La ministerialità liturgica dei battezzati.

 

La celebrazione eucaristica, voluta dal Signore Gesù come memoriale, è espressione del culto di tutta la Chiesa. Il popolo, da sempre soggetto unico del rapporto con Dio, avendo acquisito nell’Alleanza veterotestamentaria la dignità di popolo santo, si distingue dagli altri popoli, considerati profani e idolatri. Il termine greco laos (popolo) indica il popolo eletto del Signore, che si impegna a ricambiare la fedeltà divina e offre il culto alla maestà dell’Onnipotente. Nella Chiesa, secolo dopo secolo, lo stesso vocabolo laos passa ad indicare chi non è membro della gerarchia ecclesiastica. Si viene così a formare una struttura che talvolta mette in secondo piano la differenza di ministerialità (il sacerdote ha un ministero diverso dal laico) e sottolinea il potere, più che la dignità propria del battezzato e del sacerdote. Il battesimo, infatti, è l’elemento primo e determinante, che accomuna tutti i credenti in Cristo e li rende membri di un unico popolo. Il sacerdote, in quanto battezzato, è membro del popolo ed al suo interno, per vocazione divina, è chiamato a guidare l’assemblea orante. La Chiesa, dunque, privata del ministero sacerdotale (che accomuna in forma diversa vescovi, presbiteri e diaconi) sarebbe incapace di offrire al Padre il culto di lode ed adorazione. A questo proposito, è illuminante il paragrafo 10 della costituzione conciliare Lumen Gentium.

È già stato approfondito il senso della celebrazione eucaristica, presentando i riti di introduzione e la liturgia della parola. Prima di proseguire nel cammino è opportuno chiarire il ruolo dei battezzati nell’ambito celebrativo, per garantire che i passi successivi siano costruiti su una consapevolezza personale del proprio ministero. Tutti i credenti in Cristo, in forza dell’immersione nel fonte battesimale e della Crismazione sono partecipi del culto che la Chiesa innalza ogni giorno al Padre. Essi, uomini e donne, insieme con il sacerdote, partecipano dell’unico sacerdozio, insieme con l’unico sacerdote: Cristo (Mulieris Dignitatem, 27). Per questo motivo la Chiesa, sin dalle origini, ha valorizzato la ministerialità di tutti i suoi figli, chiamando alcuni al sacerdozio ministeriale ed altri ai ministeri, che ha voluto istituire nel corso della storia. Ciascuno offre il proprio servizio alla comunità ecclesiale nell’ambito liturgico, nelle opere caritative o nell’annuncio del vangelo. Le tre dimensioni sono necessarie, non si escludono, ma anzi si alimentano e sostengono a vicenda ed hanno senso se vengono vissute in maniera interdipendente: non avrà senso una carità che non si fonda sul Vangelo e non si nutre con i sacramenti, così di seguito….

Su questi principi si fonda l’itinerario del servizio ecclesiale in genere ed in modo speciale quello liturgico. In alcuni momenti della sua storia, la Chiesa ha affidato tutti i compiti liturgici ai chierici, escludendo lentamente il popolo. La riforma liturgica, operata dal Concilio Vaticano II, ha recuperato la grande tradizione ministeriale di tutta la comunità dei credenti ed ha restituito al battezzato il suo ruolo, anche nell’ambito liturgico. Oggi è prassi normale che i fedeli preparino le celebrazioni insieme con i sacerdoti nel gruppo liturgico, proclamino la Parola di Dio, prestino servizio all’altare, distribuiscano la comunione come ministri straordinari. Tuttavia, se la prassi antica è tornata ad essere realtà, talvolta il sottofondo teologico è ancora debole e le comunità non sono preparate. Per questo è opportuno riflettere sulla dimensione liturgica dell’impegno battesimale, tentando un’analisi della situazione pastorale attuale e fornendo qualche proposta di soluzione, senza pretese esaustive.

Accanto ai ministeri istituiti del lettore e dell’accolito, nella comunità ecclesiale esistono altri ministeri laicali, definiti per comodita “di fatto”. Vengono esercitati da uomini e donne di buona volontà su incarico del parroco o dei collaboratori, per garantire tutti i servizi della comunità riunita, che celebra e loda il Signore. Tra questi ministri, i lettori hanno il compito eccelso di prestare la loro voce al Signore, proclamando a tutti la sua Parola. Il servizio che svolgono presuppone una preparazione ed una minima conoscenza dei testi. Un tempo previo di preghiera favorirà la comprensione di ciò che si sta proclamando e farà dell’incarico un servizio. Non è più possibile continuare a scegliere i lettori all’ultimo minuto tra le persone che arrivano in Chiesa: si tratta di una prassi che disprezza la Parola di Dio e spesso ne pregiudica la comprensione (quante volte chi proclama i testi inciampa nelle parole, nei nomi biblici, non riesce a far sentire la sua voce…). Per questo nelle parrocchie viene istituito il gruppo lettori, che prepara la proclamazione della Parola di Dio nelle celebrazioni, assegna in anticipo i testi ed accompagna spiritualmente coloro che si accostano alla Scrittura.

Nella maggioranza delle comunità ecclesiali, anche dove c’è la presenza di un accolito, il servizio all’altare è prevalentemente delegato ai bambini. I ministranti, se preparati e seguiti spiritualmente, sono un gruppo prezioso nell’ambito liturgico. Tuttavia, il servizio liturgico non può essere solo dei piccoli. La creazione di un gruppo di adulti, che si prepara alla celebrazione, accompagna il sacerdote, conosce il senso ed il valore teologico dei gesti, delle parole, dei segni, garantisce una celebrazione veramente ministeriale, in cui ciascuno svolge il suo compito ed è di testimonianza. I ministri straordinari della comunione, in alcuni casi, possono assolvere questo incarico ed aprire la strada alla formazione di persone che assumono un compito specifico. Gli adulti a cui viene proposto di coadiuvare il sacerdote nella clebrazione, talvolta manifestano timidezza di fronte alla comunità, timore verso ciò che penserà l’assemblea o a come li additerà. Tutto questo può essere ridotto al minimo, attraverso la spiegazione del senso del servizio liturgico.

Il coro risponde ad una esigenza fondamentale nel contesto celebrativo. La liturgia infatti ha delle parti che per loro natura devono essere cantate e che perdono di senso se ridotte a semplice recita frettolosa (si pensi al gloria, all’alleluia, al santo). Tuttavia, oggi, nel tempo della partecipazione attiva alla liturgia, la comunità non ha bisogno di cori di esecuzione, che lasciano l’assemblea muta in ascolto e si esibiscono in lunghi gorgheggi. La Chiesa parrocchiale del nuovo millennio ha bisogno di un coro guida, un gruppo di persone ben preparate, che conoscono il senso della liturgia, i tempi dell’anno liturgico e guidano l’assemblea, senza depauperarla del suo ruolo di soggetto orante, che canta. Questo limita la possibilità di variare spesso i canti, impone la scelta di ritmi semplici e testi comprensibili e talvolta impone la pazienza di qualche breve prova con i fedeli. La scelta dei testi e delle musiche, dunque, deve essere orientata ad una partecipazione di tutti i fedeli e non può ridursi alla scelta frettolosa dell’ultimo minuto. Cori oligarchici di grandi maestri, che pretendono di eseguire canti nella celebrazione, sono ormai anacronistici pezzi da museo, mentre possono ottenere degno plauso nei concerti.

La comunità genera una serie di incarichi, di cui solitamente non si parla, perché sembrano scontati e ovvi, ma che hanno un impatto elevato sul celebrare. La Chiesa parrocchiale, generalmente, è il luogo in cui la comunità si sente a proprio agio, “di casa”: un’area protetta, che tutti identificano come spazio sacro comunitario. La cura della domus ecclesia, in questo senso, riveste una dimensione fondamentale: la scelta dei fiori, l’utilizzo dei colori liturgici, delle suppellettili, non può essere casuale, perché trasmette un messaggio silenzioso, eppure chiarissimo, fortemente percettibile. Una Chiesa curata, tovaglie pulite, un ordine armonico di tutti gli arredi, fiori selezionati e disposti in base ai tempi liturgici denotano attenzione verso ciò che si celebra e favoriscono la partecipazione, il raccoglimento, la preghiera. Tutto questo richiede una conoscenza, seppur minima, della liturgia e del senso del celebrare ed è possibile se c’è coordinamento col gruppo liturgico e coi sacerdoti.

La comunità si raduna e si costituisce mentre le persone entrano nel luogo sacro. Alla porta della Chiesa, prima di ogni celebrazione, un gruppo di persone incaricate e preparate accoglie coloro che entrano, con un saluto, un sorriso, forse il foglietto che guida alla celebrazione. Un sagrato grande, accogliente, abbellito con fiori, favorisce la partecipazione, invita ad entrare: è lo spazio neutro, che separa dai rumori del quotidiano e prepara al celebrare (non può ridursi al luogo delle ultime chiacchiere o dell’ultima sigaretta). Anche coloro che guidano la processione offertoriale e la processione alla comunione o raccolgono le offerte dei fedeli hanno una ministerialità liturgica ed il loro servizio è prezioso ed indispensabile.

Questi esempi elementari mostrano che la dignità ed il carisma di ogni battezzato sono valorizzati nell’ambito celebrativo e ciascuno partecipa e contribuisce al rendimento di lode al Padre. Esiste tuttavia un grande rischio: impossessarsi del ministero, considerare monopolio assoluto un servizio, pretenderne l’esercizio o creare piccoli regni nella comunità. Questi fenomeni sono presenti nella vita delle parrocchie, ma sono altamente distruttivi. L’idea che “l’ho sempre fatto io” e “lo faccio meglio di tutti”, e quindi “perché si deve cambiare” se “si è sempre fatto così” nasconde un mosaico di pretese e di diritti che nella Chiesa – comunità di fratelli che si amano – non trova motivo di esistere. Ciascuno è chiamato a comprende che il ministero liturgico è servizio potenzialmente aperto a tutti e ciascuno, sotto la guida del pastore, deve avere la possibilità di esprimersi e donarsi alla comunità. La ministerialità liturgica è fortemente svilita e diviene occasione di pessima testimonianza, quando si lascia tarlare dal desiderio di mettersi in mostra, creare uno spazio personale, un “territorio”.

Ciascun battezzato, dunque, compia il ministero-servizio a cui è chiamato, come il più alto onore a cui il Padre lo destina, perché è consapevole che la sua opera, visibile o nascosta, serve all’edificazione della comunità. Se è chiamato al servizio liturgico, preghi, si prepari, progredisca nella fede, ed offra alla Chiesa tutto ciò di cui è capace, per il bene comune, fino al giorno in cui il Signore stesso lo chiamerà a celebrare i divini misteri nell’unica e perfetta Liturgia, che si compie nel Cielo.

 

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Ultimo aggiornamento: 04-12-06