E' una festa tradizionale che da secoli si celebra a Monte San Quirico nella prima domenica di Quaresima in ricordo di un avvenimento eccezionale, che lega la consacrazione della nostra chiesa parrocchiale all'elezione al soglio pontificio del papa Alessandro II, il quale prima di essere papa era stato il vescovo di Lucca, Anselmo I.

Secondo la tradizione i fatti si sarebbero svolti, come ricorda Cesare Salvi in un articolo a carattere storico pubblicato su "L'Esare" del 25/07/1888, anno II, n. 60:
"... il Vescovo Anselmo recavasi a consacrare la chiesa di S. Quirico in Monticello (forse restaurata e ricostruita ad opera dei Religiosi Benedettini). Mentre pertanto, compiuta la sacra cerimonia, il Vescovo seguito dal suo clero e dai suoi famigliari scendeva dal monticello, s'imbatté, presso la riva del Serchio, in alcuni cavalieri che, incontratolo, s'inginocchairono davanti a lui. Quei cavalieri erano gli ambasciatori di Roma, i quali festosamente venivano ad annunziargli la sua gloriosa esaltazione al supremo governo della Chiesa. Il Vescovo Anselmo (illustre nella storia dei Papi col nome di Alessandro II), udita la fausta notizia, ne rese grazie al Signore e, raccolte nelle sue mani le arene del fiume, le disperse al vento dichiarando di concedere, in commemorazione di questo avvenimento, ai fedeli che in questo giorno memorabile avrebbero visitato la chiesa di S. Quirico, tante indulgenze per la salute dell'anima loro, quanti erano i granelli minuti di quell'arena."

Questo è il fatto religioso che è all'origine della festa, la quale ha attirato per secoli sul colle di Monte S. Quirico un autentico pellegrinaggio di fedeli che venivano a lucrare l'indulgenza plenaria e, se soprattutto negli ultimi anni, essa ha assunto quasi la caratteristica di inopportuno prolungamento delle feste di carnevale, lo si deve al fatto che il radunarsi di una gran folla in giornata festiva comportava necessariamente che qualcuno provvedesse ad offrire cibarie dolciumi e bibite alle persone che, dopo aver assolto alla pratica religiosa, si disperdevano sul colle per riposarsi.

A ciò provvide per lungo tempo una piccola taverna che si trovava in località "Marinella" sul versante del colle che dalla chiesa scende alla Freddana: quel punto di ristoro era chiamato appunto Tavernella. Da qui anche il nome popolare della ricorrenza e, nell'espressione "Andare alla Tavernella", la gente comprendeva l'aspetto sacro e quello profano della festa, tanto che è diventato molto diffuso il detto: "Nel dì della Tavernella si schicchera e si sfrittella".

L'unico aspetto problematico e controverso di questa ricorrenza popolare è la determinazione della data in cui è avvenuto l'avvenimento storico che l'ha generata. Gli studiosi più antichi (Sardi, Guidi, Lazzarini) collegano la consacrazione della chiesa di S. Quirico in Monticello da parte di Anselmo I al giorno della sua elezione papale (30 settembre 1061). Questa collocazione temporale, però, è inconciliabile con la data in cui svolge da sempre questa festività (prima domenica di quaresima).
Studi più recenti propongono con buone motivazioni di legare la consacrazione della chiesa al giorno in cui il vescovo Anselmo, già eletto papa e fino ad allora impedito a svolgere il suo incarico dalle ostilità della corte imperiale e della nobiltà romana, ricevette finalmente la notizia che la sua nomina era stata legittimata anche dai suoi avversari e poteva quindi apprestarsi a rientrare a Roma.
Ciò accadeva esattamente il 9 marzo 1063, domenica prima di Quaresima.
(cfr. Luca Ricci, La chiesa di Monte San Quirico, in "Atti dell'Accademia lucchese delle Scienze, Lettere e Arti", seconda serie - Tomo XXXI, Lucca 2004).


Le origini

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Documenti sui primordi della chiesa di Monte S. Quirico

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Origini

Anno 767 Anno 788 Vescovo Ambrogio
(843-852)
Vescovo Gherardo I
(868-895)
Vescovo Giovanni II
(1023-1056)

Le origini

Nessuna data certa riguardo alla prima fondazione della nostra chiesa.
Essa comunque va collocata tra l'anno del martirio del suo patrono (305 circa) e l'anno 788, che è la prima data registrata su un documento storico che si possa riferire con certezza a questo luogo di culto.

Dalle parole del Vescovo di allora (Giovanni I) si deduce che la chiesa era sempre stata di pertinenza del Vescovato di Lucca, che affidava nel tempo a dei chierici l'incarico di officiarla e di custodirla in cambio di benefici.

Dopo l'anno mille risulta che accanto alla chiesa (forse anch'essa ricostruita) sorgesse un monastero ad opera di monaci (forse dell'Ordine benedettino).

E' accertato storicamente infine che il monastero e la chiesa furono donati dal Vescovo di Lucca, Anselmo II, all'Abbazia benedettina di Chaise-Dieu (Casa Dei) nella regione dell'Alta Loira in Francia.
La dipendenza da questa Abbazia si protrasse poi per circa tre secoli.

 

 

Anno 767

Il primo documento storico che fa riferimento al territorio e alla chiesa di Monte San Quirico è un testamento custodito nell'Archivio arcivescovile di Lucca, in cui un certo Tassilone lascia a favore della chiesa di S. Frediano un suo appezzamento di terra:
"aveas Ecclesia S. Frediani terra mea sub Monticello".


Probabilmente su quel "Monticello" già doveva esserci la chiesa di San Quirico, come si può dedurre dal successivo documento del 788.

Anno 788

E' di questo anno il primo documento (anch'esso custodito dall'Archivio arcivescovile) in cui si fa cenno alla chiesa di S. Quirico in Monticello. In esso i due figli del Prete Barbenti e un loro cugino rivendicano il diritto di continuare a godere delle rendite della chiesa che fino ad allora aveva retto il Barbenti, padre e zio rispettivamente dei pretendenti.

Il vescovo Giovanni I nel giorno della festa di S. Quirico venne con Preti e Diaconi alla nostra chiesa e volle ascoltare le motivazioni per cui quei chierici chiedevano di poterne godere i benefici.Dopo averli ascoltati, il vescovo dichiarò che nessuno dei tre poteva pretendere le rendite di quel Beneficio che era sempre stato proprietà del Vescovato, come asseriva il contratto, scritto "al tempo di Desiderio ed Adelchi re", con il quale il prete Barbenti era venuto in possesso del Beneficio di San Quirico in Monticello.
I chierici infatti, udita la lettura del contratto, dovettero convenire che ad essi niente poteva spettare, se non quello che piacesse al Vescovo di assegnar loro: "et nos nihil exinde abere potemus, nisi quantum Vobis placet".

Ciò che si afferma in questo documento dimostra, almeno indirettamente, che la Chiesa di S. Quirico in Monticello esisteva già da tempo ed era amministrata regolarmente dal Vescovo di Lucca.

Vescovo Ambrogio

Ambrogio nell'848 allivella, cioè cede in godimento, tutti i beni della chiesa di S. Quirico in Monticello ad un prete di nome Orso con l'obbligo di officiare la chiesa, di ricevere ogni anno nel giorno della festa del Patrono i rappresentanti del Capitolo vescovile, di preparare loro un buon pranzo e di passare al Primicerio la metà delle offerte e delle candele che i fedeli avevano donato per l'occasione.

Per giunta il prete Orso deve sottoscrivere il seguente giuramento:
"Se non farò questo ogni anno giuro di pagare a te Vescovo Ambrogio e ai tuoi successori la multa di 30 soldi d'argento..."

Vescovo Gherardo I

Nell'anno 882, sotto il regno di Carlo (probabilmente Carlo III detto il Grosso, che è stato anche l'ultimo imperatore della dinastia carolingia ), il Vescovo allivella la nostra chiesa all'Accolito Andrea e a suo figlio con le decime, le offerte ed ogni edificio, compreso lo stesso Monticello ed i territori che vi confinano.

Il livello che i beneficiari devono pagare consiste in una somma di otto soldi d'argento, le solite regalìe per la festa di S. Quirico (ricevere la vigilia gli inviati del Vescovo, preparare loro il pranzo, versare le offerte) con l'imposizione di una multa di cento soldi, se non avessero adempiuto ogni anno a questi obblighi.

Vescovo Giovanni II

Questi primi tempi della chiesa, anche a Lucca e a Monte san Quirico, risultano piuttosto oscuri non solo per quanto riguarda la carenza di notizie, ma soprattutto per le condizioni di vita depravata del Clero, che viveva spesso nella simonia e nel concubinaggio.
Anche il patrimonio e le rendite erano diminuite "perché -come afferma Mons. Pietro Lazzarini in una sua opera dedicata interamente alla nostra parrocchia- i fedeli che in genere [...] sono generosi con la Chiesa e i suoi Ministri, giustamente non volevano sacrificarsi per chi voleva godersi la vita con la concubina, né mantenere figli illegittimi, avendo da mantenere, e con sacrificio, i propri."

Ma con l'avvento del vescovo Giovanni II spunta per la diocesi di Lucca e quindi anche per Monte S. Quirico un'alba nuova. Egli iniziò la riforma della sua Chiesa e la revisione e il risanamento del patrimonio con energia e pazienza.
Anche la chiesa di Monte S. quirico risentì i benefici effetti del suo governo: il suo clero cominciò a far vita in comune, dedicandosi alla preghiera e alla cura dei fedeli.

Sotto il governo di questo vescovo la chiesetta originale fu ampliata e affiancata da un monastero donati successivamente ad una ramo francese dell'ordine benedettino che perseguiva con forza il rinnovamento della Chiesa e la moralizzazione dei costumi.

vecchia veduta

 

Il vescovo Anselmo e la riforma della Chiesa

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Vescovo Anselmo I (1057-1073)
poi
Papa Alessandro II (1061-1073)

La Tavernella Monte San Quirico
e
l'abbazia "Casa Dei"

papa Alessandro II chiesa1950 S. Roberto di Casa Dei

Il Vescovo Anselmo I (dal 1061 eletto papa con il nome di Alessandro II)

Dopo Giovanni II fu vescovo di Lucca Anselmo da Baggio (Anselmo I) che mantenne tale carica fino alla morte, anche quando nel 1061 fu nominato papa e assunse il nome di Alessandro II.
Anselmo a Lucca continuò l'opera di riforma morale ed economico-organizzativa iniziata dal suo predecessore e sembra che abbia avuto una particolare predilezione per la chiesa di San Quirico in Monticello e il territorio circostante tra il fiume Serchio ed il torrente Freddana (Cerbaiola o Vallebuia, Cappella, Arsina, Moriano) dove il vescovato possedeva molti beni. Il vescovo fece bonificare questi territori, preservandoli dalle alluvioni di quei due corsi d'acqua che, ancora oggi a volte, li minacciano e li rese coltivabili.
Nella Diocesi (da vescovo e successivamente da papa), Anselmo si distinse per la realizzazione di numerose opere pubbliche. Fece ricostruire la chiesa di Sant’Alessandro (1057) e nel 1070 si occupò della ricostruzione della chiesa di San Michele in Foro e del Duomo di San Martino, ove dispose che il Volto Santo, molto venerato in tutta la cristianità, venisse posto in una apposita cappella (che non è però quella attuale che risale al 1482 ed è opera di Matteo Civitali).

Alla morte di Niccolò II Anselmo da Baggio, sostenuto dall’amico Ildebrando di Soana e da tutti i riformatori, nonché dai normanni e da Beatrice di Toscana, fu eletto papa dai soli cardinali vescovi il 30 settembre 1061 e assunse il nome di Alessandro II, conservando anche il titolo di vescovo di Lucca.

E' questo esattamente il tempo dell'inizio della lotta tra papato e impero, la cosidetta Lotta per le investiture, che cominciò con il precedessore del nostro: Niccolò II infatti nel 1059 condannò l'investitura laica dei vescovi ed escluse l'imperatore e l’aristocrazia romana dalla partecipazione attiva all'elezione del pontefice, diritto che Enrico III era riuscito a imporre a Papa Clemente II.
[La fase più critica di questa lotta, appena iniziata all'epoca di Alessandro II, si concluderà nel 1122 con il Concordato di Worms, secondo il quale la Chiesa aveva il diritto di nominare i vescovi (quindi l'investitura con anello e pastorale doveva essere ecclesiastica); le nomine, tuttavia, dovevano avvenire alla presenza dell'imperatore, o di un suo rappresentante, che attribuiva incarichi di ordine temporale ai vescovi (appena nominati dal Papa) mediante l'investitura con lo scettro: un simbolo privo di connotazione spirituale.]


La corte imperiale, la nobiltà romana e i vescovi germanici non riconobbero l’elezione di Alessandro II e nominarono papa il vescovo di Parma, che assunse il nome di Onorio II. L’antipapa Onorio nel marzo del 1062 si insediò in Castel Sant’Angelo e costrinse Alessandro II a ritirarsi.
Nel frattempo, però, l’arcivescovo di Colonia Annone, che era vicino ai riformisti, prese sotto la sua protezione il giovanissimo imperatore Enrico IV e tolse l’appoggio all’antipapa. A Roma, quindi, si venne a creare una situazione di stallo: i due pontefici si ritirarono nelle rispettive diocesi di Lucca e di Parma e il reggente imperiale affidò il compito di dirimere lo scisma al vescovo di Alberstadt, che nei primi mesi del 1063 decretò valida l’elezione di Alessandro II e questi, scortato da milizie amiche, nel mese di marzo o aprile del 1063 poté fare ritorno a Roma. La soluzione conclusiva dello scisma, però, si ebbe solo il 31 maggio del 1064, allorché, convocato il concilio di Mantova e presenti sia i vescovi italiani che tedeschi, Alessandro II fu definitivamente riconosciuto quale papa legittimo.

Anselmo inoltre, da vescovo e poi da papa, insieme ad altri importanti personaggi del suo tempo (tra cui Ildebrando di Soana poi papa Gregorio VII), si adoperò per la riforma della chiesa, ispirandosi al movimento iniziato dall'Abbazia benedettina di Cluny, avendo la collaborazione dell'ordine monastico che era uscito dall'Abbazia "Casa Dei" (oggi "La Chaise-Dieu" nell' Alta Loira) e appoggiando in Italia il movimento dei Patarini che combatteva la depravazione del Clero, il quale spesso praticava la simonia (commercio dei beni e delle cariche ecclesiastiche) e il concubinato.

 

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