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Adesso è il momento delle risposte
di Ernesto Diaco

Gli elettori hanno deciso: sarà la "Casa della libertà" e il suo candidato premier Silvio Berlusconi a guidare il Paese per i prossimi cinque anni. In termini di voti il centro-destra perde consensi rispetto alla somma di Polo e Lega alle precedenti consultazioni, ma è ricompensata in seggi per la migliore capacità di coalizione. E' una sorta di contrappasso per l'Ulivo, che nel 1996 aveva goduto dello stesso premio grazie al patto con Rifondazione.
Si riparte dopo un'estenuante e rissosa campagna elettorale e la vergogna delle code ai seggi: le elezioni 2001 verranno ricordate per questo. E' difficile giudicare se la lunga fase di transizione politica sia conclusa e la democrazia dell'alternanza solidamente instaurata, certo è che il voto del 13 maggio consegna ad un'attenta lettura alcuni punti chiari.
Il primo riguarda il bipolarismo. Dalle urne esce un'evidente richiesta di stabilità, insieme all'insofferenza per ogni tentativo di forzare il duopolio Polo- Ulivo. Le cifre mostrano un Paese diviso nettamente in due schieramenti, ma con una novità: da entrambe le parti cresce il centro. Lungi dallo scongiurare il permanere della conflittualità che ha caratterizzato lo scenario politico recente, questo dato però non dispiace a chi individua in quest'area le presenze di ispirazione cristiana.
Una prova di maturità l'elettorato italiano l'ha data anche recandosi alle urne. La tanto temuta astensione, infatti, non c'è stata e pur rimanendo alta la percentuale degli assenteisti - quasi un quinto degli aventi diritto, fra cui moltissimi giovani - si può a ben ragione parlare di una dimostrazione di responsabilità da parte della società civile. Una responsabilità che certo non si è esaurita domenica sera: l'esercizio del voto cui siamo stati chiamati comporta, oltre al discernimento elettorale, una costante verifica e una vigilanza critica, senza concedere nessuna delega in bianco.
I principali punti interrogativi, ora, riguardano l'immagine dell'Italia che il presidente del Consiglio saprà presentare all'estero e come si districherà tra privati interessi e pubblici doveri. E le riforme? Il fallimento che ci consegna la scorsa legislatura lascerà il posto ad un rinnovato e condiviso quadro istituzionale? Dopo gli slogan, è dunque arrivato il momento delle risposte e dell'impegno concreto: nell'attività di governo e di opposizione e nella qualità della proposta politica complessiva.
Al di là dei contratti sottoscritti davanti al gran notaio Vespa e dei violenti richiami sorti in campagna elettorale su questo o quel punto, il catalogo delle priorità è tutt'altro che scarno. Sono i grandi mutamenti sociali ed economici a dettare l'ordine del giorno al nuovo parlamento: educazione, famiglia, lavoro, giustizia, sanità, autonomie locali, mass media, immigrazione... Tutti temi su cui si giocheranno aspetti essenziali della concezione dell'uomo e dell'assetto della società.
L'agenda del prossimo governo vorremmo contenesse anche l'impegno ad affrontare "lo scandalo delle società opulente del mondo" - per usare le parole di Giovanni Paolo Il al Giubileo dei governanti dello scorso novembre - ed a "piegare le leggi del mercato selvaggio alle leggi della giustizia e della solidarietà".
Ripartire dalle cose concrete è un impegno sia per chi governa che per l'opposizione. Le attese di tutti sono per un confronto sereno e civile, all'insegna della responsabilità e della trasparenza. Il voto recente lo ha appena dimostrato: l'ultima parola spetta sempre ai cittadini.

Anno XXXIV
n. 19
18 maggio 2001

 

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