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MANNA DI SAN NICOLA |
Per
nutrire Sansone, Dio fece ricorso
a un indovinello, come è raccontato
nella Bibbia: un favo di miele raccolto
all'interno di una carcassa di leone,
un posto insolito per un alveare.
Dalla sacra urna di Nicola, deposta
con le sue reliquie forse nel pavimento
del martyrion
cruciforme annesso alla basilica di
Mira, si riteneva che, subito dopo
la sua morte, avesse preso a scaturire
un liquido straordinario, detto myron,
in rapporto certo con le essenze profumate
diffuse nel territorio, da cui la
stessa città prendeva il nome. Nel
panorama agiografico mediterraneo
l'essudazione di liquidi da reliquie
di Santi non era infrequente: sant'Andrea
a Patrasso grondava "manna" il giorno
della festa, così come san Giovanni
ad Efeso e san Demetrio a Salonicco
(olio e manna in modo farinae), sant'Eufemia a Calcedonia stille di
sangue, e san Giacinto ad Amastris
un curioso violento getto di polvere.
Tutto veniva raccolto dai pellegrini
in piccoli contenitori ed ampolle
(eulogie,
cioè benedizioni): acqua, polvere,
manna, olio, cera, da portare in patria
non solo come souvenir e attestato
del pellegrinaggio effettuato, ma
anche come pegno della assidua protezione
del martire di cui si era venerato
il sepolcro.
A Mira il sarcofago di san Nicola
lasciava sgorgare (dalle ossa o dalla
tomba?) il myron
(che si raccoglieva con una piuma,
cioè in piccole quantità) divenuto
comunque il liquido più famoso del
genere, tanto da attrarre un gran
numero di pellegrini per quel fenomeno.
Purtroppo non ci è stata conservata
neppure un'eulogia
di San Nicola (di V-VI secolo),
a differenza di quelle, numerose,
di San Mena di Alessandria d'Egitto,
Santa Tecla di Antiochia, San Simeone
Stilita in Siria, San Foca di Sinope,
San Demetrio di Salonicco, conservate
nei Musei di Bobbio, Monza, Farfa,
Londra, Parigi, Sassari, con la stampigliatura
delle immagini dei Santi o decorate
da croci, stelle, fiori, palmette,
figure oranti o qualche scena od emblema
sintetico della vita e dei miracoli
del martire venerato. Su qualcuna
è conservato il modellino stesso del
santuario visitato (Palestina, Efeso,
Delo).
In Oriente accenna alla distribuzione
di tali ampolle già Giovanni Crisostomo
in una omelia rivolta al pellegrino:
"Sosta presso la tomba dei martiri,
versa fiumi di lacrime, castiga il
tuo cuore e porta con te l'eulogia.
Prendi l'olio santo, affinchè il tuo
corpo ne riceva unzione, la lingua,
le labbra, il collo, gli occhi". Un'eulogia
piuttosto capiente per un'unzione
così vasta! Per quanto riguarda san
Nicola, il suo primo biografo, Michele
Archimandrita, intorno al 710-720,
connette la "profumata e odorissima
condotta" del Santo in vita, al suo
"corpo prezioso e odoroso delle fragranze
della virtù" e alla conseguente essudazione
di "un olio odoroso e soave, che allontana
ogni maleficio ed è buono a fornire
un rimedio che salva e respinge il
male", riferendosi ad un ambito concettuale
generico piuttosto che ad uno taumaturgico
specifico. Da sottolineare che il
myron, anzichè
liquido oleoso, è costituito, invece,
da acqua pura, ma probabilmente sulla
sua natura si era allora piuttosto
dubbiosi.
In Occidente il primo scrittore che
ricorda la "manna" di san Nicola è
Giovanni di Amalfi (950 circa), seguito
da altri che puntualizzano i miracoli
operati dal suo flusso e l'impatto
del prodigio sulle folle di pellegrini.
In uno dei loro scritti è contenuta
una pittoresca illustrazione del sepolcro
di san Nicola a Mira ("in un luogo
elevato alla destra dell'aula" della
chiesa), che riunisce nella stessa
tomba il defluire dei due elementi,
l'olio e l'acqua: "Come noi stessi
avemmo modo di osservare, scaturiscono
due rivoli che sino ad oggi non hanno
cessato di sgorgare. Dalla fonte,
all'altezza della testa del sacro
tumulo, fluisce un liquido oleoso
e chiaro; dal rivolo che fluisce in
corrispondenza dei piedi esce un'acqua
soave e trasparente che, se data da
bere agli infermi, questi riacquistano
la salute del corpo". Di "mirra" era
invece piena la fiala descritta da
Rabano Mauro in un poema composto
nell'816 su diciassette reliquie conservate
sulla tomba di san Bonifacio. Al momento
della irruzione dei Baresi nella basilica
di Mira, i monaci custodi del Santuario,
ritenendoli pellegrini, anche se un
po' rumorosi, offrirono loro un po'
di santo "liquore" estratto dal sepolcro,
raccolto come oleo
in un'ampolla di vetro dal presbitero
Lupo. E al momento dell'apertura del
sarcofago, il giovane Matteo immerse
prima le mani alla ricerca delle ossa
coperte da quel "liquore" fino a metà
della tomba e poi tutto il corpo,
inzuppando le proprie vesti del "salutifero
latice". E' noto che quel liquido
fu lasciato ai Miresi per loro grama
consolazione: "Dovreste essere abbondantemente
consolati dal fatto che avete con
voi un sepolcro pieno di santo liquido,
lasciato apposta per voi". La Cronaca
di Kiev parla invece di manna:
"trovarono l'urna piena di manna.
Versarono la manna in degli otri,
presero le reliquie". Quegli otri,
se davvero furono utilizzati, rappresentano
i più antichi esemplari delle "bottiglie
della manna" baresi.
Non si sa nulla del prodigioso effluvio
nei due anni in cui le sacre spoglie
furono custodite nella chiesa di S.
Stefano. Ma dopo la loro solenne reposizione
nella cripta, la "manna" per antonomasia
riprese a sgorgare copiosa, anche
se il Responsorio del Santo riprende
il tema dell'olio ("cuius Tumba fert
oleum, matris, olivae nescium; quod
natura non protulit, marmor sudando
parturit"). Olio o acqua, i Baresi,
nel corso del tempo ne fecero incetta,
per custodirla entro le graziose "bottiglie"
dipinte con l'immagine e scene della
vita di san Nicola, di grande varietà
e tipologia, dalla fiala al bottiglione
di qualche litro! Pronto soccorso
mobile, è provato dalla devozione
popolare che la manna di san Nicola
abbia funzionato come la più efficiente
Unità Sanitaria Locale! |
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