STORIA |
La
Chiesa Parrocchiale di S. Zenone I primordi Non vi sono dubbi
che tra le domande più frequenti che i parrocchiani di S. Zenone si
pongono, e alla quale cercano di rispondere con più insistenza e fantasia
è la fatidica «Quacc agn g'arala la nosa ceza?» (Quanti anni avrà la
nostra Chiesa?). Ad accrescere il
disorientamento vi sono le vicende storiche ormai note e conosciute ma
solo a tratti; nel XIV secolo sentiamo di un ricco signor Mandagusini che
lascia i suoi averi alla cappella di S. Zenone, nel XV secolo la lite
con S. Michele approdata in tribunale, nel XVI secolo la visita di S.
Carlo Borromeo e nel XVII secolo il rifulgere della devozione popolare
delle Confraternite, alla fine del XVIII la separazione ed erezione a
Parrocchia. Ma l'edificio,
questo tempio imponente che si presenta uscendo dall' angusta S. Zenone e
si eleva maestoso ma sghembo, quello quanti anni ha? Alle radici della
costituzione di un luogo e di una comunità di culto è doveroso porre la
scelta di un protettore. È risaputo che S. Zenone Vescovo è il
protettore dei pescatori di acqua dolce e che risulta essere patrono di
numerose comunità sorte in luoghi presso fiumi, corsi d'acqua o paludi ed
è generalmente considerato il «patrono delle acque». Intorno a questo
culto sorse la frazione di Mosina, quattro case rustiche, un tempietto o
una santellina, ma... le supposizioni sono fuorvianti. Qualcosa di più
potrebbe forse dirci il nome stesso di Mosina che troviamo per la prima
volta solo nel 1253 e che sembra confermare, forse,
l'idea di un San Zenone protettore di zone acquitrinose (ma non calchiamo
la mano su questo tema poiché ne paludi ne vere e proprie acque stagnanti
renderebbero l'idea del panorama di quei tempi bui difficili peraltro da
inquadrare cronologicamente), anche qui però non ci eleviamo dal livello
delle supposizioni. Una
comunità in movimento intorno alla chiesa Successivamente,
nel 1462, con lo smembramento di S. Michele dalla Pieve di Nuvolento il
Vescovo unisce alla nuova Parrocchia anche la rendita associata all'altare
di S. Antonio in S. Zenone, istituita dal Mandagusini e in dotazione
all'arciprete della Pieve di Gavardo Antonio de Castro che pure celebrava
a S. Zenone. Le prime notizie
veramente interessanti le troviamo con il processo del 1498 dove i
testimoni, sfilando a deporre sulle questioni poste dalle controparti di
S. Zenone e S. Michele ci forniscono numerosi spunti. La
visita di S. Carlo: una svolta decisiva Ottime informazioni
ci forniscono pure gli Atti e i Decreti della imponente Visita
Apostolica di S. Carlo Borromeo alla Diocesi di Brescia tra il 1580 e il
1581. A scanso di equivoci ricordiamo che in realtà mai S. Carlo in
persona mise piede a Goglione ma da noi passò un convisitatore, tale
Gianandrea Pionni prevosto della Collegiata di Olgiate Olona che
precedette di un anno S. Carlo perlustrando la Valle Sabbia e la
Riviera. Il 13 marzo 1580
dunque il Pionni visita S. Zenone e stende una relazione sulla chiesa: «noviter
constructa necdum perfecta nec consecrata est. Habet tria altaria.
Sacristiam habet et Coemeterium septum». Sembra essere cioè costruita di
nuovo e non ancora terminata, ha tre altari, la sacristia e il recinto del
cimitero che allora circondava le chiese. Dobbiamo
presupporre che dopo l’ampliamento della seconda metà del XV secolo ve
ne fu un altro verso la fine del '500 ma probabilmente fu solo un
riammodernamento se non fu modificato il numero degli altari e dunque la
struttura complessiva. Nei Decreti
consegnati nel 1581 S. Carlo stabilisce perentoriamente, oltre a
costruire il battistero, di cintare il Coro e l'altare maggiore con una
inferriata entro il termine di sei mesi «Chorus et Altare sepietur
chiatris intra sex menses». Crediamo che i parrocchiani non avranno
mancato di farsi in quattro per portare a termine quanto ordinato ma è
sempre difficile immaginare oggi l'altare di S. Zenone separato da una
inferriata. Inoltre veniva
ordinato di terminare la costruzione della struttura muraria «quam primum»,
quanto prima, e fosse quindi costruita la torre campanaria, evidentemente
mancante, «construatur turris campanilis», poi ancora che il suolo della
chiesa fosse ricoperto da un pavimento, «sternatur solum Ecclesiae
pavimento», e infine fossero fatti i portali, «perfìciantur portae». Oltre che per
l'edificio in se' gli Atti e i decreti sono fondamentali per la storia
della comunità di Goglione in senso globale: per esempio pur essendo
curato, successivamente parroco, don Camillo Besuzzi, e abitando esso
presso la chiesa di S. Michele «maior autem missarum numerus celebratur
in ecclesia S.ti Zenonis», vale a dire il numero delle messe celebrate a
S. Zenone era maggiore di quello delle celebrazioni a S. Michele. La
«vecchia» chiesa e l’antico cimitero Purtroppo dopo la
visita dell'inviato di S. Carlo non emergono più elementi così precisi e
siamo obbligati ad una ricerca minuziosa e disperata di singoli indizi
onde capire come fosse realmente la chiesa di S. Zenone prima della
ricostruzione che l'ha portata allo stato attuale. Nel 1729 don
Manfredi, parroco di S. Michele stende una relazione sullo stato della sua
Parrocchia alla quale è aggregata la chiesa di S. Zenone presso la quale
vi sono, afferma, tre altari: «l'Altare della Veneranda Scuola del Corpus
Domini», «l'Altare della Veneranda Scuola del SS. Rosario» e «l’Altare
di S. Felice dove è il deposito de Reliquie de Santi». Un mezzo molto
interessante inoltre sono i registri dei Morti tenuti dai curati prima e
dai parroci poi sin dal 1636, mancando purtroppo il volume forse più
interessante, quello dal 1677 al 1735. In esso talvolta
viene data l'indicazione del punto più o meno esatto nel quale i defunti
venivano seppelliti, alcuni in chiesa (pochi per la verità), altri sul
sagrato circostante la chiesa che, cintato, formava il cimitero. La chiesa «nuova» Come detto non vi
sono documenti attestanti la data di inizio dei lavori per la
ricostruzione della chiesa, anche qui siamo obbligati a rincorrere
indicazioni da svariate fonti. La fonte principale
è la mappa Napoleonica di Goglione Sotto datata 1811, qui la chiesa
appare già nella forma e dimensioni attuali, dunque la costruzione ebbe
inizio prima del 1811. D'altra parte dalla
visita Apostolica di mons. Nava nel 1816 leggiamo: «la Chiesa
Parrocchiale di S. Zenone Vescovo è fabbricata di nuovo con buona
architettura, e stucchi ed altare con soasa di marmo in coro, e ne due
primi altari; rimane però da farsi la volta di un quarto di chiesa, e
stabilirsi quattro altari». A sgomberare il
campo dai dubbi residui presentiamo un brano estratto dal carteggio tra
don Agostino Soncini e la Fabbriceria17, datato 28 ottobre 1820:
incidentalmente si descrive una usanza tradizionale a S. Zenone nel
festeggiare solennemente S. Cristoforo, S. Felice e i Santi delle reliquie
e «interrotta una si solenne funzione nel tempo della rifabricazione di
questo nuovo tempio di Dio fu ripresa ed eseguita nei due anni precedenti». Non è diffìcile
intuire che la «rifabricazione» terminò nel 1818. Le operazioni,
fermo restando questa cronologia furono avviate da don Francesco Savoldi e
portate a termine da don Agostino Soncini. Al successivo don
Giovanni Dolcini si deve invece il compimento dei portali che portano una
firma veramente autorevole, quella dell'architetto bresciano Rodolfo
Vantini al quale vennero commissionati nel 1827 I progetti e i
disegni con le indicazioni annesse, tuttora conservati in Archivio, sono
una testimonianza preziosa ed interessante. Inserire un portale in una facciata già delineata non è cosa semplice ma Rodolfo Vantini ci mise tutto l'impegno ed il talento raccomandando di affidare poi il lavoro ad un «falegname molto esperimentato in lavori del genere» e recandosi poi sul posto per verificarne la riuscita. |