La missione, opera dello Spirito Santo

 

Cinquanta giorni dopo Pasqua, nella celebrazione Eucaristica della Pentecoste, la Chiesa innalza al Padre un inno di ringraziamento per il dono dello Spirito Santo. È Lui, infatti, che dà vita alla Chiesa, suscita le vocazioni, suggerisce la preghiera da innalzare al Padre, santifica e riempie dei suoi doni. Poiché la Pentecoste è il giorno dello Spirito, attraverso una breve analisi del lezionario (il libro da cui si proclama la Parola nel corso della celebrazione eucaristica) e dell’eucologia (le preghiere che il sacerdote pronuncia a nome dell’assemblea, cioè colletta, preghiera sulle offerte, prefazio, preghiera dopo la comunione, benedizione solenne), sarà possibile delineare alcuni principi teologici che illustrano il senso della missione dei dodici e le radici spirituali della missione della Chiesa nel mondo moderno.

La proclamazione del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola, perché la pericope evangelica che viene proclamata (Gv 20,19-23) enuncia il tema centrale di tutta la celebrazione. Ciò si evince anche dal titolo, che si trova scritto in corsivo prima del brano da proclamare nel Lezionario e che viene ripresto anche dai messalini o foglietti liturgici. Quelle poche parole, a cui di solito non si presta grande attenzione, indicano il tema principale della lettura e ne forniscono la chiave interpretativa all’interno di tutta la celebrazione (Introduzione al lezionario domenicale e festivo, 123). Il titolo premesso alla pericope dice: Come il Padre ha mandato me, io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo. Gesù ha effuso lo Spirito sui discepoli, che costituiscono la Chiesa, perché vuole inviarli. Il Padre ha mandato nel mondo il Figlio, ma prima che egli torni al cielo, vuole incaricare alcuni di proseguire la missione che ha iniziato. Decide quindi di affidare al gruppo dei discepoli, il primo nucleo della Chiesa, il compito di andare. Essi, quindi, ricevono lo Spirito Santo per la missione, sono inviati: andranno a dare l’annunzio che il Messia, l’unto del Padre, è risorto ed è andato a preparare un posto per tutti nel suo Regno. A loro volta i discepoli battezzeranno, imporranno le mani e manderanno altri a continuare l’opera che Gesù ha affidato. In questo modo, noi riceviamo un’eredità che viene dal Cristo e che per mezzo della successione apostolica arriva fino ad oggi. Il mandato di battezzare, di annunziare non è rivolto solo ai discepoli, ma – secondo la vocazione di ciascuno – a tutta la Chiesa, di cui anche noi siamo membra.

La pericope evangelica giovannea sottolinea un aspetto particolare: i discepoli hanno il potere di rimettere i peccati. Il riferimento certamente è alla volontà del Padre che, volendo condurre tutti alla salvezza, affida ad alcuni il compito di perdonare. L’evangelista Matteo, poi, fornisce altri elementi a proposito della missione dei dodici. Essi sono mandati anche per ammaestrare tutte le nazioni ed insegnare loro ad osservare tutto ciò che hanno imparato da Gesù (Mt 28,19-20).

Se le pericopi bibliche insistono sulla responsabilità dei discepoli, i testi eucologici della domenica di Pentecoste offrono al credente una ricca serie di spunti per la meditazione e la riflessione. Le preghiere, infatti, non contengono riferimenti alla comunità apostolica, ma collocano le parole di Gesù nel contesto attuale, perché è l’hodie il tempo in cui la Chiesa deve annunciare la venuta del Messia. L’intenzione è di sottolineare che la missione è per tutti i credenti, considerati responsabili dell’annuncio della buona notizia.

Nella preghiera di colletta, la Chiesa chiede al Padre che i doni dello Spirito Santo siano diffusi sino ai confini della terra, per santificare ogni popolo e nazione, perché la comunità dei credenti possa far esperienza di quei prodigi che Dio ha operato fin dall’inizio della storia della salvezza. Il testo del prefazio ripropone alcuni concetti biblici, in chiave teologica. Il Padre ha effuso lo Spirito Santo su tutti gli uomini e li ha resi figli di adozione in Cristo, attraverso la morte e la risurrezione del suo Figlio. Lo Spirito Santo, nel momento in cui ha raggiunto le persone, ha cominciato ad agire in loro ed ha rivelato a tutti i popoli il mistero nascosto nei secoli, cioè il progetto salvifico del Padre, che vuole che tutti gli uomini siano salvi. La confusione delle lingue intorno alla torre di Babele, narrata nel libro della Genesi, non è più un ostacolo, perché con la discesa del Paraclito tutti i linguaggi confluiscono in uno solo, il linguaggio della fede, e tutte le parole si riassumeranno in una sola: credo.

In questo modo, accostando il testo evangelico con le preghiere eucologiche, emerge che il Figlio ha soffiato lo Spirito sui discepoli, perché annunziassero la buona notizia e battezzando tutte le genti le inserissero nel corpo mistico della Chiesa. La comunità dei credenti, quindi ha ricevuto lo Spirito Santo mediante il battesimo ed ha conosciuto il mistero anticamente nascosto a tutti i popoli (prefazio): l’amore universale di Dio Padre. Gesù, infatti, venendo nel suo corpo di carne non ha incontrato fisicamente tutti gli uomini, ma solo i suoi contemporanei. Pertanto invia lo Spirito, perché i discepoli possano diventare testimoni ed altri, da loro designati, possano trasmettere di generazione in generazione ciò che essi hanno ricevuto e nessuno sia privato dell’esperienza dell’amore del Padre. La domenica della Pentecoste, quindi, diviene celebrazione del dono dello Spirito, perché in quel giorno i discepoli furono pieni dello Spirito (At 2,4), ma soprattutto perché da quel giorno alla Chiesa non è mai mancato chi invocasse dal Padre il dono dello Spirito sui credenti. La discesa dello Spirito Santo è un evento che non riguarda solo i discepoli, come gruppo di singole persone che hanno conosciuto Gesù, ma tocca la nostra vita. Il Cristo, infatti, ha voluto che i discepoli costituissero la Chiesa ed i singoli divenissero comunità di fede. In quel modo anche noi, pur essendo fisicamente assenti dal cenacolo il giorno di Pentecoste, in realtà eravamo potenzialmente presenti nella persona dei discepoli, perché per mezzo loro giungesse fino a noi lo Spirito, passando attraverso la vita di generazioni di credenti prima di noi.

Lo Spirito Santo è entrato nella nostra esistenza, perché il giorno del Battesimo siamo stati immersi nel fonte battesimale, su cui sempre aleggia il Paraclito, ed attraverso l’acqua lustrale siamo stati immersi nella morte del Cristo, per partecipare della sua risurrezione. Durante il rito del Battesimo, infatti, la Chiesa, invocando la benedizione sull’acqua chiama il Padre, lo invoca, perché faccia scaturire per i suoi figli la sorgente del Battesimo ed infonda nell’acqua, per opera dello Spirito Santo la grazia del Cristo. Tutti coloro che vengono battezzati, rinascono come nuove creature dall’acqua e dallo Spirito ed inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta, diventano membra vive del suo corpo, che è la Chiesa (preghiera di unzione con il Crisma).

Con il Sacramento della Confermazione, poi, tutti coloro che sono rinati dal fonte Battesimale ricevono il dono dello Spirito e sono collegati più perfettamente alla Chiesa (Lumen Gentium, 11), mentre sono più strettamente obbligati a diffondere e difendere la loro fede con la parola e con le opere, come autentici testimoni del Cristo (Ad Gentes, 11). Inoltre, la partecipazione all’Eucarestia ci inserisce in maniera piena nel corpo di Cristo (Ad Gentes, 11; Costituzione Apostolica sul sacramento della Confermazione).

In conclusione, se lo Spirito Santo si caratterizza per la sua forza intrinseca di spingere le persone all’annunzio, egli viene inviato nel mondo dal Padre e dal Figlio, perché soffi sulle vele della Chiesa e la muova verso nuovi orizzonti, verso il cuore di chi non conosce la fede o si è allontanato ed assopito. I discepoli ricevono lo Spirito e sono mandati a rimettere i peccati, a battezzare, ad annunziare, ad evangelizzare. I credenti ricevono il dono dello Spirito mediante il Battesimo e la Confermazione, ma a chi sono inviati? Qual è il loro compito? Certamente dipende dalla situazione di vita, perché il dono dello Spirito è elargito secondo la vocazione di ciascuno e quindi alcuni sono chiamati ad annunziare il Vangelo, rimettere i peccati e battezzare, nella vocazione al presbiterato. Altri sono chiamati ad annunziare il Cristo nella società, nel luogo in cui lavorano, in famiglia… Tutti però siamo missi, mandati, inviati dalla potenza dello Spirito, che soffia dove vuole ed infiamma il cuore dei credenti, perché nessuno nasconda in se stesso l’amore che ha ricevuto dal Padre, ma lo annunzi agli altri.

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Ultimo aggiornamento: 04-12-06