IV INCONTRO DI PREGHIERA

"Padre nostro":

Venga il tuo regno

 

Incominciamo questa sera la preghiera con un momento di silenzio, che deve servire per rientrare in noi stessi per raccogliere le immagini, i pensieri, le preoccupazioni, le paure e riportare il nostro cuore a un pochino di calma, di tranquillità e di riposo, per ritrovare dentro di noi uno spazio di riposo e di tranquillità e, in esso, ritrovare la presenza del Signore.

Vogliamo quindi metterci sotto lo sguardo del Signore, perché ci scruti e ci illumini, lasciando che egli Stesso corregga e allarghi i nostri desideri, rendendoli desideri di vita, di amore, di comunione con lui.

LETTURE BIBLICHE: Dn 7,1-14; Mc 1,14-28

"Padre, fa' venire il tuo regno, Vieni a regnare sopra di noi". Così c'insegna a pregare il Signore e così dobbiamo imparare a pregare questa sera, insieme. C'è però una difficoltà previa, perché le parole re, regno, regnare, pur essendo termini bene conosciuti, non

corrispondono a un'esperienza immediata e diretta per noi; e non solo perché viviamo una realtà politica diversa, con parlamento e governo e repubblica, ma perché non riusciamo a sentire quel misto di fiducia, rispetto, attesa, gioia, fierezza che gli antichi avevano di fronte a un loro re. Non per questo, però, dobbiamo rinunciare a quei termini e sostituirli con altri corrispondenti. Vale la pena, piuttosto, di fare la fatica di reintrodurli nel nostro vocabolario e nella nostra esperienza, anche con l'aiuto delle letture ascoltate.

Il brano del profeta Daniele, piuttosto strano a una prima lettura, vuole afferrare il senso della storia del mondo, il senso della sofferenza, dei distacchi, delle speranze, delle realizzazioni politiche e culturali che l'uomo riesce a mettere insieme nella sua storia. La storia del mondo si presenta come una successione di imperi (si pensi ai grandi imperi dell'antico Oriente, Babilonia, i Medi, i Persiani, Alessandro Magno), che sono rappresentati da Daniele con delle bestie feroci e voraci, che dominano, divorano, calpestano e stritolano. Sono imperi bestiali, che non rispettano l'uomo ma l'umiliano e lo schiacciano. Se la storia fosse solo questa, sarebbe tragedia e violenza senza limite.

Ma nel seguito della visione Daniele vede che il vegliardo, l'antico di giorni (cioè Dio, quel Dio che non invecchia mai e che siede sovrano su un trono fiammeggiante), riprende in mano il potere sulla storia e lo affida a un 'figlio di uomo'. Mentre gli altri imperi sono bestie, ora si tratta di una figura umana che è simbolo di un regno umanizzato e umanizzante, che favorisce la vita e il bene dell'uomo; un regno come quello descritto nel salmo 72:

"Dio, dà al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia; regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri con rettitudine. Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia".

Un regno, dunque, di rettitudine, di pace, di giustizia, di attenzione particolare a chi è debole, lì brano di Daniele esprime, allora, il rifiuto di rassegnarsi all'ingiustizia e alla prepotenza. La vita dell'uomo necessariamente entra in contatto con il potere politico, economico e culturale. Proprio in questa esperienza, ci rendiamo conto di una lacerazione dolorosa: da una parte, sentiamo che il potere ha la sua giustificazione nella difesa della verità e della giustizia: e invece constatiamo che, spesso, potere e giustizia vanno per strade divergenti. C'è una frattura tra il mondo dei valori in cui crediamo e quello dei rapporti economici e politici che subiamo. Bisogna dunque rassegnarsi?

Daniele dice che non solo non dobbiamo rassegnarci ma, piuttosto, dobbiamo rinvigorire la nostra speranza nel regno di Dio, dove valore e potere vanno insieme, dove la forza e la giustizia si riconciliano e costruiscono insieme la pace. Ecco perché l'annuncio del regno di Dio è lieto, è un vangelo. E’ l'annuncia di un regno dove finalmente il potere è gestito da Dio e quindi secondo verità e giustizia.

Leggiamo nel vangelo di Marco che Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo, seminando, cioè, la bella notizia che "il tempo è compiuto e il regno di Dio e vicino". Il regno di Dio è ormai così vicino da poterlo incontrare e sperimentare, vedere e sentire, toccare e costare. Ma nasce allora spontanea la domanda: dove? Come posso gustare questo regno di Dio che è quanto il mio cuore desidera? Semplice la risposta del Vangelo: là dov'è Gesù.

Dove Gesù parla e agisce è possibile fare l'esperienza della sovranità di Dio, perché ci si incontra con una forza fatta di amore, di servizio e di bontà. Parlando della vocazione di Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni il brano di Marco ci dice che costoro, in un certo momento della loro vita, hanno incontrato una parola tanto forte da staccarli dalle abitudini, dalla famiglia, dalle sicurezze, gettandoli verso un futuro incerto e nuovo. E questo è avvenuto non sotto la forza della costrizione, ma per una forza interiore gioiosa liberante. Quella parola di Gesù ha fatto loro percepire la gioia di donare liberamente la propria vita.

La stessa esperienza hanno compiuto altri santi, pensate a S. Agostino che descrive il suo tormento perché si sentiva incapace di troncare con un passato fatto di compromessi. Le abitudini del passato lo incatenavano e gli impedivano di camminare dove pure avrebbe voluto. Ebbene, nelle Confessioni S. Agostino narra il momento in cui una parola del Signore ha troncato di netto ogni suo legame con il passato, e gli ha messo innanzi un'esistenza libera.

È ancora l'esperienza di S. Francesco, quando sulla piazza di Assisi rinuncia a tutti i suoi beni e, nudo, affronta un vita nuova: tutte le certezze che aveva in precedenza, non gli dicono più nulla, non lo affascinano più, perché ha trovato un fascino nuovo, una speranza nuova.

Non si tratta però solo dell'esperienza di alcuni grandi santi, ma anche di tutti coloro che nella vita hanno scelto decisamente di amare e di servire. Richiamiamo i santi perché è come se nella loro esperienza, la vita cristiana fossa scritta con caratteri grandi, cubitali e perciò facili da leggere: ma l'esperienza dell'incontro con una parola che ci libera deve ripetersi anche nella vita di ciascuno di noi.

Dice ancora il brano di S. Marco, che Gesù entra nella sinagoga di Cafarnao e lì guarisce un indemoniato, simbolo, evidentemente, della persona umana schiava. Non pensate solo ai fenomeni esasperati di possessione diabolica o agli esorcismi impressionanti che a volte si verificano, ma cerchiamo di cogliere il senso del vangelo: abbiamo davanti un uomo sul cui volto l'immagine di Dio non è più visibile, un uomo il cui cuore è diventato indurito, incapace di amare. Quando il cuore dell'uomo non è più capace di vivere il compito per cui è stato creato, vuole dire che qualcosa lo ha reso schiavo. L'uomo è fatto per donare la sua vita e quando invece egli la vive egoisticamente vuol dire che ci sono delle catene intorno alle sue mani che gli impediscono di operare secondo il suo vero essere, la sua vocazione.

È facile ritrovare anche nella storia contemporanea fenomeni di male e di crudeltà impressionanti, nei quali l'uomo diventa aguzzino e mostra il gusto degradato di fare soffrire e umiliare: dai campi di sterminio ai massacri di massa, alle violenze immotivate contro innocenti, siamo di fronte a realtà che hanno del demoniaco. Questi, però, sono solo momenti emergenti di una realtà ben più diffusa che si riscontra anche dentro di noi. Tutte le volte che si fa uso del potere per umiliare, che si deforma la verità per prevalere sugli altri o che si tralascia di cercare correttamente ciò che è autentico o giusto, accontentandosi dell'approssimazione; o tutte le volte che usiamo l'inganno. l'ingiustizia o la violenza per affermare il nostro egoismo offuschiamo il volto di Dio che dovrebbe riflettersi su di noi: allora il cuore dell'uomo si rivela come un cuore schiavo.

Ebbene: il vangelo ci dice che questa schiavitù non è invincibile: e dove passa Gesù, si può fare l'esperienza del regno di Dio. L'uomo trova in Gesù una parola ricca di energia, più forte di tutte le schiavitù, le crudeltà, gli egoismi, le invidie, gli inganni, le ipocrisie. "Se qualcuno è in Cristo – scriverà S. Paolo – è una creatura nuova: le cose di prima sono passate; ecco, ne sono nate delle nuove" (2 Cor 5,20). Dove c'è Gesù, l'uomo è in grado di fare un'esperienza di amore e di libertà; il regno di Dio è essenzialmente lui, Gesù Cristo.

Rinnoviamo allora la nostra preghiera: Padre, fa' venire il tuo regno. Vieni a regnare sopra di noi. Quando? Naturalmente: adesso. Non chiedo il regno di Dio per un tempo futuro, ma ora e qui. Chiedo al Signore che venga a regnare adesso sopra alla mia vita, alla nostra vita. E’ la preghiera di chi desidera la sovranità di Dio, considerandola gioiosa e liberante.

Che il Signore venga a regnare nella nostra vita è una preghiera che ciascuno di noi deve fare personalmente, ma la esprimiamo insieme per le comunità cristiane nelle quali viviamo. Esse sono realtà del mondo governate dalla parola di Dio, dal vangelo. Se riflettiamo sulla nostra vita, troviamo cose che noi compiamo motivati dal vangelo, come, ad esempio, essere qui questa sera o compiere un gesto di perdono o di servizio. Ci sono ancora però troppe scelte che noi facciamo con motivazioni non cristiane o non completamente cristiane. Ci sono troppi comportamenti nelle nostre comunità dove non regna il Signore, ma le logiche del mondo. Quando questo avviene, le comunità cristiane perdono la loro identità e diventano sale senza sapore che non serve ad altro, come dice il vangelo, che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Preghiamo allora che il Signore venga a regnare su di noi e operi in noi le meraviglie della sua liberazione, del suo amore. Preghiamo che il Padre faccia venire il suo regno.

Togli, o Signore,

dalla nostra vita ogni volontà di egoismo e di avidità.

Liberaci da ogni potere di ingiustizia e di odio.

Rendici docili alla tua parola e animati dal tuo Spirito.

Fa' che le nostre famiglie e le nostre comunità cristiane

siano sottomesse alla tua parola,

siano vivificate dall'amore

e diventino, così, premurose nel servizio fraterno,

aperte nell'ospitalità

perché ciascuno possa sentirsi accolto fra noi

come fra le braccia del tuo amore infinito.

Te lo chiediamo, Padre, per Gesù Cristo

che tu ci hai donato come fratello

e che vive e regna con te nei secoli dei secoli.

Nel tempo di preghiera silenzioso che abbiamo a disposizione possiamo rinnovare questo desiderio al Signore perché venga il suo regno. Possiamo anche verificare quanto nella nostra vita è veramente sottomesso alla sovranità del Signore, se in essa regna il Vangelo o il desiderio del successo e del potere. Supplichiamo, infine, il Signore perché venga veramente a regnare su di noi. Dobbiamo ricordarci però che la preghiera è una cosa seria, e perciò se chiedo al Padre di venire a regnare in noi, in quello stesso momento gli metto a disposizione la mia vita, come luogo in cui egli può regnare ed esercitare il suo potere di salvezza.

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