Convegno di Verona e la nostra pastorale diocesana

Comunicazione del Cardinale Vicario C. Ruini

  

         Una caratteristica saliente sia della preparazione sia dello svolgimento del Convegno è stata la sua articolazione in cinque ambiti particolarmente rilevanti per la nostra vita quotidiana: quelli dell’affettività e della famiglia, del lavoro e della festa, della fragilità umana (malattia, povertà ecc), della tradizione (educazione, comunicazione ecc) e della cittadinanza. Lo scopo è quello di mettere la pastorale in più stretto rapporto con l’esperienza umana, quindi con l’unità della persona concreta e della coscienza credente. Si tratta di un notevole passo avanti rispetto all’impostazione precedente, che puntava anch’essa all’unità della pastorale, raccordando tra loro i tre “uffici” dell’annuncio della Parola, della preghiera e della liturgia, della testimonianza della carità, ma non riconduceva espressamente tale unità a quella della persona e della coscienza credente. A Verona si è avuto una forte convergenza su questa impostazione, da cui emerge una precisa indicazione per la pastorale, che dobbiamo progressivamente cercare di attuare anche a Roma.

         Un altro aspetto in evidenza a Verona è stata l’attenzione alle persone e alle famiglie, con particolare insistenza sull’educazione della persona: tutto questo è in piena consonanza con il nostro programma diocesano. Questo tipo di attenzione è stato qualificato dalla sottolineatura dello spazio da dedicare all’adorazione, della quale il Papa ha detto che “ci rende davvero liberi e ci dà i criteri del nostro agire”. Parallelamente si è consigliato di evitare un’eccessiva insistenza, nella pastorale, sulla programmazione e sull’organizzazione. Tutta l’attenzione alla persona e alla sua formazione converge nel cammino verso la santità. Paola Bignardi, riprendendo una ben nota affermazione della Novo millennio ineunte, ha detto che la santità è “l’unica misura secondo cui vale la pena di essere cristiani”.

         La formazione che cerchiamo di dare e di acquisire deve essere fin dall’inizio e intrinsecamente missionaria, affinché la pastorale non sia autoreferenziale o rinunciataria. Si è ripetuto che non è più il tempo di “attendere” le persone ma di “andare” ad esse, anzi di “entrare” nella loro vita. La “pastorale integrata” si giustifica anzitutto in rapporto a questa missionarietà, da attuare nell’odierna “società complessa” (che è tale specialmente nelle grandi città come Roma). La stessa pastorale integrata è da intendere in senso ampio: non solo cioè riguardo alle parrocchie e alla Diocesi ma a tutte le realtà impegnate nella testimonianza cristiana. Anche qui abbiamo una chiara consonanza con gli indirizzi della nostra pastorale diocesana, anche se gran parte del lavoro resta da fare.

         A Verona un accento specifico è stato posto sui laici: anzitutto essi, infatti, possono e devono portare la testimonianza cristiana nei molteplici spazi della vita quotidiana, e per farlo devono avere una formazione adeguata. Si tratta in concreto anzitutto di un apostolato o “diaconia” delle coscienze, cioè del cristiano che vive secondo la propria coscienza cristianamente formata e la esprime anche con le proprie parole, aiutando così le persone che gli sono vicine ad essere a loro volta più attente alla propria coscienza e a formarla in senso cristiano. Appare questa la strada più efficace per mantenere quel carattere “popolare” che è una grande risorsa della Chiesa e del cattolicesimo in Italia, evitando al tempo stesso, come ha detto Don Franco Giulio Brambilla, di ridurlo a un “cristianesimo minimo”. A Verona si è inoltre insistito sullo spazio di corresponsabilità che va dato ai laici nella vita e nella pastorale delle nostre comunità. A Roma sotto questi aspetti siamo in certo senso all’avanguardia, per l’esperienza della nostra Diocesi e delle parrocchie e in particolare per la Missione cittadina e per lo sforzo di orientare la pastorale in senso permanentemente missionario: anche qui, in concreto, resta però molta strada da fare.

         Passiamo ora a considerare i principali contenuti della proposta cristiana, quali sono emersi a Verona, specialmente dal discorso di Benedetto XVI. Va segnalato anzitutto l’atteggiamento fondamentale indicato dal Papa: quello del “grande sì” che Dio ha detto in Gesù Cristo all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra intelligenza e libertà. Pertanto la fede in questo Dio porta la gioia nel mondo. Analogamente il Card. Tettamanzi ha detto che occorre parlare non soltanto “di speranza” ma “con speranza”.

         In concreto, riguardo all’intelligenza, si tratta di “allargare gli spazi della razionalità”, riportando alla luce gli interrogativi più grandi e importanti che abbiamo dentro di noi (sull’origine, il senso, il destino della nostra vita e l’orientamento di fondo dei nostri comportamenti) e tentando di rispondervi. Viene superato così quel “veto” che una razionalità soltanto scientifica e funzionale, oggi spesso dominante, finisce per opporre ad interrogativi del genere, con il risultato di provocare una frattura con il senso religioso che abita dentro di noi. La conseguenza è non soltanto l’incapacità di interloquire con altre civiltà, come ad esempio quella islamica, nelle quali la religione ha una funzione dominante, ma anche la rottura che si verifica, qui da noi, dove il senso religioso già da vari anni sta prendendo maggior forza, all’interno delle persone e delle coscienze, specialmente dei giovani. Una religiosità che non trovi sbocco a livello razionale rimane infatti soggettiva, emotiva e precaria, con la conseguente difficoltà a prendere decisioni definitive. Perciò a tutti i livelli, cominciando dalla nostra pastorale ordinaria, dobbiamo riproporre la grande questione della verità del cristianesimo (di essa ci occuperemo nell’incontro del clero romano in programma per giovedì 14 dicembre). Proprio per superare una visione “chiusa” del sapere scientifico il Papa ripropone la fondamentale verità di Dio creatore intelligente a partire da una riflessione sulla scienza: non però dai risultati delle scienze, ma dai presupposti della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecnologiche, che rimandano alla intelligibilità intrinseca della natura, oggetto delle scienze. Questa fondamentale verità, come tutto il nostro credo, non può essere oggetto di una dimostrazione necessaria e costringente: riguarda piuttosto tutta la nostra vita e pertanto va abbracciata con una scelta libera. Va dunque proposta nella forma della testimonianza, che mette in gioco la libertà sia di colui che propone sia di colui a cui è rivolta la proposta. A Roma stiamo insistendo a questo riguardo sull’importanza della “pastorale dell’intelligenza”.

         Un secondo grande aspetto, che sotto il profilo esistenziale è anzi il primo, è quello dell’amore e, di nuovo, della libertà, con il connesso problema del male, del peccato e della sofferenza. Come il Papa ha scritto nella Deus caritas est, attualmente si cerca di mettere fuori gioco il cristianesimo soprattutto sotto il profilo dell’amore e dell’etica: l’attuale mentalità e cultura del successo individuale, dell’erotismo e della soddisfazione di ogni desiderio considera infatti l’etica cristiana come negazione dell’amore autentico e della nostra libertà. Anche qui la risposta fondamentale è il “grande sì”: per il cristianesimo infatti Dio stesso è amore e l’amore, nella pienezza delle sue dimensioni, è il “grande comandamento”, ciò che da senso alla nostra vita. La stessa croce di Cristo si colloca in questa luce, è il sì estremo detto all’uomo dal Dio che ci ama. Questa è anche l’unica risposta autentica al problema del male: come ha scritto Giovanni Paolo II nel suo ultimo libro Memoria e identità, il vero limite posto al male è la misericordia di Dio. Questa impostazione ha precisi risvolti pastorali: in particolare, una vera educazione cristiana non può evitare il grande tema dell’amore umano, che è decisivo per i giovani ma anche per gli adulti, come è stato sottolineato anche nel nostro Convegno diocesano di giugno. Nello stesso tempo questo tema va collegato all’esperienza del servizio al prossimo, e in particolare ai poveri e ai sofferenti, dove l’amore cresce in generosità e gratuità. A Verona si è insistito sul valore della sofferenza, specialmente in rapporto alla centralità della dimensione escatologica del cristianesimo: dobbiamo essere infatti “testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”, dove è chiaro che la nostra speranza, pur riguardando anche la vita terrena, si protende anzitutto verso l’eternità e da qui ricava la forza per rinnovare il mondo, come ha detto il Papa nella prima parte del suo discorso dedicata al significato e alla portata della risurrezione di Cristo. Benedetto XVI ha anche insistito sull’unità che deve intercorrere, nella vita e nella testimonianza delle nostre comunità, tra verità e amore: questa è stata la forza che ha consentito l’espansione del cristianesimo nei primi secoli e questo è anche oggi il segreto di una efficace missionarietà. Molti di questi aspetti hanno già trovato riscontro nel nostro Convegno diocesano di giugno.

         Il “grande sì” riguarda tutto l’uomo, anche nella sua dimensione pubblica: il Papa ha sottolineato che fin dall’inizio la fede cristiana ha avuto anche carattere pubblico. In questo ambito la grande novità cristiana è la distinzione tra religione e politica: da qui ha origine storicamente la libertà religiosa, oggi riconosciuta, almeno in teoria, come un valore universale. Perciò la Chiesa non è e non intende essere un agente politico, non si schiera a livello di partiti. Nello stesso tempo essa ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, interesse che si concretizza in un duplice servizio: di aiuto a far conoscere, attraverso la dottrina sociale, ciò che è conforme alla realtà dell’uomo, e di stimolo a far crescere le forze morali per attuare il bene che corrisponde a questa nostra realtà. L’azione propriamente politica compete ai laici cristiani, sotto propria responsabilità e al contempo nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa, specialmente oggi quando assume rilevanza pubblica la “questione antropologica”, che tocca ciò che è essenziale all’uomo e alla stessa fede cristiana. In realtà l’impegno della Chiesa e dei cattolici è rivolto a mantenere viva quella grande riserva di energie morali che rischia di essere corrosa da un’accentuazione unilaterale dei diritti individuali e delle libertà dei singoli: questi sono certamente molto importanti ma altrettanto essenziali sono i rapporti inter-umani, soltanto attraverso i quali la persona può crescere e la società può vivere. In questa ottica la “laicità”, per essere un valore autentico, deve essere “sana” e “positiva”: implica cioè l’autonomia delle realtà terrene e l’indipendenza dello Stato dall’autorità della Chiesa, ma non può prescindere da quelle istanze etiche e da quel senso religioso che sono radicati nella realtà del nostro essere. Come ha detto a braccio il Papa all’Assemblea della CEI del maggio 2005, “lavoriamo non per l’interesse cattolico ma per l’uomo creatura di Dio”. Sotto l’aspetto della rilevanza pubblica della fede a Roma dobbiamo crescere, come corpo ecclesiale, non nel senso di un coinvolgimento partitico (questo semmai deve diminuire), ma nella capacità di formazione, proposta e testimonianza, che del resto abbiamo già mostrato in occasione del referendum sulla procreazione assistita. Così il “discernimento comunitario”, da compiere nelle nostre comunità, non deve essere rivolto direttamente all’azione politica, ma all’elaborazione culturale e alla formazione delle coscienze.

         Per concludere, dal Convegno di Verona è emerso con forza il senso di una missione comune, dentro la quale stiamo tutti noi, e più radicalmente la necessità della crescita del senso di appartenenza ecclesiale, che dobbiamo avere dentro di noi per poterlo comunicare efficacemente. Avremo così coraggio e perseveranza nel dire e nel testimoniare quel “grande sì” che cambia il mondo.

         Termino ricordando che, con il numero del prossimo 2 dicembre, “Avvenire”, al costo complessivo di 2,00 Euro, offrirà un libro di 200 pagine che riporterà integralmente tutti i testi importanti del Convegno di Verona.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 01-12-06