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ANDARE A MESSA Quella certa domenica esitate a muovervi per andare a Messa. Finalmente, vi decidete. Dite piuttosto che è Dio che vi ha fatto decidere. Dio fa uscire ciascuno dalla propria solitudine e dal proprio isolamento per formare un popolo che vive di fede e la cui unità è in Cristo. Ogni volta che vado in una chiesa per celebrare la messa, penso a quelle parole della Sapienza (Proverbi 9, 5) che risuonano nelle parole di Gesù pronunziate nella sinagoga di Cafarnao: «Venite, mangiate il mio pane; bevete il vino che ho preparato» (Giovanni 6). Questa Sapienza personificata che «ha imbandito la tavola» e che «proclama il suo invito sui punti più alti della città», questa Sapienza fatta carne, è il Verbo di Dio che ci invita al suo banchetto. È la Chiesa che celebra l'Eucaristia. I cristiani vi sono convocati da Cristo. Lo Spirito Santo li raduna per formare un solo Corpo e rendere grazie a Dio Padre. La messa della domenicaQuesta è la prima riflessione che propongo per aiutarvi a vivere meglio la messa. Insisto di nuovo su questo punto. Temo che molti oggi siano sfasati nel loro comportamento religioso dall'abitudine del «self-service» e dalla comodità del «supermercato» o dei centri commerciali. Soprattutto, dove le chiese sono numerose. Mi spiego: le grandi superfici urbane offrono i più larghi orari di apertura; presentano gli articoli più ricercati e si adattano ai gusti dei più. E ciò per soddisfare, adescare e conservare i loro «praticanti» (ossia la loro «clientela»). Allo stesso modo alcuni si aspettano di poter trovare ad ogni momento nelle chiese gli articoli di consumo religioso conformi alla domanda di ciascuno, conformi ai desideri dei «praticanti». Ebbene, amici miei, questo paragone è falso. I «praticanti» non sono una «clientela», né la messa è una «prestazione» modificabile al gusto delle indicazioni del «marketing» . Noi non andiamo a messa per soddisfare la nostra sensibilità religiosa, né perché il tal giorno e alla tale ora ne abbiamo voglia o bisogno. Noi partecipiamo alla messa la domenica (che comincia il sabato sera secondo l'antica usanza liturgica), perché il Signore Gesù ci convoca, lo Spirito Santo ci raduna e Dio nostro Padre ci ha donati come discepoli al figlio suo. Certo, lo so, questa affermazione urta di fronte a quelle che dicono: «Oggi vado a messa nella tale chiesa perché quella mi piace», oppure: «Non vado più a messa. La colpa è dei preti o della Chiesa». Simili affermazioni mostrano quale progresso nella fede devono fare questi discepoli di Cristo per diventare pienamente cattolici. In effetti, Dio ci convoca così, di domenica in domenica per rendere visibile il suo popolo e costituirlo mediante i sacramento dell'Eucaristia. Noi vi riceviamo la grazia destinata ai figli di Dio. In effetti, è nostra dignità, è nostra vocazione rendere gloria al Padre «in Cristo, con Lui e per mezzo di Lui». Sì, noi dobbiamo considerare come una grazia di Dio l'essere stati «scelti» per far parte del Popolo di Dio, «per compiere alla sua presenza il servizio sacerdotale» (Preghiera eucaristica II) per essere radunati nella Chiesa, il Corpo di Cristo, il Tempio dello Spirito. Radunarsi nella propria parrocchiaEd ecco una seconda riflessione: la messa parrocchiale mette in luce il carattere specifico di questo raduno di ogni domenica che struttura la vita della Chiesa. La parrocchia? Non voglio qui addentrarmi nei suoi problemi di funzionamento e di organizzazione. Prendo la parrocchia così come l'ha forgiata l'esperienza pressoché bimillenaria del popolo cristiano. Gli uomini e le donne che vi si radunano, non si sono scelti tra di loro. Dio li ha scelti mediante il loro battesimo. Essi si trovano uniti dalla vicinanza fisica, concreta dell'esistenza. Essi sono già «vicini» (fisicamente) in ragione delle necessità quotidiane della loro condizione di vita. Essi devono farsi «prossimi» (evangelicamente) gli uni agli altri (Luca 10,36-37). La messa parrocchiale è celebrata a porte spalancate; essa è accessibile a ogni cristiano, anche se la Chiesa riconosce ad una comunità monastica o religiosa il diritto di chiudere le sue porte, se ad essa non è fatto carico di un servizio pubblico dei fedeli. Una volta, per soddisfare, come si diceva al «precetto festivo» (cioè al dovere, per i cattolici, di andare a messa la domenica), si doveva assistere alla messa in una chiesa parrocchiale. Voi forse vi domandate dov'è la differenza. La messa è sempre la messa, sicuramente. Ma la comunità che la celebra, non è senza significato. La messa della domenica, è un atto pubblico della Chiesa. Questa si raduna attorno al suo vescovo e a preti che l'assistono nella sua missione di accogliere tutti i fedeli. Ogni domenica, ogni «Chiesa particolare» (per parlare come il Vaticano II, intendete «diocesi») rende visibile l'unità cattolica del popolo di Dio. Ogni parrocchia celebra l'Eucaristia in comunione con il proprio vescovo e con il Papa. Il vescovo è il servitore il garante di questa comunione cattolica aperta a tutti i popoli e a tutti gli uomini. Ricordate la parabola degli invitati al banchetto di nozze del Figlio del Re (Matteo 22,1ss). Cristo l'ha raccontata poco tempo prima della sua passione. Il padrone di casa manda a chiamare gli invitati; questi declinano l'invito. Allora egli dice ai servitori: «Andate ai crocicchi delle strade, e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Così è della messa domenicale. Tutti vi hanno diritto, quali che siano le differenze sociali, etniche ecc. Tutti hanno gli stessi diritti. Perché tutti si ritrovano davanti a Nostro Signore e Padrone di casa che si è fatto servitore di tutti. L'assemblea eucaristica non è selettiva secondo criteri umani. A chi si presenta alla porta, non si domanda: sei ricco o povero? Che lingua parli? Quali sono i tuoi gusti, qual è la tua sensibilità? Quali sono le tue preferenze? La condizione richiesta per potervi partecipare è di essere conformati a Cristo; essere stati immersi, mediante la grazia del Battesimo, nella sua morte e risurrezione. La convocazione di tutti i battezzatiEd ecco ciò che introduce la mia terza riflessione. Per partecipare a questa assemblea, è necessario aver ricevuto «l'abito nuziale», secondo l'immagine della stessa parabola. La messa è un'assemblea aperta a chiunque, senza selezione, assolutamente. Ma è l'assemblea dei battezzati. L'Eucaristia, anche se è pubblica, e benché possano essere presenti anche dei non credenti, è prima di tutto il sacramento dei battezzati. Essa è destinata agli uomini e alle donne che sono entrati nel mistero di Cristo mediante i sacramenti dell'iniziazione cristiana, della Nuova Alleanza. Solamente i battezzati possono entrare «in comunione» con questo «mistero» di misericordia e di grazia che è l'Eucaristia: il Cristo che si dona ai suoi fratelli, per unirli al suo sacrificio. E per questo che, una volta, i «catecumeni» (coloro che si stavano preparando a ricevere il battesimo) non assistevano che all'inizio della celebrazione dell'Eucaristia. Sono detti catecumeni - ancora oggi - quelli che vogliono diventare cristiani e hanno già fatto il primo passo. Il vescovo li ha chiamati e iscritti tra i membri della Chiesa che desiderano ricevere il battesimo, a cui si preparano e che sarà loro conferito quando saranno pronti. Una volta, dunque, prima che cominciasse la preghiera eucaristica propriamente detta (a partire dall'offertorio), i catecumeni lasciavano l'assemblea. Così pure i grandi «penitenti», in attesa della loro riconciliazione. Questi cristiani, in rottura con la comunione della Chiesa a causa dei loro peccati, non cessano pertanto di appartenere alla comunità dei credenti, ma non possono partecipare all'Eucaristia. Questa pratica della penitenza «pubblica», è scomparsa dalla vita della Chiesa da un millennio. Oggi, parrebbe poco accettabile alla nostra sensibilità che dei cristiani si ritirino durante la messa per ragioni di coscienza. Tuttavia possiamo riconoscervi un insegnamento: coloro che hanno coscienza di trovarsi in peccato grave e non hanno ricevuto il perdono; coloro anche che si trovano in una situazione durevole di opposizione nei confronti della volontà di Dio, non devono, ciò nonostante, rompere con la comunità cristiana. Essi non devono rinunziare alla messa, anche se non possono comunicarsi. Al contrario, la preghiera e l'amore della Chiesa sono necessari per la loro prova. Anche se si astengono dal ricevere il Corpo di Cristo, possono tuttavia unirsi, come peccatori che sperano misericordia, all'Eucaristia, la preghiera perfetta della Chiesa. Essi devono avere la loro parte della gioia - fosse pure tinta di segreta tristezza - di questa fraternità che costituisce anche l'assemblea cristiana. Il sacerdote, garante di CristoInfine, quarta riflessione, non c'è assemblea eucaristica senza il ministero di un sacerdote. Con il sacramento dell'Ordine, il sacerdote partecipa dell'incarico degli Apostoli le dodici colonne della Chiesa. Perché il suo ministero è necessario per l'Eucaristia? Il ministro ordinato - vescovo, successore degli Apostoli, o sacerdote - dona al popolo radunato da Dio nella Chiesa la possibilità di ricevere Cristo stesso che, per bocca del sacerdote, agisce in questo sacramento come Capo del suo Corpo. Mediante il suo ministero, l'assemblea dei battezzati, in ciascuna celebrazione dell'Eucaristia, non cessa di riconoscersi e di accogliersi come Corpo di Cristo. Egli è il garante necessario alla Chiesa per donarle la certezza che la sua celebrazione eucaristica è quella di Cristo, che la parola che essa annunzia è donata da Cristo, che la sua unità è quella di Cristo che perdona e ama i suoi fratelli. Per ora ci fermiamo qui. Nelle prossime puntate procederemo in questo modo: affronteremo gli interrogativi che potete porvi sulla messa, seguendo ad uno ad uno i vari momenti della celebrazione dall'inizio alla fine. Spero, in questo modo, che possiate ricavare un grande profitto dalla vostra partecipazione all'Eucaristia e che possiate pregare con più gioia ogni domenica. E forse ogni giorno, se Dio ve ne dona la grazia. |
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