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PAWER BY SAVINO DILENA
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SAN nICOLA TRA GRECI E TURCHI
Scena della vita di San Nicola dipinta dal Beato Angelico e conservata alla Pinacoteca Vaticana    Intorno al 1036 la Licia cominciò a subire scorrerìe da parte di una giovane e intraprendente popolazione, i Turchi. Nonostante la grande vittoria di Manzikert, i Turchi non riuscirono ad approfittarne e a conquistare speditamente l'Asia Minore. Davano filo da torcere ai Bizantini, ma non riuscivano a costituire uno stato. Ciò nonostante, neppure i Bizantini riuscivano più a riprendersi. Persino l'abile Alessio Comneno riuscì a fare ben poco nel sud distratto dai pericoli che correva da occidente con i Normanni che sembravano decisi ad impadronirsi dell'impero. Così, tra la battaglia di Manzikert e gli inizi della prima crociata (1071-1096) quasi tutta l'Asia Minore meridionale cadde in mano ai Turchi, che spesso ponevano dei governatori locali.

Il 1071 non era stato un anno nevralgico solo per i Bizantini dell'Asia Minore, ma anche per i Bizantini dell'Italia meridionale, che con la presa di Bari da parte dei Normanni, perdevano definitivamente anche il tema di Longobardia. Per la città di Bari il danno fu grave, in quanto perdendo il ruolo di sede del catepano (governatore bizantino dell'Italia), perdeva automaticamente molti contatti e contratti commerciali.
Fu così che nacque l'idea di rimpiazzare l'importanza politica perduta con quella religiosa. E' noto infatti che la presenza delle reliquie di qualche Santo importante comportava automaticamente un grande afflusso di pellegrini e viaggiatori. Con una sintesi caratteristica del medioevo il progetto barese era sì ispirato dalla fede, ma certamente non dovette essere estranea la prospettiva degli affari. E dato che il nome di Nicola era già molto conosciuto a Bari sin da prima dell'anno Mille, e diverse chiese già esistevano in suo onore, venne abbastanza naturale che la scelta delle reliquie da rapire cadesse su quelle del celebre santo di Mira.

Dalle fonti non è del tutto chiaro fino a che punto si possa parlare di progettazione dell'impresa. La fonte russa è più positiva al riguardo, ponendo la spedizione come conseguenza di un'apparizione del Santo ad un sacerdote barese. Ma Niceforo e Giovanni Arcidiacono sembrano supporre che non ci sia stata una progettazione vera e propria, ma solo un'idea di massima la cui realizzabilità avrebbe dovuto essere verificata sul posto. Fu così che, al termine delle operazioni commerciali ad Antiochia, anche ad evitare di essere preceduti dai Veneziani, i Baresi ripresero la via del ritorno. Attraccate le tre navi al porto di Andriake, in 47 sbarcarono e fecero i tre chilometri che li separavano dalla chiesa ove riposavano le reliquie del Santo. Fintisi pellegrini, si fecero indicare il luogo ove stava il Santo e da dove veniva estratto il myron (la manna di san Nicola). Non riuscendo con le buone a farsi consegnare le reliquie, i Baresi ricorsero alla forza, legando e minacciando i monaci orientali. Il giovane Matteo ruppe la lastra del sarcofago e porse le reliquie ai due sacerdoti baresi Lupo e Grimoaldo.

Quando tornarono alle navi persero tempo per decidere quale nave avrebbe dovuto avere l'onore di portare le sacre spoglie. Il timore poi che potessero essere bloccati dalla popolazione mirese, nel frattempo avvertita dai monaci, li fece decidere a sbrigarsi. Ed infatti avevano fatto appena in tempo a prendere il largo, che la folla si assiepò minacciosa e disperata sulla riva.

Gli inizi della navigazione furono difficili, ma poi procedettero speditamente e giunsero a Bari nel pomeriggio della domenica 9 maggio 1087. Con l'arcivescovo e l'arcidiacono che si trovavano a Canosa, e con il catepano di Ruggero Borsa, che forse non aveva autorità su questioni simili, i marinai preferirono affidare le reliquie ad Elia, abate del monastero di S. Benedetto e maggiore autorità spirituale della città.
Al suo arrivo l'arcivescovo Ursone richiese che le reliquie fossero portate in cattedrale. Nonostante che il popolo protestasse, mandò la sua guardia armata a prelevarle. Il popolo e i marinai si opposero e ne venne fuori un vero e proprio scontro armato, con i primi morti. Ricredendosi, forse anche su consiglio dell'abate Elia, l'arcivescovo fece ritirare la sua guardia e, accondiscendendo al desiderio popolare, lasciò che lo stesso abate Elia assumesse la guida dei lavori per la costruzione di una chiesa in onore del Santo. Anzi fu anche generoso e di larghe vedute, poichè permise che come luogo della nuova chiesa venisse scelto l'ex palazzo del Catepano, che prima il Guiscardo poi Ruggero avevano concesso a lui.

Scena della vita di San Nicola dipinta dal Beato Angelico e conservata alla Pinacoteca Vaticana L'abate Elia cominciò così nel luglio 1087 i lavori di ristrutturazione del palazzo del Catepano, continuandoli alacremente anche dopo il febbraio del 1089, quando alla morte di Ursone fu eletto unanimemente arcivescovo di Bari. Il primo ottobre 1089 il papa Urbano II riponeva le reliquie sotto l'altare del Santo al centro della cripta.
Nel 1094, secondo la testimonianza di Guglielmo di Tiro, da Bari passava il celebre Pier l'Eremita, predicatore della Prima Crociata. Nel 1096 scendeva le scale della cripta il fior fiore della cavalleria medioevale europea, diretta alla conquista di Gerusalemme (Ugo di Vermandois, Roberto di Fiandra, Stefano di Blois, Roberto di Normandia, Drogone di Nesle, Guglielmo il Carpentiere e Clarambaldo di Dandeuil), ai quali si unirono il nuovo signore di Bari Boemondo, e suo nipote Tancredi, entrambi protagonisti del poema epico del Tasso (La Gerusalemme Liberata). Nel 1098 rendeva omaggio alle sacre spoglie il massimo pensatore del tempo, Anselmo d'Aosta, qui giunto col segretario Eadmer, per il Concilio di Bari convocato dal papa Urbano II, e dove fu presente tra gli altri anche il futuro papa Pasquale II.

Il Concilio è importante perchè mise a confronto vescovi greci e vescovi latini su alcune questioni dottrinali, come il Filioque (l'aggiunta al credo operata dalla chiesa romana verso il 1022). Così dinanzi al Santo orientale, ormai patrimonio della città di Bari, s'incontravano orientali ed occidentali. La conclusione non fu un successo, poichè la divisione delle chiese continuò. Tuttavia, entrò nella mentalità di tutti che ormai Bari svolgeva un ruolo di ponte fra Oriente e Occidente, specialmente per la presenza di un Santo così importante per i cristiani sia dell'Occidente che dell'Oriente.
Recentemente sia Greci che Turchi si sono ricordati del fatto che san Nicola fu portato a Bari dall'Asia Minore. Con l'unica differenza che per i Turchi le sue reliquie sono state rubate ai Turchi, per i Greci ai Greci bizantini. Va detto che i rapporti della Basilica con la Grecia ortodossa sono migliorati solo negli ultimi trent'anni, grazie all'attività dell'Istituto di Teologia Ecumenica "S. Nicola". In precedenza la Grecia, che ha mantenuto e mantiene un vivo culto verso il nostro Santo (visto specialmente come patrono dei naviganti), ha guardato negativamente alla presenza di san Nicola a Bari. Nei loro scritti, infatti, reagivano per lo più in due modi: o affermando che le reliquie baresi sono autentiche, ma sono state sottratte ai Bizantini, oppure che non sono autentiche. Bari viene dunque tagliata fuori o come città di ladri (e per di più cattolici), o come città che si vanta ingiustamente di avere le reliquie.

Particolare dell'icona agiografica con San Nicola e storie della sua vita conservata alla Pinacoteca Provinciale di Bari Il fatto che nella chiesa di Mira nel 1087 ci fossero ancora quattro monaci ortodossi sembrerebbe dare ragione del furto perpetrato ai danni dei Bizantini. Non va dimenticato però che lo stesso testo che parla dei monaci bizantini, riferisce che molti Miresi si erano rifugiati nelle vicine alture e che in città si era insediato un "governo" turco. Infatti, i Baresi attesero che i Turchi, che il giorno prima avevano sepolto il governatore della città, si allontanassero da Mira.
Nel Tesoro di S. Nicola oggi si conserva l'encolpion (medaglione pettorale) del patriarca Atenagora I, uno dei patriarchi che si è maggiormente impegnato per l'avvicinamento della Chiesa ortodossa alla Chiesa cattolica. Le speranze che egli ha acceso e l'opera dell'Istituto Ecumenico hanno portato ad un miglioramento dei rapporti sfociato anche in più frequenti pellegrinaggi ortodossi in Occidente.

Il concilio di Bari fu dunque un importante confronto fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa (anche se rappresentata dai Greci dell'Italia meridionale). Il culto per il nostro Santo non è diminuito. In un censimento del 1910 in Grecia S. Nicola deteneva il primato fra le dedicazioni con 359 chiese (al secondo posto S. Giorgio con 291). E' opportuno anche ricordare come la scuola artistica cretese abbia affiancato san Nicola ai grandi padri della Chiesa (Basilio, Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo), pur non essendoci pervenuto alcuno scritto del santo vescovo di Mira. E' noto che in una preghiera attribuita al Crisostomo (e che comunque è di notevole antichità) a san Nicola ci si rivolge in questi termini: "Regola della fede, immagine di mansuetudine, maestro di continenza, così la verità delle cose ti ha manifestato al tuo gregge. Con l'umiltà hai raggiunto mete sublimi, grandi ricchezze con la povertà. O padre Nicola, intercedi per noi presso Cristo Dio, affinchè otteniamo la salvezza della nostra anima".
Tutto il Mediterraneo di cultura greca condivise questo culto. Cipro aveva una ventina di località col nome di Nicola, al quale era dedicata la stupenda cattedrale di Famagosta (ora moschea di Lala Mustafà). E prevalentemente ortodosse sono le chiese di S. Nicola in Albania, come quella di Veskopoja.
L'apertura al Mediterraneo ha fatto sì che, per molti anni, la Chiesa barese intrattenesse ottimi rapporti con la Turchia e con gli organizzatori dei convegni su san Nicola. I Domenicani della Basilica hanno seguito sempre con attenzione tali incontri. Il P. Cioffari è stato quattro volte per tenervi conferenze storiche. Recentemente, però, un'associazione locale ha avanzato la richiesta di riavere le reliquie di san Nicola a Mira, suscitando una dura reazione da parte barese sia per la richiesta in sè che per il tono di essa. Ovviamente per avallare la pretesa si è dovuto insistere da parte turca sul "furto" barese commesso (a loro dire) ai danni dei Turchi, e persino affermare che san Nicola era un derviscio. L'augurio che a Bari ci si fa è che questa mescolanza di confusione storica e confessionale non danneggi dei rapporti che, come si è detto, stavano procedendo sotto i migliori auspici.
 
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