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VINCENZO COTENNA
PATRIOTA E LETTERATO

Vincenzo Cotenna nacque a Lucca il 19/7/1772, in via S. Leonardo, da una agiata famiglia borghese, esclusa però dal potere politico, non facente parte del ceto oligarchico della Repubblica. La loro residenza principale era nella villa di proprietà, a Monte S. Quirico. Versato nelle lettere (oltre alla conoscenza del greco e del latino, parlava il francese, l’inglese ed il tedesco), fece anche studi matematici e filosofici, laureandosi poi a Pisa, nel 1795, in giurisprudenza. Qui iniziò la frequentazioni di amici che sarebbero stati ai vertici del movimento giacobino lucchese.
Le sue tendenze democratiche si consolidarono a Firenze, dove faceva pratica forense.

Quando i francesi arrivarono in Italia, egli si schierò subito dalla loro parte e nel 1797 era firmatario, insieme ad altri giacobini lucchesi di un appello al Direttorio affinché intervenisse nella Repubblica di Lucca.
Arruolatosi nella legione italiana, Vincenzo Cotenna si trasferì a Massa, che era stata occupata dalle truppe francesi.
Il 3 gennaio 1799 Cotenna ed altri fuoriusciti marciano su Lucca al seguito del generale Miollis. I tremila cisalpini di questa colonna si congiunsero, nella città, con le truppe del generale Sérurier che il 4 gennaio decretò ufficialmente l’occupazione militare di Lucca. Il 4 febbraio, su pressioni di Cotenna e degli altri giacobini lucchesi, i francesi abolivano l’antico governo oligarchico e istituivano la Repubblica democratica, nel cui governo Cotenna andava a ricoprire la carica di Ministro della Guerra e della Marina (fino al 17 luglio 1799).

Particolarmente decisa ed efficace fu la sua azione di Ministro in occasione degli avvenimenti del maggio 1799, dopo lo scoppio delle insorgenze antinapoleoniche di stampo sanfediste, che furono conosciute come i moti del “Viva Maria”.
Le altalenanti vicende militari costrinsero, poi, Cotenna ad abbandonare Lucca, insieme ai francesi, che vi rientrarono il 9 luglio 1800, ricostituendo prontamente un altro governo democratico, nel quale Cotenna fu Ministro per gli Affari Esteri. Dopo la vittoria di Marengo, i francesi avevano definitivamente in pugno, fino al 1814, la situazione italiana.
Il giacobino lucchese, allora, ebbe l’incarico di svolgere varie missioni a Milano e a Firenze, ma dopo la venuta a Lucca del Saliceti e delle disposizioni ricevute da Napoleone, vide declinare la sua influenza politica e diplomatica, pur mantenendo ancora incarichi e funzioni di notevole importanza.
Dopo l’incoronazione a re d’Italia di Napoleone, a Milano nel 1805, la città fu destinata a sede del Principato di Felice Baciocchi ed Elisa Bonaparte, segnando la fine dell’epoca democratica della quale Cotenna fu coerente ed importante artefice. Il giacobino lucchese si ritirava, allora, a vita privata, nella sua villa di Monte S. Quirico, che assurgeva a centro di vita democratico, circolo letterario e rifugio di perseguitati politici.

Insieme a lui, ad accrescerne le relazioni con la parte democratica, vi era la moglie, Gaetana Del Rosso, appartenente ad una importante famiglia fiorentina, che aveva possedimenti ad Asciano di Pisa e che a Firenze dette sostegno ed indirizzo al movimento liberale toscano (un fratello di Gaetana, Antonio Del Rosso si distinse per coraggio nell’esercito di Murat; un altro, Giuseppe, fu un famoso avvocato, la sorella Rosa fu madre del matematico Guglielmo Libri).
Vincenzo e Gaetana furono i genitori di Fabricio, il primogenito che morì quando non aveva ancora compiuto 5 anni (1812), di Cleobulina nata nel 1810 e Guicciardino , morto a dodici anni (1830).

Cotenna morì a Monte S. Quirico il 20 aprile 1840, non senza essersi interessato ai moti patriottici italiani che stavano riformandosi, mantenendo intense relazione anche con Silvio Pellico.

Nelle vicende risorgimentali lucchesi troviamo costantemente i nomi della famiglia Cotenna di Monte S. Quirico che continuava la tradizione patriottica e cospiratoria iniziata da Vincenzo Cotenna nel 1799, all’epoca della repubblica giacobina.
Le virtù patriottiche del capo famiglia, erano state condivise dalle due donne rimaste a gestire la villa: Gaetana Del Rosso, la moglie che gli sopravvisse fino al 1860, descritta come tenace, autoritaria, sprezzante nelle sue convinzioni politiche, supportate da grande cultura (si dice che conoscesse tutte le lingue) e la figlia Cleobulina (1810 – 1874) il cui inusuale nome è legato alla antica Grecia (era il nome della figlia di Cleobulo, saggio di Lindos, cittadina dell’isola di Rodi), che fu di ingegno vivace, di vasta cultura, scrittrice tendente ad un esuberante sentimentalismo, dotata di uno spiccato altruismo e di accesi sentimenti liberali.

Cleobulina si sposò con Gabriello Leonardi di Coreglia, anch’egli di orientamento liberale e combattente nella I Guerra di Indipendenza, nel 1848, volontario insieme agli altri coreglini, Matteo Rossi, Agostino Vanni e Marco Vincenti che morì nell’ospedale di Pistoia, nel 1849, dopo il ritorno dalla guerra.
Ebbe sette figli, dei quali sopravvissero i soli Vincenzo, Polissena, Italico.

La villa di Monte S. Quirico fu sempre un centro di cospirazione. Secondo una tenace tradizione orale, non supportata da documenti, sembra che in casa Cotenna avesse trovato ospitalità sia Mazzini, che la sua donna Giuditta Sidoli.
E’ certo, comunque, che Cleobulina, avesse avuto un intenso rapporto epistolare con l’esule genovese, anche se tutta la corrispondenza politica venne distrutta per paura delle frequenti perquisizioni a cui era soggetta la sua casa. La polizia sorvegliò e perquisì più volte la sua abitazione, alla ricerca di Garibaldi, in base a false spiate. Furono ospiti invece, a Monte S. Quirico, Silvio Pellico, più volte il Guerrazzi e Giacomo Medici.
Cleobulina, per il suo impegno politico subì due arresti, nel 1849 e nel 1858. Seguì il figlio Vincenzo, partito volontario nel 1859 sui campi della Lombardia, insieme ad un folto gruppo di volontari, quasi tutti appartenenti alle classi popolari, con l’aggiunta di qualche bracciante e di alcuni studenti.
Ella fornì assistenza ai soldati feriti e partecipò di persona a numerosi fatti d’armi.

Nel fondo Dolfi figura anche una corrispondenza intercorsa fra lo stesso Dolfi, Cleobulina e sua madre Gaetana Del Rosso, dalla quale apprendiamo che la figlia di Cotenna era coinvolta nel comitato che aveva aderito nel 1858 alla Società Nazionale, e nel luglio del 1860, si impegnava nel reclutamento dei volontari da inviare in Sicilia con Garibaldi.
Augusto Mancini, nel suo saggio “Donne letterate e patriotte lucchesi” la descrive come una donna dotata di grande sentimentalismo, anche eccessivo, di esasperata irrequietezza, con una morbosa eccitabilità nervosa. Sempre pronta ad assistere famiglie ammalate, per soccorrere i contagiati dal colera, senza risparmiarsi, oltre che facile preda del suo estro poetico che, quando l’assaliva, le faceva passare nottate insonni. Mangiava pochissimo, trascurando la sua persona, pronta sempre, però, a mostrare un coraggio più che virile, ai limiti dell’audacia, come nell’occasione che la vide sfidare l’ira superstiziosa della massa rurale inferocita che voleva dare fuoco alla sua casa, alla caduta del governo del Guerrazzi e che di fronte alla sua decisa calma nel fronteggiarla, rinunciò al proposito.
Sebbene, in alcuni scritti, avesse difeso la libertà di pensiero di Galilei e di Cristoforo Colombo, la Cleobulina viene indicata come donna di profonda “ma libera” religiosità, pronta, come lo fu tutta la famiglia, a prodigarsi per gli altri, spendendo buona parte del suo patrimonio, che impiegato anche per il progetto patriottico, si ridusse, alla fine della sua vita, a poca cosa.

Alla sua morte, avvenuta il 23 dicembre del 1874, lasciò la sua villa di Monte San Quirico, gravata da molti debiti ad un amico del figlio Italico, Riccardo Cerri, che il 23 luglio del 1885 la vendette ai Frati Cappuccini che la ampliarono, trasformandola nell’attuale convento.

CENTENARIO DELLA
CONSACRAZIONE DELLA CHIESA DI MONTE S. QUIRICO
(15 febbraio 2002)

Monte S. Quirico di Lucca ha ricordato con solenni celebrazioni il 1° Centenario della consacrazione della sua chiesa parrocchiale dedicata al giovanissimo martire.
Il fausto avvenimento ha visto una larga partecipazione di fedeli, stringersi intorno al suo zelante e instancabile parroco don Cesare Carli, per festeggiare spiritualmente insieme questa particolare e storica ricorrenza.
Ad un secolo esatto dalla prima consacrazione da parte del vescovo ausiliare monsignor Giovanni Volpi, (al termine dei lavori di restauro, fatti eseguire dall'allora parroco Giuseppe Ceccarini) venerdì scorso 15 febbraio alle 21, si è svolta nell'artistica chiesa gremitissima l'ora di adorazione Eucaristica solenne.
Profondi e illuminati sono stati gli interventi di Padre Natale Cocci ministro superiore provinciale dei frati cappuccini, del prof. don Fernando Tomei e di don Cesare, il quale invitava i parrocchiani, con l'inizio del nuovo secolo di attività della chiesa locale, "ad usarlo in modo più cristiano, eminentemente spirituale, per la conversione del cuore, fonte che dona la pace."
I festeggiamenti sono culminati domenica con la concelebrazione Eucaristica presieduta da monsignor Bruno Tommasi, arcivescovo della diocesi, animata dalla corale di R. Baralli, noto cultore lucchese di musica "gregoriana".
Dopo il ringraziamento del parroco al presule, a chiusura della suggestiva cerimonia, Emilio Cerri v.presidente del consiglio pastorale, annunziava il suo programma. Tra le varie proposte emerge lo stato di missione che il gruppo intende adottare, creando soprattutto un centro di ascolto da effettuarsi alternativamente presso le famiglie, restauri alla chiesa, iniziative caritative-culturali e realizzazione di un campo sportivo nell'area dell'ex cimitero, naturalmente con la collaborazione dei parrocchiani.
Per mancanza di documenti, ufficialmente la consacrazione avvenne cento anni fa, ma storicamente si ritiene che fu Anselmo I vescovo di Lucca il 30 settembre 1061 a compiere per la prima volta il sacro rito liturgico, al termine del quale, mentre scendeva dal verde colle, una delegazione giunta da Roma gli comunicò la sua elezione a Sommo Pontefice, divenendo così Papa Alessandro II.
Un avvenimento singolare, davvero eccezionale, accolto con entusiasmo ed esultanza dalla cittadinanza lucchese.

Giulio Simonini

(Tratto dal quotidiano “LA NAZIONE”)

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