
Interpretare il perché certi toponimi rimangono nel
tempo, cercando di incrociare notizie di livello storico e culturale,
certamente non cosa è facile e non è sempre possibile. E'
per questo che non pretendo quindi che il mio articolo venga interpretato
come delle affermazioni perentorie: diciamo che per ora ha soltanto un
valore propositivo.
Sia a S. Albino, sia a S. Damiano abbiamo due cascine che hanno dato toponimi
quasi identici.
Mentre a S. Albino abbiamo la "Pirulina" a S. Damiano troviamo
"La Pirulana". Il toponimo pirulina possiamo ricondurlo alla
base medio latina "piruls" (piolo, ritto a forma di pera). Nel
dialetto milanese di oggi questa base è piuttosto feconda, ad essa
va ricondotto il sostantivo pirla che indica la trottola. Infatti, dal
boemo "birla" - girare vertiginosamente, nel milanese diviene
pirlà, cioè girare su se stessi. Nel dialetto monzese la
trottola era la pirula, infatti ancora oggi per fare una capriola diciamo
fare una piruleta.
Per quanto riguarda il toponimo Pirulana, va certamente ricercato nel
cognome dei proprietari di questa cascina. All'angolo tra via della Vittoria
e via Montenero esiste ancora una parte di questa villa-casina di cui
andremo a parlare. Ai primi dell'1800 viene segnata sulle mappe come "cascina
Pirovano".
Un primo ampliamento si avrà nel 1850. Una sistemazione successiva
avviene nel 1880 dandole la forma definitiva come oggi la vediamo. In
quegli anni si stava costruendo il canale Villoresi e dalle cartine dell'ing.
Villoresi, per una modifica alla curva del canale in fondo a via della
Vittoria, non compare più cascina ma "Villa Pirovano".
Alla fine del XIX sec. questa villa confinava a sud con la strada comunale
detta della Crocetta (via Montenero). La via prendeva nome dalla croce
che ergeva dalla colonna della peste e che fino alla fine degli anni sessanta
si trovava all'inizio della strada. A fronte, sempre verso meridione,
una mura delimitava la proprietà della villa detta dell'Americana.
Questa villa la possiamo ancora vedere coi suoi bei balconi settecenteschi
nel palazzo in fondo a viale S. Anna. Uno degli ultimi proprietari fu
il sig. Mauri Antonio, il quale aveva sposato una cilena, ed attualmente
la figlia Clara vive in Cile. Da qui il toponimo "Americana".
Un capannone della tessitura dei fratelli Figliodoni compare all'inizio
del 1900. Un violento incendio distruggerà la tessitura intorno
al 1917. Al riguardo, in paese si vociferava che furono gli stessi proprietari
ad appiccare il fuoco, per poter riscuotere i soldi dell'assicurazione.
Cosa avvenne veramente non si saprà mai; di certo sappiamo che
i fratelli misero tutto in vendita. Il nuovo acquirente in un certo senso
ha segnato un periodo che possiamo definire storico dell'imprenditoria
locale. Questo personaggio è l'ing. Gibellini, il quale fondò
la "Società Anonima Gibellini". In quei primi capannoni
si producevano cassetti in ebanite per accumulatori, ad uso civile e militare.
Gli operai chiamavano questa produzione "i caset". La società
Gibellini riforniva l'Hensemberger e la Trudel di Melzo. Inizialmente
il proprietario abitava a S. Damiano nel proprio stabilimento. Quando
l'ing. Gibellini deciderà di vendere, subentrerà la società
"Pirelli" e successivamente la "Montedison".
All'inizio degli anni settanta, quando la Montedison chiuderà gli
stabilimenti, il tutto verrà lottizzato e venduto a piccole ditte
a lavorazione terziaria. Questa area, benché si trovi in San Damiano
è sempre appartenuta al comune di Monza. Una delle prime case che
sorgeranno in questo luogo è quella che si trova all'angolo con
via del Carso. Il proprietario era il sig. Giacomo Paleari, il quale gestiva
l'osteria di sua proprietà detta "da Cumen", derivazione
dialettale di Giacomo.
Rispetto ad altri, poca storia caratterizza questo quartiere, ma un'importanza
primaria lo differenzia dagli altri: per oltre mezzo secolo a dato e garantito
al nostro territorio una Sicurezza economico-occupazionale non indifferente.
Vista della "Società Anonima Gibellini"
[ Precedente
] [ Indice ] [ Successiva
]
|