Presenze Artistiche1
Questa chiesetta minorica, sul piano artistico, nonostante le dispersioni operate nei secoli, custodisce diverse opere di pittura, ma soprattutto di intaglio, tanto da formare un piccolo museo d’arte francescana.
Il Verbale di Consegna degli arredi sacri, oggetti preziosi, mobili inservienti al culto già appartenenti alla Chiesa dei Riformati di Taviano, compilato dall’ex sindaco Vitantonio Piccinni per il suo successore Pietro Portaccio il giorno 8 gennaio 1870 e ora custodito nell’Archivio Vescovile della Curia di Nardò, elenca “Quadri in tela di nessun pregio rappresentanti S. Antonio, S. Pasquale, S. Bonaventura, S. Francesco d’Assisi, S. Vincenzo, S. Pietro d’Alcantara, la Madonna di Costantinopoli, S. Giuseppe, le Anime, S. Bonaventura (sic), S. Ludovico, la Buona Morte, la Porziuncola e l’Immacolata. Quattro quadretti in legno di nessun valore, quattordici quadri di tela della Via Crucis, la Statua dell’Immacolata, di S. Antonio, altra di S. Antonio, di S. Filomena, del Cristo Morto, dell’Addolorata”.
Del quadro di S.Antonio da Padova rimane solo memoria nel verbale, tuttavia dalla Nota dei conventi del 1664 si deduce che i frati minori di Taviano, nel far disegnare il sigillo del convento, non si ispirarono alla statua lignea di S.Antonio da Padova che si trova sull’omonimo altare e che per fattura è posteriore, ma all’immagine dell’antico quadro che, dalla descrizione del timbro, doveva rappresentare il Santo mentre reggeva con la mano destra il Bambino Gesù e con la sinistra il giglio.
Il verbale, inoltre, manca di completezza e di chiarezza e non elenca il piccolo coro inferiore, poi scomparso, che era sistemato dietro l’abside ed era formato da sedici stalli. Deve considerarsi anche perduto il retablo ligneo dell’altare maggiore, di cui rimane solo parte del tabernacolo .
Nello stesso vano del coro inferiore, sulle pareti ancora resistono tracce di affreschi della pima metà del Settecento, che raffigurano scene di Martiri Francescani : S.Girolamo , S.Pietro Ascanio , S.Francesco di Bruxelles , S.Antonio di Norvari , S.Cornelio e S.Dano .
Attualmente adornano l’abside, al centro una tela raffigurante l' Indulgenza della Porziuncola e quattro tele ovali che raffigurano S. Giovanni di Capestrano, S. Giacomo della Marca, S. Anna con la Vergine Infante e S. Giuseppe. Si tratta di quadri di anonimi degli ultimi decenni del XVII e degli inizi del XVIII secolo.
Sul lato di sinistra dell’abside dominano la t dominano la tela di S. Bonaventura con S. Ludovico di Tolosa del XVII che dai raffronti stilistici è da attribuire a fr. Giacomo da San Vito e due lunette laterali che raffigurano la Dormitio di S. Giuseppe e la Vergine col Bambino e anime purganti, del secolo XVIII.
Sul lato di destra della medesima abside, al centro è fissata la tela di S. Pietro d’Alcantara, mentre nelle lunette laterali sono incastonate le tele di S. Michele Arcangelo e di S. Tommaso d’Acquino, del secolo XVII. Anche la tela di S. Pietro d’Alcantara deve essere attribuita a fr. Giacomo da San Vito. Questo lavoro, anche nei particolari, ripete l’analogo soggetto che il pittore sanvitese propose nella chiesetta di S. Rocco a Matera nel 1661.
La pala centrale dell’altare maggiore era originariamente costituita da una grande tela ora sistemata nella prima campata di sinistra presso la porta d’ingresso, attribuita a fr. Francesco da Martina che rappresenta la Madonna col Bambino. In questo quadro, che oggi si presenta munito del sigillo napoleonico, il pittore raffigura la Vergine mentre stringe fra le braccia il Bambino. Dai capelli biondi e ricciuti, attorniata da angeli, di cui due reggono una corona. Come emerge dalla composizione e dai valori pittorici, nel presente lavoro fr. Francesco da Martina ha replicato nel disegno la figura della Madonna del Carmine da lui dipinta nelle chiese francescane di Castellaneta, di Mandria, di Soleto e di Mesagne. Sulla base dei dati cronologici relativi all’attività del pittore martinese, si può sostenere che esso si ricolleghi alle origini della chiesa francescana e che quindi sia stato commissionato pochi anni dopo il 1643.
La chiesa possiede ancora, custodite nella navata laterale,una tela di scarso valore raffigutante S.Giuseppe, una tela raffigurante S.Oronzo in cui l’artista si è ispirato al dipinto omonimo eseguito da G. A. Coppola per il duomo di Lecce nel 1656 ed una tela dell’Ecce Homo lavorara da un pittore anonimo della prima metà del Settecento e tele raffiguranti Miracoli di S.Antonio collocate sulla retrofacciata: S.Antonio guarisce un bambino e l'avaro vede l'inferno.
Inoltre allocati lungo la navata centrale troviamo quattordici quadretti della Via Crucis. Si tratta di piccole tele anonime del secolo XVIII inserite molto armonicamente nel disegno architettonico della chiesa che rappresentano un chiaro esempio del gusto artistico delle maestranze al tempo della costruzione del Convento. Questa Via Crucis è stata ora privata delle croci (perdendo il suo significato religioso ma mantenendo intatto il valore artistico), in seguito alla donazione da parte del sig. Ettore di Mattina di un’altra Via Crucis che la prof.ssa Ada Frassanito, docente di storia dell’arte, nella relazione compilata a Lecce il 15.10.1992 così descrive: “ Si tratta di un ciclo pittorico di notevole qualità artistica, relativo alle quattordici stazioni della Via Crucis.
L’opera, che proviene dal mercato artigiano inglese, è inscrivibile nel primo ventennio del secolo XIX e costituisce un’alta espressione delle tendenze culturali, sia letterarie che artistico-visive europee in auge a cavallo tra i secoli XVIII eXIX: in particolare tali tendenze rivelano un gusto di “revival” di tipo neoclassico e neogotico.
Per quanto riguarda la nostra opera, il gusto neoclassico lo si ritrova nello stile dei dipinti, ottenuti con la tecnica dei colori ad olio su rame; il gusto neogotico, invece, lo si rinviene nelle belle cornici coeve, in legno laccato con alcune parti dorate che li ospitano.
L’autore dei dipinti, che risultano di assai pregevole fattura, si mostra vicino nello stile ai coevi gruppi di artisti che, come lui, si ispiravano ai nostri grandi del passato (soprattutto all’arte di tipo classico di Raffaello, ricca tuttavia di sentimento religioso); i Preraffaelliti, che operarono in Inghilterra (e tra i quali fu il nostro italiano Dante Gabriele Rossetti) e i Nazareni (1810) e i Puristi (1840) che operarono a Roma.
Lo stato di conservazione dell’opera risulta molto buono”.
Di qualche interesse artistico è il pannello ligneo dell’antico organo che reca sul fastigio lo stemma dei Caracciolo e che ora è collocato sulla cantoria insieme ad un organo elettronico a tre tastiere, con pedaliera radiale a trentadue note.
Dire degli altari non è facile, perché nessuna descrizione renderebbe giustizia piena dell’immagine, tanta è la ricchezza degli ornati di colonne, lesene e trabeazioni, opera dei Maestri della Serafica Riforma di Puglia, che, a detta di storici ed esperti di arte sacra, costituiscono una delle raccolte di legno intagliato più importanti della nostra regione.
L’ altare maggiore è ora dedicato alla Madonna Addolorata e risale alla fine del XVII secolo. Realizzato in pietra leccese e stucchi si trova nel Presbiterio sul muro terminale della navata. Era stato dichiarato privilegiato quotidiano nel 1788 come risulta dall’iscrizione che appare sul riquadro sovrastante la nicchia della Madonna:
“Alt.Priv.Quotid./Pr.Sac.Nost.Ord.Perp./A.D.MDCCLXXXVIII/Re…Acd.”
La nicchia che ospita il Simulacro della Vergine è centinata e fiancheggiata da due colonne in pietra, lisce e rastremate, decorate con stucchi dorati nel terzo inferiore e nei capitelli.
Sul medesimo altare si può ammirare un bellissimo tabernacolo magistralmente intagliato, privo purtroppo della cupola, andata perduta, e ritenuto opera di fr. Giuseppe da Soleto. Recentemente si è ritenuto opportuno procedere alla rimozione di colpevoli incrostazioni e a mezzo di un intelligente lavoro di restauro restituirgli l’antico splendore.
Figurano anche due stemmi appartenenti l’uno ai De Franchis e l’altro ai Caracciolo.
Oltre che sul tabernacolo sono stati effettuati altri interventi di restauro ad opera dello stesso maestro restauratore, il prof. Francesco Fiorentino, i quali hanno messo in evidenza scudi e fregi con il rinnovo della doratura e, dove possibile, con la semplice ripulitura e ripristino di quella esistente.
Oltre all’altare maggiore la chiesa è adornata da altri cinque altari laterali. Dietro la scorta dei valori interpretativi, costituiti dai retablos scolpiti a Gallipoli, dobbiamo ritenere che il maestro fr. Francesco Maria da Gallipoli e la sua scuola lavorarono gli altari poco prima del 1724.
Nella terza cappella destra troviamo l’altare intitolato alla Madonna Immacolata che risale al XVII secolo. La parte superiore è formata da un retablo ligneo a modo di arco di trionfo sulla falsariga dei dossali di fr. Giuseppe da Soleto. Come si nota in uno scudo araldico che sovrasta la trabeazione, l’altare fu innalzato a devozione del procuratore dei frati Vito Cerniola. Il paliotto dell’altare è di pietra decorata da stucchi. L’altare accoglie in una nicchia una statua lignea della Madonna Immacolata scolpita nella prima metà del Settecento, forse proveniente da qualche bottega napoletana. Sotto la mensa un’altra nicchia ospita una statua lignea del Cristo Morto, opera di ignoto intagliatore del XVIII secolo. Fino a quando la statua dell’Addolorata è stata nella campata laterale, questo Cristo era custodito ai piedi di quella statua in una specie di sarcofago vetrato.
Nella quarta cappella destra era allocato l’altare di San Pasquale di Baylon. Lo smantellamento del retablo ligneo per consentirne il restauro nel corso dell’anno 2000 ha portato alla luce sulla parete alla quale era addossato uno splendido Affresco della Natività in buono stato di conservazione.
Il paliotto dell’altare è di pietra decorato da stucchi.
Nella struttura lignea dell’altare di S.Pasquale di Baylon, fr. Francesco Maria e la sua bottega svilupparono e contemperarono i valori floreali di superficie, disposti come una ricca cornice, con i motivi aggettanti di tue colonne tortili inghirlandate che reggono una trabeazione sormontata dallo scudo gentilizio dei De Franchis. La tela che raffigura San Pasquale di Baylon venne eseguita dopo il 1680, anno di canonizzazione di quel santo, poiché l’anonimo maestro lo riprende con l’aureola. Siccome nel 1719 morì Lorenzo de Franchis, marchese di Taviano, il feudo passò al suo parente Girolamo de Franchis, che nel 1723 lo vendette a Nicola caracciolo. Questi dati ci consentono di supporre che gli intagliatori francescani eseguirono il lavoro poco prima di quella data.
La scoperta dell’Affresco porterà necessariamente ad una diversa collocazione all’interno della chiesa dell’altare di S. Pasquale di Baylon.
Nella quinta cappella a destra troviamo l’altare dedicato a S. Francesco. Nel retablo ligneo di quest’altare, fr. Francesco Maria e i suoi discepoli ripresero il tema del retablo a fiorami e a colonne inanellate su valori di superficie, creando una sfarzosa cornice, fiancheggiata da due anfore fiorite. La composizione custodisce una tela con S. Francesco d’Assisi, riproduzione della pala lignea attribuita ad A. da Pordenone nella chiesa minoritica di Gallipoli. Il paliotto dell’ altare è di pietra decorato da stucchi.
Allocato nella quarta cappella sinistra è allocato l’altare di S. Filomena ora altare del Sacro Cuore . Qui fr. Francesco Maria e la sua equipe concepirono il dossale, applicando il paradigma dell’arco di trionfo. Sul fastigio campeggia il blasone dei Caracciolo. Prima nella nicchia accoglieva una modesta statua in cartapesta di S. Filomena recentemente restaurata e che ora si trova nella seconda cappella sinistra. Motivi di devozione popolare hanno fatto sì che venisse sostituita sull’altare da una statua del Sacro Cuore. Il paliotto dell’altare è di pietra decorato da stucchi.
Nella terza cappella sinistra troviamo l’altare dedicato a S. Antonio da Padova che la parte superiore in legno e il paliotto di pietra decorato da stucchi. Nel retablo ligneo attorno alla nicchia del santo, gli intagliatori minorici concepirono sistemi architettonici configurati da due colonne e da quattro lesene barocche, che reggono una ricchissima trabeazione, culminante nell’emblema francescano. Nella nicchia è venerata la statua lignea di S. Antonio da Padova con il Bambino Gesù, forse scolpita in una bottega napoletana nei primi decenni del secolo XVIII e recentemente restaurata. Prima dei restauri del 1970, ai lati, sui muri di fondo della cappella, erano affrescati due stemmi identici della famiglia Pignatelli.
E’ presente nella chiesa anche una statua di cartapesta raffigurante Padre Pio da Pietralcina realizzata nel 2001 dall’arista tavianese Francesco Pisanello.
1 Testi tratti dai seguenti volumi:
Mario De Marco Taviano dalle origini ai giorni nostr Ed. Del Grifo – Lecce
Benigno F. Perrone I Conventi della Serafica Riforma di San Nicolò in Puglia (1590-1835) vol. III Concedo Editore
Antonio Schito Cento anni con Maria 1894-1994 pubblicato per la celebrazione dell’anno centenario del Miracolo
verificatosi in Taviano nel febbraio 1894 e in distribuzione presso la parrocchia.