San Felice - Galleria foto S. Felice e S. Maria Madre della Chiesa
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Riflessioni dal Sinodo diocesano e dal Convegno diocesano


La partecipazione alla celebrazione dell'Eucarestia e la spiritualità di comunione

Fare della Chiesa salernitana la casa e la scuola della comunione

Il nostro essere Chiesa andando al Sinodo

Testimoni del Signore




'La partecipazione alla celebrazione dell'Eucarestia
e la spiritualità di comunione'


Riflessione dal Convegno diocesano 2005 di Filomena Tornatore e Pina Florio


"Sine dominicio non possumus": è ancora così? La frase dei martiri di Abitene richiama il valore del 'dominicum' cioè l'importanza della presenza e dell'azione del Risorto, la rilevanza del raduno settimanale della comunità cristiana. Vi è infatti una stretta unità tra l'evento della risurrezione di Cristo, la Chiesa, l'eucarestia, il giorno del Signore.
In un contesto socio-culturale in continuo cambiamento, segnato da evidenti fenomeni di smarrimento delle radici cristiane e da una visione dell'esistenza che matte in questione il senso del tempo e il significato della vita umana, appare sempre più urgente sottolineare l'importanza del giorno del Signor come un aspetto imprescindibile della fede cristiana.
Di qui l'invito rivolto da Giovanni Paolo II  in  Ecclesio de Eucaristia  a 'ridestare lo stupore eucaristico', cioè a celebrare, adorare e contemplare il mistero del corpo e del sangue del Signore. Il mistero eucaristico deve essere ben celebrato (Mane nobiscum Domine). Bisogna che la S.Messa sia posta al centro della vita cristiana... La via privilegiata per essere introdotti nel mistero della salvezza attuata nei santi segni resta poi quella di seguire con fedeltà lo svolgersi dell'anno liturgico. I fedeli devono riscoprire le valenze dei gesti e delle parole della liturgia per poter passare dai segni al mistero e a coinvolgere in esso l'intera loro esistenza.
Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini. Tutto questo richiede che venga ripreso il 'metodo educativo' di introdurre, anzi di condurre, per mano gli uomini nel mistero di Cristo. Si tratta di riscoprire quell'antica arte che i Padri della Chiesa definivano 'mistagogia': capacità di accompagnare l'uomo gradualmente e progressivamente dentro l'esperienza del mistero di Cristo, celebrato nel rito e vissuto nella vita.   Ecco il viaggio dei sacramenti nella vita.

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Fare della Chiesa salernitana la casa e la scuola della comunione


Dal Sinodo diocesano...


L'iniziazione cristiana in e per una comunità di «adulti nella fede»
(Cf. II,2)
La comunità cristiana: segno e strumento di comunione.
... l'attuazione della missione evangelizzatrice chiede alla comunità ecclesiale di fare un cammino di conversione.
a) Da stazione di servizio" a "famiglia di famiglie"
E' necessario che la comunità, da struttura funzionale ed efficiente, diventi "famiglia di famiglie", dove ci si incontra e ci si accoglie; dove si rinnova e si sperimenta il miracolo di Pentecoste: l'unità nella diversità. E' necessario che diventi comunità in cui i credenti - preti, religiosi e laici - vivono e testimoniano rapporti "freschi" e sereni, liberi e gratuiti; comunità che accoglie le persone come sono e che permette loro di vivere esperienze significative di fraternità.
b) Da comunità "clericale" a comunità di partecipazione
E' necessario che la comunità diventi sempre di più luogo di partecipazione responsabile, dove tutti sono stimolati a diventare adulti, (Ef 4,11-16) attivi e responsabili e che ogni operatore pastorale - e in primis il prete - aiuti gli altri battezzati a svolgere il proprio servizio, secondo i propri crismi.
c) Da comunità di elité a comunità accogliente
E' necessario che la comunità diventi aperta ed accogliente, dove ognuno si trova a suo agio; dove l'ultimo è tenuto in maggiore considerazione, perché ha più bisogno degli altri; dove ciò che importa non è l'efficientismo delle strutture, ma la valorizzazione delle persone.
d) Da comunità chiusa a comunità in missione
Occorre che la comunità si apra alla missionarità, si proietti ad extra, con un atteggiamento di servizio e che viva la missione non come "conquista", ma come "condivisione della salvezza".

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Il nostro essere chiesa andando al Sinodo

(prof. Antonio Trelle)


In riflessione e preghiera proposte da don Luigi in rapporto al Sinodo Diocesano, noi tutti corresponsabili in dimensione laicale e ministeriale, ci siamo interrogati sul cammino della nostra Comunità con un'analisi attenta della nostra realtà sociale nel vivere la fede, pervenendo a questa constatazione: la nostra comunità è varia, per comportamenti, situazioni particolari, tempi e tanti altri fattori che influenzano la vita quotidiana.

Per avere un quadro d'insieme possiamo così sintetizzare le varie posizioni:
- soggetti che vivono il cammino di fede, pur nelle varie problematicità;
- soggetti che devono maturare e rafforzare la propria scelta di fede;
- soggetti che devono iniziare un cammino di crescita;
- soggetti che sono sulla soglia e soggetti che sono lontani.

L'analisi-ricerca è fondata più che sulle parole, sulla capacità di vedere il volto di Cristo nel volto del fratello, sulla Parola espressa nello spezzare il pane, che è l'Eucaristia: esperienza di chiesa per essere esperienza d'amore.

Oggi, ci si è detto, spesso nasciamo chiesa, ma non lo diventiamo mai. Oggi più che mai il quotidiano della nostra geografia va posto alla nostra mente alla luce di Cristo: più pressante si fa la necessità di riscoprire e vivere la vera essenza della parrocchia, comunità di fedeli unita, vicina, aperta e sempre disponibile a condividere gioie e dolori con coraggio e, se necessario con sacrificio.

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Testimoni del Signore

Riflessione dal Convegno diocesano di Pina Florio

«Stringendovi a Lui, pietra viva... anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio». (1PT 2, 4-5)

Il cristiano diventa testimone del Signore vivendo e comunicando il Vangelo con gioia e coraggio, sapendo che la verità del Vangelo viene incontro ai desideri più autentici dell'uomo. E' opportuno allora rimettere in luce gli elementi di fondo della testimonianza cristiana: il suo aspetto esistenziale (pietre vive), il suo carattere ecclesiale (edificio spirituale), la sua qualità testimoniale (sacerdozio santo).

Essere testimoni: la radice battesimale (pietre vive)
Il battesimo ci unisce a Cristo e ci permette di conformarsi alla storia di Gesù, diventandone testimoni. Rende capaci di essere, sentire e fare come Lui, nella Chiesa e nel mondo. Il discepolo di Gesù, attraverso lo Spirito, dà alla propria vita la forma filiale di Gesù ed assume i lineamenti stessi del Figlio.

Diventare testimoni: la fede adulta (edificio spirituale)
La testimonianza è la fede che diventa corpo e si fa storia nella condivisione e nell'amore. Vivere responsabilmente in questo mondo, fiduciosi nel Dio vivente, carichi di speranza nella novità che si è manifestata nel Risorto, disponibile all'azione creatrice dello Spirito, comporta una coscienza battesimale viva, non data una volta per tutte, capace di costruire cammini e progetti di vita cristiana nuovi.

Riconoscersi testimoni: la qualità della testimonianza (sacerdozio santo)
La parola di Dio e i sacramenti, la vita di comunità e il servizio al povero sono i segni privilegiati che aprono alla presenza e alla grazia del Risorto e donano senso e forza alla vita.


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