Il grido della parrocchia
24 marzo 2002

Nuovi equilibri internazionali dopo le Twin Towers

Il panorama che si scorge da questa finestra appare decisamente sconvolto in conseguenza dell'irruzione sulla scena del terrorismo internazionale e dell'immediata sanguinosa ritorsione americana condotta con mezzi militari supertecnologici contro i guerriglieri dell'Afghanistan ma anche contro l'innocente popolazione civile di quel paese, già vittima per anni di una dittatura feroce troppo a lungo sopportata dall'ONU e dalle grandi democrazie che oggi tendono ad autonominarsi custodi della legalità internazionale. L'attentato alle Torri gemelle di New York e al Pentagono, presso Washington, e l'avvio, meno di un mese dopo, dell'operazione "Enduring freedom" hanno modificato radicalmente i rapporti tra le grandi potenze e le aree geopolitiche fino a ieri omogenee.
Si è detto autorevolmente che con l'11 settembre 2001 si era definitivamente concluso il periodo della guerra fredda, intendendo con ciò indicare la fine di un ciclo di conflitti internazionali, bellici o diplomatici, che aveva caratterizzato 'intera seconda metà del Ventesimo secolo. Improvvisamente infatti, gli Stati Uniti d'America, oggetto per la prima volta nella loro storia di un micidiale attacco militare sul proprio territorio
sua era stata la prima telefonata a Washington, una telefonata in cui non solo era stato offerto un aiuto immediato in termini di "intelligence" e di appoggio logistico nella guerra al terrorismo, ma erano state anche poste le basi di una più intesa collaborazione internazionale allo scopo di controllare meglio le aree di crisi e di stabilire i rapporti tra le due superpotenze.
Naturalmente, mentre i bombardamenti continuano in Afghanistan equando ancora non sono stati raggiunti i primi obiettivi che gli Stati Uniti si erano posti ( cattura

si sono trovati in pericolo mortale; si sono scoperti soli e vulnerabili. E a venire incontro al preside George Bush, a testimoniargli solidarietà, amicizia e volontà
di cooperare senza riserve nella lotta al terrorismo, è stato, dall'altra parte del mondo, il presidente russo Vladimir Putin, che in seguito ha proposto se stesso e il proprio paese quale "alleato strategico della comunità civile che comprende gli Stati Uniti". Lo stesso Putin a poi detto che la preferibilmente eliminazione di Osama bin Laden e del mullah Omar, sostituzione del governo di Kabul), è presto per

dire se l'<<alleanza strategica>> proposta da Putin a Bush potrà veramente decollare, magari sovrapponendosi alle priorità che finora hanno guidato la politica estera americana (legame transatlantico, protezione e indulgenza verso Israele, rapporto speciale con la Cina). Tuttavia il presidente americano non ha respinto la mano tesagli dal leader russo, e non solo perché in quel momento aveva bisogna di assistenza in un'area del mondo-l'Asia centrale- che gli strateghi del Cremlino conoscono bene. Probabilmente, nelle analisi fatte dalla Casa Bianca ha avuto un peso determinante anche la considerazione che l'emergere prepotente sulla scena del mondo di un nuovo imprevisto nemico- il terrorista che colpiva direttamente l'America e minacciava di ritirare il proprio attacco- doveva per forza di cose indurre a guardare con occhi diversi dai
superiorità strategica americana. Ma indubbiamente il clima è cambiato: non si parla più di competizione ma di cooperazione; e il leader europeo più vicino agli Stati Uniti e che ne interpreta le intenzioni, il britannico Tony Blair, ha prospettato per un domani non lontano dell'ingresso della Russia nella Nato. Ora, l'Alleanza Atlantica era appunto lo strumento militare pensato e realizzato nel dopoguerra per far fronte alla minaccia dell'Unione Sovietica. Minaccia non solo militare ma anche politica, non del tutto dissolta, rimanendo allo stato latente di competizione per il controllo di aree d'influenza. Fra queste aree, l'Asia centrale emerge oggi come cruciale: è troppo lontana dalle coste del Pacifico perché l'America possa includerla in un disegno egemonico; è troppo prossima alla Cina perché la si possa trattare come una colonia europea; è troppo poco conosciuta dagli analisti occidentali perché si possa prendere sottogamba.









di Favilli Silvia
nemici dell'altro ieri.
Ecco perché la guerra fredda, cioè quella fase di conflitto latente (ideologico, politico, diplomatico, economico) che
L'attentato alle Torri gemelle di New York e al Pentagono, e l'avviomeno di un mese dopo, dell'operazione "Endurring freedom", hanno modificato radicalmente i rapporti fra le grandi potenze e le aree geopolitiche fino a ieri omogenee, disegnando nuove alleanze e nuovi confronti tra gli stati
aveva dominato gli anni successivi al secondo conflitto mondiale, e che dopo la fine del comunismo sovietico aveva lasciato il campo ad una fase di attesa non priva di timori per quanto di imperscrutabile avveniva a Mosca durante l'era di Boris Eltsin, poteva finalmente dirsi conclusa. Fra Mosca e Washington restano divergenze di vedute; in primo luogo sul progetto americano di "scudo spaziale", che, se realizzato, segnerebbe la definitiva


  

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