Prima pagina La parola al parroco Vita e foto della parrocchia Progetto pastorale Gruppi parrochiali Spunti di preghiera e formazione La comunità dei frati

 

La vita consacrata nella Chiesa e nel mondo

a cura di fra Mihai Augustin Folner O.Carm.

 

I. La vita consacrata nella Chiesa

 

            La vita religiosa inizia ad esistere nella Chiesa, possiamo dire, a partire dalla missione salvifica di Cristo tramandata poi dagli apostoli a coloro che avevano aderito al vangelo fino ai nostri giorni. Nella Sacra Scrittura abbiamo diversi riferimenti alla vita religiosa,[1] anche se non spesso in modo esplicito, comunque certi criteri di discernimento e modelli di vita rispecchiano ciò che a partire dal periodo antico, nella Chiesa, erano sorte esperienze particolari di vita religiosa.

La nostra attenzione alla vita consacrata, ovviamente parte dalla rilevanza che essa ha nella vita della Chiesa. Al magistero ecclesiale è particolarmente a cuore la realtà della vita consacrata, non tanto per il numero elevato dei religiosi e nemmeno per la grande missione che essi svolgono nella Chiesa, nel mondo e a nome della Chiesa, ma perché l’universale presenza dei consacrati e il carattere evangelico della loro testimonianza mostrano con tutta evidenza – se ce ne fosse bisogno – che essa non è una realtà isolata e marginale, ma tocca tutta la Chiesa.[2] È risaputo che, nei primi secoli, la vita monastica (a causa delle rinunce radicali che comportava) venisse spesso considerata come un modo per sostituire il martirio.[3] Questa visione oggi è superata dal maggior apprezzamento che viene data anche alla vita cristiana dei battezzati che, con la loro adesione al vangelo e la testimonianza di vita non sono meno dei religiosi consacrati.

Particolare rilievo ha, nella vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all’esigenza della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni bene. In questa dimensione sponsale, propria di tutta la vita consacrata, è soprattutto la donna che ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il genio speciale del suo rapporto con il Signore.[4] Questa categoria sponsale lo abbiamo trattato molto nel nostro corso analizzandola da diverse prospettive, sia della vita consacrata nella Chiesa quanto della vita consacrata vista in se. Non è una invenzione del dopo il Concilio. Anche i primi padri della Chiesa avevano attribuito la realtà sponsale della Chiesa Sposa e di Cristo Sposo. Loro hanno recepito la tradizione di Israele e hanno letto il rapporto Chiesa-Signore in termini sponsali. Basti pensare ai molti commenti dei padri al Cantico dei cantici. La categoria sponsale appartiene anche alla storia della liturgia, soprattutto quella orientale. In questa chiave sponsale vengono concepiti i riti di ammissione alla vita monastica e alla vita religiosa e si moltiplicano i scritti di religiosi e mistici su questo tema.[5]

Il magistero approfondisce la lunga tradizione di vita consacrata nella Chiesa che certamente ha influito non solo nei vari cambiamenti nella Chiesa ma anche nella società. Basti pensare ai primi padri dell’antico monachesimo, uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare la condizione di servo del Verbo incarnato, e si sono posti alla sua sequela vivendo in modo specifico e radicale, nella professione monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione battesimale al mistero pasquale della sua morte e risurrezione.[6] Anche il Concilio Vaticano II ha dedicato molti capitoli in varie documenti conciliari analizzando la vita consacrata da diverse prospettive. Non sto ad elencarli uno ad uno; mi soffermo invece sul decreto Perfectae Caritatis che è caratterizzato dal tema del rinnovamento della vita religiosa e ne tratta in maniera specifica alcune linee guida.[7] Il rinnovamento deve essere promosso da tutti i singoli gli istituti attraverso una nuova vitalità spirituale ed apostolica.  Esso ha come scopo quello di rispondere alle esigenze della Chiesa nella sua visione globale da parte del mondo. I religiosi sono una parte fondamentale della Chiesa che deve trasmettere il messaggio evangelico in piena comunione con il magistero della Chiesa.  Abbiamo approfondito anche questo tema durante il nostro corso. La buona relazione con il vescovo del luogo è l’indice del unità della Chiesa. I problemi che riguardano questo tema sono di vario tipo. Il vescovo essendo il pastore di una diocesi è anche il punto d’incontro di tutta la comunità diocesana. Lui deve curare affinché questo incontro e questa comunione possa esistere. Il problema è duplice perché alcune norme particolari reggono i religiosi presbiteri, altre reggono i religiosi maschi non presbiteri e le religiose. Evidentemente il problema è quello di un rapporto di stima, comunione, coordinamento, promozione.[8] Le comunità religiose inserite in una diocesi, anche se godono di una certa autonomia devono essere in buona sintonia con la comunità locale, con il vescovo e i suoi collaboratori per riuscire a trasmettere il messaggio evangelico senza difficoltà o ambiguità.

Nella Chiesa i consacrati sono direttamente coinvolti nella missione della Chiesa; missione che deve essere sotto il segno della croce e, dunque, è la missione stessa di Cristo. La Chiesa stessa è missionaria e la vita consacrata è coinvolta intensivamente nell’attività apostolica e missionaria della Chiesa.[9]         L’indole missionaria tocca la vita consacrata nella misura in cui essa è messa a disposizione di quelli che non venivano considerati i destinatari della salvezza, anzi si riteneva fossero in una situazione di peccato. Il discorso è molto prossimo a come farsi carico del compito missionario della Chiesa: da una parte dobbiamo annunciare Cristo crocifisso ma dall’altra dobbiamo porci in atteggiamento di rispetto nei confronti delle realtà religiose altre e diverse. Questo compito nella storia della vita consacrata è stato ed è carisma particolare di non poche famiglie religiose.[10] Infatti, la straordinaria ricchezza e varietà di carismi, di missioni e di specializzazioni tipiche della vita consacrata ha sempre impreziosito la Chiesa, rendendola più atta  a rispondere alle varie necessità e ai bisogni che si sono presentati nei diversi momenti storici, spesso con carattere di urgenza.[11] Come ci ricorda anche l’esortazione apostolica vita consecrata, essa ha il compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini, come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall’attenta lettura dei segni dell’azione provvidente di Dio nella storia.[12] Attraverso questo duplice aspetto la vita consacrata nella Chiesa è quella che deve essere, come lo è stata dagli inizi della nascita del cristianesimo, anche se essa non sempre è stata vista nella sua pienezza nella Chiesa. Ancora oggi si può sperimentare in diversi parti che essa è messa in un secondo luogo nell’esperienza ecclesiale, in particolare quando stiamo parlando nella prospettiva gerarchica. Facendo distinzione tra il popolo di Dio e la gerarchia i religiosi sono stati considerati nella categoria del popolo di Dio ed è una cosa ben accetta. Tutta la comunità dei battezzati è parte integrante del popolo senza ma o forse. Infatti, se la Chiesa è sacramento di salvezza, spetta alla categoria di popolo di Dio esprimere, significare, come questa salvezza debba essere sperimentata nel mondo e nella storia. Questa la ragion d’essere del popolo di Dio, popolo nuovo, popolo messianico, popolo universale, popolo missionario.[13] Nella missione stessa del popolo di Dio si inscrive anche la vita consacrata nei suoi aspetti particolari e spesso singolari. Il problema è quando essa non viene accostata né al popolo di Dio e nemmeno alla gerarchia e dunque non trova un suo posto evidente. La vita consacrata però è nella Chiesa e per la Chiesa una colonna forte senza la quale la sua missione potrebbe venir meno. Suo compito peculiare, come ci dice l’esortazione apostolica “vita consecrata”, è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del Vangelo, testimoniando “in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini”. Con il suo stesso esistere nella Chiesa, la vita consacrata si pone al servizio della consacrazione della vita di ogni fedele, laico e chierico.[14]


 

II. La vita consacrata nel mondo

 

            La presenza dei religiosi nel mondo è molto evidente e si diversificano per categorie in funzione dei loro carismi fondazionali oppure dalle esigenze particolari che esistono nei vari luoghi dove prestano il loro servizio e la loro missione. Non testimoniano altro che il Vangelo di Cristo e dunque sono membri visibili della Chiesa che si impegna concretamente nella diffusione dell’annuncio salvifico di Cristo. Il suo ragion d’essere nella Chiesa non è data solamente dal suo slancio missionario attivo perché prima di essere nel mondo essa è per il mondo un segno e una testimonianza che aderire al vangelo si può fare in diversi modi e ogni particolarità completa la varietà della Chiesa, popolo di Dio. Nell’esperienza cristiana, nel punto in cui emerge l’impegno evangelico al servizio degli uomini, esiste dunque un “davanti a Dio” radicalmente primordiale, che non è possibile cancellare o dissolvere vedendovi solo un corollario dell’azione. La Chiesa e dunque anche la vita consacrata, entrano nel dinamismo della trasformazione del mondo solo mantenendo gli occhi ben aperti su Dio e confessando ch’essa trova nella fede in Gesù Cristo la sorgente, la motivazione e il modello del proprio servizio.[15]

Nel periodo antico, in rapporto con il mondo, il religioso era colui che o per umiltà, o per vigile prudenza, abbraccia spontaneamente una vita che l’assimila alla categoria dei penitenti e lo conduce ad accettare una rude esistenza fatta di digiuni e di continenze per garantirsi la propria salvezza.[16] Da questa visione sulla vita consacrata nasce la visione che distingue nella vita del cristiano la cosiddetta vita “comune” e la vita di perfezione del religioso. Qui siamo molto lontani dalla dottrina della chiamata universale alla santità e dunque della possibilità effettiva della stessa santità per ogni cristiano che vive secondo lo Spirito di Dio.[17] Nel mondo odierno questa visione della vita consacrata sta sparendo e loro si trovano a collocarsi tra i poveri a causa del loro stato di vita definito dal celibato e dalla comunità. Ma la loro funzione è multipla e vediamo che quando si assiste a ciò che accade, si vede che i religiosi hanno orientato la loro azione in diverse direzioni: essi cercano, nei più disperati contesti, di esercitare una funzione profetica di denuncia e di promessa, tentando così di provocare i responsabili a verifiche e riforme; essi vivono con i poveri: li aiutano ad affrontare la situazione, a diventare uomini, per la loro organizzazione e per la loro battaglia ma anche per edificarsi grazie alle loro qualità umane di perseveranza, di forza e di aiuto reciproco.[18] Loro sono impegnati, in nome della Chiesa, a dialogare con tutti ed essere per tutti. Oltre al servizio attivo verso gli ultimi, come abbiamo descritto sopra, loro hanno anche una sensibilità ecumenica che nasce dalla consapevolezza che in altre chiese e comunità ecclesiali si conserva ed è fiorente il monachesimo, come nel caso delle chiese orientali, o si rinnova la professione dei consigli evangelici, come nella comunione anglicana e nelle comunità della riforma. Sono attivi promotori anche del dialogo interreligioso dal momento che questo fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa.[19] Questa vita consacrata non è soltanto ricca di valori positivi, ma anche di sfide negative. Particolarmente essa è chiamata a rinnovare una presenza di Cristo e della sua Chiesa nella storia e nelle strutture del mondo.[20] La fuga del mondo che ha caratterizzato la vita religiosa nelle sue origini, ed era una fuga fisica, potremmo dire che oggi è del tutto sconosciuta, né si pensa che la fuga del mondo nell’antichità non aveva il senso che ha oggi.  La fuga mundi di cui parlano i vecchi testi, nonostante un’esplicitazione teologica spesso esagerata che si prolunga per molto tempo nella storia, non va identificato senza sfumature con il disprezzo o con la condanna del mondo.[21] Ecco  dunque i religiosi con tutti i cristiani in piena azione nel mondo e per il mondo, impegnati ovunque si cerca il vangelo, in una presenza apostolica che vuole essere inglobante e che, se è coraggiosa e condotta con convinzione e serietà, trova l’audacia per andare fino in fondo ai progetti umani. In questo contesto il religioso deve condividere l’inquietudine cristiana come tale non in  maniera passiva, ma cercando di infonderle la sua incisività.[22]

La vita religiosa in diretto contatto con il mondo e strettamente ancorata alla struttura della Chiesa mette in pratica i suoi carismi senza perdere di vista i cambiamenti veloci della società e dunque la necessità che il loro operare possa modificarsi e prendere nuove vie. Non si tratta di cambiare il loro carisma ma renderlo più completo e dunque efficiente quando può capitare che esso viene meno. Questo aspetto non riguarda solamente la vita religiosa quanto la Chiesa in se. Il vangelo con il suo messaggio salvifico è e rimane tale quale. Le forme di evangelizzazione  come anche il modo con cui ci si rapporta al mondo devono cambiare se si vuole arrivare alle persone, alla maggior parte di loro con una chiara concretezza. Se la società cambia e la vita diventa più complessa anche il servizio deve rispondere alle esigente complesse. Lo Spirito Santo che conosce tutto non cessa di assistere la Chiesa, sia alimentando negli Istituti  già esistenti l’impegno del rinnovamento nella fedeltà al carisma originario, sia distribuendo nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo, perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi. Segno di questo intervento divino sono le cosiddette nuove Fondazioni, con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle tradizionali.[23] Tante antiche e recenti fondazioni portano i consacrati là dove abitualmente altri non possono andare. In questi anni consacrati e consacrate sono stati capaci di lasciare le sicurezze del già noto per lanciarsi verso ambienti e occupazioni a loro sconosciuti. Grazie alla loro totale consacrazione sono infatti liberi per intervenire ovunque vi siano situazioni critiche, come mostrano le recenti fondazioni nei nuovi Paesi che presentano sfide particolari, coinvolgendo più province religiose allo stesso tempo e creando comunità internazionali. Con occhi penetranti e cuore grande hanno raccolto l'appello di tante sofferenze in una concreta diaconia della carità. Dappertutto costituiscono un legame tra Chiesa e gruppi emarginati e non raggiunti dalla pastorale ordinaria. Persino alcuni carismi che sembravano rispondere a tempi ormai trapassati, acquistano rinnovato vigore in questo mondo che conosce la tratta delle donne o il traffico dei bambini schiavi, mentre l'infanzia, sovente vittima di abusi, corre i pericoli dell'abbandono sulla strada e dell'arruolamento negli eserciti.[24] Da quanto abbiamo appreso dal documento della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, la nuova evangelizzazione pone un interrogativo alla stessa vita religiosa circa il grado della sua evangelizzazione interna, cioè della sua adesione al Vangelo, della sua convinzione profonda circa la sua necessità anche per l’uomo d’oggi. L’evangelizzazione inizia da se stessi, dall’essere cioè portatori evangelici del vangelo, portatori lieti della lieta notizia e da essa trasformati: il mondo viene riportato a Dio infatti innanzitutto da uomini e donne che, avendo ascoltato il Vangelo, iniziano il loro ritorno a Dio, portando con sé l’intera umanità.[25]

Concludo con le parole dette dal Papa Giovanni Paolo II rivolte ai consacrati dicendo che Il Concilio Vaticano II ha messo in piena luce la vita consacrata, affermando che essa è profondamente unita alla santità e alla missione della Chiesa. Essa si trova nel cuore stesso della Chiesa, poiché esprime la più profonda essenza della vocazione cristiana: è il dono radicale che la persona fa di se stessa per amore di Cristo - Maestro e Sposo - e dei fratelli redenti sulla croce con il sangue del Salvatore.[26] E anche Benedetto XVI afferma in un suo discorso che i consacrati e le consacrate sono chiamati ad essere nel mondo segno credibile e luminoso del Vangelo e dei suoi paradossi, senza conformarsi alla mentalità di questo secolo, ma trasformandosi e rinnovando continuamente il proprio impegno, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cfr Rm 12,2).[27]

 

__________________________________________________

[1] Cf. M. AUGÉ, Ritorno alle origini. Lineamenti di spiritualità nell’antico monachesimo, Ed. Rogate, Roma 2007, pp. 12-20.

[2] Vita Consecrata, n. 3.

[3] AA.VV., L’identità dei consacrati nella missione della Chiesa e il loro rapporto con il mondo, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 1994, p. 68.

[4] Vita Consecrata, n. 34.

[5] Le dispense della prof.ssa, p. 25.

[6] Vita Consecrata, n. 7.

[7] Perfectae Caritatis, n. 2.

[8] Dispense della prof.ssa, p. 65.

[9] AA.VV., L’identità dei consacrati nella missione della Chiesa e il loro rapporto con il mondo, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 1994, p. 170.

[10] Dispense della prof.ssa p. 28.

[11] AA.VV., Vita Consacrata, un dono del Signore alla sua Chiesa, Editrice Elle Di Ci, Torino 1993, p. 359.

[12] Vita Consecrata, n. 73.

[13] C. MILITELLO, La Chiesa corpo crismato. Trattato di ecclesiolgia, EDB, Bologna 2003, p. 92.

[14] Vita Consecrata, n. 33.

[15] J. M. R. TILLARD, Davanti a Dio e per il mondo, EP, Alba 1975, p. 313.

[16] AA.VV., L’identità dei consacrati nella missione della Chiesa e il loro rapporto con il mondo, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano 1994, p. 339.

[17] Cf. Ibidem, p. 340.

[18] Ibidem, p. 348.

[19] Cf. Vita Consecrata, n. 100-102.

[20] Cf. A. BALLESTRERO, I consacrati nella Chiesa e nel mondo, Paoline, Torino 1994, p. 127-128.

[21] J. M. R. TILLARD, Davanti a Dio e per il mondo, EP, Alba 1975, p. 416.

[22] Ibidem, p. 421.

[23] Vita Consecrata, n. 62.

[24] Ripartire da Cristo, n. 36.

[25] AA.VV., Vita Consacrata, un dono del Signore alla sua Chiesa, Editrice Elle Di Ci, Torino 1993, p. 373.

[26] Messaggio di Giovanni Paolo II alle persone consacrate nella sua Visita Pastorale in Polonia, Jasna Góra, 4 Giugno 1997.

[27] Discorso del Papa ai Superiori e alle Superiore generali degli Istituti di Vita Consacrata, CITTA’ DEL VATICANO, 22 maggio 2006.

Parrocchia S. Maria del Carmelo - Piazza B. Vergine del Carmelo, 10 - 00144 Roma - tel. 06.5294061 - fax. 0652244818

Ultimo aggiornamento: 22-02-07