Dopo
aver messo da parte alcuni ruoli scomodi e detto addio alle
pagine patinate dei rotocalchi,
Claudia Koll è una
donna diversa, con un modo nuovo di intendere la vita e la
professione. Da qualche tempo ha deciso di mettere talento,
bellezza e popolarità al servizio dei più deboli. Con un
orizzonte preciso, anche se non limitante: l'Africa, dove
ogni sette minuti un bambino muore di fame, sottolinea. Ed
è un impegno per il quale si è messa in gioco
completamente, tanto che le più recenti interviste le ha
fatte come portavoce delle piaghe del Continente nero e
testimoniando il suo incontro con Cristo.
“Quando
ho incontrato il Signore, mi ha risvegliato a nuova vita,
mi ha dato il senso di un'esistenza più piena. Ha curato le
mie ferite e mi ha dato una vitalità maggiore. Quella
stessa vitalità che vorrei trasmettere agli altri. Vorrei
testimoniare la sua tenerezza, il suo grande amore per noi.
Credo che ce ne sia bisogno.”
L’inizio di una vita nuova
Eccola,
dunque, la Claudia Koll di oggi, quella che ha scelto di
diventare testimone - e non semplicemente testimonial -
del
Vis,
l'associazione di Volontariato internazionale per lo
sviluppo legata ai salesiani. Testimone - spiega - perché
volevo vedere e raccontare. Con il Vis Claudia ha sostenuto
la campagna Cibo per l'Etiopia. Ma questa è solo l'ultima
tappa di un percorso più lungo.” Ho incontrato per
caso, nell'ospedale in cui era ricoverata mia madre, un
bambino leucemico: sono andata a trovarlo diverse volte.
Ora non c'è più, ma da allora ho cominciato a frequentare
le corsie degli ospedali, visitando soprattutto i bambini.
Poi, in un parco qui vicino ho incontrato un ragazzo che
raccontava poesie da dietro un cancello: era il cancello
della casa per malati di aids della Caritas, a Villa Glori.
Mi ha chiesto di andarlo a trovare e così ho cominciato a
fare volontariato con queste persone. Quando è arrivata la
proposta del Vis ho capito che era il momento di
proiettarmi su problemi internazionali. È iniziato così il
rapporto con l'Africa. “
In Africa Claudia ci è già andata tre volte in pochi mesi
ed è stata un'esperienza che l'ha cambiata. “È come
se avessi conosciuto Cristo in Africa . Non è che non
l'avessi incontrato prima, perché era presente anche nei
malati. La malattia, come la povertà, fa cadere le maschere
e quindi ti mette di fronte al senso della vita,
all'essenzialità. Con l'Africa c'è stato l'incontro con la
povertà e ho sperimentato che Gesù lo si incontra più
facilmente nei poveri. In Etiopia e in Burundi mi è
sembrato proprio di vedere Gesù Bambino correre in mezzo a
quei bambini, così come l'ho visto sul volto dei
sofferenti.
Una sofferenza vissuta con il sorriso
Eccole,
allora, le immagini della povertà, delle guerre
dell'Africa, quelle che ogni tanto ci passano dinanzi in tv
ma che cerchiamo di mettere da parte perché ci richiamano
alle nostre responsabilità di abitanti di un Occidente
ricco e colpevolmente indifferente. “Quelle immagini
non le posso dimenticare. Non posso dimenticare i volti
innaturalmente invecchiati dei bambini vittime della
carestia; lo sguardo pieno di stupore di una bambina che
perdeva quasi subito quello che mangiava: era lo stupore di
chi soffre e non capisce il perché. Ma non posso neanche
dimenticare ciò che ho visto nei padiglioni delle suore di
madre Teresa, a Makallè, dove le religiose raccolgono dalle
strade bambini disabili e malati. Bambini tutti sorridenti:
non c'era neanche un bimbo triste. Questo mi ha dato la
misura della santità, pur nella sofferenza. Lì ho visto la
presenza di Dio. Nello stesso viaggio siamo stati al Nord,
al confine tra l'Etiopia e l'Eritrea, in una cittadina di
Zalambessa distrutta e mai ricostruita. Ho visto bambini
che vivevano tra macerie e sporcizia: i loro sguardi erano
senza speranza.”
Da questo continente Claudia ha ricevuto molti doni.”
Sicuramente l'Africa mi ha reso più consapevole del senso
profondo della vita, obbligandomi a riflettere sul mio modo
di vivere. È cambiato il mio modo di vedere le cose. Sono
tornata dal primo viaggio che mancava poco al Natale;
bisognava fare i regali, ma non riuscivo a comprare niente.
Adesso mi rendo conto che i soldi hanno un altro valore e
che vanno ridistribuiti diversamente. Ho compreso che noi
non siamo i buoni, i benefattori, i salvatori dell'Africa.
Ci sono delle profonde ingiustizie. Basterebbe essere più
giusti per modificare gli equilibri del mondo. L'Africa mi
ha dato la consapevolezza che siamo noi che dobbiamo
cambiare. A partire da noi stessi.”
L’artista Koll
Ed è
stato un cambiamento a tutto campo. Perché Claudia Koll è
diventata molto più esigente, anche sul lavoro.
“Penso che ci sia tanto bisogno di amore, di gioia e
di speranza nel mondo e l'artista dovrebbe essere un po' un
profeta. Credo in un'arte che in un certo modo curi le
ferite delle persone. Così come non credo a una
comunicazione basata sull'enfasi delle cose negative,
mentre ci sono tante cose belle che non vengono
sottolineate C'è quasi un autocompiacimento nello strillare
il male. Eppure, persino dentro una situazione drammatica
c'è un punto di vista della speranza. Anche l'arte dovrebbe
avere questa apertura. Noi attori dovremmo far sì che le
persone quando escono da uno spettacolo si sentano
arricchite. Purtroppo, non sempre trovo proposte che
rispondono a questo mio modo di vedere. Ci si preoccupa se
un lavoro avrà successo o meno, ma non dei contenuti. Verrò
messa ai margini del mondo dello spettacolo? Pazienza, vuol
dire che la vita mi chiama a fare altro.”
Un futuro tutto da scrivere
“E
il futuro? Diciamo che cerco di correre con gli occhi fissi
su Gesù, come diceva san Paolo. So che quella è la strada.
Poi quello che deve essere, sarà. Questo non vuol dire che
non sono concreta. Essere cristiani vuol dire essere molto
concreti, incarnati nella realtà, quindi faccio anch'io le
mie cose, ho i miei progetti, che porto avanti con
determinazione.”