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XII Domenica Natività di S.Giovanni Battista 24 giugno 2001

Il testo lucano scelto per la solennità della natività del Battista, nella versione data per la messa del giorno, apre la scena sulla nascita di Giovanni: "Per Elisabetta si compirono i giorni del parto e diede alla luce un figlio".

Nella lettura della vigilia si metteva in risalto come Zaccaria, il padre di Giovanni, e Elisabetta non fossero più in grado di generare poiché, l'uno, perlomeno, troppo avanti negli anni, l'altra, già da sempre sterile. Coloro che portavano nel nome il segno della fecondità di Dio, fecondità ad ampio raggio che riguardava non solo la possibilità di generare discendenza, ma anche di crearne le condizioni ottimali di vivibilità, Zaccaria appunto, cioè "Dio ricorda [le promesse che certamente mantiene] e Elisabetta, "Dio è perfetto" [sappiamo che la perfezione di Dio, nella bibbia, si esprime prima di tutto nella sua affidabilità], costoro nella carne non riuscivano più ad offrire la giusta risposta al Dio della vita.

La discendenza, la possibilità che un uomo e una donna concepiscano una nuova storia che con le proprie scelte potrà determinare il corso dei tempi futuri, rappresenta come "l'altra possibilità" per la quale avverrà il mio riscatto così come quello dei miei fratelli. In essa la schiavitù del peccato e l'oppressione politica hanno come una via di scampo. Zaccaria ed Elisabetta vivono una relazione che non rispetta questo piano di fecondità.

Ecco perchè Dio, il Dio "che ricorda", interviene nel destino di Zaccaria e di Elisabetta e con essi, di tutto il popolo, per ridare fecondità ad un destino ormai segnato dal declino. Questo è "Yohanan", il dono di Dio, Giovanni. "Volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria", ma nel giorno della circoncisione si affaccia sulla storia un segno nuovo"Si chiamerà Giovanni".
L'assemblea ancora non comprende "Ma non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome" tuttavia ciò che all'uomo era impossibile, Dio l' ha compiuto. Yohanan non rappresentaun inizio assoluto rispetto al passato, né rappresenta una totale continuità. Esso è "dono di Dio" in quanto ricostituisce con forza un antico patto d'Alleanza, perlomeno ne prepara l'avvento, in tutta la sua originaria autenticità.
L'azione successiva, mette in scena Zaccaria, che durante la precedente visita dell'angelo era stato reso muto, poichè non aveva creduto alla promessa fattagli, sulla nascita di un figlio. Come da copione, Zaccaria, nel momento stesso in cui è in grado di far conoscere il nome del figlio, riprende a parlare "benedicendo Dio". E' tornato il momento di testimoniare l'opera del Dio che ricorda di fronte allo sguardo attonito di chi osserva il miracolo della parola. Zaccaria significa nuovamente tutto il senso del nome che porta.
Dio è colui che ricorda, ma tale memoria non può che mantenersi viva se non attraverso la parola che ne tramanda la ricchezza di verità per l'esistenza del popolo. Zaccaria in questo momento è un profeta perlomeno quanto lo sarà il figlio Giovanni, profeta che pro-ferisce la meraviglia che si è compiuta in quel momento per Israele: la sterilità è stata vinta dalla fecondità di Dio: "davvero la mano del Signore stava con lui".

Ricapitolando:

1) Due piani si intersecano nella narrazione: il piano del Dio della vita; il piano sterile dell'uomo.

2) L'uomo creato e salvato per essere fecondo, non risponde adeguatamente a questo piano; Dio interviene e ristabilisce il patto già da sempre voluto restituendo la fecondità perduta.

3) Con la fecondità della vita e dentro l'orizzonte della fecondità che Dio prepara per il popolo, la parola riacquista il suo carattere profetico: risignifica annuncio di Salvezza.

Antonio Siena

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A cura di
Antonio Siena

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