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STORIA DELLA CHIESA
PARROCCHIALE DEI SANTI IACOPO E FREDIANO IN CRASCIANA
Altri
lavori dall’Ottocento ai giorni nostri La
chiesa di San Iacopo, posta sulla sommità del paese, in posizione
subordinata rispetto a quella dell’antica rocca, nacque,
presumibilmente, come cappella della rocca stessa. La chiesa
parrocchiale (cioè con cura d’anime) era l’ancor più antica chiesa
di San Frediano, detta del "Santo alla Villa", posta sotto il
paese e fuori dal centro abitato. Nell’estimo delle Chiese Lucchesi
del 1260, nella località di Crasciana (o, in documenti antichi,
Carciana) figura solo la chiesa di San Frediano. L’altra,
all’interno del castello, quasi sicuramente non era ancora costruita,
oppure era Ius Patronato del castellano. Con il passare degli
anni la popolazione di riunì intorno al castello, lasciando sempre più
desolata la chiesa di San Frediano, che venne progressivamente
abbandonata. Nel 1387 le due chiese furono unite in un solo ambito
parrocchiale, scegliendo come chiesa parrocchiale quella di San Iacopo
posta nel castello, assumendo nel corso del secolo successivo (XV sec.)
la doppia titolazione di San Iacopo e San Frediano, titolazione che
mantiene tutt’oggi. Il 29 maggio 1400 avvenne il distaccamento dalla
Pieve di Casabasciana (di cui Crasciana con Brandeglio e Cocciglia
faceva parte) con la concessione del Fonte Battesimale. Nel contratto di
concessione è riportata la dipendenza dal Piviere attraverso una tassa
annua di una libbra di cera bianca (merce costosissima all’epoca) da
pagarsi in mano del Pievano di Casabasciana e la partecipazione alla
benedizione delle Fonti che si svolgeva la mattina del Sabato Santo
nella Pieve di Casabasciana insieme al Rettore di Brandeglio. La
benedizione delle Fonti (ovvero benedizione dell’Acqua Santa) poteva
esser fatta nella chiesa di Crasciana solo il primo sabato dopo Pasqua
(Sabato in albis). Nel 1487 la chiesa fu ampliata a causa dell’aumento
della popolazione (si pensi che gli abitanti dei paesi di Crasciana e
Casabasciana in quegli anni assommavano a circa duemila unità). Nel
1630 la chiesa aveva solo due navate (come risulta dal verbale della
Sacra Visita): quella centrale e quella in Cornu Epistolæ (navata
sinistra entrando in chiesa). L’edificio, più corto e più stretto
dell’attuale, finiva dove si trova attualmente l’altare di
Sant’Antonio da Padova. Nei
primi anni del XVII secolo erano gia state fondate le Compagnie del
Santissimo Nome di Gesù (poi sotto il titolo del Crocifisso), fondata
il 21 settembre 1587 dal prete Piero Passini di Montefegatesi; la
Compagnia dell’Immacolata (poi del Rosario e, infine della Madonna),
la Compagnia di San Rocco e di San Sebastiano (poi solo di San Rocco),
la più antica delle tre. Nei primi anni del
‘600 la chiesa si presenta in maniera molto diversa da come la vediamo
oggi, sia all’interno che all’esterno. Chi arrivava sul sagrato non
avrebbe certo visto
l’oratorio della Compagnia del Crocifisso,
costruito intorno al 1680. Il campanile lo avrebbe visto ergersi alla
destra della chiesa anziché a sinistra. La chiesa era più piccola, sia
di lunghezza che di larghezza, come già accennato sopra. L’attuale
navata di destra non esisteva. Al suo posto c’era un portico con
quattro sepolture, di cui tre appartenenti alle Compagnie e una ai
sacerdoti. Da questo portico si accedeva sia al campanile che alla
navata principale della chiesa. Entrando in chiesa, oltre all’altar
maggiore, sormontato dal quadro dell’Assunta, si trovavano quattro
altari laterali (sicuramente quelli delle tre Compagnie e quello di San
Nicola), il Fonte Battesimale e quattro sepolcri privati. Da
lì a pochi anni (1640) lo scenario cambiò. Nel 1641 furono intrapresi
i lavori per la costruzione del nuovo campanile. Fu ritenuto più
conveniente abbattere il vecchio e ricostruirne uno ex novo, ma non
sappiamo se l’attuale campanile sia stato riattato da una precedente
costruzione (forse una torre della rocca), o se sia stato costruito in
quegli anni. Su ogni campata, comunque, è riportata la data di
costruzione o di restauro. Nel
corso del XVIII secolo furono eseguiti molti lavori, che cambiarono il
volto della chiesa. Scrive
il Rettore Luca Iacomini nel 1717: "La
chiesa parrocchiale è a due navi una maggiore l’altra minore quale
sta al lato destro dell’altare maggiore ed esso è in faccia alla
porta maggiore della chiesa. Per la festa titolare d’essa è San
Jacopo Maggiore Apostolo et è consacrata e l’anniversario d’essa si
celebra a sette di settembre.
Vi sono tre altari
privilegiati un giorno della settimana e l’ottava della commemorazione
di tutti i defunti per i fratelli e sorelle di compagnia e durano ad
sempiternum. La fabbrica di detta chiesa fra grano e farina e denaro à
rendita 35 scudi quale l’operaro pretende spendere a proprio arbitrio
et a gusto del comune, e non del parrocho come presentemente il moderno
operaro non vuol satisfare alcune biancherie per il sacrifizio della
Santa Messa ordinata da me alle monache in tempo in cui mi ritrovavo a
Lucca. Gli
operari pretendono la conferma in Vescovato et à suo tempo rendono
conto all’operaro generale. Si trova in detta chiesa la fonte
battesimale e si benedice il secondo giorno di Pasqua di Resurretione
con quattro sacerdoti o parrocchiani o del pevieri a spese del parrocho.
In detta chiesa vi sono sei altari tre alla destra dell’altare
maggiore e dui a mano sinistra d’esso: l’altare detto del Crocifisso
nel quale è fondata la compagnia del Santissimo Nome di Giesù e da
essa è mantenuto. L’altare detto di San Rocco nel quale è fondata la
compagnia di San Rocco e da essa è mantenuto. L’altare di
Sant’Antonio di Padova,L’altare di San Nicola da Tolentino. Quali si
mantengono con alcuni beni lasciati da benefattori et con elemosine
questuate in detta cura e ne tengono cura due particolari a quali fu
fatto decreto dall’ecc.mo Spada che dovessero render conto al parroco.
In detta chiesa vi si trova reliquie di più Santi Martiri cioè una di
San Magno Martire et una di Santa Vittoria Martire con sue autentiche
situate nello scaffale di San Nicola da Tolentino. Due busti dorati in
uno vi sta la reliquia di San Filippo Neri e nell’altro la reliquia di
San Vincenzo Martire con cinque altri reliquiari di più santi senza
autentica. Quali reliquie si espongono ad ogni Pasqua et ogni festa
titolare delle compagnie. In detta chiesa non vi si predica né
quadragesima né avvento. Si fa l’horazio delle hore quaranta della
Settimana Santa a spese dell’opera e delle compagnie". Ritorniamo
ora alla descrizione dei lavori che vennero eseguiti in questo secolo.
Il primo e più importante fra tutti fu l’ampliamento dell’edificio
da due a tre navate, aggiungendo la navata anche alla sinistra dell’altar
maggiore al posto del portico, e l’allungamento del fabbricato,
iniziato il 5 giugno 1748. A tale lavoro partecipò principalmente
l’Opera con la popolazione e le Compagnie. Da un documento
d’archivio sappiamo che la Compagnia della Madonna partecipò al
lavoro con la somma di venti scudi, sedici dei quali impiegati per fare
le prime due colonne con i nuovi capitelli, mentre i restanti quattro
scudi servirono per restaurare l’Altare della Compagnia stessa, posto
all’interno della chiesa. Anche se non vi sono documenti che
comprovino il concorso delle altre due Compagnie, questo è da ritenersi
certo. Tali lavori si conclusero il 20 luglio 1749. Infatti, in un
documento della Compagnia della Madonna possiamo leggere: "1748
– Il sopradetto anno il cinque di giugno si diede principio alla
fabbrica della chiesa e la nostra Compagnia v’impegnò scudi 20 de’quali
se ne spese sedici di fare le prime dui colonne e dui suoi capitelli e
degli altri quattro si impegnarono per altri usi. La medesima fabbrica
restò finita di detto lavoro il 20 di luglio 1749 in questo anno fu
comprato il reliquiario d’argento e lo fece il Signore Michelangelo
Vambre’ e costò lire centodieci il simil nel 1748 incoronò la
Vergine del quadro dell’Altare il 25 marzo e le dette corone costarono
lire trentasette". Oltre
all’ampliamento molto probabilmente furono costruiti gli altari di
Santa Beatrice, di San Rocco e l’Altar Maggiore, costruito in stucco e
scagliola. Con buona probabilità furono costruiti sullo stesso stile
(rococò) degli altari anzidetti anche quelli della Madonna e del
Crocifisso. Furono ricollocati gli altari di San Nicola e di
Sant’Antonio, di pregiata fattura seicentesca, entrambi in legno
intagliato e dipinto. L’Opera provvedeva al mantenimento dell’Altare
Maggiore, mentre le Compagnie si occupavano dei propri altari (San
Rocco, Madonna e Crocifisso). Inoltre esistevano tre amministrazioni
separate per il mantenimento degli altari di San Nicola (ora della
Madonna del Carmine), di Sant’Antonio e di Santa Beatrice. Il corpo
della Santa Martire fu traslato a Crasciana appunto verso la metà del
XVIII secolo, presumibilmente da qualche catacomba romana. I sepolcri
che prima erano posti fuori dalla chiesa furono smantellati e costruiti
nuovi all’interno di questa. Ogni Compagnia aveva la pietra del suo
sepolcro davanti al proprio Altare. In un documento della Compagnia del
Crocifisso leggiamo infatti: "A
dì 28 giugno 1749 si rifece il ceppo che sta’ all’Altare così come
sta’ al presente e la prima messa vi si disse fu la mattina di S. Anna
e perché la lapide del sepolcro impediva l’altare nuova della
Compagnia del Santissimo Nome di Gesù fu necessaria cavarla e da che
era stata fatta non era mai stata cavata, questa fu cavata di notte
avendone auta la facoltà dall’Offitio di Sanità a 4 settembre 1749,
speso per detta cavatura scudi 13:19:4 compreso ancora le spese per li
becchini […]". Nel
1755 fu costruita la cantoria in pietra al posto della precedente in
legno e nello stesso anno furono eseguiti vari lavori alla tribuna,
molto probabilmente quelli che la trasformarono da semicircolare a
quadrata. Una lettera del rettore di Crasciana al Mons. Arcivescovo
recita infatti: "Eccellenza
Ill.ma e Rev.ma, avendo questa Chiesa risoluto da fare il coro e la
Tribuna di questa Chiesa Parrocchiale attesa la polvere e lo strepito e
altre cose improprie alla permanenza dell’Illustrissimo Sacramento a
gl’altri altari per la celebrazione della S. Messa che seco porta il
fare e il disfare. Sono con questa a supplicare umilmente l’innata
bontà di S. E. Ill.ma e Rev.ma della permissione di poter celebrare
sempre le messe e custodirvi la Ss.ma Eucaristia nell’oratorio della
Compagnia del Ss.mo Nome di Gesù contiguo ad essa chiesa parrocchiale
durante la detta fabbrica. Crasciana 26 aprile 1755". Da
un inventario del 1752 sappiamo che la chiesa era già dotata di un
organo a cinque registri, costruito con molta probabilità subito dopo
l’ampliamento. Difatti tale inventario riporta: "L’organo
sopra la porta maggiore con 5 registri di canne n°…". E poi
ancora: "n° 6 quadri con le cornici, cioè due piccoli presso l’Altar
Maggiore due mezzani nella navata di mezzo, e due grandi su
l’organo". Nel
1789, più precisamente il 22 agosto, accadde un fatto degno di nota: un
fulmine, scaricando sul campanile, distrusse un merlo, che cadde
sull’Oratorio della Compagnia del Crocifisso, distruggendo buona parte
del tetto. All’interno dell’Oratorio erano custoditi tutti gli
stemmi processionali della Compagnia, che andarono tutti distrutti, ad
eccezione del Crocifisso, che non fu minimamente danneggiato. Su un
documento d’archivio si legge infatti: "A
dì 22 agosto 1789. Nella scorsa netto suscitò uno sgagliardissimo
turbine d’acqua, tuoni e lampi che scoppiò un fulmine nel campanile,
e rovinò la cantonata del merlo sopra l’oratorio, che dalle ruvine
del quale il detto Oratorio restò affatto demolito restandovi le sole
muraglie che danno considerabile non tanto per la fabbrica quanto per
gli arredi, che la Compagnia vi conservava essendo restato tutto
infranto e fu salvo il Crocifisso che in oggi si porta in
processione". Nel
1794 la Compagnia della Madonna decise di costruire uno spogliatoio
adiacente alla chiesa, probabilmente l’odierna sacrestia e la stanza
attigua, con lo scopo di permettere ai confratelli di vestirsi e
spogliarsi prima e dopo le processioni (che all’epoca erano molte).
Tale decisione fu presa dalla Compagnia medesima a seguito della Sacra
Visita da parte di S. Ecc. Mons. Arc. Sardi, nella quale proibì ai
confratelli di vestirsi e spogliarsi nella navata della chiesa durante
le celebrazioni liturgiche. Il fatto è testimoniato da un documento
d’archivio: "1794
– In quest’anno l’alma confraternita della Santissima Concezione
venne in determinazione d’erigere unno spogliatoio per uso de’
confrati per togliere lo scandaloso abuso di vederli vestire spogliare
in Chiesa specialmente in tempo de’ divini uffizi mentre Mons. Arch.
di Lucca Filippo Sardi avendo saputo tenersi e mantenuto questo
disordine minacciò di scomunica e di sospensione i confrati e la
confraternita qualora non si fosse provvisto. Detto spogliatoio costò
circa scudi 200 che fecero esigere i deputati a quest’effetto ricavati
dalla suddetta Compagnia: Antonio e Martini fratelli Nerici, Luigi del
fu Capitano Frediano, Capitano Giovanni Luigi Nardi e Tenente Matteo
Nardi".
In figura: come l’edificio è stato modificato nella metà del
Settecento. La linea tratteggiata indica il vecchio muro perimetrale.
Altri
lavori dall’Ottocento ai giorni nostri Agli
inizi dell’800, con l’invasione in Italia da parte delle truppe
francesi alla testa di Napoleone I, furono soppresse le compagnie
laicali. A Crasciana ne seguì che alcuni beni delle suddette
passarono in mano all’Opera, anziché finire nel patrimonio del
pubblico demanio. Ad esempio sappiamo che l’Oratorio della Madonna subì
questa sorta e l’Opera, quasi a sancirne il possesso, vi trasportò
nel 1808 i banchi del coro della chiesa, che furono riportati al proprio
posto solo dopo molti anni, precisamente nel 1857, al momento in cui fu
ricostituita la Compagnia. Ciò è menzionato nel seguente scritto: "A
dì 6 agosto 1857: in questo giorno furono levati i banchi dell’Opera
dall’Oratorio della Santissima Concezione e furono riportati dopo
l’Altare Maggiore, detti banchi vi si ritrovavano dal 1808, fino a
questo suddetto giorno, e l’Opera si era impadronita di questo
Oratorio alla soppressione delle Compagnie, alla venuta di Napoleone I
in Italia sotto il Priore Girolamo Calani". Nel
corso del XIX secolo furono costruiti due nuovi altari in marmo:
esattamente l’altare della Madonna nel 1934 e l’altare del
Crocifisso nel 1954. Nel 1919 fu
completamente rinnovata la pavimentazione della chiesa. Nel 1959 fu
costruito l’odierno Altar Maggiore, in marmo bianco e verde. Nel corso
degli anni ’60 fu eretto il nuovo altare di Sant’Antonio da Padova,
sostituendo alla pala una statua del Santo. Negli anni a seguire furono
tolte anche le altre pale d’altare (Madonna del Carmine e San Rocco),
sostituite sempre con statue. La pala dell’altare della Madonna,
invece, era già stata tolta nel secondo dopoguerra, per far posto alla
statua della Madonna di Lourdes. Durante i lavori di risistemazione per
adeguare i luoghi di culto alle nuove direttive del Concilio Vaticano II
fu tolto il pulpito, il quale, depositato provvisoriamente
nell’Oratorio del Crocifisso, fu distrutto dalle pietre del merlo del
campanile, caduto sull’Oratorio a causa di un fulmine. Negli ultimi
anni del secolo appena trascorso, le varie amministrazioni parrocchiali
succedutesi hanno sempre cercato di migliorare la chiesa, si pensi
infatti all’elettrificazione delle campane, prima suonate a mano con
enorme dispendio di energie, alla realizzazione delle vetrate istoriate
(1982) e ai molti restauri conservativi grazie ai quali possiamo ancor
oggi ammirare in tutto il loro splendore le statue di Santa Sofia e
della Madonna Addolorata, nonché le numerose suppellettili d’altare,
quali i candelabri e i postergali. Nella seconda metà del ‘900 furono
anche riaffrescate le volte delle navate. Nella navata centrale furono
dipinti quattro medaglioni, nel seguente ordine dall’Altar Maggiore
verso la porta d’ingresso: San Iacopo Maggiore Apostolo, San Frediano,
Santa Sofia Vergine e Martire e, infine, Santa Lucia. Sul soffitto sopra
il presbiterio, invece, furono affrescati i quattro Evangelisti. L’organo
della chiesa parrocchiale, posto sulla cantoria (o poggiolo) sopra la
porta d’ingresso, risale agli anni 1760-1790. Esso è rimasto anonimo
nel corso degli anni probabilmente perché la firma dell’autore era
collocata su una parte dello strumento successivamente sostituita con
una nuova. A causa di questo inconveniente si è reso necessario
procedere al riconoscimento del costruttore mediante un’accurata
"ricerca per paragone" con altri organi sparsi sul territorio.
Dall’attenta analisi della fattura delle canne si è potuto stabilire
che si tratta di un’opera del celebre costruttore pistoiese Pietro
Agati, capostipite della rinomata famiglia organaria, il cui lavoro ha
dato vita all’altrettanto gloriosa scuola pistoiese. L’organo di
Crasciana è l’unico esemplare Pietro Agati di tutto il territorio
lucchese e una delle poche opere ancora esistenti. Nel tempo però il
manufatto non è stato esente da modifiche e riparazioni. Dall’interno
dell’organo si può notare un ampliamento del somiere per fare spazio
alle Trombe e al Nazardo soprano, aggiunti in un secondo tempo. Sempre
procedendo tramite una "ricerca per paragone" è stato
possibile attribuire questo intervento all’organaro pistoiese
Benedetto Tronci, cui possiamo ascrivere anche la sostituzione degli
originali pomelli, necessari per inserire i registri, con manette ad
incastro e con annesse leve del tirapieno e tiratutti. Nel 1906
l’organo ha subito un restauro ad opera di Odoardo Paoli, organaro
abitante a Lucca. L’intervento ha riguardato la costruzione di un
mantice "a lanterna" con stanga per azionare le pompe, in
sostituzione dei due vecchi mantici "a cuneo", azionati da
corde di canapa mediante carrucole di legno, le cui tracce sono ancora
rinvenibili all’interno della cassa dello strumento, nonché la
costruzione di una nuova pedaliera. Negli anni 1951-54 è stato eseguito
un intervento per mano della ditta Del Sere, cui possiamo imputare la
sostituzione dell’originale tastiera di legno, probabilmente logora,
con una da armonium. All’interno dell’organo sono state rinvenute
anche alcune canne di fattura ottocentesca. L’ultimo intervento è
stato eseguito dal giovane organaro Nicola
Puccini di Migliarino Pisano, che ha curato anche lo studio storico
dello strumento per ritrovarne la paternità. Quest’ultimo intervento,
resosi improcrastinabile a causa del pessimo stato dello strumento, che
minacciava un possibile crollo delle canne interne con un loro
conseguente e irreparabile danneggiamento, ha riguardato innanzitutto la
messa in sicurezza del manufatto da eventuali cedimenti, la sua totale
ripulitura, la rimessa in forma delle canne più danneggiate, la
riparazione di quelle rotte, il ripristino dell’originale pressione
d’aria, la realizzazione di un nuovo Usignolo, poiché quello
precedente era stato eliminato, e la fornitura e il montaggio di un
elettroventilatore specifico per organi, oltre alle ovvie ma altrettanto
indispensabili intonazione e accordatura delle canne, quest’ultima
eseguita rigorosamente in tondo. Alcuni documenti conservati
nell’Archivio Parrocchiale certificano la presenza di un precedente
organo. Su un inventario dell’anno 1752 si legge:
"L’organo
sopra la porta maggiore con 5 registri di canne n°…". E
poi ancora: "n° 6 quadri con le cornici, cioè due
piccoli presso l’Altar Maggiore due mezzani nella navata di mezzo, e
due grandi su l’organo". Queste
sono le uniche testimonianze rinvenute: l’assenza di alcuni Libri
dell’Opera non ci permette di conoscere le sorti del precedente organo
né le date esatte e gli importi pagati per quello attuale. Dal
punto di vista tecnico l’organo presenta le seguenti caratteristiche: n°
610 canne. Manuale
da 47 tasti (Do1-Re5 con prima ottava corta) a trasmissione meccanica. Pedaliera
da 11 pedali così composta: scavezza, Do2, Do#2, Re2. Prospetto
mostra: Principale 8’ da Mi1 (totale
mostra 23 canne). Accessori:
Tamburo (o Rollante) e Usignolo (o Uccelliera) azionabili con pedali. Somiere
a tiro. Pressione:
64 mm in colonna d’acqua. Diapason:
La = 447 Hz. Temperamento:
Neidhart 1724 n°
13 Registri a trasmissione meccanica. Composizione fonica:
Alla
pedaliera Contrabbassi 16’ + 8’ sempre inseriti. La pedaliera è
costantemente unita al manuale.
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