III° INCONTRO DI PREGHIERA

"Padre nostro":

Sia santificato il tuo nome

 

Nel libro del profeta Ezechiele c’è questa promessa: "Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo" (Ez 36,24). Di questa promessa del Signore facciamo questa sera una piccola esperienza. Anche noi siamo stati presi dal Signore di mezzo a situazioni diverse e radunati insieme in questo luogo che è del Signore, ma che diventa anche la nostra casa, il luogo della nostra preghiera e della fraternità che il Signore mette nei nostri cuori.

Ci accogliamo, allora, con gioia gli uni gli altri e ci mettiamo insieme davanti al Signore per ascoltare con fede la sua parola.

Letture bibliche: Ez 36,22-28; Gv 17,1-5

Imparare a pregare vuol dire anche imparare a stupirsi ogni volta per la nostra esistenza come per il mondo che è intorno a noi e imparare ad allargare il cuore e a desiderare cose grandi.

Prima di tutto, quindi, imparare a stupirci: non è cosa scontata e banale il fatto che noi esistiamo e neanche l’esistenza del mondo con le sue forme, i suoi colori, le cose e le persone. A tutto questo siamo abituati e spesso non ci facciamo più attenzione. Ebbene, pregare vuol dire recuperare la meraviglia, lo stupore per tutto questo: come Dio stesso, del quale il salmo dice che "gioisce per tutte le sue creature" (Sal l04,31), rinnovando quella conferma del mondo che il libro della Genesi pone all'inizio della creazione: quando Dio crea ogni cosa, la riconosce come buona e quindi gioisce per quella realtà (Gen 1,4ss).

In secondo luogo è necessario, per pregare bene, allargare il cuore e imparare a desiderare cose grandi. La vita di ogni uomo è piena di desideri: da quelli più immediati e fondamentali, come il bisogno del

cibo o del vestito, a quelli più elevati, quali possono essere il desiderio di cultura o di amicizia e di amore. La preghiera non cancella i nostri desideri, non vuole censurare neanche i desideri più umili. Essa ci aiuta piuttosto a dare un centro a tutti i desideri, imparando a discernere i più importanti da quelli che lo sono meno, a collocare i nostri piccoli desideri dentro a un progetto grande, fatto di amore, di fraternità e di giustizia, che riguarda non solo ciascuno di noi, ma tutti gli uomini e il mondo intero.

Insegnandoci a pregare, il Signore ci ha insegnato anche a stupirci e a desiderare cose grandi.

Prendiamo allora quella domanda del "Padre nostro" che dobbiamo commentare questa sera: "Padre, sia santificato il tuo nome". Facciamo anzitutto alcune osservazioni molto semplici, per capire il significato di queste parole. Si tratta di una richiesta, di una supplica, e non solo di un augurio, come potrebbe far supporre in italiano l'uso del congiuntivo. Il senso è che io chiedo, supplico che il nome di Dio sia santificato: la santificazione del nome di Dio esprime un desiderio intenso, quasi un bisogno, come se io ne avessi fame e sete.

La seconda osservazione è che il soggetto del verbo è Dio stesso: è Lui che opera la santificazione del suo nome ed è a Lui che io lo chiedo. In italiano si potrebbe tradurre più precisamente: Padre, santifica il tuo nome.

Santificare il suo nome significa riconoscere che Dio è Dio, dandogli il posto che gli spetta. Questo vuol dire prima di tutto che niente altro deve essere Dio al posto di Dio o insieme con Dio. Non deve essere Dio il denaro o il potere o il piacere o io stesso, ne persona o cosa. Il nome di Dio è santificato quando la divinità viene riconosciuta come esclusivamente sua, di quel Dio che è nostro Padre.

Il nome di Dio viene poi santificato quando egli si manifesta in modo tale che gli uomini e il mondo offrono i segni della sua presenza: quando Dio si fa sentire, vedere e incontrare. In concreto questo vuole dire che il nome di Dio non è santificato dove si adora il denaro e dove ad esso vengono sacrificati l'onestà, la sincerità, la giustizia o il benessere degli altri e neanche dove si fa un uso iniquo del potere, sfruttando gli altri invece di servirli o dove l'uomo viene umiliato, disprezzato o schernito, ossia dove la dignità dei figli di Dio è smentita dai fatti. Dove tutto ciò accade, il nome di Dio non è santificato perché Dio non è riconosciuto come tale e altri idoli vengono collocati al suo posto.

Il nome di Dio è invece santificato dove si manifesta un amore sincero, generoso, gratuito e fedele: dove chi è piccolo viene rispettato, chi è lontano accolto, chi è debole sostenuto, chi è solo consolato. Il nome di Dio è santificato dove si portano i pesi gli uni degli altri, secondo la sua volontà. Dove ciò accade, lì veramente Dio è Dio; li veramente si compie con obbedienza e fedeltà la sua volontà e la sua legge.

Credo che le due letture ascoltate ci possano aiutare a capire tutto questo.

Il brano di Ezechiele va riportato al tempo dell'esilio, quando Israele, a causa della sua iniquità e dei suoi peccati, è stato deportato in Babilonia. Dice dunque il Signore che l'esilio, insieme alla punizione di Israele, ha provocato anche il disonore per il nome di Dio. Israele, infatti, è il popolo di Dio e porta il nome di Dio sopra di sé, sulla sua fronte. Il nome di Dio è stato invocato su Israele (cfr Ger 14,9). Se allora Israele è un popolo umiliato, deriso e disperso, evidentemente il disonore ricade su Dio stesso, sul Dio d'Israele.

"Annunzia alla casa d'Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato tra le genti presso le quali siete andati". Ossia, io agisco "non per riguardo a voi", non per i vostri meriti, ma perché, paradossalmente, ho legato il mio onore con la gloria d'Israele. Se Israele è glorificato, anche Dio lo è; ma se questo popolo è umiliato, anche il nome di Dio è disonorato.

Allora il Signore interviene santificando il suo nome. Dice, infatti: "Santificherò il mio nome grande", cioè: cambierò la vostra condizione, facendovi diventare quello che deve veramente essere un "popolo di Dio". Quando ciò sarà accaduto, anche il nome di Dio sarà glorificato.

In concreto questo significa: "Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo". Israele, da popolo disperso, diventa popolo radunato in unità; il popolo che vive esule in terra straniera, ottiene finalmente una patria.

Non solo: Israele viene purificato: "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati: io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli: vi darò un cuore nuovo". Da un popolo di peccatori, diventerà un popolo santo: riceverà addirittura un cuore di carne, e cioè un cuore che sia capace di sentire, di condividere sofferenze e gioie, che sia capace di donare. Riceverà ancora uno spirito santo, lo spirito stesso di Dio che inclina a desiderare il bene e la bontà.

Equipaggiato con un cuore nuovo e con lo Spirito santo, il popolo d'Israele potrà vivere secondo la volontà di Dio: "Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio". Quando questo succederà, Dio avrà santificato il suo nome nella vita d'Israele.

La nostra preghiera deve quindi diventare un desiderio. Dobbiamo soffrire nel nostro cuore la gravità e il peso di tutte le divisioni

o lacerazioni che opprimono o umiliano gli uomini, che tengono nascosta la dignità dell'uomo come figlio di Dio e che, proprio per questo, non santificano il nome di Dio. Dobbiamo sentire questa mancanza di santificazione del nome di Dio come un peso nella nostra vita: dobbiamo avere come una nostalgia per una terra che sia amica verso tutti, dove ciascuno possa sentirsi amato e rispettato; dobbiamo sentire il bisogno di diventare puliti. sinceri e trasparenti nel bene come conviene a chi è 'popolo di Dio'.

Dobbiamo sperare tutte queste cose per ciascuno di noi e per le nostre comunità, che devono santificare il nome di Dio. La gente deve poter vedere nella comunità cristiana che Dio opera miracoli di carità e di amore. Questa diventa la nostra preithiera: Padre, sia santificato il tuo nome, e cioè:

Padre santo, santifica il tuo nome in noi.

Fa' che la nostra vita sia un riflesso gioioso della tua santità e del tuo amore.

Liberaci da ogni meschinità ed egoismo.

Donaci il tuo Spirito e fa' di noi un popolo santo, unito nel tuo amore, che diventi testimone di Te davanti a tutti gli uomini.

Questo è anche il significato del vangelo di san Giovanni, dove ancora si parla della santificazione del nome di Dio, che questa volta viene operata in Gesù di Nazaret. "In quel tempo Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te" (Gv 17,1). È giunta l'ora della passione di Gesù, l'ora della Pasqua, il momento in cui Gesù porta a compimento la sua vita e la sua missione.

Per questo è l’ora di Gesù e si può dire che sia l'ora dell'amore, in quanto Gesù "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). In quest'ora, quando Gesù fa della sua vita un dono d'amore, egli, donandosi, glorifica il Padre perché rivela al mondo il volto d'amore di Dio. Se io mi chiedo chi è Dio, il Vangelo in risposta mi conduce presso la croce di Cristo, invitandomi a vedere sul volto del Crocifisso, il volto di Dio. Dio, infatti, è colui che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16). In questo Gesù glorifica Dio, perché rivela davvero il suo volto, il suo mistero di amore.

Reciprocamente il Padre, nella Pasqua, glorifica Gesù, perché la croce di Gesù , che è sofferenza e morte, è nello stesso tempo vittoria definitiva sulla morte., è risurrezione e gloria. Dio Padre ha dato ragione a Gesù Cristo e lo presenta, di fronte a tutti gli uomini, come la rivelazione della vittoria definitiva sul male, sul peccato e sulla morte. In Adamo il nome di Dio era stato bestemmiato, perché l'uomo, cercando di affermare se stesso contro Dio, bestemmia il nome di Dio, considerandolo un nemico, un limite alla sua realizzazione. Questo vuol dire disonorare il nome di Dio. In Gesù Cristo il nome di Dio è santificato proprio perché egli si sottomette liberamente alla volontà del Padre amando fino al dono della sua vita. Quando allora preghiamo dicendo: Padre, sia santificato il tuo nome, vuol dire che ci collochiamo sulla scia della vita di Gesù, volendo dire: Padre, santifica il tuo nome nella nostra vita, come l'hai santificato nella vita di Gesù tuo Figlio: fa' che la nostra vita diventi una proclamazione della tua gloria, della tua bontà, del tuo amore davanti a tutti gli uomini.

Pregare così vuol dire accettare anche che la nostra vita venga coinvolta nell'avventura grande della rivelazione di Dio, diventando così bella, luminosa, gloriosa: noi desideriamo che anche nella nostra piccola vita il nome di Dio sia santificato in qualche modo come lo è stato nella vita e nella morte di Gesù.

Per trasformare tutto quanto abbiamo detto in una preghiera personale, si possono ripetere semplicemente le parole: Padre, sia santificato il tuo nome, oppure formule equivalenti: Padre, santifica il tuo nome; Padre, fa' che tutti ti riconoscano come Dio; Padre, manifesta il tuo amore nella mia vita, facendo sì che essa ti glorifichi.

Si tratta, allora, di ripetere adagio queste parole lasciando un po’ di silenzio fra un'invocazione e l'altra, per farle così scendere nel cuore. Nella preghiera bisogna che sia coinvolta la memoria, l'intelligenza, l'affetto e, infine, quel centro della nostra vita che è la libertà, il nostro io, che dice si al Signore, che desidera e vuole che il nome di Dio sia santificato in lui.

Possono anche essere riprese le letture che abbiamo ascoltato per ripercorrerle nel dialogo col Signore. Le letture bibliche sono direttamente parola di Dio; possono quindi essere rilette per comprendere che cosa dice il Signore e che cosa dice a noi, facendo bene attenzione a quelle parole particolarmente ricche di significato, come: glorificato - conoscenza del nome di Dio - compimento dell'opera di Dio. Sono tutte espressioni che bisogna mettere nella memoria e accogliere con affetto, perché s'imprimano nella memoria. Poi, ripercorsa la lettura, si tratta di rispondere al Signore con le nostre parole.

Si può anche semplicemente ringraziare il Signore per la sua parola. Che Dio ci parli, infatti, è già motivo di stupore, perché significa che Dio ha del tempo per noi, che noi gl'interessiamo. Questo soltanto sarebbe già sufficiente.

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