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Storia dei restauri

Alcune immagini dei "grandi restauri" del 2000.

LA CHIESA DI SAN GIORGIO

Della Chiesa di S.Giorgio si ignora la data di costruzione: si sa però che esisteva già nella seconda decade del secolo XIV (1300).

La primitiva chiesa di San Giorgio dovette essere piuttosto piccola se, già nel 1331, per volere di Obizzo I della Rosa venne ampliata e abbellita.

Nel 1571 fu restaurata per ordine di Enea Pio (lavori interrotti e ripresi nel 1584 quando fu allungata di un'arcata e conseguentemente fu rifatta la facciata e il volto). Nel 1585 fu dotata di un organo, che fu il primo installato in detta chiesa.

Nel 1626 fu fatto costruire, per ordine del Sig. Niccolò Carandini, l'oratorio delle Carandine perché vi avessero sepoltura i più poveri del luogo.

Nel 1626 furono riparati e ripuliti tutti gli altari; furono rifatte la scalinata e la balaustra del coro, fu rifatto il tetto e rinnovato il colore dei muri interni. Poi fu fatto eseguire dal Boulanger il quadro raffigurante il Santo Patrono con i compatroni, quadro che ancora si può vedere situato sopra l'altar maggiore.

E' del 1690/1691 la realizzazione del coro ligneo.

Il disegno del nuovo coro e nuovo presbiterio venne eseguito dall'architetto sassolese Antonio Paltrinieri. Costruì gli stalli dei canonici il falegname Domenico Parenti di Modena. Il prevosto invece fece fare il suo stallo dal falegname Paolo Levrini il quale, anziché eseguire il disegno del Paltrinieri ne eseguì uno di fra' Carlo Cavalieri, servita, secondo il qual disegno lo stallo del prevosto avrebbe dovuto alzarsi di un braccio su quello dei canonici.

Il campanile costruito nel 1495, era ridotto in cattivo stato e si sentì il bisogno di costruirne uno nuovo. Su disegno del servita fra' Carlo Guastati e di Antonio Paltrinieri venne costruito in soli quattro mesi, dal luglio 1697. Dopo solo quattro anni dalla sua costruzione questo campanile cominciò a mostrare crepe di un certo rilievo, tali da mettere in allarme il Parroco, i canonici e le autorità comunali che, dopo aver fatto esaminare la cosa, decisero di far murare l'armadio che era stato ricavato per conto della Congregazione del S.Rosario nel muro di detto campanile.

Sino ai primi anni del secolo XVIII il fonte battesimale della parrocchia era collocato entro la chiesa di S.Giorgio presso la porta principale. Ma sia il posto sia il modo con cui era sistemato non doveva apparire cosa degna di una collegiata. Fu allora deciso di costruire un nuovo Oratorio nel cimitero delle Carandine e trasportare ivi il fonte battesimale. I fondi per tale costruzione furono prelevati in misura di cento lire ciascuna delle casse del Monte di Pietà, Monte delle Farine e Ospedale dei Poveri, da un nuovo dazio imposto ai fornai.

I lavori furono portati a termine nel 1705.

Nel 1719 fu necessario far riparare il tetto della chiesa, ma poiché il tetto era molto rovinato risultò che la soluzione migliore era di rifarlo e, di conseguenza, si sarebbe poi dovuto far imbiancare anche i muri interni.

Fu rifatto il tetto, imbiancati i muri e fu costruito un padiglione ornamentale al quadro S.Giorgio, posto nell'abside e fu restaurato il quadro stesso dal pittore modenese Giacomo Cossetti.

Nel 1754 si pensò che la chiesa parrocchiale era inadeguata alla popolazione e il Comune, dietro suggerimento del prevosto Don F. Seghizzi, decise di fare abbattere la vecchia chiesa di S.Giorgio e ricostruirla più bella e più ampia. L'incarico per il disegno del progetto fu affidato all'architetto Pietro Bezzi, che aveva anche eseguito il disegno della facciata sede del palazzo ducale.

COMPLETO RIFACIMENTO

Il 28 aprile del 1754 veniva tolto il SS.mo dalla Chiesa di S.Giorgio e trasportato nella vicina chiesa dello Spirito Santo e da quel giorno la parrocchiale restò chiusa in attesa dei lavori, che iniziarono dopo 15 mesi e si protrassero fino al 1762.

La nuova chiesa fu benedetta il 25 luglio 1762.

Nel 1785 fu fatta costruire la facciata di S.Giorgio. Nel 1825 fu fatto dare lo stucco e di nuovo imbiancare la chiesa di S.Giorgio. In quella occasione furono tolti i vecchi banconi che erano situati sotto le due cantorie e al loro posto furono messe due balaustre nuove.

 

RESTAURI DEL 1881

I restauri della Chiesa di S.Giorgio portati a termine il giorno 11-9-1881 giorno in cui la Chiesa fu solennemente consacrata, vennero a costare la terribile somma di L. 3.904,78 (diconsi tremilanovecentoquattrolire e settantottocentesimi).

I Sassolesi offrirono assieme alla Fabbriceria la somma di L. 2.174,34 ed il sussidio Podestativo (cioè della Podesteria o Comune) aggiunse la cospicua somma di L. 1.000 (diconsi lire mille).

Il debito che rimase di L. 730,44 fu pagato dalla paziente parsimonia dell'Arciprete Don Giuseppe Berti che fu ripagato dalla gioia per la solenne consacrazione eseguita dal Vescovo di Reggio E. Mons. Guido dei conti Rocca.

 

RESTAURI DEL 1929

I restauri furono voluti dall'Arciprete Can. Giuseppe Zanichelli che, a un solo anno dalla morte, ne festeggiò la inaugurazione il 22-12-1929, con la benedizione impartita dal grande Presule Mons. Eduardo Brettoni, Vescovo e Principe.

Dopo l'ingresso del successore, l'arciprete Mons. Zelindo Pellati, il Comitato potè pubblicare il bilancio consuntivo, a pareggio, che ammontava a L. 129.954,60 (diconsi centoventinovemilacentocinquantaquattrolire e sessanta centesimi).

Interno.

 

RESTAURI DEL 1970

E' la volta degli ultimi restauri, fortemente volouti dall'indimenticato Don Ercole Magnani che, assieme all'ingegnere Pier Luigi Giordani, provvide ad un intervento profondo su tutta la chiesa. Venne adeguato l'altare maggiore alle nuove esigenze liturgiche, spostandolo al centro del presbiterio e girandolo verso l'assemblea, venne realizzato un nuovo impianto di riscaldamento ad aria, venne rifatto completamente la pavimentazione, ripristinando - in quell'occasione - le tombe ritrovate all'interno della chiesa. Nel realizzare il nuovo pavimento si provvide a collocarvi una serie di stemmi. Fu rifatto l'impianto elettrico, quello di illuminazione e l'impianto sonoro. Fu installato l'impianto antintrusioni. Fu completamente rifatto il tinteggio e vennero ridecorati gli altari. Venne restaurato il coro ligneo. Fu totalmente rimaneggiato e riparato il manto di copertura, previo consolidamento della struttura lignea portante. Si rifecero le lattonerie e si restaurò la torre campanaria.

Nel 1984 è stato restaurato l'organo, nel 1985 la tela raffigurante la Madonna delle Grazie e la statua in cartapesta della Madonna del Rosario (scultore sassolese Ciro Zironi). Nel 1986, infine, è stata restaurata la Pala dell'Altar maggiore del Boulanger. In quel periodo si è inoltre eseguita, sempre su iniziativa di Don Ercole Magnani, una profonda pulitura dei tinteggi.

Interno.

RESTAURI DEL 2000

Dopo un lungo iter burocratico sono partiti nel 1999 i lavori di quest'ultimo restauro. Voluti fortemente e caldeggiati da Don Alfonso Ugolini, affrontati con decisione del parroco Mons. Romano Baisi, dovevano essere la preparazione della chiesa per l'anno giubilare. Si è riusciti a sviluppare un primo ciclo  prima del Natale 1999; il secondo ciclo è iniziato nel giugno del 2000 e terminato nel mese di settembre.

I restauri attuali si sono resi necessari, a distanza di 15 anni dall'ultimo intervento di pulizia, perché la polveri e il fumo delle candele avevano eliminato ogni traccia degli interventi pittorici depositando sulle pareti una strato di nerofumo che aveva ingrigito tutto.

L'umidità risalente lungo i muri aveva, contemporaneamente, determinato uno sfaldamento degli intonaci negli strati bassi e distacchi degli strati di pittura.

L'invecchiamento delle pitture stesse, la loro incongruenza di composizione aveva poi determinato una massiccia distribuzione di arricci e bolle su tutta la superficie della chiesa.

A distanza di trent'anni si rivelava oramai obsoleto anche l'impianto di illuminazione. La combinazione di aria riscaldata con le differenti temperature sulle superfici voltate aveva determinato anche il crearsi di fastidiose linee nere sulle cupole.

Tutto ciò significava una sola cosa: la necessità di intervenire in modo profondo per ripulire il tutto e risanare per quanto possibile. Si è partiti con una campagna di sondaggi stratigrafici, pittorici e chimici, per valutare lo stato di conservazione delle pitture e analizzare la successione storica dei diversi interventi di restauro subiti dal manufatto nel tempo.

Interno.

Se l'intervento del 1970 aveva in qualche modo ripreso i colori preesistenti, l'esame effettuato portava alla luce colori e tinte estremamente delicate e più luminose di quelle a cui eravamo abituati da sempre.

I colori che spuntavano dallo strato più vecchio, parlavano di una leggerezza settecentesca, quasi di norma per il periodo e la tipologia del fabbricato; questa ipotesi ci spingeva ad approfondire ulteriormente l'esame delle stratigrafie e a sviluppare le stesse anche su tutti gli altari e le ancone degli stessi.

Il quadro complessivo che ne è scaturito è quello che ha determinato le scelte progettuali messe in essere. Verde acqua, azzurro, giallo, ocra chiaro, cotto, sono i colori che, al naturale o patinati o cerati, hanno ridato allo spazio interno la giusta scansione dei volumi e dei decori.

Se nel 1970 si era cercato di ridare dignità e solennità agli altari attraverso un arricchimento delle ancone, in questi ultimi interventi si è scelta la strada del rispetto dell'elemento originale e primigenio: le ancone risultavano macchine sceniche attentamente studiate non solo nella forma ma anche nei colori che a queste forme davano e danno vita e calore.

Il gioco delle ombre e delle luci è ciò che deve enfatizzare i volumi e la plasticità dell'ambiente e degli arredi: i colori, tenui e freschi nella tonalità devono arricchire e accompagnare più che imporsi.

Si è perciò provveduto a risanare innanzitutto le murature dall'umidità con opportuni procedimenti e desalinizzazioni.

Secondo passo è stata la eliminazione degli strati superficiali di pittura per potere avere una base solida su cui operare. Nelle pareti si è operato con la tecnica mista: strappo e raschiatura. Negli altari e nelle ancone, alla raschiatura si è accompagnato l'uso di solventi idonei alla specificità di ogni singolo componente pittorico ritrovato. (Si sono incontrate vernici di tutti i tipi, dagli smalti sintetici alla tempera).

Un intervento minuzioso come quello effettuato ha permesso di ricostruire e rivedere la storia dei restauri succedutisi: in particolare, si è potuto riscontrare come l'altare del Santissimo risulti notevolmente manipolato. Il ciborio è opera del ventesimo secolo e le scaffe sono quelle recuperate dall'adeguamento liturgico dell'altare maggiore eseguito nel 1970. L'altare posto sulla navata opposta risulta integro nel suo insieme. Si sono ritrovate le scritte originali poste sui cartigli a stucco delle volte e anche la firma autografa di chi ha realizzato le figure degli evangelisti.

Tutte le statue avevano suppellettili e accessori dorati che sono stati riportati in luce. La ricerca dei colori da usare, le tonalità e le diverse finiture sono state oggetto di sperimentazione attenta e scrupolosa; va detto però che le scelte, pur radicali, sono sempre state fatte con estrema convinzione e sostenuti quasi dall'ambiente stesso, dal respiro che lo spazio pretendeva. Percezione di questa ariosità dell'ambiente, di questa esigenza di luce, risaltava dall'esame di fotografie in bianco e nero, dove la luce sola enfatizza il gioco dei volumi.

Proprio perché si era fatta la scelta dei colori e del ripristino degli stessi, è diventato inevitabile il riesame delle vetrate. Posti in opera nei primi decenni del 1900, i vetri erano di tipo industriale, a rulli di piccole dimensioni, stampati e di colore giallo. Proprio questo colore determinava una alterazione nella lettura delle nuove tinte, come era possibile riscontrare dopo il primo ciclo di interventi. Si optava perciò anche qui per l'uso di vetri il più vicino possibile a quelli originali: vetri piani soffiati trasparenti con diverse tonalità. L'attuale tecnologia, con l'affiancamento di vetri trasparenti stratificati, ha permesso di garantire protezione e sicurezza delle vetrate pur eliminando le reti collocate negli anni passati.

 

La nuova luce che entra dalle finestrature ha ridato fiato a un ambiente che risultava, prima, cupo e triste, a dispetto di un disegno e di una forma ariosa. I passi fatti in questi ultimi trent'anni dalla illuminotecnica, ci hanno permesso di avere anche in artificiale risposte adeguate e risultati apprezzabili nel rispetto dei colori e degli spazi.

Il risultato finale è oggi sotto gli occhi di tutti: riteniamo che pur restando chiesa accogliente, quella di San Giorgio sia anche una bella chiesa, testimonianza di un attaccamento alla fede che si traduce anche in arte e cultura, che merita di essere annoverata tra i monumenti.

Piergiorgio Pinelli