Dall'età del bronzo a oggi
Il territorio della Valsellustra si trova all'estremità occidentale della Romagna. Terra di confine, vissuta per secoli in un isolamento proverbiale (la costruzione del primo tratto -fino alle Piane- dell'odierna fondovalle risale agli anni trenta del secolo scorso) si trova oggi suddiviso fra tre comuni (Imola, Casalfiumanese, Dozza). La presenza umana ha comunque origini remote, come testimoniano i resti di fonderie dell'età del bronzo rinvenute attorno all'odierna Toscanella. A questi popoli subentrarono tribù villanoviane nei primi secoli dell'età del ferro (IX sec. a.C.), che finirono assorbite dalle invasioni dei Galli Boi provenienti da Oltralpe che costituiscono ancora oggi il sostrato etnico prevalente delle popolazioni Emiliano-Romagnole, come testimoniato dalle assonanze con il francese del dialetto locale. Le popolazioni galliche subirono profondamente l'influenza culturale e commerciale dei civili vicini etruschi, che aprirono la pianura padana (Marzabotto, Spina) alla cultura greca e orientale.

La conquista romana viene avviata nel terzo secolo a.C. partendo dagli storici municipi della Repubblica che dal crinale appenninico giungevano fino a Sarsina, Rimini e al confine storico del Rubicone sulla costa adriatica. Il console Marco Emilio Lepido apre nel 187 a.C. la via Emilia tra Rimini e Piacenza come prosecuzione da Rimini della via Flaminia e secondo il costume romano fonda lungo il tracciato a intervalli regolari stazioni di posta che saranno il nucleo di molte città emiliano-romagnole, spesso sovrapponendosi ad abitati Etrusco-Gallici preesistenti. Eredità romana é la bonifica della prima fascia di pianura suddivisa in poderi di dimensioni regolari (centuriazione: 710 mt di lato, oltre 50 ettari) e assegnata quale bottino di guerra ai veterani che finirono per integrarsi profondamente con la popolazione locale. Il collasso delle strutture dell'impero romano d'occidente e le ripetute ondate delle invasioni barbariche fecero ripiombare il territorio in un buio nel quale rifulse soltanto la luce della Fede cristiana giunta assai presto dall'oriente attraverso Ravenna, che quale porto della flotta imperiale (Sant'Apollinare in Classe -da classis, lat. "flotta") conservò per secoli stretti legami con Bisanzio e l'Impero Romano d'Oriente. E' in quel periodo che si consolida la storica differenza tra la parte Ovest ("Emilia") e la parte est("Romagna" - Romandia: terra di Roma, cioé dell'Impero Romano d'Oriente) della regione, lacerate a lungo dalla guerra tra i Goti invasori e gli eserciti di Bisanzio. C'é chi afferma che la battaglia tra la cultura alimentare del suino (tipica dei popoli Celti) e quella dell'ovino (tipica dei popoli dell'Oriente) si combatte ancora, in modo ben più gioioso ed incruento sulle tavole di Romagna tra le braciole di castrato e la costola di maiale!

Il contrasto tra Oriente e Occidente si perpetua nel medioevo tra i sostenitori dell'Imperatore (Ghibellini) e quelli del potere temporale del Papato (Guelfi). Bologna divenne presto fulcro del potere papale nella regione, sottomettendo Imola ed altre città ghibelline della Romagna in lotte sanguinose che durarono per secoli. Ne resta testimonianza visiva la diversa merlatura delle fortificazioni, a coda di rondine quelle ghibelline, rettangolari quelle guelfe. E' un periodo violento, di cui restano vivide traccie nella toponomastica (rio Sanguinario, subito a est di Imola o vicolo Inferno -di fianco alla farmacia dell'Ospedale nel centro di Imola) che testimoniano di cruenti scontri fra le diverse fazioni. Risale a quell'epoca (gli ottocento anni di cui Castel San Pietro ha recentemente celebrato l'anniversario) la fondazione di due piazzeforti che nell'intenzione della guelfa Bologna avrebbero dovuto stringere Imola ghibellina in una morsa mortale: Castel San Pietro (oggi Terme) a ovest e Castelbolognese a est, non a caso località che nella successione dei portici rievocano la tipologia edilizia del capoluogo fondatore.

L'affacciarsi del Rinascimento non estingue le violenze. E' in questo periodo che grandeggia nelle Romagne la figura di Caterina Sforza Riario (1463 circa - 1509). Data in sposa al nipote di Sisto IV, Girolamo Riario, seppe prendere vigorosamente il posto del marito assassinato reggendo Imola e Forlì per conto del figlio. Dalla sua seconda unione con Giovanni de Medici nacque il condottiero Giovanni Dalle Bande Nere (dai segni di lutto che questi portò per la morte della madre). Donna di forte temperamento, spietata all'occorenza com'era triste costume dell'epoca, si narra che assediata dagli avversari nella rocca di Forlì gli furono presentati i figli minacciando di ucciderli se non si arrendeva, ed ella sollevando le gonne, disse che aveva lo stampo per farne altri.

I secoli successivi vedono il consolidarsi del potere temporale della chiesa, fiaccate le mire espansionistiche del Granducato di Toscana (di cui resta estrema traccia nella cittadella medicea di Rocca del Sole sopra Forlì) e della Signoria milanese.

A onor del vero, il vituperato governo pontificio garantì un lungo periodo di pace e se non lasciò imponenti testimonianze artistiche, assicurò per l'epoca serenità e prosperità. Con la bufera napoleonica furano gettati i semi del Risorgimento, compiuto nelle nostre zone con il plebiscito di annessione al Regno di Savoia.

La Valsellustra segue così le sorti storiche del resto d'Italia, nel bene e nel male. Le nostre colline tornano tristemente alla ribalta della grande storia nell'inverno 1944/45 quando si arresta esattamente qui il fronte italiano della Seconda Guerra Mondiale.

La caduta del fascismo il 25 luglio del 1943 e l'armistizio dell'8 settembre lacerano la Penisola, divisa tra il regno del Sud già liberato dagli Alleati anglo-americani e il nord d'Italia sul quale si stende la tragedia della invasione tedesca e della Repubblica nazifascista di Salò. Gli Alleati, a lungo inchiodati sulla linea Gustav nei pressi di Cassino, nell'estate del 1944 sbloccano il fronte e risalgono velocemente la Penisola, liberando prima Roma poi Firenze. I nazifascisti si erano trincerati lungo il crinale appenninico sulla cosiddetta "linea gotica", che fu teatro nell'autunno del '44 di violentissimi scontri. Sfondato in più punti, e aggirata da est lungo il corridoio adriatico di Rimini la sua caduta sembrò preludere a una rapidissima liberazione dell'intera Italia settentrionale. Purtroppo il sopraggiungere del maltempo e il prevalente interesse strategico degli alleati per l'attacco al cuore della Germania dal fronte francese congelarono le operazioni (proclama di Alexander sul "Generale Inverno"). Fù un inverno durissimo per tutte le popolazioni appenniniche ed anche per la Valsellustra, strette tra l'atroce repressione nazifascista, l'attività partigiana ed i bombardamenti alleati. Parte della popolazione della zona, come ricordano bene i più anziani trovò precario rifugio sfollando in Imola dove i vasti nosocomi psichiatrici garantivano qualche riparo dalla furia bellica ("citta ospedaliera"). Nulla si salvò, case, chiese, ponti furono incendiati e distrutti: la linea del fronte, che verso est era attestata sul Senio, subito dopo Castelbolgnese, sulle colline della nostra zona attraversava esattamente la Valsellustra sul crinale di Gesso. Si ricorda infatti che per mesi si fronteggiarono Fontanelice (già in mano agli alleati) e Borgo Tossignano (ancora tenuta dalle forze tedesche. La rocca di monte Battaglia, evidentemente destinata nei secoli per la sua rilevanza strategica a essere teatro di guerra, fu oggetto anche in quel periodo di sanguinosi combattimenti. Il dopoguerra, ci insegnano i sociologi, può prendere a spartiacque simbolico l'anno 1954, non solo per l'avvio delle prime trasmissioni televisive. Il primo decennio del dopoguerra, infatti, é tutto impegnato in una febbrile attività di ricostruzione, in un clima politico reso teso dal contrasto tra le istanze sociali e la collocazione occidentale dell'Italia: si ritiene possibile il progresso delle campagne conservando nella "modernizzazione", gli schemi sociali preesistenti: la riforma dei patti agrari, gli imponenti lavori di bonifica, l'elettrificazione rurale non bastano però a fermare un poderoso fenomeno di spopolamento che anche nelle nostre zone vede confluire nei centri urbani della fascia pedemontana una popolazione alla ricerca, con l'irrompere dell'industrializzazione, di migliori condizioni di vita. Solo il rifluire del benessere del "boom economico", interrotto ma non arrestato dalla crisi petrolifera degli anni settanta, riporta alle nostre belle campagne abitanti che il desiderio di una vita meno caotica ed inquinata riconduce dalle città della pianura. Il recente insediamento di attività economiche basate sull'agricoltura di qualità, sulla zootecnia, e sulla trasformazione dei prodotti agricoli pone le basi, unitamente ad un turismo riduttivamente definito "minore" per un modello di sviluppo rispettoso dell'ambiente e delle tradizioni della valle.