L’Insegnamento

 

 

 

Il brano più famoso della dottrina di Gesù si trova in Matteo 5-7:

il Discorso della Montagna

 

 

Molti studiosi lo considerano come un'antologia dei detti di Gesù  più che un unico discorso, ma esso mostra una forte unità, enunciando i temi fondamentali di tutto il suo insegnamento. Sia il contenuto del messaggio sia il modo caratteristico in cui tale contenuto viene proposto sono importanti.

 

Dopo aver pronunciato una serie di benedizioni, le beatitudini, Gesù Cristo si volge verso il grande argomento che costituisce lo scopo di ogni maestro israelita, la Legge e la sua osservanza. Afferma che suo fine é quello di compiere la Legge e i profeti, affermando, nel medesimo tempo, di avere l'autorità per parlare in un modo che va oltre la Legge e, in realtà, la chiama in causa. Gesù pone sei motivi di contrasto tra il suo insegnamento e quello della Legge tradizionale; ciascuno si apre con le frasi: “Avete inteso che fu detto [...] Ma io vi dico [...]” (M t 5,21 ;22). Sebbene il linguaggio di Gesù abbia lo stile delle formule legali, il suo scopo e il suo effetto mirano ad allontanare da una legge intesa come coercizione da parte delle autorità, che porta ad adottare un modo di pensare standardizzato, e a seguire invece una legge che si adatti intimamente al cuore e alla vita dei singoli.

 

Gesù offre antitesi tra l'antico e il nuovo quando tocca argomenti difficili come la collera, l'adulterio e la cupidigia, il divorzio, il giuramento, la vendetta e la risposta al male. Infine, arriva al cuore del suo insegnamento, l'impegno ad amare senza limiti. Gesù respinge l'atteggiamento comune di amore per i vicini e di odio per i nemici, dicendo:

“Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (M t 5,44).

 

 

 

Mt 5, 1-2 e 13-16 [Mc 4. 21-23; Lc 8, 16-17; 14, 34-35].    Gesù, vista la folla, salì sul monte e, come fu seduto, gli si accostarono i suoi discepoli. Allora egli incominciò ad ammaestrarli, dicendo:

    "Voi siete il sale della terra. E se il sale diviene scipito con che si salerà? [Non è buono ne per la terra ne per fare il concime.] Non è più buono che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. [Chi ha orecchi da intendere, intenda.] Voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città sopra una montagna. Ne accendono la lucerna e la pongono sotto il moggio [o sotto un letto), ma sul candeliere, perché faccia lume a tutti quelli che sono in casa [e chi entra veda la luce]. [ Non c'è infatti nulla di nascosto che non venga a manifestarsi, e nulla è stato occultato se non per essere poi messo alla luce ]Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. [ Chi ha orecchi da intendere intenda! ]".

 

Mt 5, 3-12 [Lc 6, 20-23].     [Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi, diceva:]

   "Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i mansueti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i famelici e i sitibondi di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio, Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

    Beati voi, quando [gli uomini vi odieranno e] vi oltraggeranno e persegui­teranno e, mentendo, diranno di voi ogni male [e ripudieranno il vostro no­me come abominevole] per cagione mia. Rallegratevi [in quel giorno] ed esul­tate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli, che prima di voi in egual maniera [  i padri di costoro ] han perseguitato i profeti».

 

Mt 5,17-20. "Non crediate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti, non son venuto ad abolire, ma a completare. In verità vi dico che fino a quando il cielo e la terra non trapassi, non scomparirà dalla legge neppure un iota od un apice finché non sia tutto adempiuto. Chi pertanto violerà uno tra i minimi di questi comandamenti e insegnerà così agli uomini, sarà tenuto minimo nel regno dei cieli; ma colui che avrà ope­rato e insegnato, sarà tenuto grande nel regno dei cieli- E vi dico: se la vo­stra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli".

 

Mt 7, 15-20 [Lc 6, 43-44]. «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi travestiti da pecore; ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li conoscere­te. Si coglie forse dell'uva dalle spine, o dei fichi dai triboli? Così ogni albero buono da buoni frutti, ed ogni albero cattivo da frutti cattivi. [Perché ogni albero si conosce dal suo frutto]. Non può l'albero buono dar frutti cattivi, ne l'albero cattivo dar frutti buoni. Ogni pianta che non porta buon frutto vien tagliata e gettata nel fuoco. Voi li riconoscerete dunque dai loro frutti».

 

Mt 5, 38-48 [Mc 4, 24; Lc 5,. 27-36 e 38]. «Avete udito che è stato detto: "Oc­chio per occhio, dente per dente". Ma io vi dico di non resistere al malvagio, anzi, a chi ti percuote nella guancia destra, porgigli anche l'altra; e a chi vuoi muoverti lite per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello. E se uno ti angarierà per un miglio, va' con lui. per altri due. Da' a chi ti chiede, e non voltare le spalle a chi desidera da tè un prestito. Avete udito che fu detto: "Amerai il tuo prossimo ed odierai il tuo nemico". Ma io vi dico: ama­te i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; il quale fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugl'ingiusti. Che se amate chi vi ama, quale premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che tate di speciale? Non fanno altrettanto i Gentili? [E se fate del bene a chi ve lo fa, qual merito ne avete? Anche i peccatori fanno altrettanto, E se prestate a coloro dai quali sperate di ricevere, qual merito ne avete? An­che i peccatori prestano ai peccatori per ricevere altrettanto.] [Date e vi sa­rà dato: vi sarà versato in seno una misura buona, pigiata, scossa e straboc­cante; perché sarà a voi rimisurato colla misura colla quale avrete misurato]Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".

 

Mt 7, 12. «Tutte le cose dunque che voi desiderate vi facciano gli uomini, queste voi fate ad essi. Questa infatti è la legge e i profeti".

 

Mt 5, 21-26. "Udiste come fu detto agli antichi: "Non uccidere", e chiun­que avrà ucciso sarà condannato in giudizio; ma io vi dico: chiunque si adi­ra col suo fratello sarà condannato in giudizio. E chi avrà detto al fratello:"raca" sarà condannato nel Sinedrio. E chi gli avrà detto: "pazzo" sarà con­dannato al fuoco della Geenna. Se dunque tu stai per fare la tua offerta all’altare e ivi ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta lì dinanzi all'altare, e va prima a riconciliarti col tuo fratello,e poi torna a fare la tua offerta. Mettiti presto d'accordo col tuo avversario mentre sei con lui per la strada, che egli non ti consegni al giudice e questo alle guardie e sii cacciato in prigione. In verità ti dico: non ne uscirai, fin­ché non avrai pagato l'ultimo spicciolo".

 

Mt S, 33-37. «Avete pur udito che fu detto agli antichi: "Non spergiurare: mantieni invece i tuoi giuramenti al Signore". Io pero vi dico: non giurate mai, ne per il cielo che è trono di Dio, ne per la terra che è sgabello dei suoi piedi, ne per Gerusalemme che è la città del gran . Non giurare neppure per la tua testa, perché non puoi far bianco o nero un sol capello. Ma sia il vostro parlare: sì, sì, no, no; che il di più viene dal maligno".

 

Mt 6, 5-8 [Lc 6, 45]. "E quando pregate non fate come gli ipocriti, che ama­no star a pregare nelle sinagoghe e sugli angoli delle piazze, per essere ve­duti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già la ricompensa loro. [L'uomo giusto dal buon tesoro del suo cuore cava fuori il bene, e il perverso dal mal­vagio nascondiglio del suo cuore mette fuori del male, poiché dal pieno del cuore parla la bocca.] Ma tu, quando vuoi pregare, entra nella camera e, chiuso l'uscio, prega il tuo Padre in segreto, e il Padre tuo, che vede nel se­greto, te ne darà la ricompensa. E quando pregate, non vogliate usare tante parole, come i Gentili, che stimano di essere esauditi per il molto parlare. Non li imitate, poiché sa bene il Padre vostro, avanti che gliene chiediate, di quali cose avete bisogno".

 

Mt 7, 7-11. "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sa­rà aperto. Che chiunque chiede, riceve; chi cerca, trova; e sarà aperto a chi picchia. E chi è mai tra voi che, se il figlio chiede del pane, gli porga un sasso; e se chiede un pesce, gli dia un serpente? Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare dei buoni doni ai vostri figli, quanto più il vostro Padre, che è nei cieli, concederà cose buone a coloro che gliele domandano!».

 

Mt 6, 16-18. «Quando poi digiunate, non prendete un'aria melanconica, come gli ipocriti che sfigurano la loro faccia per mostrare alla gente che di­giunano. In verità vi dico che hanno già ricevuto la loro mercede. Ma tu, quando digiuni, profumati il capo e lavati la faccia, affinché non alla gente apparisca che tu digiuni, ma ai tuo Padre, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, tè ne darà la ricompensa».

 

Mt 6, 19-21. «Non vogliate accumulare tesori sulla terra, dove la ruggine e la tignola consumano e i ladri dissotterrano e rubano; ma fatevi dei tesori nel cielo, dove ne ruggine, ne tignola consumano, dove i ladri ne scassinano, ne rubano- Perché dove è il tuo tesoro quivi è anche il tuo cuore".

 

Mt 6,1-4 e 14-15. "Guardate di non fare le vostre opere buone alla presen­za degli uomini per essere da loro veduti, altrimenti non. ne sarete rimune­rati dal Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque tu fai elemosina, non suonar la tromba davanti a tè, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nel­le strade, per essere onorati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già rice­vuto la loro mercede. Ma quando fai elemosina, non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra, sicché la tua elemosina sia nascosta; e il Padre, che vede nel segreto, tè ne darà la ricompensa". "Perché se perdonerete agli uomini i loro falli, anche il vostro Padre cele­ste vi perdonerà i vostri peccati, ma se non perdonerete agli uomini, nem­meno il Padre vostro vi perdonerà le vostre mancanze».

 

Mt 6. 25-34. "Perciò vi dico: non siate troppo solleciti per la vita vostra, di quel che mangerete, ne per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli dell'a­ria: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre. Or non valete voi più di loro? E chi di voi, con tutto il suo ingegno, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? E perché darsi tan­ta pena per il vestito? Guardate come crescono i gigli del campo: non fatica­no, ne filano; eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, con tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro. Or se Dio riveste in questa maniera l'erba del campo, che oggi è e domani vien gettata nel forno, quanto più ve­stirà voi, gente di poca fede? E non vogliate angustiarvi dicendo: "Che man­geremo, che berremo, di che ci rivestiremo?". Tutte queste cose preoccupa­no i Gentili; or il Padre vostro sa che avete bisogno di tutto questo. Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saran­no date per giunta. Non vogliate dunque mettervi in pena per il domani; il domani penserà a sé stesso: basta a ciascun giorno il suo affanno».

 

Mt 6, 24 e 22-23. "Nessuno può servire a due padroni, sicuramente o odierà l'uno e amerà l'altro, o sarà affezionato al primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire a Dio ed a mammona».

     «Lume del tuo corpo è l'occhio. Se l'occhio tuo è puro. tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se l'occhio tuo è torbido, tutta la persona sarà nelle te­nebre- Se dunque la luce che è in tè è buio, quanto grandi saranno le tenebre? "-

 

Lc 6, 24-26. "Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi, satolli, perché soffrirete la fame- Guai a voi, che ora ridete, perché farete lutto e piangerete. Guai a voi, quando gli uomini vi applaudi­ranno, che i padri di costoro facevano così coi falsi profeti».

 

Mt 5, 27-32. "Avete udito come fu detto agli antichi: "Non commettere adul­terio". Ma io vi dico: chiunque avrà guardato una donna per concupiscenza, nel suo cuore ha già commesso adulterio su di lei. Ora se il tuo occhio destro ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te: è meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nell'inferno. E se la tua mano destra ti è di scandalo, mozzala e gettala via da te, certo è meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che ti vada tutto il corpo nell'inferno. E stato pur detto: "Chiunque rimanda la propria mo­glie, le dia il libello del ripudio"; ma io vi dico: chi manda via la sua moglie, eccetto il caso di fornicazione, l'espone all'adulterio; e chi sposa la ripudia­ta commette adulterio».

 

Mt 7. 1-6 [Lc 6, 37 e 41-42]. "Non giudicate per non essere giudicati [, non condannate e non sarete condannati. Perdonate e vi sarà perdonato]. Per­ché secondo il giudizio col quale giudicate, sarete giudicati, e con la misura colla quale misurate sarà rimisurato a voi. E perché osservi il bruscolo nell’occhio del tuo fratello, e non badi alla trave che è nell'occhio tuo? E come puoi dire al tuo fratello: "Lascia che ti levi dall'occhio il bruscolo", mentre hai una trave nel tuo occhio? Ipocrita, cavati prima la trave dall'occhio, ed allora vedrai di levare il bruscolo dall'occhio del tuo fratello. Non date ai cani le cose sante, e non buttate le vostre perle ai porci, che non le pestino coi piedi e si rivoltino a sbranarvi".

 

Mt 7, 24-29 [Lc 6, 47-49]. "Chi pertanto ascolta queste mie parole e le met­te in pratica, sarà paragonato ad un uomo avveduto che [scavò profondo e] fondò la sua casa sulla roccia. E cadde la pioggia, e inondarono i fiumi, sof­fiarono i venti e imperversarono contro quella casa, ma essa non cadde, per­ché era fondata sulla roccia. E chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile ad un uomo stolto, che edificò la sua casa sopra l'are­na [senza fondamento]. E cadde la pioggia, inondarono i fiumi, soffiarono i venti, e imperversarono contro quella casa, ed essa andò giù, e fu grande la sua rovina».

    Or avendo Gesù terminati questi discorsi, le turbe restarono stupite della sua dottrina; perché egli le ammaestrava come uno che ha autorità, e non come gli Scribi e i Farisei.

 

Mt 8, 1-4. Sceso che egli fu dal monte, lo seguirono molte turbe. Ed ecco un lebbroso, accostatesi, gli si prostrò dinanzi, dicendo: "Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi». E, stesa la mano. Gesù lo toccò, dicendo:

    "Lo voglio, sii mondato". E subito sparì la sua lebbra. E Gesù gli disse: "Guar­dati dal dirlo ad alcuno; ma va', mostrati al sacerdote e fa' l'offerta prescrit­ta da Mosè in testimonianza per essi».

 

Mt 7, 21-23 [Lc 6, 46]. «[Or perché mi chiamate: "Signore, Signore" e non fate quel che vi dico?] Non chi mi dice: "Signore, Signore" entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel regno dei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Si­gnore, Signore, non abbiamo noi profetato in nome tuo, e in nome tuo cac­ciato i demoni, e non abbiamo nel tuo nome fatto molti prodigi?", E allora io dirò chiaramente ad essi. “ Non vi conobbi mai; andatevene da me voi tutti, operatori d’iniquità”.

 

 

 

Da “ L’ Evangelo come mi è stato rivelato” di M. Valtorta

Discorso della Montagna

La missione degli apostoli e dei discepoli

22 maggio 1945

 

 

………..

Gesù si siede su un masso e si raccoglie in meditazione. E così sta finché lo scalpiccio dei passi sul sentiero non lo fa av­vertito che gli apostoli sono di ritorno. La sera si fa vicina. Ma su quell'altura ancora il sole persiste traendo odore da ogni erba e fioretto. Dei mughetti selvaggi odorano forte e gli alti steli dei narcisi scuotono le loro stelle e i loro bocci come per chiamare le rugiade.

Gesù si alza in piedi e saluta col suo: « La pace sia con voi. Sono molti i discepoli che salgono con gli apostoli. Isacco li capitana col suo sorriso d'asceta sul volto sottile. Si affolla­no tutti intorno a Gesù che sta salutando particolarmente Giu­da Iscariota e Simone lo Zelote.

 “Vi ho voluti tutti con Me, per stare qualche ora con voi soli e per parlare a voi soli. Ho qualcosa da dirvi per preparar­vi sempre più alla missione. Prendiamo il cibo e poi parlere­mo, e nel sonno l'anima continuerà ad assaporare la dottrina”.

Consumano la parca cena e poi si stringono a cerchio in­torno a Gesù seduto su un pietrone. Sono un centinaio circa, forse più, fra discepoli e apostoli. Una corona di volti attenti che la fiamma di due fuochi rischiara bizzarramente.

Gesù parla piano, gestendo pacato, col viso che pare più bianco, emergente come è dall'abito azzurro cupo e al raggio della luna novella che scende proprio dove è Lui, una piccola virgola di luna nel cielo, una lama di luce che carezza il Pa­drone del Cielo e della terra.

 “Vi ho voluti qui, in disparte, perché siete i miei amici. Vi ho chiamati dopo la prima prova fatta dai dodici, e per al­largare il cerchio dei miei discepoli operanti e per udire da voi le prime reazioni dell'essere diretti da coloro che Io do a voi come miei continuatori. So che tutto è andato bene. Io sorreg­gevo con la preghiera le anime degli apostoli usciti dall'ora­zione con una forza nuova nella mente e nel cuore. Una forza che non viene da studio umano ma da completo abbandono in Dio.

Coloro che più hanno dato sono coloro che più si sono di­menticati.

Dimenticare se stessi è ardua cosa. L'uomo è fatto di ricor­di, e quelli che più hanno voce sono i ricordi del proprio io. Bi­sogna distinguere fra l'io e l’io. Vi è lo spirituale io dato dall'anima che si ricorda di Dio e della sua origine da Dio, evi è l'io inferiore della carne che si ricorda di mille esigenze che tutto abbracciano di se stessa e delle passioni e che — poiché sono tante voci da fare un coro — e che soverchiano, se lo spi­rito non è ben robusto, la voce solitaria dello spirito che ricor­da la sua nobiltà di figlio di Dio. Perciò — meno che per que­sto ricordo santo che bisognerebbe sempre più aizzare e tene­re vivo e forte — perciò per essere perfetti come discepoli biso­gna sapere dimenticare se stessi, in tutti i ricordi, le esigenze, le pavide riflessioni dell'io umano.

In questa prima prova, fra i miei dodici, coloro che hanno più dato sono coloro che più si sono dimenticati. Dimenticati non solo per il loro passato, ma anche nella loro limitata personalità. Sono coloro che non si sono più ricordati di ciò che erano e si sono talmente fusi a Dio da non temere. Di nulla.

Perché le sostenutezze di alcuni? Perché si sono ricordati i loro scrupoli abituali, le loro abituali considerazioni, le loro abituali prevenzioni. Perché le laconicità di altri? Perché si sono ricordati le loro incapacità dottrinali e hanno temuto di fare brutte figure o di farmele fare. Perché le vistose esibizio­ni di altri ancora? Perché questi si sono ricordati le loro abi­tuali superbie, i desideri di mettersi in vista, di essere applau­diti, di emergere, di essere " qualcosa ". Infine, perché l'improvviso svelarsi di altri in una rabbinica oratoria sicura, per­suasiva, trionfale? Perché questi, e questi soli — così come quelli che fino allora umili e cercanti di passare inosservati e che al momento buono hanno saputo di colpo assumere la dignità dì primato a loro conferita e non mai voluta esercitare per te­ma di troppo presumere — hanno saputo ricordarsi di Dio. Le prime tre categorie si sono ricordate dell'io inferiore. L'altra, la quarta, dell'io superiore, e non hanno temuto. Sentivano Dio con sé, Dio in sé, e non hanno temuto. Oh! santo ardimento che viene dall'essere con Dio!

Or dunque ascoltate, e voi e voi, apostoli e discepoli. Voi apostoli avete già sentito questi concetti. Ma ora li capirete con più profondità. Voi discepoli non li avete ancora uditi o ne avete udito frammenti. E vi necessita di scolpirveli nel cuo­re. Perché Io sempre più vi userò, dato che sempre più cresce il gregge dì Cristo. Perché il mondo sempre più vi assalirà, crescendo in esso i lupi contro Me Pastore e contro il mio greg­ge, ed Io voglio mettervi in mano le armi di difesa della Dot­trina e del gregge mio. Quanto basta al gregge non basta a voi, piccoli pastori. Se è lecito alle pecore di commettere erro­ri, brucando erbe che fanno amaro il sangue o folle il deside­rio, non è lecito che voi commettiate gli stessi errori, portan­do molto gregge a rovina. Perché pensate che là dove è un pa­store idolo periscono per veleno le pecore o per assalto di lupi.

Voi siete il sale della terra e la luce del mondo. Ma se fal­liste alla vostra missione diverreste un insipido e inutile sale. Nulla più potrebbe ridarvi sapore, posto che Dio non ve l' ha potuto dare, posto che avendolo avuto in dono voi lo avete dis­salato lavandolo con le insipide e sporche acque dell'umanità, addolcendolo con il corrotto dolciore del senso, mescolando al puro sale di Dio detriti e detriti di superbia, avarizia, gola, lus­suria, ira, accidia, di modo che risulta un granello di sale ogni sette volte sette granelli di ogni singolo vizio. Il vostro sale allora non è che una mescolanza di pietre in cui si sperde il misero granello sperduto, di pietre che stridono sotto il dente, che lasciano in bocca sapore di terra e fanno ripugnante e sgra­dito il cibo. Neppur più per usi inferiori è buono, che farebbe nocumento anche alle missioni umane un sapere infuso nei set­te vizi. E allora il sale non serve che ad essere sparso e calpe­stato sotto i piedi incuranti del popolo. Quanto, quanto popolo potrà calpestare così gli uomini di Dio! Perché questi vocati avranno permesso al popolo di calpestarli incurante, dato che non sono più sostanza alla quale si accorre per avere sapore di elette, di celesti cose, ma saranno unicamente detriti.

Voi siete la luce del mondo. Voi siete come questo culmine che fu l'ultimo a perdere il sole ed è il primo a inargentarsi di luna. Chi è posto in alto brilla ed è visto perché l'occhio an­che più svagato si posa qualche volta sulle alture. Direi che l'occhio materiale, che viene detto specchio dell'anima, riflet­te l'anelito dell'anima, l'anelito inavvertito spesso ma sempre vivente finché l'uomo non è un demone, l'anelito dell'alto, dell’alto dove la istintiva ragione colloca l'Altissimo. E cercando i Cieli alza, almeno qualche volta nella vita, l'occhio alle altezze.

Vi prego di ricordarvi di ciò che facciamo tutti, fin dalla fanciullezza, entrando in Gerusalemme. Dove corrono gli sguar­di? Al monte Moria, incoronato dal trionfo dì marmo e oro del Tempio. E che, quando siamo nel recinto dello stesso? Di guar­dare le cupole preziose che splendono al sole. Quanto bello è nel sacro recinto, sparso nei suoi atri, nei suoi portici e corti­li! Ma l'occhio corre lassù. Ancora vi prego ricordarvi di quando si è in cammino. Dove va il nostro occhio, quasi per dimen­ticare la lunghezza del cammino, la monotonia, la stanchez­za, il calore o il fango? Alle cime, anche se piccole, anche se lontane. E con che sollievo le vediamo apparire se siamo in una pianura piatta e uniforme! Qui è fango? Là è nitore. Qui è afa? Là è frescura. Qui è limitazione all'occhio? Là è ampiezza. E solo a guardarle ci sembra meno caldo il giorno, meno visci­do il fango, meno triste l'andare. Se poi una città splende in cima al monte, ecco che allora non vi è occhio che non l'ammi­ri. Sì direbbe che anche un luogo da poco si abbelli se si posa, quasi aereo, sul culmine di una montagna. Ed è per questo che nella vera e nelle false religioni, sol che si sia potuto, si sono posti i templi in alto e, se un colle od un monte non c'era, si è fatto ad essi un piedestallo dì pietre, costruendo a fatica di braccia l'elevazione su cui posare il tempio. Perché si fa que­sto? Perché si vuole che il tempio sia visto per richiamare con la sua vista il pensiero a Dio-

Ugualmente ho detto che voi siete una luce. Chi accende un lume a sera in una casa dove lo mette? Nel buco sotto il forno? Nella caverna che fa da cantina? O chiuso dentro un cassapanco? O anche semplicemente e solamente lo si oppri­me col moggio? No. Perché allora sarebbe inutile accenderlo. Ma si pone il lume sull'alto dì una mensola, o lo si appende al suo portalume perché essendo alto rischiari tutta la stanza e illumini tutti gli abitanti in essa. Ma appunto perché ciò che è posto in alto ha incarico di ricordare Iddio e di fare luce, de­ve essere all'altezza del suo compito.

Voi dovete ricordare il Dio vero. Fate allora di non avere in voi il paganesimo settemplice. Altrimenti diverreste alti luo­ghi profani con boschetti sacri a questo o quel dio e trascine­reste nel vostro paganesimo coloro che vi guardano come tem­pli di Dio. Voi dovete portare la luce di Dio. Un lucignolo sporco, un lucignolo non nutrito di olio, fuma e non fa luce, puzza e non illumina. Una lampada nascosta dietro un quarzo sudicio non crea la leggiadria splendida, non crea il fulgido giuoco della luce sul lucido minerale. Ma langue dietro il velo di nero fu­mo che fa opaco il diamantifero riparo.

La luce di Dio splende là dove è solerte la volontà a pulire giornalmente dalle scorie che lo stesso lavoro, coi suoi contat­ti, e reazioni, e delusioni, produce. La luce di Dio splende là dove il lucignolo è immerso in abbondante liquido di orazione e di carità. La luce di Dio si moltiplica in infiniti splendori, quante sono le perfezioni di Dio delle quali ognuna suscita nel santo una virtù esercitata eroicamente, se il servo di Dio tie­ne netto il quarzo inattaccabile della sua anima dal nero fu­mo di ogni fumigante mala passione. Inattaccabile quarzo. Inat­taccabile! (Gesù tuona in questa chiusa e la voce rimbomba nell'anfiteatro naturale).

Solo Dio ha il diritto e il potere di rigare quel cristallo, di scriverci sopra col diamante del suo volere il suo santissimo Nome. Allora quel Nome diviene ornamento che segna un più vivo sfaccettare di soprannaturali bellezze sul quarzo purissimo. Ma se lo stolto servo del Signore, perdendo il controllo di sé e la vista della sua missione, tutta e unicamente sopranna­turale, si lascia incidere falsi ornamenti, sgraffi e non incisio­ni, misteriose e sataniche cifre fatte dall'artiglio di fuoco di Satana, allora no, che la lampada mirabile non splende più bella e sempre integra, ma si crepa e rovina, soffocando sotto i detriti del cristallo scheggiato la fiamma, o se non si crepa fa un groviglio di segni di inequivocabile natura nei quali si deposita la fuliggine e si insinua e corrompe.

'Guai, tre volte guai ai pastori che perdono la carità, che si rifiutano di ascendere giorno per giorno per portare in alto il gregge che attende la loro ascesi per ascendere. Io li percuo­terò abbattendoli dal loro posto e spegnendo del tutto il loro fumo.

Guai, tre volte guai ai maestri che ripudiano la Sapienza per saturarsi di scienza sovente contraria, sempre superba, talora satanica, perché li fa uomini mentre - udite e ritenete - mentre se ogni uomo ha destino di divenire simile a Dio, con la santificazione che fa dell'uomo un figlio di Dio, il mae­stro, il sacerdote ne dovrebbe avere già l'aspetto dalla terra, e questo solo, di figlio di Dio. Di creatura tutt'anima e perfe­zione dovrebbe avere aspetto. Dovrebbe avere, per aspirare a Dio i suoi discepoli. Anatema ai maestri di soprannaturale dot­trina che divengono idoli di umano sapere.

Guai, sette volte guai ai morti allo spirito fra i miei sacer­doti, a quelli che col loro insapore, col loro tepore di carne mal viva, col loro sonno pieno di allucinate apparizioni di tutto ciò che è fuorché Dio uno e trino, pieno di calcoli di tutto ciò che è fuorché soprumano desiderio di aumentare le ricchezze dei cuori e di Dio, vivono umani, meschini, torpidi, trascinando nelle loro acque morte quelli che li seguono credendoli " vita ". Maledizione di Dio sui corruttori del mio piccolo, amato gregge. Non a coloro che periscono per ignavia vostra, o inadem­pienti servi del Signore, ma a voi, di ogni ora e di ogni tempo, e per ogni contingenza e per ogni conseguenza. Io chiederò ragione e vorrò punizione.                       Ricordatevi queste parole. Ed ora andate. Io salgo sulla cima. Voi dormite pure. Domani, per il gregge, il Pastore aprirà i pascoli della Verità”.

 

 

Il dono della Grazia e le beatitudini.

24 maggio 1945.

 

Gesù paria agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano e Erma.

L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il so­le, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida.

……

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Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare.

<< Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predica­zione: " Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il .Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sap­piamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti ".

Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura.

Altri ancora mi hanno chiesto: " Va bene. Questo è il Re­gno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello? ". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'ani­ma vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Leg­ge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime.

Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di im­mensa bontà.

Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal pecca­to d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vo­stri e altrui — facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa — non possono elevarsi a contemplare le in­finite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza super­bie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamen­te d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore!

I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più igno­ranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito. Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro cor­po, Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell’uomo.

Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al san­gue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito. E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelli­genza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, cosi dette i doni morali con la soggezione del senso al la ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la mal­vagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'a­marsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. Per­ché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio.

             La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualìssima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Gra­zia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del pec­cato, e chi morto non è " vive " nella casa del Padre: il Paradi­so; nel regno mio: il Cielo. Cosa è questa Grazia che santifica e che da Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si da ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso.

Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non de­rubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio. Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, ne sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua mi­sura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé — non lo potrebbe perché è già l'Infinito — ma per il Creato, sua crea­tura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato dì creature contiene, onde vi da la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano infinito dove Dio è; nel Cielo.

Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! Voi siete, ne vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. Voi sarete, ne vi sarà data al vostro essere termi­ne, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. Voi vi­vete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quel­la santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno.

Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: " Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente di­cendoci già uni con Dio ". Sì, la Colpa è; si, la separazione è.

Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione cru­dele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l’ ho afferrata e la scrollo ed essa va­cilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete.

Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santifi­cazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la li­bertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fra­tello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.

" Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più do!ce via che non la severa del Sinai? " voi dite.

Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non at­traverso il colore della minaccia, ma attraverso il colore dell’amore. Non diciamo: Guai se non farò questo! " rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non pec­care. Ma diciamo: " Beato me se farò questo! " e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate dall'osservanza della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine.

Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!

Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!

Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione per­ché sarò consolato!

Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di giustizia. La Giustizia mi sazierà!

Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divi­na misericordia!

Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io lo vedrò!

Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chia­mato suo figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!

Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, per­ché a compensarmi delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!

Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi de­ve venire da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa ragione perseguitati, e coi qua­li io credo fermamente di condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio! ".

 

Guardiamo cosi la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.

 

“ Beato me se sarò povero di spirito”.

 

Oh! delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu por­ti! Nei ricchi, nei poveri. Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato, il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche non fa materiale omici­dio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi, desiderando loro male d'ogni sorta. Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo. Colui che maledice augurando scia­gure e morti non è molto dissimile da colui che materialmen­te uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto tratte­nuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso. Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché per­mane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'at­to stesso.

Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua santificazione poiché ne fa amore. Amato e bene­detto, egli è simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi dare per solleva­re le disperazioni. Se è povero, è lieto nella sua povertà, e man­gia il suo pane dolce della ilarità del libero dall'arsione dell'o­ro, e dorme il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare sempre leggero se viene fatto sen­za avidità e invidia.

Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale. Nell'oro sono comprese non solo le mone­te ma anche le case, i campi, i gioielli, i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita. Nelle af­fezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie intellettuali, le cariche pubbliche. Come vedete, se per la pri­ma categoria il povero può dire: " Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché io sono povero e perciò a posto per forza ", per la seconda anche il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca.

Voi direte: " Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: ' Amerai il tuo prossimo co­me tè stesso? ' .

Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la spo­sa e il prossimo, ma nella misura che Dio ha dato: " come noi stessi ". Mentre Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è nell'uomo: amore di fi­glio, amore di sposo, amore di amico e, oh! non vi scandalizza­te! e amore di padre. Sì, per l'interesse di Dio dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoc­cupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita nel mondo.

L'amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non sono un male e non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene. E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità Dio, mostra di non avere un attaccamento peccamino­so ad esse. Pratica allora la santa povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio, ossia avere il Re­gno dei Cieli.

 

“ Beato me se sarò mansueto ".

 

Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera. I non mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è vero trionfo? No. E paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota, ma che in real­tà non è che velo messo sul ribollire di ribellione contro il ti­ranno. Non possiedono i cuori dei famigliari, ne dei concitta­dini, ne dei sudditi, coloro che sono iracondi e prepotenti. Non piegano intelletti e spiriti alle loro dottrine quei maestri dell’ " ho detto e ho detto ". Ma solo creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte chiuse di una sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è oppo­sta a quella che viene loro imposta.

Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla con­quista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile, amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino ad un assalto fe­roce tanto marciano con irruenza e intransigenza contro le ani­me... Oh! povere anime! Se fossero sante non avrebbero biso­gno di voi, sacerdoti, per raggiungere la Luce. L'avrebbero già in sé. Se fossero giusti non avrebbero bisogno di voi giudici per essere tenuti nel freno della giustizia, l'avrebbero già in sé. Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura. Siate dun­que mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la mansuetudine è amore, così come lo è la povertà di spirito.

Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo, già prima di Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto l'odio e la superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio, perché voi sarete giusti che riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Qua­le va dato lode e benedizione e reso tutto quanto è suo.

 

 “Beato me se saprò piangere senza ribellione ".

 

Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all’uomo. II dolore non era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si studia di sempre più aumen­tarlo, con tutti i modi. Oltre le malattie e le sventure conse­guenti da fulmini, tempeste, valanghe, terremoti, ecco che l'uo­mo per soffrire, e per far soffrire soprattutto — perché vorrem­mo solo che gli altri soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire — ecco che l'uomo escogita le armi micidiali sempre più tremende e le durezze morali sempre più astute. Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del suo segreto re che è Satana! Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una menomazione ma una perfezione dell'uomo.

L'uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superfi­ciale, è un nato di tardivo intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. Solo coloro che piangono, o che hanno pianto, sanno amare e capire. Amare i fratelli ugual­mente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché hanno compreso che tutto è dolore fuorché Dio, per­ché hanno compreso che il dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno compreso che il pianto rassegnato che non spezza la fede,  che non inaridisce la preghiera, che è ver­gine di ribellione, muta natura, e da dolore diviene conso­lazione.

Sì. Coloro che piangono amando il Signore saranno con­solati.

 

" Beato me se avrò fame e sete di giustizia ".

 

Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo ten­de avido al cibo. Apre la bocca alla nascita per afferrare il ca­pezzolo, apre le labbra per inghiottire ristoro nelle strette dell’'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme capez­zolo dal quale insaziabilmente succhia, succhia per ciò che muo­re. Ma che è l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti anni. Ma non cessa la sua vita col mu­tare della sua dimora.

Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è il gheri­glio. Non è il guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce. Se seminate un guscio di noce non nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero. Così è l uomo. Non è la carne che diviene immortale, è l'anima. E va nu­trita per portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà la carne nella risurrezione beata. Nutrimento dell’'anima è la Sapienza, è la Giustizia. Come liquido e cibo esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza e di conoscere la Giu­stizia.

Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di que­sta santa fame sarà saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e il nato al Paradiso si sazierà della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non cono­scerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno divino. Nes­suna scienza umana equivale a questa divina. La curiosità del­la mente può essere appagata, ma la necessità dello spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova disgusto e tor­ce la bocca dall'amaro capezzolo, preferendo soffrire la fame all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio.

Non abbiate timore, o sitibondi, o affamati di Dio! Siate fe­deli e sarete saziati da Colui che vi ama.

 

" Beato me se sarò misericordioso ".

 

Chi fra gli uomini può dire: " Io non ho bisogno di miseri­cordia "? Nessuno. Ora se anche nell'antica Legge è detto:

" Occhio per occhio e dente per dente ", perché non deve dirsi nella nuova: " Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia”?

 Tutti hanno bisogno di perdono.

Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della mi­sericordia. Che se fu imposto il sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a ba­se di ogni male ancora si trovano sempre due radici; l'avidità e la superbia. L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell’'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: " Io celebro questo sacrificio perché ho peccato ", È fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini.

Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive. Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: " Io sono puro e non scendo fra i peccatori ". Non dite: " Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui ". Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla sa­rebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristal­lo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non potete più te­nerlo nascosto. Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia.

 

" Beato me se sarò puro di cuore ".

 

 Dio è Purezza. Il Paradiso è regno di Purezza. Niente di im­puro può entrare in Cielo dove è Dio. Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di Dio. Ma, oh! gioia! Anticipa­ta gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché Dio si curva sul puro e l'uo­mo dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: " Io sono con Te e Tu in me, onde io ti possiedo e conosco come sposo amabilissimo dell'anima mia ". E, crede­telo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a se stesso, muta­menti sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono parole, e i suoi atti assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di Dio che vive in essa.

Cosa è la vita di colui che vede Dio? Beatitudine, E vorre­ste privarvi di simile dono per fetide impurità?

 

" Beato me se avrò spirito di pace ". 

                

 La pace è una delle caratteristiche di Dio. Dio non è che nella pace. Perché la pace è amore, mentre la guerra è odio. Satana è Odio. Dio è Pace. Non può uno dirsi figlio di Dio, ne può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non solo. Ma neppure può dirsi figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse, non contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da altri. Colui che è pacifico effonde la pace anche senza parole. Padrone di sé e, oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il suo lume, come un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si fa luce fra le nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei livori e si cal­mano le onde infuriate delle liti, per quest'olio soave che è lo spirito di pace emanato dai figli di Dio.

Fate che Dio e gli uomini vi possano chiamare così.

 

“ Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia”

 

 L'uomo è tanto insatanassato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la fede del creden­te vero fa apparire ancora più viva la ipocrisia del falso cre­dente. Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col suo modo di vivere è un continuo testimoniare la giu­stizia. E allora, ecco, che si infierisce sugli amanti della giu­stizia.

Anche qui è come per le guerre. L'uomo progredisce nell’arte satanica del perseguitare più che non progredisca nell’arte santa dell'amare. Ma non può che perseguitare ciò che ha breve vita. L'eterno che è nell'uomo sfugge all'insidia, e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecu­zione. La vita fugge dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il perseguitato. Ma il sangue fa la por­pora del re futuro e gli stenti sono tanti scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli.

 

" Beato se sarò oltraggiato e calunniato ".       

     

 Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode. Ma dove però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per dare ad essi il premio promesso ai benedetti da Dio.

Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno le porte dei cielii, come imponenti re, es­si entreranno nella Città di Dio, e li inchineranno gli angeli, cantando di gioia. Pure voi, pure voi, oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tem­po sarà finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà cara, perché per essa avrete conquistato que­sta gloria eterna che in nome del Padre Io vi prometto.

Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i ma­lati acciò li soccorra nelle loro pene. La pace sia con voi e la meditazione della salvezza, attraverso all'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo >>.

 

 

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