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RIFERIMENTO A CIO CHE COMPIE GESU

Ogni domenica entriamo in chiesa per partecipare alla messa. Con la stessa frequenza con cui, fino a qualche tempo fa, alcuni andavano al cinema. E tuttavia, in chiesa, il «programma» è sempre il medesimo, anche se, nel corso dei secoli, le forme sono cambiate. In definitiva: perché lo svolgimento della liturgia è relativamente fisso?

Quando noi entriamo in una sala per vedere uno spettacolo o in una sala da pranzo per una festa di famiglia, un incontro tra amici, ciò che colpisce la nostra attenzione e ci fa trascorrere un momento lieto, è la novità, la sorpresa distraente.

A messa, succede il contrario. Non che la ripetitività o la noia siano di regola. Ma noi sappiamo che, a dispetto delle trasformazioni verificatesi nel corso della storia, troveremo una liturgia formalmente fissa: la celebrazione eucaristica è un atto «codificato» per via del suo riferimento a Gesù, non solamente nell'intenzione, ma fin nei gesti, atteggiamenti e parole.

Come scrive san Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (11,23-25): «Io infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio Corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me"».

La celebrazione dell'Eucaristia rende presente a un'assemblea di discepoli di Cristo ciò che Gesù stesso ha fatto. Si tratta di permettere a queste parole di Gesù di realizzarsi in mezzo a uomini e donne radunati in suo Nome, qui e ora.

Nella Chiesa, mediante i suoi ministri ordinati, Gesù dona a noi, oggi, ciò che ha donato ai Dodici duemila anni fa. Gesù dona a noi, oggi, ciò che già ci ha donato domenica scorsa, un mese fa, un anno fa; ciò che ha donato alle generazioni che ci hanno preceduto; ciò che donerà a coloro che verranno dopo di noi, ovunque e sempre, fino a quando ritornerà.

Ciò che ha compiuto una volta per sempre, in un giorno del tempo, Gesù non cessa di compierlo tra di noi, per noi, e ci associa a questo unico atto. Quando noi celebriamo l'Eucaristia in questo scorcio di secondo millennio, noi non siamo lontani da Gesù né più né meno di quanto lo era ai suoi inizi la Chiesa di Roma. Non è il tempo trascorso che misura la distanza, e nemmeno il legame dei cristiani a Cristo, ma la fedeltà e la fede dei cristiani a ciò che Cristo compie oggi nella sua Chiesa.

La preghiera del Popolo d'Israele

Così, nell'Eucaristia, facciamo a nostra volta ciò che Gesù ha fatto. Ma bisogna risalire più in alto, andare più indietro nel tempo. In effetti, se Gesù stesso ha agito in questo modo, è perché già la sua preghiera - questa preghiera che Egli ci ha trasmesso - era la preghiera del popolo d'Israele, strutturata e nutrita di gesti e di parole, che sono presenza attuale nel suo popolo di ciò che Dio ha già compiuto in suo favore.

Al limite, noi non potremmo comprendere il nostro riferimento a Gesù, se non comprendendo il suo riferimento a Maria sua Madre. Figlia di Sion, ella gli ha insegnato a pregare in un modo determinato. Attraverso la storia del suo popolo, ella gli ha insegnato «i sentieri di Dio» e «i tesori del cielo» a lui, Gesù, che, Figlio di Dio e Figlio di Maria, è «la pienezza» (cf. Colossesi 1, 19; Efesini 1, 23;), «l'erede» (cf. Matteo 21, 38; Ebrei 1,1; Galati 4,1-7) e «il testimone fedele» (cf. Apocalisse 1, 5) .

Noi celebriamo dunque ciò che Gesù ha fatto, ma lui stesso celebra i riti liturgici e prega secondo la tradizione del popolo d'Israele. Questa tradizione diventa, in Gesù, la nostra propria maniera di pregare e di celebrare.

Così si dica del Padre nostro, la preghiera che i cristiani di tutte le lingue e di tutti i tempi dicono senza sempre ben comprendere né vederne la portata. Tuttavia, da due millenni, ripetiamo quelle parole, perché quelle sono le parole di Gesù. E la loro ricchezza sta anche nel fatto che esse dicono di più di ciò che noi siamo capaci di concepire e di esprimere. Noi entriamo nella preghiera stessa del Cristo: è quella la preghiera cristiana. Ricordiamolo! Pregare non è moltiplicare le parole, ma pregare con Cristo e in Cristo

Gesù, nella preghiera del Padre nostro, riprende in modo personale e unico, condensandola, la preghiera rituale delle diciassette benedizioni imparata nella sua infanzia alla scuola della Vergine Maria.

Così ancora, durante l'ultima Cena, Gesù agisce secondo il rituale del pasto del sabato o della Pasqua.

                           

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Ultima modifica: venerdì 03 novembre 2000