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Unzione degli infermi - Di fronte al malato e alla sua sofferenza nella pastorale

a cura di fra Mihai Augustin Folner O.Carm.

 

Premessa

 

            La Chiesa “crede e professa che l’Unzione degli infermi è un sacramento destinato in modo particolare a coloro che sono provati dalla malattia” (CCC, n. 1511).

            La grazia fondamentale di questo sacramento è una grazia di conforto, di pace e di coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della fragilità della vecchiaia. Questa grazia è un dono dello Spirito Santo che rinnova la fiducia e la fede in Dio e fortifica contro le tentazioni del maligno, cioè contro la tentazione di scoraggiamento e di angoscia di fronte alla morte. Questa assistenza del Signore vuole portare il malato alla guarigione dell’anima, ma anche a quella del corpo, se tale è la volontà di Dio”(CCC, n. 1520).

 

Riferimenti scritturistici;

 

            Le testimonianze scritturistiche non solo portano a escludere che Dio sia solito a colpire gli uomini con le malattie e le calamità che li affiggono, ma autorizzano, anzi obbligano ad ammettere una provvida sollecitudine di Dio nei confronti di coloro che sono colpiti dal male, inducono cioè a riconoscere che Dio è in vario modo presente e vicino a chi è oppresso dalla tribolazione. In altre parole, Dio non appare – nell’ambito dell’esperienza terrena – impegnato ad intervenire per punire i peccatori ed esentare i giusti da tutti i mali possibili; appare piuttosto come un Dio che si prende cura degli uomini in tutte le situazioni in cui sono coinvolti.

-          Giobbe esprime questa certezza, quando, rivolto a Dio, dichiara: “Vita e benedizione mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito” (Gb 10,12).

Questa persuasione trova ampio rilievo nei salmi, dove viene esaltata la cura che Dio ha per l’uomo, sebbene sia piccolo i insignificante rispetto alle grandi opere del creato (cf. Sal 8,4).

-          Questa convinzione acquista maggiore risalto attraverso un insieme di immagini, che rendono plasticamente l’idea della provvidenza-protezione che Dio ha per le sue creature:

            - l’immagine della chioccia o dell’aquila che raccoglie e protegge i suoi piccoli (sal 57,2; 91,4; Es 19,4; Dt 32,10; Cf. Mt 23,37);

            - l’immagine dell’ombra che protegge dai raggi cosenti del sole (Is 49,2; Sal 91,1);

            - l’immagine della nuvola e del fuoco, per il giorno e per la notte (Is 4,5; Sal 77,14).

 

Il Signore Iddio è qualificato e si qualifica:

            - come pastore d’Israele (sal 22; Ez 34,11-15; 34,20-31);

            - come medico che si china a fasciare le ferite del suo popolo (Ger 30,12-17);

            - come vignaiolo che coltiva con cura la sua vigna (Is 5);

            - come padre, madre, sposo che non viene mai meno al suo amore (Es 4,22; Os 11,1-4; Is    63,13; 54,5; Os 2,2).

 

Con insistenza si afferma che il Signore è vicino all’uomo tribolato:

            - per proteggerlo (Sal 34,16; Sir 34,15);

            - per liberarlo (Sal 91,14; 33,5; 49,5; 81,8);

            - per fortificarlo (Is 25,4).

           

            Questo tema antico-testamentario della vicinanza di Dio raggiungerà il suo vertice nel Nuovo Testamento, sia nel risalto dato all’amore di Dio che come una fascia avvolge e protegge l’uomo in ogni situazione, sia nell’esigenza del Cristo che vuole essere amato e soccorso nel fratello che si trova nel bisogno (cf. Mt 25,34-40; Gal 4,14).

            In virtù del mistero dell’incarnazione, Dio non sarà soltanto presente all’uomo, ma presente nell’uomo.

La tenerezza di Dio resa visibile dall’atteggiamento di Gesù verso i malati.

            I vangeli parlano continuamente della fiducia e delle aspettative che gli ammalati avevano nei confronti di Gesù, ma parlano anche dell’amore e delle attenzioni che Gesù aveva per loro.

- Secondo Mt 10,46ss., gli passanti sgridano il mendicante cieco ai bordi della strada e gli impongono di tacere. Ma Gesù si ferma, lo fa chiamare, gli presta attenzione e lo guarisce.

            - Le guarigioni dei malati caratterizzano fin dall’inizio la sua attività pubblica. Troviamo racconti in Mc 1,32ss.; Mt 4,23ss.; 

- ma Gesù non mira solo al ristabilimento della salute fisica. Le guarigioni dei malati occupano sicuramente molto spazio nella sua attività; egli si identifica addirittura con loro: la visita fatta ad un malato è come fatta a lui stesso e fingerà come criterio per la salvezza o per la perdizione dell’uomo (cf. Mt 25,36ss.);

- le guarigioni corporali non sono per Gesù fine a se stesse, sono segni del fatto che nella sua persona sono giunti il regno di Dio e il tempo messianico (cf. Lc 11,20), annunciato dai profeti (cf. Is 35,5; 61,1).

            - alla domanda di Giovanni Battista, che chiede se sia lui l’atteso, Gesù risponde con le  parole del profeta Isaia (cf. Lc 7,22).

            - il carattere delle guarigioni operate da Gesù come annuncio dell’avvento del regno risulta particolarmente chiaro dal comportamento che egli tiene nei confronti del paralitico di Cafarnao (cf. Mc 2,10). 

           

            Anche negli Atti degli apostoli (3,1ss.) la guarigione del paralitico fin dalla nascita non è fine a se stesso per Pietro, che invece la interpreta come segno della glorificazione del Signore crocifisso e risorto.

            Un’ultima risposta alla questione del perché della sofferenza ci viene da Gv 9,1ss: i discepoli domandano a Gesù se ha peccato il cieco nato, che egli vuol guarire, o i suoi genitori. Gesù risponde: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv 9,3). La malattia e la guarigione possono servire – come in questo caso – a manifestare Gesù come l’inviato del Padre e nello stesso tempo a glorificare Dio. Il fatto che il guarito “dia gloria a Dio” non è quindi solo la conseguenza, ma il fine della guarigione (cf. Lc 5,26; 9,43; 13,13; 17,15).

 

La Chiesa fedele alla missione di Gesù di “curare” i malati

            Seguendo l’esempio di Gesù e in conformità al mandato da lui ricevuto, la comunità apostolica riserva un posto particolare agli ammalati, nella prospettiva evangelica di ripetere nei loro confronti le parole e i gesti compiuti da Gesù.

            Nella tradizione neo-testamentaria si trova ben presto l’attestazione di un ministero specifico della Chiesa verso i malati, mediante la visita e il conforto spirituale (cf. 1Cor 12,9). La Chiesa primitiva non vedeva alcunché di strano nel fatto che anche i fedeli si ammalassero; ma esortava, in caso di malattia, a ricorrere alla preghiera. Questa affermazione trova una conferma nella testimonianza della lettera di Giacomo (5,13-15). L’apostolo ci offre, infatti, la visione del ministero cultuale presso i malati. Nella descrizione che ne fa, affiora la continuità tra la tradizione evangelica, la vitalità della comunità degli Atti e la Chiesa di Gerusalemme. Come nella vita di Gesù così anche in quella della Chiesa primitiva l’ammalato è il ”luogo” in cui si celebra il mistero della salvezza. I tempi messianici sono veramente in atto: “Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati” Gc 5,13-15).

            Il testo è di fondamentale importanza per capire il significato e il valore del sacramento dell’unzione degli infermi: in esso sono indicati tutti gli elementi essenziali del sacramento: un’azione rituale (unzione,preghiera), compiuta dai presbiteri che rappresentano la Chiesa, nel nome del Signore, che risulta sempre efficace quando è accompagnata dalla fede.

 

- Valore antropologico. Dimensione Pasquale.

 

            Con il sacramento dell’unzione degli infermi il Cristo Figlio di Dio, autore della vita, medico dei corpi e delle anime, che ha preso su di sé le umane infermità, per la preghiera della Chiesa purifica l’infermo con la grazia dello Spirito Santo e lo rende parte della sua vittoria pasquale.

L’annuncio di Cristo risorto deve avere un posto privilegiato nella pastorale liturgica degli infermi, perché contiene l’enunciato fondamentale della fede e, nello stesso tempo, il più aderente alla situazione vitale dell’ammalato, l’annuncio cioè che Dio non ha voluto il mondo eliminando il male, ma trasformando il male in bene.

Cristo, il Figlio di Dio, non è semplicemente colui che è nella vita, ma colui che passa dalla morte alla vita. la salvezza si identifica con il mistero pasquale, cioè con il mistero di un passaggio che non elimina, ma trasforma il dolore e la morte.

Sarà allora necessario portare al malato questo messaggio pasquale, partendo dal fatto della risurrezione di Gesù, avvenuto dopo la sua esperienza della passione e della morte in croce. Questo fatto non è solo rivelatore della divinità di Cristo, ma è anche dimostrazione che ormai “nulla potrà separarci dall’amore di Cristo”, dal momento che Egli non ha esitato a dare la sua vita per noi (cf. Rm 8,31-35). Inoltre il passaggio dalla morte alla vita, già compiuto nell’umanità di Cristo, ha introdotto nella storia un cammino inverso a quello introdotto dal peccato: non è più un cammino verso la morte, ma verso la vita. Così il mistero pasquale diventa messaggio di speranza soprattutto per coloro che, per la malattia, sperimentano nella loro carne il cammino verso la morte.

La fede nel Cristo risorto dà la certezza che la morte, per il cristiano, non avrà mai l’ultima parola, essendo certo che “chi crede in Cristo ha la vita e sarà risuscitato nell’ultimo giorno” (cf. Gv 6,35-46).

Ma quando il malato, nonostante le cure e il suo impegno di lotta contro la malattia, si accorgesse che… non c’è più speranza di guarigione, come aiutarlo a tradurre anche questa situazione in esperienza pasquale?

Rispondono i vescovi italiani: Quando l’infermità fosse destinata nel disegno di Dio a maturare nella morte, allora il sacramento farà crescere nell’infermo la fede e la speranza così da dargli la forza di affrontare l’ultima prova.

Per la presenza dinamica del Signore risorto e del suo Spirito vivificante, l’Unzione sarà il segno operativo dell’ultimo e definitivo inserimento nella Pasqua del signore. In tal modo il sacramento sarà la preparazione a quella vittoria definitiva sul male e sulla morte, che completerà l’assimilazione a Cristo iniziata col Battesimo” (n. 146).

 

- Dimensione pastorale.

 

            Le direttive del Concilio Vaticano II hanno trovato attuazione nella stesura del nuovo rito del sacramento dell’unzione e in alcuni importanti documenti del magistero, tra i quali ricordiamo: la Costituzione apostolica di papa Paolo VI sul Sacramento dell’unzione degli infermi (30 novembre 1972), il documento pastorale dei vescovi italiani Evangelizzazione e sacramenti della penitenza e dell’unzione degli infermi (12 luglio 1974), la nota pastorale della CEI su La pastorale della salute nella chiesa italiana (1989).

  

Alla luce di questi documenti possiamo presentare alcune riflessioni teologiche e offrire alcune indicazioni liturgico-pastorali sul sacramento dell’unzione degli infermi.

► Anzitutto va tenuto presente che anche se in se stessa non porta alcuna promozione di valori umani, la malattia contiene tuttavia delle “autentiche possibilità di vera costruzione di valori fondamentali per i malati e per i sani.

La Chiesa, sull’esempio e comando di Gesù esplica pure un ministero di conforto nei confronti dei malati; sacramento universale di salvezza “circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente, e si premura di sollevarne l’indigenza (LG 8).

► La Chiesa svolge anche un’altra azione incoraggiando e benedicendo tutte le iniziative e le ricerche intraprese per vincere le infermità, in quanto vi vede una collaborazione all’azione divina di lotta e di vittoria sul male.

► Un altro aspetto significativo è quello degli uffici e ministeri verso gli infermi, di cui parla il Rituale nelle premesse. È importante ricordarlo in maniera esplicita perché oggi, purtroppo, si verifica di frequente un “anti-ministero” dei familiari, parenti, medici, personale ospedaliero, che, “non comprendono l’aspetto religioso e l’arricchimento spirituale della malattia e della morte, tengono lontano il più possibile quei segni e aiuti della fede, ai quali il credente ammalato avrebbe diritto. Tutta la Chiesa ha invece il diritto-dovere di esercitare uffici e ministeri nei confronti degli ammalati: l’evangelizzazione non è compito esclusivo dei sacerdoti. Di qui l’importanza della pastorale sanitaria e la partecipazione delle associazioni e dei movimenti laicali che si dedicano all’assistenza dei malati.

► La catechesi va fatta a coloro che hanno cura dei malati (medici, infermieri, responsabili di settore) per far vedere che l’unzione degli infermi si inserisce perfettamente, anche se su un piano sacramentale, nell’azione di lotta che essi conducono contro il male, a sollievo del corpo e dello spirito di chi soffre.

Ma fa fatta anche agli ammalati, mediante brevi colloqui e opportuni sussidi, allo scopo di suscitare in loro la fede, aiutandoli a comprendere il significato della sofferenza, fino a scorgere in essa un’ammissione particolare da compiere e una testimonianza da offrire. In questa prospettiva, non solo gli ammalati, gli anziani non si sentiranno più soli e abbandonati e inutili, ma acquisteranno coscienza “di essere chiamati da Cristo ad essere la sua immagine viva e trasparente e a collaborare con lui alla salvezza del mondo.

 

Maria accanto al figlio sofferente

            Non a caso l’Addolorata, ossia, la presenza di Maria accanto alla croce di Cristo vertice d’ogni umano e divino patire, è forse l’immagine più cara, più familiare della pietà cristiana, proprio perché il dolore è il compagno di viaggio più prossimo.

            Il collegamento di Maria “donna del dolore” con il sacramento degli infermi non ha niente di forzato e di devozionale, anzi è squisitamente biblico, liturgico ed ecclesiale:

            - è biblico perché l’Addolorata ossia la Madre presso la croce o la Madre trafitta dalla spada, è un’immagine, sotto l’aspetto formale e contenutistico, tipicamente biblico (cf. Lc 2,35.48; Gv 19,26).

            - è liturgico perché Maria è Madre di Cristo: il sacramento dell’unzione trasmette all’infermo la forza terapeutica di lui; dunque, esplicitare la memoria di questa Madre accanto al malato che riceve il dono sacramentale aggiunge tenerezza, compassione, forza al   rito.

            - è ecclesiale perché Maria, che soprattutto sotto la croce, ha condiviso le sofferenze di Cristo diventando così cooperatrice nella redenzione, ricorda che i sofferenti nella Chiesa non sono inutili. Anzi, partecipi delle sofferenze di Cristo, diventano una sorgente di forza per la Chiesa e per l’umanità.  

 Guardare a Maria che sta presso la croce e sentirla vicina come era vicina a Gesù sofferente significa avere nella tribolazione conforto e nella malattia sollievo.

 

Conclusione 

            Con la sua dottrina e la sua liturgia, con le pressanti raccomandazioni ad un rinnovamento pastorale, la Chiesa vuole far ricuperare tutto il profondo senso sacramentale dell’unzione degli infermi. Se tutti i sacramenti sono atti salvifici di Cristo che raggiungono l’uomo in una speciale situazione della vita, la malattia ha tutte le caratteristiche di un momento importante da vivere alla luce del mistero pasquale di Cristo.

 

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 Bibliografia:

- P. Sorci, Mistero pasquale, in Domenico Sartore, Achile M. Triacco e carlo Cibien (a cura di), Liturgia, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, p. 1252.

 

- R. Barbieri – I. M. Calabuiy – O. Di Angelo (a cura di), Fons Lucis. Miscelana di studi in onore di Ermanno M. Toniolo, Rd. Marianum, Roma 2004.

 

- Catechismo della Chiesa Cattolica.

 

- Bressanini Ernesto, Unzione degli infermi, in Giuseppe Cinà, Efisio Locci, Varlo Rocchetta, Luciano Sandin (a cura di), Dizionario di Teologia Pastorale, Ed. Camilliane, Torino 1997.

 

- AA.VV., Il sacramento dei malati. Aspetti antropologici e teologici della malattia. Liturgia e Pastorale, Editrice Elle Di Ci, Torino 1975.

 

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Ultimo aggiornamento: 22-02-07