"Can che abbaia... aiuta a vegliare"

Dio vuole ancora sorridere

Can che abbaia..

I contestatori del G8

I cind crusc

Per ridere e ... riflettere

La musica e i giovani

The Truman show

A quando il prossimo campo?

La pecorella smarrita

Ricordo di don Emanuele Lucente

 

 

 

"I guardiani sono tutti ciechi, non si accorgono di nulla. Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi. Ma tali cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori incapaci di comprendere. Ognuno segue la sua via, ognuno bada al proprio interesse, senza eccezione" (Is. 56,10-11). Certamente questo riguarda l’indegnità dei capi di Giuda durante gli anni che hanno preceduto l'esilio: i "cani" sono le guide, i responsabili che sono venuti meno al loro compito!

Da sempre alla Chiesa è stato riconosciuto un ruolo profetico nella storia, in quanto chiamata ad annunciare ed interpretare la parola divina: "il profeta è un uomo che ha un'esperienza immediata di Dio, che ha ricevuto la rivelazione della sua santità e delle sue volontà, che giudica il presente e vede l'avvenire alla luce di Dio ed è mandato da Dio per richiamare agli uomini le sue esigenze e ricondurli nella via della sua obbedienza e del suo amore" (cfr. Bibbia di Gerusalemme pag. 1517).

A volte, l'abbaiare di un cane ci dà fastidio soprattutto quando abbiamo la sensazione, se non la presunzione, che lo faccia inutilmente poiché, per noi, non c'è nessuno e ci sembra che sia tutto a posto. Invece, "il cane che abbaia sente rumori che il nostro udito non percepisce!". Con questa espressione don Fortunato Di Noto, fondatore di Telefono Arcobaleno, nelle due giornate baresi (20-21 giugno c.a.) ha indicato e sintetizzato la sua azione e quella della sua equipe in riferimento alla sempre più dilagante piaga della pedofilia, della porno-pedofilia e, in generale, dell'abuso sui minori.

Le notizie, in questo ambito, sono sbattute in prima pagina più come "audience" che come stimolo a riflettere, a prendere coscienza e ad aprire gli occhi rispetto a questa realtà.

Non so se bisogna parlare di vergogna, di non avere la visione del problema, di disinteresse o un po' di tutto messo insieme, certo è che il pedofilo, definito come malato psichiatrico capace di intendere e di volere, trova terreno fertile per la propria perversione. Certo non ci troviamo dinanzi ad un "semplice maniaco", ma ormai prendiamo atto che si tratta di una struttura criminale, di un narcisismo sociale, di un fenomeno di massa per via di una cultura adultocentrica.

Naturale nasce la domanda: che fare?

Alcuni suggerimenti, certo non esaustivi, ma che ci spronino a lasciare le poltrone televisive per stare, vegliare con i piccoli. Innanzitutto il compito della Chiesa chiamata ad avere un ruolo chiaro e di denuncia nei confronti di questo crimine contro l'umanità e, nel contempo, di ulteriore formazione delle coscienze dei piccoli e dei grandi alla dignità della propria ed altrui persona.

Il ruolo della famiglia, cosiddetta normale, poiché i bambini più a rischio pedofilico sono quelli che in generale sono privi di affetto e di attenzioni: bambini orfani con genitori vivi, bambini denutriti di affetto. Anche nella famiglia ci deve essere il coraggio della denuncia poiché non è ammissibile coprire il genitore o il fratello nel male che compie, solo per salvare il buon nome della famiglia, la reputazione: è condiscendenza, concorso in colpa!

La dimensione educativa della società, della famiglia e della Chiesa a lavorare in sinergia per la dignità e la crescita della persona in tutte le sue fasi dell'esistenza. L'Unicef, nella campagna per cambiare il mondo con i bambini, nel manifesto per l'infanzia "Yes for Children", raccolta di firme per dire sì ai diritti dei bambini, al punto 5 dice: "Stop alle violenze e allo sfruttamento. Ogni forma di violenza e abuso nei confronti dei bambini e ragazzi deve essere fermata subito. Dobbiamo dire basta, una volta per tutte, allo sfruttamento economico e sessuale dei bambini". Ma questo è sentito solo dagli addetti ai lavori o non deve essere dovere morale di ciascuno, luogo di lavoro per la nostra coscienza, per la nostra dignità e per la nostra responsabilità?

Il ruolo prioritario degli educatori a scuola, in parrocchia, nelle realtà "frequentate" dai piccoli; questi sono chiamati, anche se con difficoltà, a capire ed interpretare le avvisaglie del disagio che i piccoli vivono perché loro ce lo dicono, anche se nel loro linguaggio (disegni, comportamenti, reazioni ed altro), ma non sempre noi ce ne accorgiamo o sappiamo interpretarlo.

E' anche il caso che, come Chiesa, i suoi ministri catechizzino sul senso del peccato che scaturisce da ciò che va contro la dignità della persona, l'abuso e lo sfruttamento dei minori, a volte anche con l'assenso dei genitori, e come questa piaga non può essere esente dalla riflessione, dalla preghiera e dall'impegno della comunità.

A questo proposito è opportuno cogliere l'iniziativa che già da tre anni celebra la "Giornata dei fiori recisi" il 24 giugno, solennità della Natività di san Giovanni Battista, o nella Domenica più prossima, perché "una preghiera salga incessantemente a Dio dalla Chiesa" (Atti 12,5b) per questi piccoli e per quanti sono stati uccisi in nome di questa barbarie: un olocausto silenzioso.

Certo questo non basta, ma è bene che le cose non si lascino andare con noncuranza, che si dia voce al diritto dei piccoli a non essere oggetto di abuso alcuno.

Se qualche cane abbaia, con la denuncia o con quanto è in difesa dei piccoli, non allontaniamolo con le "pietre" dell'indifferenza, dell'omertà, dell'abuso, ma impariamo a vegliare perché il pericolo sia evitato e il sommerso messo in chiaro, venga alla luce per essere debellato.

don Nicola Laricchia