La presenza di
Maria sotto la Croce in Gv. 19,25-27 e la Spiritualità Mariana dell'Ordine
Carmelitano
a cura di fra Mihai Augustin
Folner
Prima Parte -
LA PRESENZA DI MARIA SOTTO
LA CROCE in Gv. 19,25-27
«Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di
Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei
il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!".
Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo la
prese con sé» (Gv 19,25-27).
Dal punto di vista della frequenza, la figura maggiormente
sottolineata è Maria. Ella appare anzitutto quale madre di Gesù, ma anche
come la "donna" madre del discepolo. Questa rivelazione esplicita,
peculiare del quarto Vangelo, faceva parte dei segreti del Padre e del
Figlio, dei misteri della salvezza, che solo al momento dell'"ora" vengono
svelati.
Il
discepolo, a sua volta, non è solo colui che segue il Maestro ed è da lui
amato, ma - appunto perché tale - è anche il figlio della "donna".
Essendo “madre” di Gesù, ai piedi della Croce Maria è
dichiarata “madre” anche di coloro che sono una sola cosa con Gesù, a
motivo della fede. Perciò in Gv 19,25-27 l’evangelista non ricorda la
Vergine col nome proprio (Maria), ma coi titoli di “Madre di Gesù” e di
“Donna”.
Maria è così madre di Gesù e "donna"-madre del discepolo.
Un’obiezione, tuttavia,
potrebbe essere sollevata. Cioè: anche il discepolo amato (come diremo
subito) è figura di tutti i discepoli di Cristo, e quindi della Chiesa;
allora che differenza vi è tra il ruolo rappresentativo di Maria e quello
del discepolo? La differenza sta qui. Il discepolo rappresenta tutti i
credenti in Cristo, in quanto persone che ascoltano la voce di Gesù e
divengono un solo gregge e un solo Pastore (Gv 10,16). Sotto questo
profilo, il discepolo è figura anche di Maria, poiché ella fu discepola
esemplare nell’obbedire a Cristo: “Quanto egli vi dirà fatelo” (2,5).
Maria, invece, è figura della Chiesa in quanto “Madre”, vale a dire in
quanto comunità entro quale sono radunati in Cristo i dispersi figli di
Dio.
La presenza di Maria sotto la croce rappresenta il punto
culminante della sua associazione alla missione salvifica di Cristo, nel
modo descritto dalla Lumen Gentium (n. 58), secondo cui Maria fu
presente sotto la croce non senza un disegno divino, «soffrendo
profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al
sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima
da lei generata». La passione di Gesù diventa in Maria una com-passione.
Commentando questi versetti la Bibbia di Gerusalemme si colloca nella
prospettiva giusta. Leggiamo infatti: «Il contesto scritturistico (vv. 24,
28, 36, 37) e il carattere singolare dell'appellativo "donna" sembrano
indicare che l'evangelista vede qui un atto che supera la semplice pietà
filiale: la proclamazione della maternità spirituale di Maria, nuova Eva,
ai credenti rappresentati dal discepolo prediletto (cf. 15,10-15)».
Innanzitutto ci colpisce l'appellativo «donna» con cui Gesù si rivolge
alla Madre. Esso indica che Maria è chiamata a svolgere un ruolo che
supera il semplice rapporto privato madre-figlio, e che si colloca nel
cuore della storia della salvezza. La parola, già usata da Gesù alle nozze
di Cana (2,4), richiama la donna di Genesi 3,15, che schiaccerà la testa
al serpente, e richiama anche la donna del capitolo 12 dell'Apocalisse,
che lotta contro il serpente antico (v. 9). Così possiamo notare che
questa donna misteriosa compare, secondo una grandiosa «inclusione»,
all'inizio e alla fine della Bibbia, e all'inizio e alla fine del Vangelo
di S. Giovanni, l'ultimo e il più spirituale dei Vangeli.
Possiamo contemplare la scena. Sul Calvario è presente Gesù, nuovo Adamo,
e Maria, nuova Eva. In mezzo sta la nuova Umanità, rappresentata da
Giovanni. Gesù si rivolge a Maria e le dice: «Donna, ecco tuo figlio».
Possiamo immaginare che Maria abbia manifestato il suo assenso, con uno
sguardo o con un cenno del capo. Allora Gesù, dopo l'assenso di Maria, si
rivolge a Giovanni e gli dice: «Ecco tua madre». Abbiamo qui qualcosa di
simile alla scena dell'Annunciazione, dove ci fu la proposta dell'angelo,
il consenso di Maria, il risultato: «e il Verbo si fece carne». Sul
Calvario abbiamo la proposta di Gesù, il consenso di Maria, il risultato:
«la dichiarata maternità spirituale di Maria verso Giovanni, che
rappresenta tutti i credenti». «E da quell'ora il discepolo la prese con
sé», cioè non soltanto la prese nella sua casa, ma anche la fece entrare
nella sua vita. In questo momento nascono il culto e la devozione mariana.
Cioè contemporaneamente alla Chiesa, sul Calvario.
La tragicità della scena della croce ci mette di fronte al
dramma del dolore del mondo; un dramma in cui il Signore ha voluto
partecipare da protagonista. La morte da quel momento è stata sconfitta
dalla vita, e non è più l’ultima, ineluttabile parola della nostra
precaria esistenza.
Maria ci accompagna ogni giorno; non siamo soli nel cammino.
La
croce è la condizione abituale di vita e il punto di passaggio obbligato
di ogni cristiano (cf. Lc 9,23). Impegniamoci a rispondere con amore alla
chiamata del Signore a seguirlo fin sotto la croce, come ha fatto Maria.
I - Compartecipazione alla sofferenza di
Cristo.. L’Addolorata.
Per usare le espressioni di Giovanni
Paolo II nella Salvifici Doloris (n. 25), il “Vangelo della
sofferenza” non è stato scritto soltanto da Gesù ma anche dai testimoni
della risurrezione e da quanti, in prosieguo di tempo, hanno subito
persecuzioni nel nome di Cristo. In particolare, tale Vangelo è stato
scritto da Maria in tutto l’arco della sua vita, che ha conosciuto il
patire, le peregrinazioni nella fede, le oscure notti dello spirito: dal
fiat dell’annuncio al fiat, silente e profondo, ai piedi
della Croce, Maria condivide gli atteggiamenti di gesù, né rassegnati né
titanici, nei confronti della sofferenza.
Maria presso la Croce è l’Addolorata:
sperimenta in maniera acutissima la sofferenza, come spada che le trafigge
profondamente lo spirito. Ne percepisce però il senso e lo vive in e con
Cristo, in chiave salvifica, portando al culmine, nella forza dello
Spirito, gli atteggiamenti di fede intrepida, di incrollabile speranza, di
amore forte e compassionevole, già vivi negli altri eventi crocifiggenti
che hanno puntualizzato il suo vissuto esperienziale di “prova di Jahwè”.
La spada trafiggerà il cuore di Maria: è
allusione alla passione del Figlio, che diverrà la sua passione. Questa
passione inizia già con la successiva visita al tempio: ella deve
accettare la preminenza del suo vero padre e della sua casa, del tempio;
deve imparare a lasciare libero colui che ha generato. Deve portare a
compimento quel “sì” alla volontà di Dio, che l’ha fatta diventare madre,
mettendosi in disparte e lasciandolo alla sua missione. Così Maria è
preparata al mistero della Croce, che non termina semplicemente sul
Golgota. Suo Figlio rimane segno di contraddizione, ed ella rimane così
fino alla fine coinvolta nella sofferenza di questa contraddizione, nella
sofferenza della maternità messianica.
L’Assunta e la vittoria sul dolore
Maria addolorata è già icona del vangelo
della sofferenza, perché mostra come il dolore unito a quello di Cristo e
offerto al Padre può diventare spazio di salvezza. Con l’assunzione tale
icona assume i connotati di un vangelo definitivo: si avvolge di splendore
e diviene sogno di sicura speranza del trionfo della vita sulla morte,
della gioia sul dolore.
Proprio perché ancella del Signore,
unita a lui in modo unico nella sofferenza causata dalla malvagia
opposizione degli uomini, Maria doveva partecipare alla risurrezione di
Cristo, senza attendere la fine dei tempi. Questa convinzione si afferma
nella Chiesa progressivamente: dagli elogi funebri sul sepolcro vuoto (II
secolo) fino alla definizione dogmatica dell’Assunzione di Maria al cielo
in corpo e anima (1 novembre 1950).
L’Assunta, non più soggetta alle leggi
spazio-temporali, può ormai essere presente nel tempo e nello spazio in
modo non circoscrivibile, ma misterioso. Ella può intercedere per noi,
comunicarci i doni della salvezza ed esercitare per noi quella maternità
nell’ordine della grazia proclamata da Cristo crocifisso.
II - Maternità spirituale
"La beata Vergine, insieme con l'incarnazione del Verbo divino
predestinata fino dall'eternità a essere madre di Dio, per una
disposizione della divina provvidenza è stata su questa terra l'alma madre
del divino Redentore, la compagna generosa del tutto eccezionale e l'umile
serva del Signore. Col concepire Cristo, generarlo, nutrirlo, presentarlo
al Padre nel tempio, soffrire col figlio suo morente sulla croce, ella ha
cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con
l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la
vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre
nell'ordine della grazia.
E
questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste
dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell'annunciazione e
mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di
tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non ha deposto questa
missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a
ottenerci i doni della salvezza eterna. Nella sua materna carità si prende
cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a
pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata. Per
questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata,
ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Questo però va inteso in modo,
che nulla detragga o aggiunga alla dignità e alla efficacia di Cristo,
unico mediatore.
Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e
Redentore; ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato dai
sacri ministri e dal popolo fedele, e come l'unica bontà di Dio è
realmente diffusa in vari modi nelle creature, così anche l'unica
mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia
cooperazione partecipata dall'unica fonte.
E
questo compito subordinato di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerlo
apertamente, continuamente lo sperimenta e lo raccomanda al cuore dei
fedeli, perché, sostenuti da questo materno aiuto, essi più intimamente
aderiscano col Mediatore e Salvatore."
Dal Concilio Vaticano II (Costituzione
dogmatica Lumen Gentium, 61-62)
Seconda parte - LA SPIRITUALITÀ MARIANA DELL'ORDINE CARMELITANO
La
tradizione carmelitana circa la figura di Maria sotto la Croce
Già
dalla sua nascita l’ordine carmelitano ha avuto una grandissima devozione
verso la Madonna, Madre (in quanto genitrice di Cristo e madre
dell’umanità) e Sorella (in quanto nell’essere chiamata “donna” diventa il
luogo dell’umanità).
Il
culto verso la Madonna sotto la Croce oppure l“Addolorata” ha un forte
legame con la devozione dei “sette dolori di Maria”, che erano molto
diffuse tra i frati e le suore dell’Ordine Carmelitano, specialmente in
Portogallo e Brasile. La struttura di questa devozione è simile a quella
delle allegrezze che venivano sostituiti con i Dolori patiti da Maria
durante la passione di Cristo.
Come
nella tradizione dei servi di Maria, anche l’ordine carmelitano ha
alimentato lungo la storia la sua spiritualità nelle grande figure che
hanno fatto sì che oggi possiamo avere variegate immagini e
interpretazioni.
1. Alle origini della nostra devozione mariana
Ci
sono tre parole chiave che sintetizzano le origini della nostra relazione
carismatica con la Vergine Maria: il luogo del Monte Carmelo, il nome o
titolo mariano dell'Ordine, l'esplicita menzione della dedicazione
dell'Ordine del Carmelo al servizio di Nostra Signora.
a) Il luogo: una cappella in onore della Vergine Maria sul Monte
Carmelo
Un
anonimo pellegrino dell'inizio del sec. XIII ci fornisce, in un documento
sugli itinerari e pellegrinaggi in Terra Santa, la prima testimonianza
storica sulla marianità dell'Ordine. Parla di una "molto bella e piccola
chiesa di nostra Signora che gli eremiti latini, chiamati "Fratelli del
Carmelo" avevano nel Wadi 'ain es-Siah. Un'altra redazione dello stesso
manoscritto parla di una chiesa di nostra Signora.
b) Il nome: "Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo"
Questo è il titolo dell'Ordine che appare in alcuni documenti pontifici,
con riferimento esplicito alla Vergine Maria, come risulta dalla Bolla di
Innocenzo IV, Ex parte dilectorum (13-1-1252): "Da parte degli
amati figli, gli eremiti fratelli dell'Ordine di Santa Maria del Monte
Carmelo" (Analecta Ordinis Carmelitarum 2 (1911-1913) p.128). In un
documento posteriore (20-2-1233) Urbano IV (nella Bolla Quoniam, ut ait)
fa riferimento al "Priore Provinciale dell'Ordine della Beata Maria del
Monte Carmelo in Terra Santa" e aggiunge che sul Monte Carmelo c'è il
luogo delle origini di questo Ordine dove si sta per edificare un nuovo
monastero in onore di Dio e "della detta Gloriosa Vergine sua Patrona" (Bullarium
Carmelitanum I, p.28).
Questo nome, "Fratelli", che è segno di familiarità e intimità con la
Vergine è stato riconosciuto dalla Chiesa e sarà, in seguito, fonte di
spiritualità quando gli autori carmelitani parleranno del "patrocinio
della Vergine" e della sua qualità di "Sorella" dei Carmelitani.
c. La consacrazione alla Vergine
Il
Carmelo professa, insieme alla consacrazione totale di servizio a Gesù
Cristo come Signore della Terra Santa, secondo il senso di sequela e di
servizio che contiene la Regola nel suo contesto storico e geografico,
anche la sua totale consacrazione alla Vergine Maria. Lo riconosce un
antico testo legislativo del Capitolo di Montpellier, celebrato nel 1287:
"Imploriamo l'intercessione della gloriosa Vergine Maria, Madre di Gesù,
in ossequio e onore della quale fu fondata la nostra religione del Monte
Carmelo" (Cfr. Atti del Capitolo Generale di Montpellier, Acta
Cap.Gen., Ed. Wessels-Zimmermann, Roma 1912, p.7). Questa speciale
consacrazione che ci unisce al ricordo della sequela di Cristo avrà una
logica conseguenza nella formula della professione, che includerà una
esplicita menzione della offerta a Dio e alla Beata Vergine Maria.
2. Una tradizione spirituale viva
Tra
i dati storici che risalgono agli albori della esperienza mariana del
Carmelo, le Costituzioni segnalano gli apporti significativi della
spiritualità mariana di S. Teresa e S, Giovanni della Croce. Possiamo
condensare in alcuni punti la ricchezza dottrinale dello spirito mariano
dell'Ordine come è stato vissuto, a partire dalle origini, arricchito
dalla devozione e dagli scritti spirituali di alcuni carmelitani insigni.
a. I titoli di amore e di venerazione
Si
può affermare che l'antica tradizione carmelitana ha espresso i vincoli di
amore alla Vergine attraverso una serie di titoli relativi al mistero di
Maria, percepito con un sapore particolare nell'esperienza della vita del
Carmelo. Così, agli inizi, predomina la denominazione di Patrona
dell'Ordine, però si fa strada anche l'espressione più dolce di Madre,
come appare dalle formule antiche dei Capitoli e delle Costituzioni, per
esempio: "In onore di nostro Signore Gesù Cristo e della gloriosa Vergine
Maria, Madre del nostro Ordine del Carmelo"; "A lode di Dio e della beata
Vergine Maria Madre di Dio e Madre nostra", come dicono le Costituzioni
del 1369.
Nell'antifona "Flos Carmeli" si invoca la Vergine come "Madre dolce"
(Mater mitis) e Giovanni da Cimineto parla di Maria come "fonte delle
misericordie e Madre nostra". I due titoli sono in relazione col mistero
della Vergine Madre di Dio nell'estensione della sua maternità verso gli
uomini. Ad essi va aggiunto quello di Sorella, assunto dai Carmelitani del
secolo XIV nella letteratura devozionale che narra le origini dell'Ordine,
a partire dal profeta Elia, che contempla profeticamente nella piccola
nube la futura Madre del Messia, e si compiace nell'illustrare le
relazioni della Vergine con gli eremiti del Monte Carmelo.
b. Privilegi per l'Ordine
La
storia e la spiritualità mariana dell'Ordine, specialmente durante i
secoli XIV-XVI, si arricchiscono di motivi devozionali che accrescono la
tradizione storica primitiva. La Vergine Maria appare come una autentica
Protettrice dell'Ordine nei momenti difficili della sua evoluzione ed
espansione in Occidente. Il Catalogo dei Santi Carmelitani ha raccolto la
visione che il Generale dell'Ordine Simone Stock ebbe verso il 1251,
quando la Vergine gli apparve e gli consegnò l'abito dell'Ordine
assicurandogli la salvezza eterna per tutti coloro che lo portano con
devozione. Si attribuisce al Papa Giovanni XXII un documento, chiamato
comunemente Bolla Sabatina, in data 3 marzo 1322, nel quale si riferisce
la visione che il Papa ebbe della Vergine che gli promise una protezione
personale in cambio dell'aiuto che egli avrebbe prestato ai Carmelitani.
Nella Bolla si allude al privilegio di una liberazione dalle pene del
Purgatorio per tutti quelli che abbiano portato degnamente il Santo
Scapolare: la Vergine scenderebbe a liberare i suoi devoti il sabato
successivo alla loro morte.
Questi due fatti hanno polarizzato l'attenzione popolare verso la
devozione mariana proposta dai Carmelitani e, in un certo senso, hanno
monopolizzato la visione spirituale che l'Ordine ha avuto del mistero di
Maria, che è senza dubbio molto più ricca, più evangelica, più
spirituale.
Dal
secolo XIV l'Ordine ha voluto celebrare con una festa speciale, con la
solenne Commemorazione della Vergine Maria del Monte Carmelo, i benefici
ricevuti per l'intercessione della Vergine. Questa festa aveva a volte il
senso di ricordare la protezione di Maria e di attuare un'azione di grazie
da parte dell'Ordine. Com'è noto, nella scelta della data, influì la
parziale approvazione dell'Ordine ottenuta nel Concilio II di Lione, il 17
luglio 1274, quando c'era stato il pericolo di una soppressione
dell'Ordine. In seguito la data del 16 luglio fu considerata come quella
dell'apparizione della Vergine a S. Simone Stock, e il ricordo della
protezione della Vergine si concentrò nel ringraziamento particolare per
ciò che costituiva la somma e il compendio dell'amore della Vergine per i
Carmelitani: il dono del Santo Scapolare e i suoi privilegi.
c. Spiritualità mariana dell'Ordine: Maria, modello e Madre
Una
nota distintiva dell'atteggiamento dei Carmelitani per la Vergine Maria è
il desiderio di imitare le sue virtù nella professione religiosa. Già il
noto teologo carmelitano Giovanni Baconthorp (1294-1348) aveva tentato in
un commentario alla Regola di fare un parallelismo tra la vita del
Carmelitano e la vita della Vergine Maria: si tratta di un principio
esegetico di grande importanza perché centra la devozione nella
imitazione. Un altro grande teologo, Arnoldo Bostio (1445-1499), in
un'opera sul Patrocinio mariano verso l'Ordine, ha cantato il senso di
intimità con la Vergine, la speciale filiazione del carmelitano, la
comunione dei beni con la Madre, il senso di "fraternità" con Lei. Il
beato Battista Mantovano (1447-1516) nella sua produzione poetica è un
esimio cantore della Vergine. Sono fedeli interpreti della tradizione
carmelitana, il P. Michele di Sant'Agostino (1621-1684) e la sua discepola
Maria di S. Teresa (1623-1677): portano al massimo splendore il senso
della intimità con la Vergine e la conformazione interiore al mistero di
Maria. Non è qui il posto per sviluppare la dottrina di tutti questi
autori: vogliamo solo insistere sulla ricca tradizione dottrinale e
spirituale del Carmelo, che negli esponenti del Carmelo avrà una degna
continuità e un approfondimento della spiritualità mariana.
d. Liturgia e devozione popolare
I
Carmelitani hanno espresso la loro devozione e consacrazione alla Vergine
specialmente per mezzo della liturgia. Hanno eretto chiese in sua memoria
e hanno venerato la sua immagine. Gli antichi Rituali dell'Ordine, a
partire dal secolo XIII, mostrano il fervore liturgico del Carmelo nella
celebrazione delle feste mariane della Chiesa, nell'accettazione delle
nuove festività, che invece in altri posti e Ordini non sono accolte con
tanto fervore, come la festa dell'Immacolata Concezione. La festa della
Commemorazione Solenne della Vergine del Monte Carmelo si converte in
festa principale. L'antico rito gerosolimitano, seguito dall'Ordine,
riserva a Maria molteplici invocazioni nelle ore canoniche, con antifone
mariane alla fine di ogni ora e con la speciale solennizzazione della
Salve Regina di Compieta.
In
onore della Vergine si celebrano messe votive e il nome di Maria entra con
frequenza nei testi liturgici della vestizione e della professione. Si può
dire che la liturgia carmelitana ha tracciato un solco profondo di
marianità nella tradizione spirituale e ha plasmato interiormente la
dedizione che l'Ordine professava alla Vergine Nostra Signora. Assieme
alla liturgia, poi, fioriscono caratteristiche pratiche di devozione
popolare della Chiesa, come l'Angelus e il Rosario, e altre proprie
dell'Ordine, unite alla devozione dello Scapolare.
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Bibliografia:
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Messaggero, Padova 2002.
- G. MATTAI, Mater dolorosa. Maria e la
sofferenza degli uomini, in Asprenas 36 (1989).
- J. RATZINGER, Maria Chiesa nascente, Ed.
San Paolo, Cinisello Balsamo 1998.
- S. DE FIORES, Maria addolorata, in ,
in Giuseppe Cinà, Efisio Locci, Varlo Rocchetta, Luciano Sandrin (a cura
di), Dizionario di Teologia Pastorale, Ed. Camilliane, Torino 1997.
- A. SERRA, Maria a Cana e presso la Croce,
Ed. Centro di cultura mariana “Mater ecclesiae”, Roma 1978.
- CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium nr.
61-62, in Enchiridion Vaticanum 1, EDB, Bologna 2002.
- E. BOAGA, Come pietre vive. Per leggere la
storia e la vita del Carmelo, Ed. Istututum Carmelitanum, Roma 1993.
- E. BOAGA, La Signora del Luogo. Maria nella
storia e nella vita del Carmelo, Edizioni Carmelitane, Roma 2001.
- E. BOAGA, Con Maria sulle vie di Dio.
Antologia della marianità carmelitana, Edizioni Carmelitane, Roma 2000.
- R. VALABEK, Maria Madre del Carmelo. La
Madonna e le grandi figure del Carmelo, Edizioni Carmelitane, Roma 1995.
Parrocchia S. Maria del Carmelo - Piazza B.
Vergine del Carmelo, 10 - 00144 Roma - tel. 06.5294061 - fax. 0652244818