Parrocchia di San Zenone Monte Olimpino Como

San Zenone

San Zenone

Biografia

Zeno o Zenone, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, fu l'ottavo vescovo di Verona. La maggior parte della sua vita è avvolta nella leggenda, ma pare fosse originario della Mauretania. Fu vescovo di Verona dal 362 al 371 o 372 o 380, anno della sua morte.

Si narra che visse in austerità e semplicità, tanto che pescava egli stesso nell'Adige il pesce per il proprio pasto. Per questo è considerato protettore dei pescatori d'acqua dolce. Era comunque persona colta ed erudita, formatosi alla scuola di retorica africana, i cui maggiori esponenti furono Apuleio di Madaura, Tertulliano, Cipriano e Lattanzio. Sono giunti fino a noi numerosi suoi sermoni, di cui 16 lunghi e 77 brevi, che testimoniano come egli, nella sua opera di evangelizzazione, si confrontò con il paganesimo ancora diffuso e si applicò per confutare l'arianesimo. Il sermone 15°, ad esempio, traccia un parallelo tra la figura di Giobbe e quella di Cristo.

Il culto
La sua festa nel martirologio è fissata al 12 aprile, ma la diocesi di Verona la celebra il 21 maggio, giorno della traslazione del corpo fatta dai santi Benigno e Caro dalla temporanea sepoltura nella Cattedrale alla zona dell'attuale Basilica, avvenuta il 21 maggio 807.

La pala di san Zeno

E' l'unico dipinto mobile del Mantegna rimasto nel luogo per il quale era stato pensato, anche se non sempre sull'altar maggiore, dalla consegna nel settembre 1459. Iniziata nei primi mesi del 1457 è l'ultima opera dipinta da Mantegna a Padova durante lo scoppio dell'ennesima epidemia di peste che gli aveva fatto venire la tentazione di spostarsi a Verona. Dopo la pala Andrea si trasferì a Mantova (46 anni al servizio dei Gonzaga fino alla morte nel 1506). Ispirata dal perduto altare di Donatello alla basilica del Santo a Padova, dalla cultura archeologica di Andrea, mentre per "l'intensità sentimentale, lo studio della luce e dell'atmosfera" viene evocato Giovanni Bellini. L'illuminazione della pala fu curata in particolare dal Mantegna che fece aprire una finestra vetrata sul lato Sud.

San Zeno Verona

Al centro la Madonna col Bambino su di un alto trono di marmo coronato da un elaborato rosoncino. Il Bambino, in piedi, sostenuto dalle mani di Maria, passa il braccio sinistro dietro al collo della Madonna che ha un volto dimesso fra quelle antiche raffinatezze. Intorno al trono di Maria, sono angeli di una divina "schola cantorum" e angeli musici. Nel pannello di destra, sono il Battista immerso nella lettura di un libro e tanto assorto che con i piedi supera i limiti del dipinto, Gregorio Nazianzeno vescovo, Lorenzo con la graticola, Benedetto anche lui in lettura.Nel pannello di sinistra, un gigantesco Pietro dai capelli e barba curati e montati come una spuma, con le chiavi in mano. Accanto Paolo che si appoggia ad uno spadone in un fodero rosso, simbolo della forza della sua propaganda per la religione di Cristo. Mentre quasi tutti gli altri santi sono assorti nella lettura, Pietro è l'unico che punta lo sguardo sugli osservatori, sui fedeli. Il gruppo di sinistra è completato da un Giovanni Evangelista dai boccoli dorati con il suo libro, e da Zeno vescovo.

Le colonne non interrompono lo spazio che Mantegna ha concepito come unico, profondo, percorribile. Uno spazio sacro fra dieci pilastri dipinti, rivestiti da finte specchiature marmoree e con tondi in monocromo con scene "antiquarie", forse delle imprese di Ercole. I pilastri sorreggono un alto fregio, ancora in monocromo, con una serie di angeli che reggono festoni di frutta simili a cornucopie ricolme, e un soffitto a cassettoni con luminosi "bottoni" d'oro. L'unicità dello spazio è rinsaldata dal pavimento a scacchiera bianca e nera nei due pannelli, dal giardino di rose fiorite che si insinua dietro al trono e al fianco dei santi, dall'unico cielo dello sfondo, percorso nei tre pannelli da nuvolette bianche in rigorosi strati orizzontali. Uno spazio "legato" in primo piano da poderosi festoni in nastri rossi nei quali Mantegna offre tutto quello che offrono i banchi di Piazza delle Erbe: limoni e cedri bitorzoluti, fragoloni, ciliegie o forse ravanelli, nocciole, ghiande e pigne, uva, pesche, mele. Il tutto reso con assoluto naturalismo come il senso materico dei manti e delle vesti degli otto santi. Spiccano l'ocra dorato del mantello di Pietro sopra la veste rosa; il blu notte del manto di Paolo sopra la veste color prugna come il mantello del vescovo Zeno dalla fodera rossa; il mantello verde bottiglia del Giovanni Evangelista che ritorna nella veste di Lorenzo; le due sfumature di rosso della luccicante, corta, tunica del Battista sopra le gambe annerite dal sole del deserto, e della dalmatica del vescovo Gregorio.

I miracoli

I miracoli che le leggende devozionali raccontano sono parecchi: Uno riguarda una scommessa che San Zeno avrebbe fatto col diavolo: con la vittoria in una partita a palla, giocata con la punta di una montagna, avrebbe ottenuto, come da scommessa, un battesimale in porfido (visibile all'entrata della chiesa) che il terribile rivale sarebbe stato costretto a portare sulle spalle fin da Roma. Un altro narra di come San Zeno avrebbe guarito la figlia indemoniata del magistrato Gallieno di Rezia (da non confondere con l'imperatore omonimo), ricevendo in dono una preziosa corona. La leggenda più straordinaria è riferita da papa Gregorio I ("Gregorio Magno") e narra di un improvviso straripamento delle acque dell'Adige che sommerse tutta la città fino ai tetti delle chiese, al tempo del re Longobardo Autari. Le acque arrivarono alla cattedrale dove il re aveva appena sposata la bella principessa Teodolinda, precisa il monaco Coronato, ma si sarebbe arrestata improvvisamente, in sospensione, sulla porta, tanto da poter essere bevuta, ma senza potere invadere l'interno. Ciò avrebbe determinato la salvezza dei veronesi, che, pur non potendo uscire, poterono resistere finchè la piena non calò.

Allegati
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