Pasqua: "festa della famiglia"

"Gesù prende il pane, lo benedice e lo spezza, poi lo dà ai suoi discepoli dicendo: «Questo è il mio Corpo». L'alleanza di Dio con il suo popolo sta per culminare nel sacrificio del suo Figlio, il Verbo Eterno fattosi carne": sono le parole dell'omelia pronunciata dal Santo Padre il 23 marzo scorso durante l'Eucaristia celebrata nella cappella del Cenacolo di Gerusalemme. Questo è in sintesi il cuore della liturgia del giovedì santo che ci apprestiamo a celebrare: una festa dal sapore antico unito alla bellezza, sempre nuova, di Cristo.

La liturgia della Parola del Giovedì santo ci presenta il capitolo XII del libro dell'Esodo in cui si descrive la sera di Pesach (Pasqua) per gli ebrei, i nostri 'fratelli maggiori' che rivivono la liberazione dall'Egitto ed i grandi prodigi operati da Dio, dividendo le acque del mar Rosso, annientando i nemici, guidando il popolo nel deserto e stringendo con lui la prima Alleanza. L'autore del libro dell'Esodo sottolinea che la Pasqua ebraica è una festa di famiglia, scrive infatti: "Ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa" (Es.12,3b). La festa pasquale, che affonda le sue radici in antiche tradizioni di popoli nomadi, indicava la casa e la famiglia come il luogo della salvezza, del rifugio in contrapposizione al buio della notte per le strade deserte, simbolo delle forze della morte, della distruzione e del caos. Anche ai tempi di Cristo, dopo aver immolato gli agnelli nel Tempio di Gerusalemme, tutti gli ebrei ritornavano alle loro dimore per vivere un intenso momento di festa e di memoria, in un ambiente famigliare e accogliente, nido di sicurezza e di pace, di quella pace che nasce dallo stare insieme. Gesù ha celebrato la sua ultima Pasqua in casa, con la sua famiglia, con gli Apostoli, che erano divenuti la sua nuova famiglia: in quell'ora Gesù ha donato ai cuori ardenti dei suoi amici 'la sua carne e il suo sangue', cioè, secondo la mentalità semitica, ha offerto tutto se stesso, tutta la sua persona, tutta la sua vita, tutto il suo amore. Così la Pasqua è diventata una festa cristiana, la festa dei cristiani. È utile tenere a mente questi elementi della tradizione ebraica per capire che noi, oggi, siamo la casa di Gesù: la Chiesa è la sua famiglia in cui i fratelli si ritrovano insieme nella fede e nell'amore. Dovremmo riscoprire tutti insieme questo antico valore della Pasqua come festa della famiglia e dell'umanità, riunite con Gesù in un Cenacolo di luce, di stabilità e sicurezza.

L'Esodo però ammonisce ancora: "Se la famiglia fosse troppo piccola si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa" (Es. 4,1a). La vera famiglia può esistere solo se la porta della sua casa è segnata dal sangue della vittima, può esistere solo se è posta sotto il segno dell'Agnello, di Cristo. Inoltre la famiglia singola non ha la possibilità di sopravvivere se non è innestata nella famiglia più grande che le garantisce lo shalom, il luogo della pace, la casa in cui possiamo vivere l'uno con l'altro, l'uno per l'altro, l'uni proteso verso l'altro. L'isolamento porta con sé la dissoluzione e la perdita dei punti di riferimento nella notte del caos. Il popolo di Israele aveva ereditato la festa pasquale dal culto e dalle tradizioni dei nomadi: presso di loro era la festa della primavera, giorno della partenza per una nuova migrazione con i loro greggi. La cerimonia si compiva con la veste del pellegrino che si accinge al viaggio, con il cibo dei nomadi, l'agnello, le erbe amare al posto del sale, il pane non lievitato. Questi segni hanno sempre ricordato agli ebrei il tempo in cui sono stati un popolo senza dimora, senza patria, continuamente in cammino.

La spiritualità cristiana ha assimilato quest'immagine della vita come pellegrinaggio: anche la Chiesa è 'nomade' perché gli uomini non sono mai definitivamente a casa. Siamo in viaggio: nulla ci appartiene e dobbiamo camminare gli uni per gli altri: "Sono un viandante - scrive Giovanni Paolo II - sullo stretto marciapiede della terra, e non distolgo il mio pensiero dal Tuo volto". Sappiamo però di non essere soli: Gesù per primo è stato pellegrino sulle strade polverose e assolate della Palestina, dalla Galilea alla Giudea, dal lago di Tiberiade al monte Sion, dal Tabor al Gòlgota. Ma soprattutto Gesù ha percorso il cammino che, dalla morte, conduce alla nuova vita della Risurrezione: questa è la Pascha, questo è il "Passaggio".

Emanuele Borsotti