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Capitoli 4,5,6
"COME ERAVAMO"
STORIA DELLA PARROCCHIA DI S.PAOLO DALLE ORIGINI AGLI ANNI '80

CAPITOLO 1CAPITOLO 2

Nel 1949 la Parrocchia di San Benedetto abbracciava un vastissimo territorio che partiva dalla Piazza Repubblica ed arrivava: ad est sino alle porte di Pirri e ad ovest sin quasi alle porte di Quartu Sant'Elena. La Via Dante aveva termine nella Piazza San Benedetto. Da questa piazza, che non meritava certo tale appellativo in quanto era uno slargo polveroso e fangoso dove aveva termine anche la Via Paoli con alcuni palazzi ancora in fase di ultimazione, partiva un'estesissima zona, che come si è detto arrivava sino alle porte di Pirri e Quartu, costituita da case di campagna, palazzi di edilizia popolare in fase di costruzione e tanti campi. Era questa la periferia più lontana dal centro di Cagliari. Infatti per percorrere a piedi il tratto di strada dalla attuale Piazza Giovanni XXIII alla piazza Garibaldi si impiegava circa mezz'ora. La parrocchia di San Benedetto aveva quindi, sia la giurisdizione della zona già urbanizzata (da Piazza Repubblica a Piazza San Benedetto), sia di quella più periferica in via di espansione. E' ovvio quindi che alla domenica numerose famiglie per partecipare alla messa dovevano percorrere anche qualche chilometro per raggiungere la chiesetta di San Benedetto che ancora oggi si trova nell'omonima via.
La prima Messa nel nuovo quartiere
Nel 1950 viene ultimata l'Opera Religiosa delle Suore della Sacra Famiglia, che diventerà poi l'asilo del quartiere, proprio al centro di questo vasto territorio che ancora oggi si trova in Via Raffaello e che allora aveva come indirizzo: "case sparse Zona S. Benedetto prolungamento Via Dante". Il futuro asilo era fornito di un ampio salone e a tal proposito Antonio Puddu, che ancora collabora attivamente nella nostra Opera Salesiana, prese l'iniziativa di utilizzarlo la domenica affinché si celebrasse la Santa Messa agevolando, in questo modo quei molti fedeli che abitavano ben distanti dalla chiesa. Ne parlò con la Madre Superiora, suor Consolata oggi novantenne, che fu concorde e dopo aver avuto l'autorizzazione dal suo Superiore Monsignor Orrù, gli propose di fare la richiesta al parroco Monsignor Sirigu, chiamato dai parrocchiani Dottor Sirigu in ossequio, oltreché alla sua laurea, alla sua profonda cultura. Dal colloquio Antonio Puddu ebbe risposta positiva e dottor Sirigu assicurò la messa domenicale che verrà celebrata dal suo collaboratore Don Portigliotti, un giovanissimo sacerdote che fu il primo in assoluto del quartiere. Assicurata la messa domenicale Antonio Puddu e le suore si preoccuparono subito che alla stessa partecipassero soprattutto i giovani ed i ragazzi che inizialmente non fu facile convincere. A tal proposito organizzarono attività ricreative alternate a momenti di formazione cristiana e la presenza della gioventù alla funzione religiosa si fece sempre più numerosa. Erano in molti, infatti, coloro che se la squagliavano poco dopo esserci andati ma l'esempio dei loro compagni, soprattutto dei più "allegronis", li convinse e dopo non molto tempo la loro partecipazione fu quasi totale.
I costumi del quartiere
Il rione oltre al salone dell'asilo non disponeva di nessun altro servizio sociale. Non esistevano strade, l'illuminazione era scarsissima, non vi erano scuole ne mezzi pubblici. Gli abitanti erano in maggioranza operai, pescatori, artigiani, impiegati e molti erano i disoccupati. Era quindi, un quartiere prettamente popolare. E come in tutti i. rioni così popolari si rispettavano le tradizioni, anche culinarie. Nel periodo di carnevale, infatti, tutte le strade profumavano di zeppole e frittura. A fine estate moltissime famiglie accendevano i bracieri nei propri balconi per arrostirvi "sa lissa" ed in primavera "su giarrettu". E che suggestiva la notte di Natale quando l'aria fredda profumava di agnello arrosto e legna bruciata. A giugno i giovani per la festa di San Giovanni accendevano dei grandissimi falò ("is fogaronis") per eseguire il tradizionale salto dei fuochi che, in caso di riuscita, consentiva loro di far coppia con la ragazza prescelta per tutta la durata della festa anche se spesso, questo avveniva sotto lo sguardo non particolarmente consenziente (siamo negli anni cinquanta…!) dei genitori. Inoltre tutte le notti estive erano caratterizzate da spassosissimi giochi di gruppo organizzati dai giovani, ed i genitori affacciati ai balconi delle proprie case univano il piacere del refrigerio notturno allo spettacolo dell'allegria dei propri figli. Cito con piacere i giochi cosiddetti dei "is allegronis", in fondo popolari e divertenti per tutti. Fra questi prontus is cuaddus prontus, luna monda, zacca e poni, zacca-zacca su piscioneddu.
Le prime associazioni
Dal 1951 le persone che si occupavano dei ragazzi e delle famiglie bisognose aumentarono. E così si formarono le prime associazioni cattoliche. A Don Fortigliotti si sostituì Don Pisano che insieme a Suor Raffaelangela ed alla signora Brunetti si occuperà del Catechismo. In particolare Suor Raffaelangela seguirà per molti anni le ragazze e le giovani e la signora Brunetti si occuperà dell'organizzazione del Catechismo parrocchiale sino agli anni ottanta. Ad Antonio Puddu si affiancherà Emanuele Muscas ed altre signore si occuperanno delle famiglie più bisognose le quali diventeranno in seguito le Dame di Carità. Fra queste ricordiamo la Signora Tului che continuerà ad operare sino agli anni settanta, la Signora Oppo anch'essa attivissima anche in seguito con i Salesiani ed ancora oggi nostra parrocchiana, la Signora Zilio che continua ancora oggi la sua attività nella nostra opera e la Signora Puddu.
La prima vera grande festa
Grazie all'opera di queste persone ed all'assenso di Dottor Sirigu e del Superiore delle Religiose della Sacra Famiglia, nel 1951 circa duecento. fra ragazzi e ragazze del quartiere ricevettero la Prima Comunione e la Cresima, cerimonia che ebbe luogo nel giardino dell'asilo. Fu una grande soddisfazione per tutti coloro che organizzarono questo evento e fu una grande soddisfazione per tutto il rione. Alla buona riuscita collaborarono tutti, chi più, chi meno, ed i preparativi incominciarono qualche settimana prima. Si cercò di rendere anche più bello quel quartiere dimenticato illuminandolo, per l'occasione, a spese delle famiglie e si addobbò con uno scintillio di luci la facciata dell'asilo. Ed ecco il giorno tanto atteso. E' il 13 giugno 1951. L'Arcivescovo di Cagliari Monsignor Paolo Botto arriva accompagnato dal popolarissimo Don Marcellino, suo segretario. La sua automobile percorre gran parte di quella periferia abbandonata prima di giungere, impolveratissima a causa delle strade, a destinazione. Gli vanno incontro tanti ragazzi che circondano l'auto e lo accompagnano festanti, tra urla di gioia e applausi sino all'ingresso dell'asilo. Il vescovo attraversando quel nuovo quartiere si rese conto, forse per la prima volta, dello stato di abbandono di quella parte di Cagliari e percorrendo quelle strade sgangherate poté constatare anche le condizioni di vita di quelle numerose famiglie. E molto si commosse quando vide che quel luogo, preparato per quella cerimonia, sembrava appartenere ad un altro mondo: un giardino pulito, tutto fiorito e addobbato nei minimi particolari. Lo riconobbe nell'omelia quando asserì: "Malgrado i tanti problemi che affliggono il vostro quartiere avete faticato tanto per rendere tutto bello in questo santo giorno. Bravi! Avete bisogno di tanto aiuto ed io vi aiuterò. E' un impegno e non una promessa." Queste parole, pronunciate da Monsignor Botto, per molti significarono un impegno alla costituzione della parrocchia in aiuto al quartiere; infatti da qualche tempo si iniziava a discuterne. Quella brava gente lo obbligò a pensarci seriamente per la prima volta!
CAPITOLO 2CAPITOLO 3CAPITOLO 1

Cresce il quartiere, aumentano le associazioni
Il numero degli abitanti del quartiere crebbe man mano che si ultimarono le nuove costruzioni, di conseguenza aumentò il numero dei giovani che frequentavano le associazioni che svolgevano la propria attività all'interno dell'asilo della Sacra Famiglia. Ed infatti oltre alle attività di carattere religioso se ne formarono tante di carattere educativo e ricreativo: come quella del canto, della recitazione, della musica e dello sport. Dal 1952 si incrementò anche il numero degli animatori delle varie associazioni, fra questi ricordiamo Suor Cellina la superiora che sostituì Suor Consolata, la signorina Anita Manca e la signora Planta che ancora oggi operano in modo esemplare nella nostra comunità, la signora Sanna in seguito attivissima cooperatrice salesiana, la famiglia Addis, la famiglia Onnis, la famiglia Chiarolini, le sorelle Aresti. Contribuì in modo determinante alla crescita della comunità dal 1952 al 1954 Don Nurra, inviato dal vescovo proprio per questo scopo, al quale si affiancherà Don Tiddia oggi vescovo di Oristano, ed insieme i due sacerdoti, fecero si che quella comunità si sentisse come una parrocchia anche se di fatto non lo era. Il 1954 fu un anno di crisi per le associazioni. Don Nurra dovette abbandonare il suo lavoro perché nominato parroco ad Elmas ed anche Don Tiddia dovette ritirarsi perché sempre più impegnato all'interno della direzione diocesana. Il vuoto lasciato dai due sacerdoti fu scoraggiante e così le relazioni con la parrocchia furono distaccate e soprattutto furono infrequenti i rapporti con i responsabili della Diocesi. Suor Cellina in quel momento fu determinante perché si prodigò ad incoraggiare tutti gli animatori dei vari gruppi affinché continuassero il loro lavoro per il meglio. Da questo momento la presenza del sacerdote si ebbe solamente alla domenica per la messa che veniva celebrata dal parroco o dal vice parroco di San Benedetto.
I giovani
Centinaia di giovani popolavano il quartiere e la maggior parte di essi provenivano da famiglie numerose. Abitavano in un quartiere di periferia povero e ciò avrebbe potuto far di essi degli emarginati, invece furono il fiore all'occhiello di tutto il rione. Si dedicavano infatti con impegno nello studio, nell'accrescimento della fede ed erano inoltre degli ottimi atleti. Erano ragazzi sempre pronti allo scherzo, anche a scuola, ma sapevano distinguersi sempre da tutti gli altri. Era raro negli anni cinquanta che un quartiere così popolare producesse tanti ragazzi interessati allo studio, molti di essi diverranno i dirigenti della futura opera salesiana, tanti si laurereranno ed oggi occupano posti di rilievo nella società. Formarono un allegra banda appassionata. in particolare di calcio, attorno alla quale i loro animatori, Puddu con Pistis e Romagnino, formarono una vera e propria associazione sportiva, la Pro Dante. La squadra della Pro Dante, in assoluto la prima associazione sportiva del quartiere, era famosa per essere composta da validissimi calciatori ma anche da bravi "arrogaroris", infatti in molte gare la loro aggressività... era un po' eccessiva. I ragazzi della Pro Dante e quelli che frequentavano le altre associazioni erano davvero eccezionali, sia perché, come si è detto, erano bravi atleti sia perché erano seri e soprattutto studiosi. Meriterebbero tutti una citazione in queste. pagine ma la memoria purtroppo, rammenta solamente i seguenti: Angelo e Costante Onnis oggi docenti rispettivamente di greco e lingue straniere nei licei cagliaritani; Enzo Usai, eminente docente universitario, famoso urologo e suo fratello Fabrizio; Pier Gavino Meloni, direttore dell'Ufficio del Registro; Riccardo Sanna, giornalista, e suo fratello Giovannino; Luisello Puddu, medico; Giorgio Manca, chirurgo; Giuliano Lupo, direttore di Banca; Vincenzo Falqui, urologo; Tommaso Sanna, fra i responsabili del Centro Elaborazione Dati del C.I.S.; Ennio Pinna, primario di radio terapia, e suo fratello Eligio, avvocato; Salvatore Addis, farmacista; Giampaolo Podda, colonnelo pilota; Pino Cadelano, sacerdote missionario e docente di lingue; Pippo Lubelli, presidente della U.S.L. 21 e suo fratello Gege; Bruno Brunetti, docente di fisica; ed inoltre Stefano Casalloni, Nenne Fiori, Enrico Durzu, Augusto Ardau, Bruno Zara, Sergio Materazzo, Giorgio Medda, i fratelli Piras, i fratelli Serra, i fratelli Murru, i fratelli Todde, Piero Desogus, i fratelli Pinna, Memo Porcu, Pietro e Sandro Deiana, Enrico Lai, Gianni Steri, Marco Casu, Gino Arrais, Enzio Soleri.
L'arrivo dei Salesiani
Don Stefano Giua direttore dell'Istituto Salesiano di Cagliari incontrava settimanalmente, in occasione degli incontri di calcio, i dirigenti ed i ragazzi della Pro Dante i quali portarono a sua conoscenza la necessità della presenza continua, nel quartiere, di un sacerdote. Don Stefano desiderava profondamente lavorare a favore dei ragazzi di quel quartiere, oltreché per quelli del suo frequentatissimo Oratorio, perché come disse ai responsabili: "i Salesiani devono essere sempre presenti laddove la gioventù li chiama, essi hanno bisogno di noi, e noi abbiamo bisogno dei giovani". Ma egli non si sentiva di intralciare il "lavoro" svolto dai sacerdoti della parrocchia a favore di quella comunità e quindi non attuò il suo desiderio. Solo intorno agli inizi del 1955 quando il parroco di San Benedetto, non potendo assicurare tutte le domeniche la sua presenza o quella del vice parroco per la celebrazione della messa, Don Giua propose la collaborazione dei salesiani. Il vescovo venne a conoscenza, non si sa come..., di quel desiderio e ne incoraggiò l'iniziativa. Così nel 1955 col consenso ufficiale del vescovo Monsignor Botto, i salesiani iniziarono ad operare (finalmente!) in quella comunità. Arrivarono insieme a Don Stefano, Don Fiori, Don Filippo Giua, Don Sechi, Don Massidda ed un giovane chierico Don Orlando Cruccas. L'arrivo dei figli di Don Bosco per il quartiere fu, da subito, di grande beneficio. Essi senza indugi non si limitarono alla solo celebrazione della messa, ma ciascuno di essi si occupò di dirigere una associazione sviluppandola sempre più. Si prodigarono ad accogliere tanti altri giovani del quartiere, soprattutto quelli più emarginati. I ragazzi con i salesiani ebbero un ottimo esempio di educatori ed animatori, oltreché un ottimo rapporto di amicizia.
I Salesiani nel ricordo dei ragazzi di allora
I ragazzi di allora li ricordano così: "Prima dell'arrivo dei salesiani il nostro rapporto col sacerdote era prettamente di carattere spirituale. Infatti i loro predecessori si occupavano in prevalenza del Catechismo e delle funzioni religiose. I salesiani invece si occuparono di noi in modo totale. Erano gli animatori di tutte le nostre attività, essi stessi ci organizzavano gli incontri di calcio, li arbitravano, giocavano con noi (era divertentissimo vederli correre con la tonaca da una parte all'altra del campo), si immedesimavano nei nostri problemi giovanili, ci aiutavano a risolverli, ci sembrava di stare fra coetanei. Nello stesso tempo però riuscivano, senza farcela pesare, a farci avere il massimo rispetto nei loro confronti. Era un piacere frequentare anche le funzioni religiose perché, della loro importanza, sapevano convincercene senza costrizioni. Don Fiori era per noi "Su Professori", perché ogni qualvolta ci incontrava si informava sul nostro rendimento scolastico e con le domande che ci poneva capiva, immediatamente, quando eravamo impreparati in qualche materia soprattutto la matematica, la sua materia. Era sempre disposto ad aiutarci, a farci lezioni durante le quali, spesso, ci mollava dei bei ceffoni salutari quando la nostra attenzione non era concentrata su ciò che andava spiegando. Anche Don Sechi ci aiutava negli studi, soprattutto nel francese, la sua materia di insegnamento, e quanto doveva faticare per eliminare la nostra dizione "casteddaia" e farci assimilare quella d'oltralpe! Don Filippo Giua era da noi definito "S'arrogu 'e pani" perché, a differenza degli altri sacerdoti, che erano anch'essi altrettanto buoni, egli era più paziente, più calmo e soprattutto anche quando la facevamo grossa non ci "accarezzava duramente". Una volta preparammo uno stupido scherzo a due nostri amici, tendendo un filo di nylon all'ingresso dell'asilo. Non ci accorgemmo dell'arrivo di Don Filippo il quale varcando quella soglia fece una scivolata degna dei migliori film comici. Le nostre risate si sprecarono e fuggimmo temendo la sua ovvia reazione, ma egli si limitò ad urlarci: "Birbanti!", la parola più pesante che gli sentimmo mai pronunciare. Don Orlando Cruccas, che allora era ancora chierico, fu colui che più degli altri si occupava di noi. Era sempre presente alle nostre partite, spesso anche agli allenamenti dandoci dei preziosi suggerimenti, ci portava sovente a fare delle bellissime passeggiate ed escursioni in posti lontani... a Monte Urpinu che allora per noi era "montagna". Inoltre in estate ci radunava per condurci al mare, e quanto faticava per tenerci a bada! La domenica poi, ci accompagnava al cinema dell'Istituto salesiano ed anche li quante ne combinavamo. Durante il film a noi più "allegronis" ci prendevano regolarmente attacchi di bronchite e raffreddori acuti... e Don Tanda, da noi chiamato "Su Coreanu" per i suoi tratti da orientale, sapendo dove prendevamo posto, partiva in tromba per distribuirci delle "zugate" supersoniche, ma noi davvero perfidi, chiedevamo ai nostri amici "is soggettus" la cortesia di cambiare di posto e quelli poverini subivano regolarmente, nel buio della sala, le botte di "Su Coreanu". Don Massidda infine fu colui che si occupò di riunire gli adulti gettando, con essi, le basi per la costituzione delle associazioni delle cooperatrici e dei cooperatori salesiani. A distanza di tanti anni riconosciamo che l'opera di quei salesiani fu, per la nostra formazione, determinante e non lesiniamo ringraziamenti."


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1955: Don Paolo Villasanta
In una fredda domenica del dicembre 1955 il giovane salesiano Don Paolo Villasanta celebrò la sua prima messa, per il quartiere, nella cappella dell'asilo di via Raffaello. In quell'occasione i suoi confratelli lo presentarono agli animatori come il responsabile della comunità. Don Villasanta attivò da subito il suo lavoro e convocò i suoi collaboratori laici per una riunione il giorno seguente. In quella occasione pretese che tutte le associazioni che si andavano formando fossero iscritte alla "Associazione Cattolica Nazionale" per dare, in questo modo, ufficialità alla comunità. Egli si occupava di tutto: dall'organizzazione delle funzioni liturgiche al catechismo, dalla schola cantorum alle attività sportive. Da subito migliorò l'organizzazione catechistica: divise i ragazzi in classi secondo la loro età ed assegnò a ciascuna un insegnante, creò in questo modo una. vera ed importante scuola di Catechesi. Don Villasanta era un uomo infaticabile. La sua figura severa ed al tempo stesso allegra e disponibile, conquistò i favori di tutti sia adulti che giovani. Ben presto il quartiere si riconobbe in lui, infatti era conosciuto come "la comunità di Don Villasanta". Il successo che ebbe nel quartiere fu dovuto alla sua continua presenza fra la gente: con i giovani, con gli infermi, con i più bisognosi. Da uomo di profonda fede cristiana e grande cultura aveva degli ottimi rapporti con tutti sia con i più colti che con la gente comune, con la quale, da cagliaritano verace quale era, preferiva dialogare in dialetto. L'opera di Don Villasanta fu impareggiabile, con gli esigui mezzi di cui disponeva fece di quella comunità la parrocchia più attiva della città, la più importante ed egli diverrà la figura più rappresentativa della nostra opera salesiana. Continuerà a lavorare instancabilmente anche quando la malattia lo colpirà, impietosamente, sino a portarlo nel settembre 1987 ad una morte precoce. Anche nei giorni precedenti il suo ricovero in ospedale, Don Paolo fortemente provato dalla sofferenza, continuerà a lavorare con gran fatica a favore dei suoi parrocchiani. In queste pagine vogliamo ricordarlo, come speriamo egli avrebbe voluto, impegnato in tante iniziative che egli creò per il bene dei suoi ragazzi.
1955: Posa della prima pietra della chiesa
Con l'arrivo di Don Villasanta, nel dicembre 1955, si diede inizio alla costruzione della chiesa e dell'annessa opera che i salesiani vollero dedicare a Maria Ausiliatrice. Fu proprio Don Villasanta con il direttore dell'Istituto salesiano di Cagliari e con la partecipazione di tutto il quartiere a Celebrare la cerimonia per la posa della prima pietra. Con quella cerimonia si realizzò la promessa fatta da Monsignor Botto alla gente del quartiere: la costituzione della parrocchia.
Don Villasanta: il sacerdote del quartiere
In quel suo primo anno di attività, il 1956, Don Paolo Villasanta andava personalmente a conoscere le famiglie del quartiere, si preoccupava che tutti i ragazzi frequentassero le sue associazioni e da ottimo salesiano si dedicava ad essi con mille iniziative. Nella estate di quell'anno i giovani delle associazioni erano un centinaio e la preoccupazione principale del sacerdote fu come tenerli occupati per tutto il giorno. Non bastavano per essi le poche stanze dell'asilo della Sacra Famiglia, né le interminabili partite di calcio ed organizzò in questo modo le loro giornate di vacanza. Per tutto il mese di luglio i ragazzi trascorsero le loro mattine, accompagnati dagli animatori della comunità, nella spiaggia del Poetto, Don Villasanta li raggiungeva talvolta, nei pochi momenti liberi da tanti impegni, con la sua scalcinatissima lambretta. A fine pomeriggio, dopo tanto svago, la pausa di riflessione religiosa che si svolgeva all'ombra dei tanti alberi che allora circondavano il nostro quartiere, ed infine a tarda sera "l'ora delle stelle". Per questa ultima ora di divertimento, Don Paolo con i suoi ragazzi, si recava nei mandorleti o negli oliveti del quartiere ed attorno ad un grande falò trascorreva con essi ancora un'ora in allegria con musica e canti, scenette comiche recitate dai ragazzi e tanti giochi di gruppo. Alla conclusione dell'ora delle stelle il salesiano raccoglieva in preghiera per qualche minuto l'allegra compagnia dando a tutti la sua benedizione e la buona notte. Dopo una giornata così intensa e faticosa Don Villasanta poteva, finalmente, far rientro all'istituto di Viale Fra Ignazio per un meritatissimo riposo.
Il primo viaggio vacanza
Per il mese di agosto Don Villasanta, avendo avuto la disponibilità dell'Istituto di Lanusei, portò in vacanza i suoi ragazzi. Alle famiglie chiese solo il contributo per il trasferimento, con "sa Lettorina", dimodochè chiunque avrebbe potuto prendervi parte. Il viaggio fu un grande successo, ed i ragazzi ebbero modo di trascorrere delle bellissime vacanze nelle spiagge di Arbatax, Tortolì e nelle montagne dell'Ogliastra. In quella vacanza,il sacerdote, alternò ai tanti momenti di svago, dei veri e propri momenti di formazione. I più grandi, egli, li preparò come animatori delle associazioni giovanili e, al rientro dalla vacanza, poté contare sulla loro preziosissima collaborazione nelle attività della comunità. Scopo principale di quella vacanza fu, per Don Villasanta, far maturare i suoi ragazzi: "Vivere insieme per un mese li aiuterà ad essere più maturi. Noi, disse ai suoi collaboratori, dobbiamo trovare il modo, in questo periodo, di aiutarli nella loro formazione religiosa e umana. Al nostro rientro voglio che siano più uomini e più cristiani." Ancora oggi il nostro Oratorio continua ad organizzare i viaggi vacanza con quello stesso spirito.


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