Gaspare Visconti fu un poeta volgare del quattrocento milanese tra i più illustri definito <la voce gentile, e forse la sola che abbia un po' di poesia> (E.Garin).
Questi è colui che possedette e soggiornò sicuramente nella dignitosa dimora, che ancora si affaccia semplice e severa nella sua linea rustica all'ampia corte in Zeloforomagno; questa è la nobile famiglia che lascia il suo nome impresso su una lapide scomparsa, per aver costruito o ricostruito la chiesa precedente all'attuale (sacellum divi Martini) ed averla dotata di una rendita.
Galeazzo Visconti, figlio del poeta, dedica quest'opera, che ancora sopravvive nelle muraglie decrepite della sagrestia e della canonica addossate nella nostra chiesa, alla memoria del fratello (Pauli Vicecomitis fratis carissimi); egli è il prestigioso cavaliere che partecipa alla fastosa vita della corte di Lodovico il Moro e mantiene corrispondenza con la celebre Isabella d'Este marchese di Mantova.
Egli ha portato qui da noi, nelle nostre terre di Zeloforamagno, un raggio dello splendore culturale dei suoi tempi.
Il Cinquecento lo potremmo chiamare secolo d'oro, secolo di guerre; si apre da noi con il conflitto tra francesi e spagnoli in corsa per assicurarsi la supremazia della corona imperiale; e sullo sfondo di questo grande conflitto, la lotta per il dominio del milanese, della bella regione lombarda, possesso fra i più agognati delle potenze europee. E, tutto ciò, nel quadro del grande rivolgimento che ha segnato il passaggio dell'età moderna.
Come detto, qualche raggio di tanto splendore era giunto anche quì da noi, fuori dalle porte di Milano e del suo suburbio, sulle rive del Lambro. Abbiamo finito di rievocare per Zelofomagno, la figura e le liriche di Gaspare Ambrogio Visconti, il più celebrato poeta della corte sforzesca sul finire del Quattrocento.
Potevano essere certamente le ricorrenze stagionali come quella dei raccolti, a stimolare la presenza dei signori nella nostra bella residenza di campagna; i convegni letterari, gli scambi culturali, vi succedevano come di certo a Peschiera e Longhignana, dove i Borromeo, come traspare da numerose corrispondenze epistolari e cronache del tempo, trascorrevano diversi periodi dell'anno; deliziose ville e castelli, che riflettevano la vita degli usteri palazzi di città.
La grande proprietà dei Borromeo nel nostro territorio di Peschiera, con fondi di cospicuo interesse economico, luoghi di soggiorno e di delizie, esce dalla fine di quel quattrocento che aveva visto assurgere la celebre famiglia ai fastigi della potenza, e si affaccia al nuovo secolo sotto le scosse di gravi rivolgimenti politici e dinastici. non più la loro preminenza in tutte le cariche dello stato e della corte, e la presenza ad ogni grande avvenimento a fianco dei duchi; dall'ultimo Visconti, a Francesco Sforza, a Galeazzo Maria ed alla reggente Bona di Savoia; il Moro odiava i Trivulzi ed i Borromeo loro affini, orientati a seguire le mosse del gran Maresciallo.
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