il cristiano smette di fare il male che è abituato a fare e comincia a fare il bene che non fa! Emerge così la “differenza cristiana”, ciò che costituisce il cristiano e lo rende eloquente nella compagnia degli uomini, lo abilita a mostrare l’Evangelo vissuto, fatto carne e vita. Il mercoledì delle Ceneri segna l’inizio di questo tempo propizio della quaresima ed è caratterizzato, come dice il nome, dall’imposizione delle ceneri sul capo di ogni cristiano. Un gesto che forse oggi non sempre è capito ma che, se spiegato e recepito, può risultare più efficace delle parole nel trasmettere una verità. La cenere, infatti, è il frutto del fuoco che arde, racchiude il simbolo della purificazione, costituisce un rimando alla condizione del nostro corpo che, dopo la morte, si decompone e diventa polvere: sì, come un albero rigoglioso, una volta abbattuto e bruciato, diventa cenere, così accade al nostro corpo tornato alla terra, ma quella cenere è destinata alla resurrezione. Simbolo ricco, quella della cenere, già conosciuta nell’Antico Testamento e nella preghiera degli ebrei: cospargersi il capo di cenere è segno di penitenza, di volontà di cambiamento attraverso la prova, il crogiolo, il fuoco purificatore. Certo è solo un segno, che chiede di significare un evento spirituale autentico vissuto nel quotidiano del cristiano: la conversione e il pentimento del cuore contrito. Ma proprio questa sua qualità di segno, di gesto può, se vissuto con convinzione e nell’invocazione dello Spirito, imprimersi nel corpo, nel cuore e nello spirito del cristiano, favorendo così l’evento della conversione. Un tempo, nel rito dell’imposizione delle ceneri, si ricordava al cristiano innanzitutto la sua condizione di uomo tratto dalla terra e che alla terra ritorna, secondo la parola del Signore detta ad Adamo peccatore. Oggi il rito si è arricchito di significato, infatti la parola che accompagna il gesto può anche essere l’invito fatto dal Battista e da Gesù stesso all’inizio della loro predicazione: “Convertitevi e credete all’Evangelo”… Sì, ricevere le ceneri significa prendere coscienza che il fuoco dell’amore di Dio consuma il nostro peccato; accogliere le ceneri nelle nostre mani significa percepire che il peso dei nostri peccati, consumati dalla misericordia di Dio, è “poco peso”; guardare quelle ceneri significa riconfermare la nostra fede pasquale: saremo cenere, ma destinata alla resurrezione. Sì, nella nostra Pasqua la nostra carne risorgerà e la misericordia di Dio come fuoco consumerà nella morte i nostri peccati. Nel vivere il mercoledì delle ceneri i cristiani non fanno altro che riaffermare la loro fede di essere riconciliati con Dio in Cristo, la loro speranza di essere un giorno risuscitati con Cristo per la vita eterna, la loro vocazione alla carità che non avrà mai fine. Il giorno delle ceneri è annuncio della Pasqua di ciascuno di noi.
Gianluca
Medjugorie

L’esperienza della gioia… a Medjugorie

Parlare di conversione del cuore, digiuno, preghiera  non è facile soprattutto se si tratta di giovani ai giorni d’oggi in cui la fede è diventata solo un dettaglio, per i quali la chiesa è fatta di suore, preti e di vecchiette che dicono il rosario... (con tutto il rispetto per queste devozioni) eppure ci sono dei giovani che hanno scoperto il vero significato dell' “andare in chiesa”, dello stare davanti a un tabernacolo a pregare…  giovani provenienti da esperienze di tutti i tipi, dalla droga, alla perdizione o semplicemente giovani che non conoscevano Dio che hanno cambiato la loro vita radicalmente dopo essere stati toccati dal Suo Amore.
Durante il festival che si tiene ogni anno a Medjugorie dal 1 al 6 agosto ho avuto l’occasione di incontrare gente così.
La prima volta sono rimasta profondamente toccata nel vedere tutti questi giovani che pregavano, cantavano e ballavano tutti insieme, senza vergognarsi e sempre col sorriso sul volto… erano così belli che emanavano una luce e una gioia coinvolgenti!
La loro testimonianza per me è stata un impulso ad aprirmi di più a Dio e agli altri attraverso la preghiera, che è il segreto della loro gioia. Lì io, non ho avuto grazie eclatanti o visto fenomeni straordinari, ho semplicemente sperimentato una fortissima gioia e capito cosa vuol dire sentirsi amati da Dio, stando a contatto con persone così e ovviamente grazie all’aiuto di Maria. Sono sempre stata una di quelle che è sempre andata in chiesa fin da piccola ed era convinta che aveva sempre pregato..ma quando sono andata a Medjugorie per la prima volta  mi sono sentita diversa dagli altri giovani che pregavano con tutto quel trasporto mentre io ero chiusa e stentavo a lasciarmi andare.
Non ero abituata a un ambiente così pulito e autentico. Ho sempre nascosto bene me stessa attraverso maschere, nascondevo il tesoro che Dio mi aveva donato: la mia essenza.
Di momenti forti ce ne sono stati vari ma in particolare, durante un’ adorazione, ho vissuto un momento personale in cui mi sono sentita toccata da Dio: ho pianto tanto e mi sono sentita liberata di tutto ciò che mi pesava. Terminata l’adorazione ho incominciato a sorridere anche io ed è incredibile perché è come se non lo avessi mai fatto…! Mi sentivo una persona nuova, stavo bene e avevo gettato quella stupida maschera, avevo iniziato ad aprirmi.
Poi sul Podbrdo, la collina delle apparizioni, ho ricevuto il sigillo affidando tutta la mia vita a Maria e riscendendo mi sentivo molto forte, pensavo che stavolta avrei “spaccato il mondo”!
Ballavo anche io, cantavo e avevo un sorriso a 360 gradi!
Da quel momento in poi l’unico mio desiderio è stato portare quello che ho vissuto agli altri nella mia vita quotidiana, anche se mi risulta difficile a volte. Credo che l’esperienza di Dio bisogna solo viverla per capirla. E anche se ho incontrato in questi 4 anni di cammino un po’ di difficoltà, infatti spesso continuo a cadere e ad allontanarmi, a non avere sempre con me quella “luce” continuo a fare un passo alla volta, finché l’ultimo è stato: fidarmi di Dio.
Grazie a questa esperienza ho avuto il coraggio di fare una scelta: scommettere tutta la mia vita su Gesù!! E posso dire che dopo 4 anni solo un cieco non riuscirebbe a vedere i frutti! Sono contenta e grata a Dio per questo cammino… ogni anno continuo a andare a Medjugorie per riprendere la forza che durante l’anno si affievolisce un po’.
Per concludere, posso solo dire che io per prima, all’inizio di tutto ciò,  non credevo che Gesù fosse una tale gioia!
Cecilia
San Giuseppe

San Giuseppe e la vita consacrata


San Giuseppe occupa un posto privilegiado nella storia della salvezza, e di conseguenza, nella chiesa e nella vita del battezzato. Sega l’inesto umano di Gesù con la discendenza di Davide. E’ portatore del compimento storico delle promesse mesianiche che si realizzano in Cristo- Redentore. E’ il Padre custode del mistero dell’Incarnazione del Verbo. Protegge e difende l’opera della Redenzione. Custodisce il Mistero della Chiesa.

S. Giuseppe, perfezzionando lo stile di Abramo, è “l’uomo giusto” che aderisce in modo pieno per fede, al piano di Dio. Per questo, ubbidisce senza condizioni quando l’angelo li anuncia oil concepimento verginale di Maria, per opera dello Spirito Santo. E’ l’uomo della fede incondizionale e della speranza gioiosa, perchè si apoggia sulla Parola di Dio che non può fallire. Si sottomete in tutto al piano di Dio e ama Dio con la mente, con il cuore, con le opere.
Il clima in cui vediamo avvolta la vita di San Giuseppe, è la preghiera, il silenzio, la povertà, il lavoro

S. Giuseppe modello di preghiera

La preghiera di Giuseppe è la preghiera dell’uomo contemplativo, amico di Dio. Sa vivere un rapporto di amicizia, rimanendo da solo nella presenza di Dio, adorando il Mistero. Reta nell’ascolto della Parola rivelata, la accoglie nel suo cuore e la traduce in opere. La Parola sigilla lo stile della sua vita. Si lascia amare da Dio e si dona al volere di Dio per rendere testimonianza del Suo Amore.
Per questo, S. Giuseppe, diventa maestro, formatore e modello di preghiera per il cristiano ma soprattutto per il consacrato.

S. Giuseppe modello di silenzio

Il Silenzio di S. Giuseppe viene capito come esigenza della sua unione contemplativa con Dio. E’ il clima che lo avvolge. Impresiona il silenzio di S. Giuseppe accettando il Mistero della concezione verginale di Maria, contemplando il Dio Bambino, riposante nelle braccia della Vergine Madre, ammirando l’adorazione dei Pastori e dei Re Magi, proteggendo il Bambino e sua madre quando fugge in Egitto, rispettando Gesù quando, con Maria, lo trova nel Tempio.
Silenzio che diventa magistero per il battezzato impegnato nella propria santificazione. E’ il silenzio che scaturisce dalla preghiera. Il consacrato ad imitazione di S. Giuseppe resta in silenzio adorando il Mistero di Dio; sin dal momento dell’incarnazione del Figlio, durante la sua Vita, Morte e Risurrezione; adora l’azione animatrice dello Spirito Santo. Rende possibile in sé l’ascolto della Parola di Dio e la accoglie nel intimo della sua anima.

S. Giuseppe modello di povertà

La povertà materiale di San Giuseppe è cpndizione indispensabile per la ricchezza sopranaturale della sua anima. Gesù si è fatto povero per amore nostro, per arricchirci con la sua povertà. (2 Corinti 8, 9). San Giuseppe realizza il senso cristologico della povertà . Per questo, vive della Provvidenza e. Identificato con la povertà di Cristo, ci trasmette la ricchezza de la conoscenza  e dell’amore dello stesso Cristo, la ricchezza e la grazia.
Si tratta allora di vivere abbandonati alla Provvidenza, senza le sicurezze umane, come Gesù, per essere canale della ricchezza di santificazione per la chiesa e per il mondo. La povertà cristologica è chiave per la libera e totale sottomisione al Vangelo e per poter proclamare la Verità e il bene senza catene.
Il lavoro artigianale di San Giuseppe è segno della sua povertà. Lavoro subordinato ai beni della Redenzione e favorisce lo sforzo e lìimpegno per la proipria santificazione.       
E’ il senso evangelico del lavoro che cerca aiutare alla propria soppravivenza senza lasciar di essere povero, salvando l’autonomia necessaria per sottostare alle esigenze e radicalità del Vangelo.
Inteso così, il lavoro è corredentore perchè viene realizzato uniti a Cristo Redentore. E’ anche, liberatore per la sua dimensione ascetica che permnette di vivere libero dal consumismo. E’ il lavoro del povero, secondo lo spirito delle Beatitudini, che non desidera liberarse della sua povertà, ma condivide quel poco che ha, con gli altri poveri.
La vita di S. Giuseppe è un manto che protegge a GesuCristo e alla sua Madre; alla Chiesa, Corpo mistico di Cristo e ad ogni battezzato. Insieme ai Consacrati nella vita Relkigiosa, invocchiamo a San Giuseppe perchè ci insegni e ci aiuti ad essere fedeli nel cammino vocazionale e ne
lla missione affidata ad ognuno di noi.
P. Luis Alfredo
Cinema

IL CACCIATORE DI AQUILONI
   
Kabul 1978. Amir è figlio di Baba, un uomo facoltoso di etnia Pashtun. Il suo migliore amico è Hassan, figlio del servitore di casa e appartenente alla inferiore etnia degli Hazara. Entrambi amano molto far volare gli aquiloni per i quali sono previste gare che coinvolgono molti ragazzi della città. Il vincitore è chi riesce a far restare il proprio aquilone in volo per ultimo dopo che tutti gli altri hanno avuto il filo tranciato. Amir, che ha ritrovato la stima di suo padre proprio in seguito alla vittoria (insieme ad Hassan) nella gara più importante di lì a poco assiste (senza avere il coraggio di intervenire) alla sodomizzazione di Hassan da parte di un terzetto di ragazzi ricchi e razzisti. Da quel momento si porterà dentro un senso di colpa che lo allontanerà dall'amico.
Col tempo, il tragico ricordo di quel giorno, diventa un ossessione per il bambino Pashtun, che cerca in tutti i modi (ridicolizzandolo, facendolo passare per ladro) di allontanare dalla sua vita il giovane Hazara, cosa che gli riuscirà poco prima dell’invasione dell’Afganistan da parte dell’esercito dell’Unione Sovietica.
Negli Stati Uniti Amir riuscirà a ricostruirsi una vita insieme al padre malato, che gestisce una pompa di benzina e a Soraya, la figlia di un colonnello dell’esercito Afgano, anch’essa sfuggita all’invasione e mai più tornata in patria, con cui convolerà a nozze. Una telefonata arrivata dal lontano Oriente, darà la possibilità al ragazzo di sistemare i conti lasciati in sospeso nella sua terra natale.
Il cacciatore di aquiloni, film nominato agli Oscar e ai Golden Globe 2008, diretto splendidamente da Marc Forster è uno splendido affresco della Kabul prima delle invasioni straniere. Con grande poeticità il regista trasporta il primo romanzo dello scrittore americano di origine afgana Khaled Hosseini, su pellicola e grazie ad una narrazione ben costruita e una fotografia da mozzare il fiato, il prodotto che ne esce è un film di qualità, capace di colpire al cuore lo spettatore, senza lasciare nulla di sospeso. Ora si ha la possibilità di poter acquistare questo capolavoro anche in DVD.

                                                                                          Sonia
 
Attività parrocchiali
Recita del Santo Rosario
        Ogni giorno alle ore 7,00
         Sabato, Domenica e festivi ore 7,30

Incontro di preghiera gruppo San Pio
         Lunedì ore 17.00

Adorazione Eucaristica
           Dal Lunedì al Sabato dalle ore 6.00   alle ore 23.00
           inoltre il martedì e il venerdì Adorazione Notturna


Coroncina della Misericordia
          Dal Lunedì al Sabato ore 15.00

Prove coro adulti
         Mercoledì ore 21.00

Prove coro giovani
         Venerdi ore 21.00

Incontro Gruppo Giovani
        Lunedì ore 21.00

Incontro Gruppo Giovanissimi
        Martedì ore 18,00

Incontro Azione  Cattolica Adulti
        Giovedì ore 17,00

Incontro gruppo fidanzati
         Martedì ore 20,00

Incontro gruppo catechisti
         Lunedì ore 19.00

Incontro gruppo caritas
        Giovedì ore 19,00

Confessioni
        Sabato dalle ore 17.00 alle 17.30

Sante Messe Domenicali
            Ore 8.00, 10.00, 11.30 e 17.30
            Feriale: 17.30

Incontro comunità Neocatecumenale
      Martedì ore 21,00 la Parola di Dio
      Sabato ore 21,00 cel. Eucaristica

Adorazione gruppo famiglie
      Mercoledì ore 19,00 in famiglia    
      Giovedì  ore 20,00 in chiesa

Programma Emittente Parrocchiale:
Ore 6.45:                         Santo Rosario;
Ore 8.00 (Lun e Sab):       Lodi e Adorazione Eucaristica;
Ore 15.00:                       Coroncina della Misericordia;
Ore 16.00 (Lun e Ven):    Lettura Spirituale;
Ore 17.00:                        Santo Rosario;
Ore 17.30:                        Santa Messa;
Ore 18.00:                        Adorazione Eucaristica;
Ore 8.00, 10,00 11,30 e 17.30:   Sante Messe Domenicali
Indietro

Aprile 2009

Marzo 2009

Febbraio '09

Gennaio 2009

Dicembre 2008

Novembre 2008

Ottobre 2008