Siamo una Associazione di volontariato, nata ufficialmente nel 2003 allo scopo di "essere di aiuto alla diocesi di Juba in Sud Sudan, per l’adozione a distanza di bambini in età scolare e per sostenere tutte le necessità della stessa diocesi" promuovendo raccolte di ogni genere finalizzate agli aiuti (art.2 dello statuto).
La nostra associazione "Pro Sud Sudan" che ormai da anni lavora per portare aiuto alla popolazione della diocesi di Juba, capitale del Sud Sudan, nel mese di luglio ha vissuto una forte esperienza "missionaria" portando un gruppo di 6 persone in questo territorio. Partiti da Bologna, via Amsterdam-Nairobi-Entebbe, abbiamo avuto il visto per entrare in Sudan a Kampala(Uganda) dall’SPLA, il nuovo governo del Sud Sudan, nato dalla pace che ormai da più di un anno è stata firmata tra il governo centrale sudanese (quello "arabo" di Karthoum, per intenderci) e le forze dei cosidetti "ribelli" del Sud. Già questo per noi è stato un primo motivo di buona sorpresa, non avendo più bisogno di seguito l’iter burocratico di Karthoum, sempre lungo e difficile per entrare in Sudan. Arrivati finalmente a Juba abbiamo subito constatato un’altra novità: automobili, fuoristrada, pulmini, moto su tutte le strade della città non ancora asfaltate e con tante buche, ci hanno dato un senso di vitalità nuova che era inimmaginabile solo qualche anno fa. La pace sta davvero cambiando la situazione. Ovunque si vedono case in costruzione, anche se la maggior parte della città è ancora fatta di capanne di fango e paglia; ovunque si nota la presenza della Forza di pace dell’ONU, massicciamente presente sia all’aeroporto con elicotteri e aerei, sia in città con auto, camion e altri veicoli.
Il nostro intento era di portare il ricavato delle adozioni a distanza all’ Arcivescovo Mons. Paolino Lukudu Loro da distribuire nelle varie scuole sostenute dalle parrocchie, sia di poter concretamente metterci a disposizione per lavorare dove avremmo trovato necessità. Non riuscendo fino ad ora ad avere riscontri sulla situazione dei bambini adottati, abbiamo cercato di conoscerli uno per uno, riuscendo a riportare notizie utili e interessanti per le nostre famiglie adottive. Purtroppo ancora sussistono villaggi in cui il rischio di incursioni notturne di "ribelli dell’ SLR" ugandesi che arrivano a rapinare e uccidere, fa sì che alcuni bambini non frequentino più la scuola, dovendosi rifugiare, come nel villaggio di Mangalla, nelle isole sul fiume Nilo. Una incursione di questi ribelli nel mese di Giugno in questo villaggio ha portato scompiglio, rubando i viveri del magazzino della parrocchia e purtroppo anche ferendo gravemente un seminarista tuttora all’ospedale.
Siamo stati contenti nell’imparare che i colloqui con questi famigerati ribelli stanno continuando lì a Juba, anche se non sono facili da condurre: così ci raccontavano alcuni italiani della Comunità di S. Egidio, richiesti dallo stesso Koni, capo dei ribelli, per tentare una trattativa di soluzione a questo conflitto che ha portato alla morte più di 25.000 bambini e giovani.
Alcuni dei nostri, nel villaggio di Kworijik, hanno lavorato per impiantare un orto nel terreno attorno alla parrocchia, portando anche l’acqua fino alla canonica; una nostra ragazza, studente di medicina, ha dato un aiuto nel dispensario della parrocchia, collaborando con l’infermiere del luogo. A Juba, nella Cattedrale siamo riusciti a sistemare la vetrata della facciata che in parte era stata danneggiata dal vento e dalle intemperie.
Due avvenimenti poi sono stati importanti per noi. Il primo ci riguarda personalmente: due nostri giovani hanno voluto celebrare il loro matrimonio proprio a Kworijik. Avuto il permesso dell’Arcivescovo di Juba, tutto il villaggio si è mobilitato per preparare la festa. I due sposini, vestiti secondo i costumi del luogo, emozionatissimi, sono stati accompagnati in chiesa da un corteo di bambini e donne che mandavano i loro gridi di gioia verso gli sposi. In chiesa tutta la Messa è stata celebrata in lingua "bari" con canti e danze, il rito del matrimonio in italiano. Celebrante principale era p. Alfred, un sacerdote sudanese che la nostra associazione aveva sostenuto negli studi teologici presso il Seminario di Ferrara, attualmente viceparroco in questa parrocchia. Poi il pranzo e nel pomeriggio la festa per tutti: canti, balli, scenette, discorsi...fino a sera. Una giornata indimenticabile.
IL secondo avvenimento riguarda tutta la Chiesa sudanese. In quei giorni si è potuta svolgere a Juba, dopo più di venticinque anni, l’Assemblea generale della Conferenza episcopale sudanese. Durante gli anni della guerra, essendo Juba sotto il governo arabo di Karthoum, i vescovi che vivevano nelle terre conquistate dall’SPLA, non potevano entrare in Juba e i vescovi che vivevano nelle terre sotto il dominio di Karthoum non potevano andare nella parte dei ribelli, così che la Conferenza episcopale si doveva sempre riunirsi all’estero.
Finalmente i 12 vescovi sudanesi hanno potuto riunirsi a Juba per una decina di giorni facendo il punto della situazione politica, sociale, economica, ed ecclesiale che si è andata creando con la firma del trattato di pace.
Soprattutto due decisioni importanti sono state prese per il futuro di questa Chiesa sudanese: il ritorno del Seminario maggiore da Karthoum, dove era stato spostato a causa della guerra, a Juba, iniziando dal prossimo anno con gli studenti di filosofia; e lo spostamento della Segreteria della Conferenza episcopale attualmente a Nairobi di nuovo a Juba, anche se si continuerà ad avere una seconda Segreteria a Karthoum.
Tutto questo, e i vescovi ci tengono a farlo sapere alla Chiesa intera e al mondo, grazie alla pace che sempre più si spera vada consolidandosi nel Sud Sudan. Rimangono ancora problemi gravi come la situazione del Darfur e del Sudan nord orientale; rimane il problema di preparare in questi quattro-cinque anni la gente al Referendum che dovrà decidere sulla separazione o meno del Sud dal Nord. Al riguardo sarà molto importante la nascita della nuova Radio cattolica che le suore comboniane stanno per aprire in tutte le diocesi sudanesi, come pure l’impegno del nuovo governo del Sud nel far conoscere a tutti il trattato di pace. Stanno pure ritornando a Juba i missionari comboniani e i salesiani. Sono già presenti varie Caritas nazionali (abbiamo conosciuto due italiani che lavorano per la Caritas inglese e per quella tedesca), varie grandi ONG europee e americane. Insomma è un mondo che comincia a respirare aria di pace e di libertà.