Lectio
Divina
I DOMENICA DI QUARESIMA
– Anno C
I
Lettura: Dt 26,4-10;
II
Lettura: Rm 10,8-13
Canto
al Vangelo: “Non di solo pane vive
l’uomo,
ma
di ogni parola che esce dalla bocca di Dio .” (Mt
4,4)
v.
1-2: Gesù
condotto nel deserto per essere tentato;
v.
3-4: Prima
tentazione: il potere sulle cose;
v.
5-8: Seconda tentazione: il potere
sugli uomini;
v.
9-12: Terza tentazione: il potere
sugli angeli;
v.
13: Allontanamento del diavolo.
v.
1 – Pieno di Spirito Santo: L’evangelista
riaggancia questo episodio al battesimo (cfr. 3,22) quando lo Spirito santo era
sceso su Gesù riempendolo totalmente. Pur essendo totalmente sotto la guida
dello Spirito, Gesù rimane responsabile del suo comportamento. Gesù vive nel
deserto un’esperienza di pienezza divina, che è il suo nutrimento.
-
Deserto: Luogo
di prova e di intimità con Dio, come per Israele. Israele nel deserto aveva
mancato di fede ed era caduto nella tentazione; Gesù invece nel deserto è
vittorioso sulla tentazione ed indica a tutti la via della vittoria. Anche per
Luca il deserto è visto come luogo dove soggiorna il demonio (cfr. 8,29; 11,24)
e luogo dell’incontro con Dio (cfr. 3,2; 4,42; 5,16).
v.
2 – Per quaranta giorni:
Il numero quaranta evoca i quarant’anni del popolo di Israele nel deserto:
tempo di una generazione, di una vita, durante il quale tutto il popolo si
rinnova.
-
Tentato: Essere
tentati nel linguaggio corrente significa essere spinti a commettere un peccato,
nella Bibbia e nel nostro testo la prospettiva è diversa. Il termine ha il
senso di mettere alla prova, fare un test per verificare la fedeltà e il valore
di qualcuno: Abramo (cfr. Gn 22,1-18), Giobbe (cfr. Gb 1-2), Israele durante
l’esodo (cfr. Dt 8). Gesù è tentato non perché può essere portato a
commettere un male, ma per manifestare ciò che di profondo c’è in lui. Il
che non toglie che egli abbia dovuto fare scelte fondamentali molto sofferte.
-
Diavolo: E’
il termine usato nella Bibbia greca nel tradurre l’ebraico “satana”; anche
se forse cambia anche il senso. Satana è l’avversario, l’accusatore che
pone l’uomo contro Dio, diavolo, invece, è colui che divide, il calunniatore,
l’ingannatore, che usa l’inganno per distruggere il rapporto dell’uomo con
Dio. Secondo Lc il maestro subì tre specifiche tentazioni, che ebbero luogo al
termine dei quaranta giorni.
v.
3 – Se tu sei Figlio di Dio…:
Nella prima tentazione il diavolo chiama Gesù Figlio di Dio; questa
designazione vuole indicare il suo particolare rapporto con Dio, il quale,
quindi, per l’intercessione del Figlio, può intervenire per sfamarlo,
trasformando in pane le pietre. Il diavolo quindi percepisce la figliolanza
divina di Gesù come una realtà che gli consente di agire con autorità propria
e per iniziativa personale; per Gesù, invece, essere Figlio di Dio significa
agire in obbedienza totale al Padre.
v.
4 – Sta scritto…:
Questa formula indica il riferimento ad un testo della Scrittura. Il testo
riportato da Lc (cfr. Dt 8,3) è in forma abbreviata, la seconda parte: “ma di
ogni parola che esce dalla bocca di Dio” viene omessa forse perché questa
Parola ormai viene direttamente dalla bocca di Gesù (cfr. 4,21-22).
v.
5 – Il diavolo lo condusse in alto…:
In questa seconda tentazione il diavolo promette a Gesù tutti i regni della
terra e la gloria terrena se lo riconosce signore del mondo attraverso il gesto
del “prostrarsi innanzi”. Luca qui sottolinea il carattere visionario di
questa tentazione dicendo che gli mostrò tutto “in un istante” (cfr. v. 5).
Il diavolo si attribuisce le stesse proprietà di Dio dichiarando che è stato
messo nelle sue mani il possesso di tutti i regni della terra (cfr. Gv 12,31;
14,30; 16,11; 1Gv 5,19; Ap 13,12), cioè scimmiotta le parole che Dio rivolge al
re messianico quando lo dichiara suo Figlio (cfr. Sal 2,7-8; Dn 7,14). In questa
tentazione viene posta l’attenzione sul potere politico e sull’irrefrenabile
sete di potere insita nell’uomo. Il diavolo vuole stravolgere, chiedendo
adorazione a Gesù, il rapporto filiale con Dio facendogli ottenere così il
regno messianico senza passare per la croce e la morte (cfr. At 2,30-36).
v.
8 – Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai…:
Ancora una volta Gesù cita la scrittura (cfr. Dt 6,13) che fa parte della
preghiera che il giudeo recitava tre volte al giorno e che evidenzia il
riconoscere il puro monoteismo che non ammette contaminazione con altri esseri e
riconosce la dipendenza da Dio solo.
v.
9 – Sul pinnacolo del tempio:
L’ultima tentazione si svolge nella città santa Gerusalemme in un punto
sopraelevato del tempio, la casa del Padre. L’evangelista Lc pone Gerusalemme
come punto focale della sua opera da 9,51ss tutta l’attività di Gesù vi è
orientata, lì si compie il suo disegno di salvezza. Di lì poi la Chiesa
prenderà l’avvio e si rivolgerà alle nazioni (cfr. At 2).
v.
10 – Sta scritto…:
Nella terza tentazione il diavolo stesso si appella alla Scrittura (cfr. Sal
90(91),11-12) citando un testo che afferma l’assoluta fiducia in Dio nei
momenti di pericolo. Ancora una volta è in gioco il rapporto filiale di Gesù,
la sua relazione personale con il Padre.
v.
12 – Non tenterai il Signore Dio tuo:
Nella risposta Gesù non dubita della verità della parola della Scrittura
citata dal diavolo, ma evita di mettere alla prova Dio compiendo un gesto
messianico spettacolare, non vuole fare come gli Israeliti che nel deserto
avevano messo alla prova Dio (cfr. Es 17,1-17). Gesù vuole vivere la sua
fiducia filiale in Dio nell’obbedienza quotidiana come uomo che non aspetta
privilegi speciali e interventi straordinari, ma accetta la volontà del Padre
fino in fondo e in essa vi riconosce la vicinanza divina (cfr. 23,46).
v.
13 – Il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato:
L’evangelista considera le tre tentazioni il condensato delle prove affrontate
da Gesù. Luca orienta queste fino a quel momento determinato della storia della
Salvezza che è la passione di Cristo. La tregua di satana è temporanea. La
città santa sarà il teatro del decisivo attacco di satana, prefigurato ora
all’inizio del suo ministero. Sarà nella solitudine della passione (cfr.
22,3.36.53) che Gesù rivelerà pienamente la sua obbedienza filiale al Padre,
senza chiedere un miracolo in proprio favore e vivendo la parola di Dio fino in
fondo.
1)
Che uso facciamo della Parola di Dio per superare la tentazione?
2) Quando una realtà, una situazione, una persona diventa idolo del nostro cuore e va rifiutata?
Dai
Discorsi di Leone Magno, (Sermo 27 [40], 2-4)
«Ecco
il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza»
Giusto
a proposito è risuonata alle nostre orecchie la lezione tratta
dall’insegnamento dell’Apostolo: "Ecco
il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza" (2Cor 6,2). C’è,
infatti, un tempo più favorevole di questo, giorni più adatti alla salvezza
dei presenti, in cui è dichiarata guerra ai vizi e si accresce il progresso di
tutte le virtù ? In ogni tempo, in verità, o anima cristiana, tu dovresti
vigilare contro il nemico della tua salvezza, affinché il tentatore non trovi
breccia alcuna aperta alle sue astuzie; ma in questo momento, ti sono necessarie
ulteriori precauzioni ed una prudenza più attenta, allorché il tuo avversario,
sempre lo stesso, raddoppia i suoi attacchi, per effetto di una gelosia più
aggressiva: ora, difatti, gli è tolto quel potere che gli assicurava una
dominazione secolare sul mondo intero, gli sono tolte le innumerevoli armi delle
sue catture (cfr. Mt 12,29; Mc 3,27). Folle di ogni nazione e di ogni lingua
rinunciano al più crudele dei pirati; e non vi è piú una sola razza umana che
non si ribelli alle sue leggi tiranniche, poiché su tutta la faccia della terra
milioni di uomini si preparano alla loro rigenerazione in Cristo, si avvicina
l’evento della nuova creazione (cfr. Gal 6,15), e lo spirito di malizia (cfr.
Ef 6,12) è espulso da coloro che ne erano posseduti..."Se
sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pane" (Mt 4,3).
L’Onnipotente poteva certo farlo, ed era semplice per ogni creatura, qualunque
fosse la sua specie, passare, al comando del suo Creatore, alla specie che gli
fosse stata ordinata di assumere; è così infatti che, quando lo volle, egli
cambiò l’acqua in vino durante il banchetto di nozze (cfr. Gv 2,1-10). Ma era
più conveniente all’economia divina della nostra salvezza che il Salvatore
vincesse la furberia del più orgoglioso dei nemici non con la potenza della sua
divinità, bensì con il ministero della sua umiltà. Alla fine, messo in fuga
il diavolo e smascherato il tentatore in tutti i suoi artifici, gli angeli si
avvicinarono al Signore e lo servivano: colui che era vero uomo e vero Dio tenne
così la sua umanità fuori della minaccia di questioni capziose e manifestò la
sua divinità davanti agli omaggi dei suoi santi (cfr. Mt 4,11)...Alla scuola
del nostro Redentore, o carissimi, apprendiamo dunque "che l’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio" (Lc 4,4), e che al popolo di Dio conviene, qualunque sia
il livello di astinenza in cui è posto, auspicare di nutrirsi più della parola
di Dio che di cibo materiale. Abbracciamo dunque questo digiuno solenne con una
devozione premurosa e una fede vigile, e celebriamolo non con una dieta sterile,
quale la dettano spesso e la debolezza del corpo e la malattia dell’avarizia,
bensì con una larga generosità; così saremo tra quelli di cui la stessa Verità
ebbe a dire: "Beati coloro che hanno
fame e sete della giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5,6).
Facciano le opere di pietà le nostre delizie, riempiamoci di quei cibi che
nutrono per l’eternità. Poniamo la nostra gioia nel sollievo dei poveri che
sazieranno le nostre elargizioni; rallegriamoci di rivestire coloro di cui
copriremo la nudità dei vestiti necessari; facciamo sentire la nostra bontà ai
degenti nelle loro malattie, agli infermi nella loro debolezza, agli esuli nelle
loro prove, agli orfani nel loro abbandono, alle vedove desolate nella loro
tristezza (cfr. 1Tm 5,5); non v’è alcuno insomma, che aiutandolo, non si
sdebiti di una certa parte della beneficenza. Nessuna rendita è trascurabile
quando il cuore è grande e la misura della nostra misericordia non dipende dai
limiti della nostra fortuna. L’opulenza della buona volontà non manca mai di
merito, anche se si hanno poche risorse. Le elemosine dei ricchi sono più
importanti, e minime quelle dei meno agiati, ma il frutto delle loro opere non
differisce se le anima un medesimo amore.
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