Parrocchia Sant'Agabio

Novara

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LA "LEGENDA" DI S.AGABIO

Introduzione

Il testo che viene presentato è custodito nella biblioteca capitolare del duomo di Novara e appartiene a quella che si definisce letteratura agiografica, che tratta la vita di uomini distinti per santità e virtù; il testo agiografico è infatti la biografia di un santo e rientra perciò in quell'area della produzione letteraria medievale comprendente forme letterarie diverse fra loro ma accomunate da contenuti e fini prevalentemente religiosi: testi edificanti, raccolte di preghiere, inni, manuali per la confessione, raccolte di prediche, repertori di exempla, laudi drammatiche. 

Si tenga comunque presente che è difficile, per quanto riguarda la letteratura medievale segnare precisi confini fra opere a carattere religioso ed opere a carattere strettamente laico:

nel Medioevo infatti la religiosità pervade tutta la cultura, la mentalità ed i comportamenti sociali; spunti religiosi si trovano un po' in tutti i testi prodotti in quei secoli. 

    E' difficile stabilire con certezza l'origine delle vite dei santi, che risalgono, nei loro nuclei originari, ai primi secoli della diffusione del Cristianesimo ma che subirono rimaneggiamenti, in particolare in epoca carolingia (IX secolo) e successivamente nei secoli XI-XIII. Il testo agiografico raggiunge il massimo livello espressivo ed artistico a metà del XIII secolo, nella Legenda aurea del predicatore domenicano Jacopo da Varazze, composta fra il 1255 e il 1266. 

    Si tratta di un ampia raccolta di vite di santi e di episodi della vita di Cristo e della Vergine, di cui si posseggono diverse redazioni, che riportano un numero diverso di racconti, a causa degli interventi di interpolazione successiva ad opera dei copisti. 

    Grande fu il successo di quest'opera, al punto che alla fine del XV secolo essa era nota e diffusa in tutta Europa; gli aspetti descrittivi dell'opera ispirarono gli anonimi artigiani che realizzarono le vetrate delle cattedrali e gli artisti più noti come Giotto. Jacopo da Varazze propone un testo rigoroso, frutto di una scelta e di un riordino scrupoloso delle fonti, spesso citate, ma anche ricco di digressioni fantastiche e di elementi sovrannaturali che ne determinano il fascino. 

    Grande è la passione che la Legenda aurea sa comunicare al lettore, straordinaria è la capacità dell'autore, nonostante uno stile ingenuo e semplice, di penetrare l'animo umano fino a modificarne i sentimenti. Del resto lo stesso termine "legenda", che titola anche il testo agiografico che si è scelto di presentare in questa occasione, dice molto sullo scopo dell'opera: il significato preciso del termine, secondo la traduzione latina indica un testo "da leggere", per meditare, per trarvi insegnamenti, per rivivere nel proprio spirito l'esperienza narrata fino a farla propria. Per gli uomini del Medioevo il termine "legenda" non corrispondeva ad una realtà trasformata dall'elemento fantastico e da quegli elementi che di solito corrompono la tradizione storica, ma piuttosto ad un invito alla lettura che trasformasse il lettore nella profondità dell'anima, nei suoi sentimenti e che lo spingesse all'imitazione. 

    Il testo della "legenda" di sant'Agabio contenuta nel codice novarese non presenta divisioni in paragrafi.     Per semplificarne la lettura e renderne più agevole la comprensione è stato suddiviso in due sezioni ampie a loro volta divise in paragrafi titolati in traduzione. 

    Per quanto riguarda i criteri seguiti nella traduzione si è cercato di avvicinare il testo latino medievale alla sensibilità del lettore moderno, tentando di svecchiare il lessico e semplificare la sintassi. 

    Fatte queste premesse passiamo alla presentazione del testo e alle considerazioni che lo riguardano.         

    L'autore non presenta subito la figura del santo ma la fa precedere da una serie di considerazioni più generali che costituiscono la prima parte del testo, riassumibili in questi termini: dopo la cacciata degli angeli ribelli dal cielo si susseguirono, nella storia dell'umanità, santi e giusti destinati ad adornare i cieli "come gemme e pietre preziose" e soprattutto ad andare per il mondo a diffondere la Verità cristiana, a redimere i peccatori e a dare buon esempio, mostrandosi capaci di resistere tenacemente alle tentazioni della carne (1). Fra tutti costoro, per i quali l'autore non sa scegliere come più esatta la definizione di angeli terrestri o piuttosto di uomini celesti, vi fu appunto sant'Agabio, inviato da Dio a Novara durante l'episcopato di Gaudenzio. 

    Rivolgendosi direttamente alla città di Novara, l'autore accomuna sant'Agabio e san Gaudenzio, eredi spirituali di san Lorenzo martire, riassumendone l'azione pastorale: essi avrebbero evangelizzato la città, eliminando antichi culti pagani, giustificando così il nome della città Novara, la cui etimologia deriverebbe appunto dall'aggettivo latino novus, "nuovo", ed ara, "altare" (2). A proposito di questa premessa dell'autore alla vera e propria biografia del santo occorre fare alcune osservazioni. Innanzitutto il lettore è colpito dal riferimento iniziale allo "spaventoso e terribile avvenimento, durante il quale schiere di demoni caddero dalle sedi celesti": per quale motivo, viene spontaneo chiedersi, iniziare con un'immagine così forte, che usando un'espressione moderna potremmo definire "effetto speciale"? Per capire il senso di questa apertura è necessario ricordare che nella teologia medievale la demonologia occupava un posto fondamentale: gli uomini del Medioevo sentivano la presenza del demonio come costantemente reale ed oppressiva. 

    La sua opera pareva manifestarsi quotidianamente ed ovunque: nelle catastrofi naturali, nelle epidemie, nell'ostinazione degli eretici e nella corruzione delle stesse gerarchie ecclesiastiche. 

    Molti degli ostacoli che l'uomo moderno incontra nella comprensione della civiltà medievale stanno proprio nella difficoltà a rivivere negli stessi termini quella paura del demonio. Al demonio venivano dedicate dissertazioni di alta teologia, se ne faceva oggetto di discussione frequente nelle scuole delle cattedrali e nelle università, per trasmettere poi le conclusioni ai ceti popolari, attraverso i predicatori, che per farsi meglio capire dal popolo insistevano sugli aspetti dell'orrido e dello spaventevole, eccitandone l'immaginazione. 

    Il tema del demonio confluiva poi nelle rappresentazioni artistiche e nelle descrizioni letterarie. E' dunque naturale, quasi d'obbligo, nel testo agiografico del nostro anonimo un riferimento al tema, breve, ma collocato in posizione di rilievo. 

    Dopo questo iniziale preambolo l'autore insiste ancora sul legame fra san Gaudenzio e sant'Agabio, raccontandoci che Gaudenzio, poco prima della morte, in una predica al popolo, indicò sant'Agabio come suo successore predestinato da Dio (3). 

    Con il racconto del trasferimento del corpo di san Gaudenzio nella nuova basilica da lui iniziata e portata poi a termine proprio da sant'Agabio inizia la seconda parte del testo contenente la biografia del santo (4).     A questo proposito è necessaria un'ulteriore precisazione, circa il carattere di questa seconda parte del testo: contrariamente a quanto ci aspetteremmo, esso è propriamente narrativo soltanto in minima parte, quando l'agiografo passa al racconto di episodi storici della vita del santo ( 7-11): il miracolo dell'apparizione dell'angelo durante la celebrazione della messa (7), i miracoli operati da sant'Agabio sul malato di idropisia e sul lebbroso (8), la traslazione del corpo di sant'Agabio in cattedrale, movimentata da altre manifestazioni miracolose (10 e 11). 

    Nella parte più cospicua della "legenda", (5 e 6), l'agiografo preferisce dilungarsi in una descrizione generale degli atteggiamenti del santo, trasfigurata in un'atmosfera sospesa, quasi sognante, ricca di immagini metaforiche ardite e difficili, di espressioni ridondanti che rendono il testo pesante, soprattutto per il lettore moderno disabituato a quel linguaggio immaginoso e rarefatto. 

    Almeno un terzo del testo è impiegato per descrivere gli atteggiamenti mistico-contemplativi del santo, grazie ai quali egli si arricchiva spiritualmente per poi assolvere i suoi uffici e doveri pastorali. 

        L'agiografo ci presenta infatti il santo intento, durante le notti insonni, alla contemplazione mistica, proiettato fuori dal proprio corpo alla ricerca della purificazione di sé e degli strumenti atti a purificare i suoi fedeli (5) e pronto, durante la vita diurna, a provvedere ad ogni necessità concreta del suo popolo, alla cura perfetta della liturgia, alla lotta contro i peccati condotta attraverso la predicazione; assidua è l'azione del vescovo nel denunciare apertamente i peccatori non disposti al pentimento, nell'esortare gli stessi ecclesiastici in fallo a ricercare la misericordia divina (6). 

    Dalla lettura si può constatare che, a fronte di elementi narrativi scarsi, forte è la presenza dell'aspetto celebrativo, elogiativo, sia nel terzo paragrafo, quando l'autore loda i due santi novaresi, Gaudenzio ed Agabio, sia nella seconda parte, dove abbondanti sono le immagini poetiche, che si intrecciano ai consueti riferimenti biblici: il santo è buon pastore, faro che guida i fedeli nel mare tempestoso della vita terrena, ape che produce miele stillante la verità divina, combattente che, armato della spada della parola di Dio, stermina i peccati e trasforma la città in un giardino fiorito, atleta che porta a termine la corsa riportando la palma della vittoria. 

    Siamo di fronte ad immagini simboliche che, nel loro profondo realismo, sanno raggiungere alti gradi di espressività. La redazione della "legenda" che viene presentata in traduzione è contenuta nel codice I (olim 132 e n° 10 del catalogo Mazzatinti) custodito presso la biblioteca capitolare del duomo di Novara.            Esistono due redazioni della vita di sant'Agabio, contenute nello stesso codice, che risulta costituito da due nuclei: uno più antico, risalente ai secoli XII-XIII (fol. 2-7; 9-185), in cui ai fol. 102-105 compare una delle due redazioni della vita di sant'Agabio, quella più breve e probabilmente la più antica; l'altro aggiunto (fol. 186-290), databile al secolo XIV, dove appare la seconda e più lunga trattazione della vita di sant'Agabio, che qui è stata presentata in traduzione. 

 

INIZIA  LA "LEGENDA" DEL BEATO AGABIO CONFESSORE.

 

Parte I. 

 

1. I santi della terra prendono il posto degli angeli ribelli del cielo.

 

" Dopo la caduta dei demoni dall'alto dei cieli, dopo quello spaventoso e terribile avvenimento, durante il quale schiere di demoni caddero dalle sedi celesti, fu scelta lungo il trascorrere dei tempi un'infinita ed innumerevole moltitudine di santi e di giusti che ornassero gli alti cieli e adornassero come gemme e pietre preziose il mondo superiore. 

    Tutti costoro, come compenso di una vita innocente e grazie alla costanza nel compiere le opere divine meritarono di diventare astri viventi del cielo, gloriosi gigli del Paradiso, rose fiorite sui torrenti aurei degl'angeli, dove riposano nella pace piena della felicità eterna propria della natura divina. Pertanto in quel coro di tutti i beati, che risplendevano come astri purissimi al cospetto di Dio onnipotente, il figlio di Dio scelse un consesso di santi, sacerdoti e pastori della santa chiesa degni di venerazione presso gli angeli e gli uomini. 

    A tutti costoro fu detto da Cristo: "Voi siete la luce del mondo" poiché, pieni di carità e splendente in essi la luce della verità, davano la vista ai ciechi, riconducevano gli erranti e, per mezzo di straordinari esempi di vita e sapienza, elevavano i peccatori alla città del Dio vivente con grandi gemiti. E poi: "Voi sarete miei amici se farete ciò che vi dico", poiché essi disprezzavano il legame con le ombre inferiori delle cose materiali per essere trasfigurati in Dio, elevati dalla forza dell'amore sopra ogni cosa. Poi: "Voi siete coloro che resistettero con me nelle mie tentazioni", infatti nessuna tentazione causata dalla fragilità umana, dalla suggestione diabolica e dalla vanità li legava con i suoi tenaci vincoli, anzi essi innalzandosi liberamente alle cose celesti mostravano la magnificenza di Dio. 

    E perciò apparvero nel mondo come uomini infiammati ed ardenti, che nell'ardore dello spirito liberavano dai peccati i popoli loro affidati, soffocati da sciagure e tormenti, e con preghiere ed insegnamenti li consacravano alla divinità onnipotente. 

    Li inviò per tutto il mondo affinché ovunque nel campo della santa Chiesa levassero le spine e i rovi dei peccati e seminassero i grani d'oro delle virtù". 

 

2. I santi novaresi Gaudenzio, Agabio e Lorenzo.

 

    "Fra i santi vescovi e pastori, che come terrestri angeli e uomini angelici apparvero sulla terra, il beato Agabio, glorioso testimone di Cristo, fu inviato da Dio a Novara, dove il beato Gaudenzio, primo vescovo di quella città, brillava di ogni virtù, grazie a miracoli e prodigi evidenti. Questi, Novara, sono i tuoi venerabili padri, che insieme con il tuo beato Lorenzo, glorioso martire, procurarono al tuo nome fama e grande gloria. Infatti, dopo aver distrutto dalle fondamenta gli antichi altari e ogni culto pagano eressero nuovi altari a Dio onnipotente e per mezzo di vittime sacrificali offerte per ottenere la pace ti riconciliarono con il tuo Creatore, affinchè tu fossi e venissi giustamente chiamata "Novara", cioè "nuovo altare" di Dio.         Questi sono i tuoi venerabili padri che, rendendoti viva nello spirito, tu che eri morta nei peccati, ti generarono per la vita eterna. 

    Questi sono i tuoi venerabili padri che, espugnando a tuo vantaggio i domini dei demoni e il pestilenziale popolo delle tenebre, volando verso Dio, attirarono a te santi ed angeli dal cielo. 

    Questi sono i tre candelabri della Chiesa militante che, quand'eri nelle tenebre e nell'ombra della morte, ti mostrarono con ardore celeste le vie per la beatitudine eterna. 

    Questi sono le tue gloriose finestre, attraverso le quali, sconfitte le tenebre delle tue colpe, ti apparvero splendidi e sereni i tempi di Dio. 

    Gioisca dunque la nostra terra, gioisca ed esulti la città del santo, la città fedele del beato Gaudenzio nostro padre, poiché ad essa è stato destinato prima di tutti i tempi ed a tempo debito è stato eletto il beato Agabio, glorioso testimone di Cristo, amico dello sposo, lucerna del popolo, fedelissimo agricoltore del sommo Dio, fiore profumato, vescovo ardente di fuoco divino, coraggioso combattente della fede, decorato di armi d'oro, gemma del cielo, glorioso giglio del Paradiso. 

    Dio scelse per noi un uomo secondo il suo cuore, insigne per santità, degno dell'amore di Dio e del mondo, sopra il quale trovò pace lo spirito della divina sapienza". 

 

Parte II 

 

3. San Gaudenzio designa sant'Agabio suo successore.

 

" Infatti, giunto il tempo in cui il beato Gaudenzio doveva essere incoronato in cielo dopo aver combattuto per la vittoria e manifestato grandi cose, preoccupato del futuro, affinchè venissero evitate ogni ambiguità, esitazione e turbamento nella sua chiesa a proposito dell'elezione del vescovo, così parlò al suo popolo dicendo: "Questa è la volontà di Dio, che il beato Agabio succeda nel 

compito pastorale a me, che m'avvio al regno celeste.Egli infatti è stato predestinato da Dio a portare questo grave fardello ed onorato da grandi annunci". 

    O venerabile vescovo, che riconobbe nell'onore del beato Agabio l'antico e segreto disegno del sommo Dio sopra la salvezza del suo popolo, esultò nella gioia e l'annunciò ai suoi figli! O venerabile uomo, Agabio beato, successore del santo Gaudenzio, che dalla creazione del mondo fu scelto da Dio, affinchè ornasse di gemme la chiesa novarese sua sposa e la legasse con sua grande gloria allo sposo in ogni cosa preziosa e celeste! 

    O venerabile vescovo beato Agabio, che fu scelto da Cristo per portare a compimento, al posto del beato Gaudenzio chiamato da questo mondo, la nuova basilica intrapresa e per seppellire con onore in quella medesima proprio il suo corpo pieno della gloria di Dio!"

 

4. Sant'Agabio succede a san Gaudenzio e gli dà degna sepoltura.

 

    "Quando il beato Gaudenzio, terminato felicemente il corso della vita mortale, giunse alla vita ed alla pace sempiterna e meritò di passare da questa valle di lacrime alla gioia piena di Dio, il santo e venerabile corpo giacque insepolto nel sacrario della cattedrale della beata Vergine Maria dal 22 gennaio al 2 agosto. A tutti coloro che accorrevano sant'Agabio predicava le grandi cose mirabili di Dio. 

    Egli, che aveva dentro sé un così grande tesoro nascosto e lo conservava con grandissima devozione, con straordinaria gioia e grandi spese, portò a compimento la costruzione della chiesa che il beato Gaudenzio stesso aveva intrapresa, la consacrò con ogni onore e preparò un sepolcro venerabile per il santo corpo in un luogo assai onorevole. 

    Il 2 agosto, con una moltitudine di chierici e di laici di straordinaria devozione, con canti ed inni, fece trasferire il corpo del beato Gaudenzio nella santa chiesa dedicata al suo nome. 

    Cantavano gli angeli fra le nubi, si flagellavano i demoni, tremavano le potestà celesti, esultava tutto il popolo ed il beato vescovo santo Agabio giubilava tutto nello spirito di Dio onnipotente e così affidò il santo corpo alla sepoltura nella quale è chiuso e ben custodito fra i gloriosi tesori di Dio".

 

5. Sant'Agabio: uomo di contemplazione e preghiera.

 

    "Dunque il beato Agabio, elevato da Dio alla sede vescovile, incominciò ad onorare Dio in tutte le sue opere e a vigilare giorno e notte sulla salvezza del suo popolo con animo attento. 

    Perciò di notte, quando la stanchezza incombe sugli altri uomini ed essi riposano nei loro giacigli, scacciava il sonno dai suoi occhi santi e rinunciava al riposo del corpo: sedendo in solitudine si elevava all'alto dei cieli e, come fa la stella del mattino al chiarore del sole eterno, con soavità e dolcezza metteva alla prova la profondità della sua mente. 

    Si sarebbe potuto vedere il devotissimo confessore quasi mantenere i suoi pii sforzi e i suoi santi desideri sopra tutte le cose visibili e bramare Dio, fonte delle acque della vita, con incredibile ardore; così durante le sue frequenti adorazioni e la recita devota delle sue preghiere si sarebbe potuto percepire un soavissimo aroma d'incenso, che ardeva nel fuoco della carità, salire dal suo cuore e dalla sua bocca al sommo santuario del cielo emanando un soave profumo. 

    Il buon pastore percorreva gli eterni pascoli del Paradiso ed esplorava il verdeggiare del celeste luogo, per estinguere nelle acque celesti tutti i desideri del mondo e richiamare con più ardore il suo gregge. Così il sincero pastore vegliava nelle sue notti insonni sul suo gregge e consacrava a Dio onnipotente il tempo del riposo. 

    Padre felice e degnissimo d'ogni lode lui che si santificava prima di santificare gli altri, che si purificava prima di purificare gli altri, che si avvicinava di persona a Dio prima di condurvi gli altri e che, esplorando per primo la sorgente del bene nelle sue contemplazioni, beveva le acque della fonte eterna e così dava al suo popolo le acque del cielo e lo imbeveva della vita dello Spirito Santo".

 

 6. Sant'Agabio: predicatore e pastore.

 

    "Vi era inoltre in quell'uomo santo questo di meraviglioso, che senza in nulla sminuire la fama della sua vita interiore, si comportava nella vita concreta con straordinaria sollecitudine verso il suo popolo, provvedendo ad ogni necessità, disponendo ordinatamente tutto, ispezionando ogni cosa per poter più facilmente e serenamente scrutare nei cieli e cantare con giubilo gli inni mattutini con i figli di Dio. 

    Portava nel suo corpo la morte di nostro Signore e recava alacremente sulle spalle della sua anima la santa croce, frenando i desideri illeciti e riportando sempre la corona della vittoria nelle battaglie spirituali.     Macerava il suo corpo con un lungo e duro digiuno e lo soggiogava coraggiosamente al suo immacolato spirito. 

    E perciò era sempre santo in corpo ed in spirito, procedendo sulla via del miglioramento e benedicendo Dio in tutte le cose. 

Certamente, fra gli altri doni di Dio, il beato Agabio aveva ricevuto dalla mano del Signore la spada della parola divina, d'oro, viva ed infiammata e dalle infinite risorse, destinata allo sterminio di tutti i delitti e a contrastare gli attacchi degli spiriti maligni. Per cui di notte saliva al cielo sulle ali della contemplazione

     Per cui di notte saliva al cielo sulle ali della contemplazione fra i predicatori del santo Vangelo e di giorno tutto ardente scendeva dal cielo, e con il braccio teso vibrava la spada affilatissima della parola di Dio contro le vanità, sia denunciando a gran voce le folli menzogne sia condannando i peccati degli uomini.         

    Si sarebbe potuto vederlo, fervido testimone della fede, far strage di peccatori con la fulgente ed acuminata spada del verbo di Dio e riportare nelle potestà celesti grandi vittorie sui demoni. 

    E, come narra la sua antica biografia, il beato Agabio nelle sue sante prediche ora saliva al cielo celebrando alacremente e coraggiosamente la gloria dei beati e quello straordinario premio dei cittadini del cielo promesso ai giusti in cambio della sofferenza, ora audacemente penetrava nell'abisso, predicando con coraggio gli infiniti ed interminabili tormenti della morte eterna pronti con i demoni nelle fiamme vendicatrici dell'inferno. 

    E così con la spada della sua parola ora mozzava il collo resistente alla superbia, ora trucidava il peccato dell'avidità, ora abbatteva gli altri peccati con efficacissime prediche. 

    Perciò quell'uomo santo terrorizzava i malvagi ma spingeva i buoni ad una vita migliore con la fama delle sue parole ed ancor più ampiamente e perfettamente con la fama delle sue opere divine. 

    O luce degnamente posta sul candelabro della Chiesa novarese, piena oltre misura dell'olio della letizia ed accesa per noi alla fiamma celeste! 

    O faro grande e splendido grazie ai cui raggi splendenti per il mare tempestoso della vita presente ci dirigi, perché non facciamo naufragio, al porto solido della gloria eterna! O ape divina veramente perfetta che costruisci per noi favi di miele stillanti la verità e la misericordia di Dio! La tromba apostolica che desta i pastori della chiesa risuonava continuamente in tua presenza! Denuncia, prega, rimprovera con tutta la pazienza e la dottrina! 

    Come il buon pastore denunciava i suoi figli malvagi che non temendo sopra di loro la folgorante spada della giustizia divina perduravano nella loro iniquità. Scongiurava quegli stessi affinchè volassero nel grembo della misericordia di Dio. 

        Biasimava inoltre coloro che in se stessi mutavano in menzogna la verità di Dio, dissimili da Dio e fatti simili ad ogni sorta di bestie. 

    Denunciava i laici in fallo, scongiurava gli uomini dedicati al culto divino che erravano, condannava i demoni che infestavano accanitamente le passioni dei giusti. 

    Non poneva i suoi motivi di gioia nelle ricchezze fallaci e negli onori che tutta la città gli tributava e in quelle cose che interessano il corpo nella sua esteriorità, ma nell'interiorità, nel rapporto con il divino e nella lotta contro i peccati degli uomini. 

    E si dava da fare in ogni modo perché la sua città, che era stato campo dello sterminio dei peccati divenisse per l'onnipotente Dio florido giardino di gioia. 

    Per questo fatto quell'uomo venerabile, fino al termine della sua vita, fu come una vite sparsa sopra la sua città che grazie al fragrante profumo delle sue virtù e delle opere sante attirava a sè con meravigliosa devozione".

 

7. L'apparizione dell'angelo durante la celebrazione dell'Eucarestia.

 

" Una volta il beato Agabio sacerdote e vescovo dell'Altissimo spargeva incensi con mirabile devozione durante il sacramento del corpo di Cristo ed era tutto rapito nella dolcezza divina; infatti ricordando l'inestimabile carità del figlio di Dio che in questo venerabile sacramento è Dio nascosto, posto alla destra del padre e visibile a tutti i beati, quasi come un angelo stava presso l'altare, risplendendo dello splendore 

della purezza, della soavità della contemplazione e dell'emozione della reverenza e dell'amore. 

    Ed un segno grande e meraviglioso di ciò si manifestò sopra di lui: mentre infatti celebrava i riti solenni della messa e tutto si innalzava in spirito a Dio onnipotente, ecco che uno dei santi angeli, che celebrava il figlio di Dio accanto al santo vescovo, apparve distintamente sopra di lui. 

    L'aspetto dell'angelo che si manifestava sopra il suo capo santo era candido e venerando per lo splendore. 

    O straordinario annuncio! L'angelo, infatti, brillando visibilmente sopra il capo santo esclamava con voce angelica: "Ecco il santo vescovo, quasi uno di noi, che instancabilmente celebra i misteri divini e degnamente assiste con noi il Creatore ed il Redentore vostro!" 

    Questa angelica visione mostrava a tutti i segni della sua santità ed invitava il suo popolo ad una vita casta ed angelica: infatti sotto lo splendore dell'angelo la purezza del beato Agabio appariva ancora più splendente, sotto l'ardore dell'angelo la sua carità bruciava più ardentemente, sotto il ministero dell'angelo la devozione del santo fioriva maggiormente, poiché, mentre sopra di lui si manifestava visibilmente l'angelo di Dio, egli senza che ciò fosse visibile era elevato fuori di sé alla presenza dell'invisibile maestà che, insieme con i santi angeli e tutti gli uomini, lodava e con angelica emozione celebrava con gioia. 

    Resta inoltre da considerare bene quali fiamme e braci ardenti il santo sacerdote poneva sugli altari presso le quali venne l'angelo, portando dai cieli un turibolo d'oro, le riempì di santo fuoco e con gran gioia volò al sacrario dei cieli". 

 

8. Uomo dei miracoli.

 

" Sant'Agabio splendette inoltre in vita per i molti miracoli ed ottenne per i suoi devoti molti benefici dal cielo. Un uomo, malato d'idropisia, avvicinandosi al santo di Dio con devozione e timore, umilmente lo pregava di chiedere al Signore misericordia e salute per sé; e il santo, dopo averlo visto pieno di 

 fede e con uno sguardo che muoveva straordinariamente a compassione, lo risanò con il tocco della sua mano santa.

    E così quello, che si era recato dal santo vescovo con gran difficoltà e sofferenza, ottenuta una perfetta salute, se ne andò lieto lodando Dio e benedicendo il beato Agabio. 

    Un altro, un lebbroso, consapevole che il beato aveva accesso alla potenza divina e veniva in soccorso ai sofferenti, venne umilmente dall'umile santo e con devozione gli si avvicinò; quello umilmente lo toccò: una grande energia divina uscì dal corpo del santo e liberò l'uomo dalla lebbra. 

    Con queste e con quante più altre opere possibili il Signore magnificava il suo devotissimo testimone e lo mostrò a tutti perché fosse onorato. 

    Così il buon pastore, armato dalla fede, rafforzato dalla speranza certissima, infiammato dall'ardore di carità combatté una buona battaglia, militò fedelmente per il Dio dei cieli, raccolse sopra le stelle eterni tesori, portò a compimento la sua gara ed infine riportò con grande gloria la palma della vittoria nella città del Dio vivente".

 

9. Santo tra i santi.

 

    " Quando infatti, dopo la gloria di grandi meriti e i segni di molti trionfi, venne il tempo del sonno eterno, si aprirono le porte d'oro dei cieli e ne scesero gli angeli esultando; suonando le loro cetre gloriose attesero con canti di gioia il passaggio del nostro padre. 

    Il beato, tutto elevato in Dio e reso più pronto dall'infermità della carne, affidò alla terra la polvere del suo santo corpo. 

    E come un uccello multicolore per la varietà di tutte le sue virtù volò insieme con i santi angeli verso l'alto dei cieli e giunse felicemente a rivestire i compiti dei cittadini della città celeste ed alla gioia superiore dei beati. 

    O quanto fu beato sant'Agabio e da esaltare con grandi lodi! 

    Finché visse, vigilissimo nei misteri dell'Altissimo, non trascorse mai giorni vuoti ma accumulò mesi pieni e preziosi di attività poiché i giorni che si succedevano senza sosta ricevevano valore eterno dalla ricompensa delle azioni. 

    Nei tempi che passano ciò che non passa viene risparmiato per il regno dei cieli. 

    Nella luce che varia ogni giorno con il sorgere ed il tramontare del sole meritò di giungere alla luce immutabile ed increata per cui di lui un poeta disse giustamente: "Uscito dalle tenebre si veste di un abito di luce; dopo la morte gode di una vita più libera".

 

10. Il corpo di sant'Agabio trasportato in duomo. 

 

    "Il miracolo del giovane risanato Dunque il corpo santo e venerabile, fra inni e canti e gran devozione, fu collocato e rinchiuso nel sepolcro fuori dalla porta della città che dal suo nome fu chiamata Porta di Sant'Agabio ed in quel sepolcro riposò per molti anni. 

    In seguito fu traslato, per iniziativa del beato vescovo Cadulto, in città, nella chiesa maggiore dedicata alla gloriosa Vergine Maria, il 30 agosto. 

    Allora non mancarono miracoli che manifestassero la sua gloria a tutti i popoli: infatti, mentre il corpo santo del beato Agabio era riesumato e trasportato con straordinaria e solenne devozione e grandissime manifestazioni di letizia, si fece incontro un giovane tormentato da una grave infermità e gravemente privato delle forze; esortato dai fedeli presenti a passare sotto il feretro del santo con devozione e rispetto, mentre lo faceva fu immediatamente risanato da tutta la debolezza del suo corpo, incominciò a lodare Dio e a predicare la virtù del beato Agabio. 

    Quell'uomo affermava, dopo molti anni, che dopo aver ricevuto una condizione di perfetta salute per i meriti del santo non era più stato colpito da alcuna infermità. Si manifestava chiaramente con un miracolo che Dio compiva opere perfette per mezzo del suo santo testimone".

 

11. Dio conferma con prodigi la santità di Agabio.

 

    " Non appena il corpo fu trasportato nella chiesa della santissima madre di Cristo, nuovi e straordinari eventi testimoniarono apertamente la vita divina e pura di sant'Agabio: infatti il cielo si aprì sopra di lui e due colombe quasi come piccole nubi furono viste scendere dal cielo. 

Dalla sua santa bocca poi uscì un'altra colomba, candida come la neve, che con le ali aperte volò verso il cielo. Con queste eccezionali ed insolite meraviglie il Dio onnipotente volle significare chiaramente quale spirito vivente vi era stato nel corpo di sant'Agabio e testimoniare quali cose aveva compiuto. Infatti Dio, dopo il trapasso, aprì realmente al suo testimone il cielo che

    Infatti Dio, dopo il trapasso, aprì realmente al suo testimone il cielo che il beato stesso in vita aveva tante volte aperto con le chiavi preziose della contemplazione, ed entrando ed uscendo tante volte aveva ottenuto misericordia e chiesto perdono per la salvezza del suo popolo e della sua città. 

    La colomba volando dalla sua bocca nel niveo candore, cantava a tutti i fedeli di Cristo in lode del santo dicendo: "Quest'uomo era veramente un santo presso il quale scesi dal cielo e grazie alla sua vita innocente e alla fecondità della sue opere divine e spirituali riposai in lui come in un purissimo nido". 

    Certamente nell'aspetto della colomba fu manifestata l'anima del santo, che, alla maniera delle colombe, emise un sospiro come un canto nel purissimo nido della sua carne per la salvezza dei suoi figli e per il desiderio delle gioie celesti. Essa si posava sui fiumi delle scritture, più bianca della neve più candida, scrutando attentamente le vie percorse dagli spiriti malvagi, per difendere se stessa e il popolo e liberarlo dai loro attacchi. 

    Per mezzo delle due colombe discese dal cielo lo spirito del santo vescovo sciolto dai vincoli del corpo aprì le ali e volò sopra le stelle con gli angeli e con essi vola all'aria libera della felicità eterna per mostrare la grazia di Dio e la libertà dei santi a cui noi dobbiamo aspirare. 

    Il corpo venerabile del santo di Dio fu seppellito nella chiesa della beata Vergine Maria nella città di Novara e alla sua conservazione provvede continuamente Dio al quale è onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen".