Un grande obbiettivo tiene fisso lo
sguardo, tiene incatenate le menti, tiene vincolati i cuori di tutto
un popolo. Obbiettivo bello, splendente della vera luce della fede,
annebbiato ai nostri occhi ed alle nostre menti da un leggero velo di
mestizia: velo che potrebbe forse essere tolto, spezzato da qualche
anima generosa che vive in mezzo a noi, realizzando così i sogni
da lungo tempo accarezzati dall'intera nostra popolazione. La generosità
di quest'anima e il suo nome saranno scritti a caratteri d'oro nella
cronistoria del nostro paese, eterna sarà la sua memoria in mezzo
ad un popolo che vive di fede e di amore, e quello che più conta
saranno scritti negli eterni libri del Cielo.
Quando una famiglia diviene numerosa, prima preoccupazione di colui
che ne è a capo è quella di poter ambientare l'abitazione
in modo che si possa vivere in essa con tutte quelle comodità
che la vita moderna vuole. Quando però la prima abitazione è
divenuta incapace d'albergare la aumentata famiglia, quest'uomo, sia
pure a malincuore, andrà cercando un'altra abitazione più
ampia e più spaziosa. Sarà certo questa più rispondente
alle necessità odierne, più avvenente nel suo esterno,
sarà forse fabbricata sopra di un alto poggio dal quale l'osservatore
può dominare col suo sguardo un esteso e bellissimo panorama.
Eppure noi vedremo questo uomo lasciare con gran rincrescimento la sua
antica casetta. Se noi osserviamo profondamente negli occhi questo uomo,
noi gli vediamo scorrere una lagrima come a chi si stacca da una cosa
amata.
E cosa amata è per lui la casetta dalle tozze linee, dagli stipiti
sconnessi e mezza diroccata, disposta ed abbandonata nel fondo di una
valle, o chiusa da ogni parte da alti e maestosi edifici. Lascia con
rincrescimento questa casa che lo vide nascere, dove trascorse i suoi
primi anni innocenti sotto la vigile cura della madre, la cui voce,
ancor dopo molti anni che ha abbandonato questa terra per il cielo,
giunge ancora al suo cuore con un accento simile a quello degli angeli.
Egli lascia con pianto questa casa, dove ogni angolo è a lui
motivo di care e dolci memorie.
Tale è l'impressione che prova ognuno di noi al pensiero di dover
lasciare la nostra bella chiesina, la quale col suo candore attira l'occhio
del passante anche nelle più oscure notti invernali, quasi fosse
illuminata da una luce misteriosa.
E' qui, in questa piccola chiesa adornata dal M. Rev. Parroco Don Anselmo
Giana (febbraio 1868, 23 ottobre 1891), abbellita e corretta nella sua
facciata dal M. R. Parroco Don Luigi Bassani (8 maggio 1892, 5 dicembre
1930), che nascemmo alla vera vita della grazia e aprimmo gli occhi
alla vera luce della fede.
Ancor noi però cresciuti in numerosa famiglia sentiamo impellente
il bisogno di una nuova chiesa, più ampia, più spaziosa,
atta ad accoglierci sotto le sue maestose arcate, come una madre amorosa
stringe e accoglie al suo seno i suoi teneri figli. Oh, sì, noi
sentiamo questa necessità!
La sente e la vive primieramente Colui che è per noi vero padre
e pastore, e nel silenzio soffre e prega ogni giorno. Quando parliamo
a lui della nuova chiesa, noi vediamo il suo occhio brillare di una
luce più viva, espressione che contrasta vivamente con qualche
affermazione di tristezza e di mestizia che di quando in quando gli
sfugge; anche quando il discorso ha preso un tono piuttosto lepido e
scherzevole.
Nulla lascia di intentato: studia uomini e cose, avvicina, parla con
mille pur di trovare il luogo adatto sul quale possa edificare la nuova
chiesa, bella, maestosa e grande come la vuole il suo cuore e l'onore
del Dio che deve venire ad abitarla.
La sente questa necessità il popolo che tutto concorde ogni giorno
studia trovate nuove pur di poter realizzare in breve il grande desiderio
del suo cuore. Da tutti si vuole e si vuole presto questa nuova chiesa.
Ma sarà questa un'utopia e non una realtà ?
Degli scettici in questo campo non ne mancano. qualche volta mi occorse
di udire delle frasi poco lusinghiere. ( « A che tanto affannarsi
quando noi, ai quali le brine hanno già lasciato il primo strato
di biancore sui nostri capelli, non vedremo neppure le fondamenta? »
!! « Sarei felice se prima di morire vedessi sorgere almeno le
impalcature... » ).
Questa è ancor più magistrale e più espressiva.
Un giorno il M. Rev. sig. Parroco, scherzando sulla costruzione della
nuova chiesa con alcuni giovani, chiese ad uno dai baffetti appena appena
spuntati che sembravano dipinti o appostati per l'occasione : «
E tu, che ne dici? » - « Sarà già molto se
la chiesa sorgerà quando i miei figli avranno baffi lunghi lunghi
come quelli di mio nonno di santa memoria ».
Ma via oramai questo scetticismo, perchè quando un popolo vuole
l'onore di Dio; quando a capo di questo popolo vi è un Ministro
di Dio, nessun evento, nessuna circostanza, nessun ostacolo potrà
opporsi e resistere.
E qui una domandina.
La nostra chiesina che ha raccolto le nostre prime preghiere profumate
dalla bella innocenza, che ha raccolto i primi slanci di amore verso
Dio del nostro cuore, quando ancora non conosceva le passioni, che ha
raccolto i primi sospiri dell'anima nostra straziata dal dolore per
le colpe commesse. Questa chiesa nella quale l'altare, il pulpito, le
pitture, i confessionali, ogni angolo sono a noi motivo di dolci e cari
ricordi, resterà ancor essa abbandonata e silenziosa come la
casa del nostro poeta? Oh, no! Essa sarà avvivata da altre voci,
da altri cuori, da altri puri amori. E saranno le voci e i cuori e gli
amori dei nostri figli.
Qui la nostra balda gioventù crescerà e si preparerà
alle lotte della vita, rivivrà le stesse impressioni della nostra
giovinezza, ormai passata.
Questa nostra chiesa sarà amata, sarà adornata come una
reggia nella quale i figli nostri quali sentinelle attenti e vigili
si seguiranno pregando per divenire forti, valorosi e puri.
Su dunque, generosi sorgiamo all'appello che dal Padre è rivolto
a noi, e fidenti nell'aiuto di Dio, mettiamoci all'opera.
Christus heri hodie ipse et in saecula.
Articolo tratto dal bollettino della Parrocchia;
numero speciale del 1938, in occasione del XXV Anniversario
di ordinazione sacerdotale del parroco don Arturo Salvioni.
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