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Brevi notizie storiche
Bosco, trae il proprio nome dal fitto patrimonio boschivo che lo circonda ancor oggi, costituito, in gran parte, da alberi cedui e
sempreverdi e di macchia mediterranea. Il paese, frazione del Comune di San Giovanni a Piro, sorge a sud di Salerno, nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, alle falde del Monte Bulgheria e si affaccia sul Golfo di Policastro (per visionare la cartina clicca qui).
L'origine
dell'antico centro è legata alla chiesa di San Nicola di Bari. Essa faceva parte di un'importante Abbazia fondata dai monaci basiliani intono al Mille e dotata di un ingente patrimonio terriero donato dai longobardi alla Chiesa. La presenza dei monaci italo-greci in Bosco e dintorni era motivata dall'immigrazione di gruppi etnici orientali, della Grecia e della Macedonia (Epiro), stabilitisi nelle regioni del Meridione per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste contro le immagini sacre, scatenate,
nel secolo VIII, da Leone III Isaurico e Costantino Copronimo. I monaci "bizantini", trovato un ambiente assai simile al loro paese d'origine, cercarono di migliorare la produttività agricola di ampie distese di terra, fondandovi eremi, laure, cenobi e abbazie. I monasteri sorti nel circondario furono: Santa Maria di Pattano (sec. VIII), San Giovanni Battista in San Giovanni a Piro (990), San Marcurio di Roccagloriosa (900), Santa Maria di Centola (sec. IX), San Nazario di Cuccaro (sec.
X), Santa Maria di Grottaferrata in Rofrano (sec. IX), Santa Cecilia di Eremiti (sec. X), San Cono di Camerota (sec. VIII) e San Pietro di Licusati (sec. VIII).
Tramontato il dominio dei Bizantini e sopraggiunto quello dei Normanni,
restaurata, nel 1079, la Sede Vescovile di Policastro per opera del benedettino Pietro Pappacarbone, terzo abate della Badia di Cava de' Tirreni, si diffuso ovunque, dopo la riforma monastica di Cluny in Francia, la spiritualità di San Benedetto da Norcia. La regola monastica, incarnata nel motto "ora et labora", fu eletta dai monaci a programma di perfezione morale per una vita profondamente armonizzata tra lavoro e preghiera.
Anche
l'Abbazia di San Nicola di Bosco passò ai Benedettini e così restò ad imperitura memoria. Per circa cinque secoli visse con giurisdizione autonoma, come "Badia Nullius Dioecesis", cioè a se stante, non appartenente al alcuna diocesi, anche se geograficamente sita in territorio diocesano di Policastro. Il più antico ricordo visibile del glorioso cenobio è costituito dal Fonte Battesimale del 1545 che porta incisa, intorno all'orlo, la seguente epigrafe: "Hoc
opus fieri fecit Abbas Marzius Anno Domini 1545" (Fece fare quest'opera l'Abate Marzio Carllon l'anno del Signore 1545". Si conserva inoltre una pila d'acqua santa in pietra, con bassorilievi di animali acquatici, del 1650. Nel
secolo XVI, Papa Pio IV (Giovanni Angelo Medici), con la Bolla "Insuper emineni" del 20 giugno 1564, assegnò l'Abbazia di San Nicola di Bosco, in Commenda, al Capitolo di San Pietro in Vaticano, insieme con le altre quattro Badie viciniori: Licusati, Cuccaro, Centola ed Eremiti. La Chiesa di Roma ne esercitò la giurisdizione spirituale a mezzo di un Vicario Apostolico coadiuvato da un Controllore residente a Napoli. A ricordo di questo fatto ancora oggi si può ammirare lo stemma in
pietra sovrastante la porta della chiesa, raffigurante le "chiavi pontifice". Per questo il paese, detto comunemente "Bosco" un tempo fu chiamato anche "Villa San Pietro".
Compreso nella grande Contea di Policastro, appartenente al primo ministro di Re Ferrante, il 4 febbraio 1596, il feudo di Bosco, insieme con i tenimenti di Roccagloriosa, Caselle in Pittari, San Giovanni a Piro,
Torre Orsaia ed Alfano, fu dato in concessione ai Conti Carafa della Spina di Napoli che vi esercitarono, per circa un secolo, un dominio pressoché assoluto, caratterizzato da vessazioni e soprusi. L'Abbazia di Bosco nel 1613 godeva di un vasto patrimonio terriero, diviso in 16 casali, tra la valle del Mingardo e quella dell'Alento: Bosco, Roccagloriosa, Celle, Licusati, Camerota, Lentiscosa, Centola, Molpa,
Pisciotta, San Nazario, Cuccaro, San Mauro La Bruca, Castinatelli, Eremiti, Castelnuovo Cilento e Novi Velia. Da Bosco, piccolo paese del Cilento, partirono i primi aneliti di ribellione durante i famosi moti del Cilento del 1828 e qui, prima che altrove, dal campanile della chiesa di San
Nicola fu fatta garrire al vento la bandiera della libertà.
La popolazione pagò col sangue il proprio coraggio e la propria audacia. Il Maresciallo Del Carretto, con i sovrani poteri del'"Alter Ego", ordinò l'incendio e la distruzione "ab imis fundamentis" del paese. La notte tra il 6 e il 7 luglio 1828 tutto il paese fu incendiato quindi tutti i locali del Comune, gli Archivi, la Biblioteca e
le pertinenze dell'Abbazia. Solo la chiesa fu risparmiata forse per un certo sacro rispetto. All'alba il comune di Bosco era un cumulo di rovine fumanti, mentre i cittadini, silenziosamente, tragicamente, si allontanano disperdendosi per le campagne. Non
ancora contento, Francesco I, con decreto speciale, ordinò la cancellazione di Bosco dall'elenco dei Comuni del Regno e ne aggregò il tenimento a quello della limitrofa San Giovanni a Piro. Cambiò nome ferfino un omonimo paese della Basilicata.
Proponiamo il racconto di Gerardo Carro "Liberté egalitè fraternité" in cui lo scrittore fa una cronaca dei giorni della
rivolta. Il racconto ha vinto il decimo premio al Concorso Letterario Angela Starace 2000 sezione narrativa. Il fuoco tentò di cancellare anche la storia e in parte vi riuscì. Solo alcuni registri parrocchiali furono salvati per cura del Parroco pro tempore, Don Rocco
Cedrangolo. Bosco aveva avuto il triste privilegio di essere stato "asilo di brigandi e di ladroni", come la propaganda borbonica definì i protagonisti della rivolta del 1828. Gli sfortunati ed eroici abitanti, piegati ma non vinti, tentarono di ricostruire il paese ma gli fu impedito. Solo nel 1832, come si legge da una nota a margine del registro dei battesimi, il paese fu ripopolato per decreto reale
di Feridando II. Il noto pittore spagnolo Josè Garcia Ortega (allievo ed amico di Pablo Picasso), che amava soggiornare a Bosco in vari periodo dell'anno, ha rievocato i momenti salienti della storica insurrezione risorgimentale su mattonelle di ceramica murate a mosaico all'ingresso del paese, nei pressi della sorgente del "Savùco". Un ricordo del passato glorioso e, insieme, un
segno di solidarietà con la gente di questa nobile terra.
tratto da: - Il Golfo di Policastro, natura, mito, storia - Angelo Guzzo 1997 - Brevi notizie storiche su Bosco - don Giuseppe Cataldo 1988 |