«Voi siete la luce dei mondo; non può restare nascosta
una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla
sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli
che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre
che è nel cieli.» Con queste parole, tratte dal Vangelo di Matteo (5,
13-16), si concludono, per così dire, le Beatitudini, il brano evangelico
che tanto intensamente esprime la forte novità portata dal Signore sulla
terra. Come viene sottolineato all'interno dei testo, Gesù dice: «Voi
síete», non Siate Non si tratta quindi di un invito, di una sollecitazione:
è, piuttosto, il disvelamento di una identità. Certamente non siamo
noi stessi la luce (guai ad avere questa pretesa!): lo siamo per Il
nostro essere fedeli alla chiamata dei Signore. Scriveva Bonhoeffer:
«Chi, raggiunto dalla chiamata di Gesù, si è mosso al suo seguito, a
causa di questa chiamata, è sale e luce». Siamo, perciò, il riflesso
di una Luce verso la quale dobbiamo orientare, in modo che essa appaia
con chiarezza e che per questo motivo gli uomini rendano gloria al Padre.
La lampada che non può essere messa sotto il moggio, la città che è
collocata sopra il monte soliecitano a esprimersi con chiarezza e a
mettere in pratica ciò che si afferma. Non siamo tanto noi a dover apparire,
quanto le nostre «opere buone», che si esprimono in quel mondo di cui
si è la luce, evitando sia una visibilità ostentata e superba, perché
non sono le nostre persone a rifulgere, sia il nascondimento e l'indifferenza,
perché ciò significherebbe rifiutarsi di rispondere alla chiamata stessa.
Tutto ciò porta come conseguenza quasi spontanea e naturale, anche se
non sempre facile da concretizzare, la missione, che nel 2010-2011 In
particolare vogliamo attuare attraverso quell'attenzione al bene comune
e alla cittadinanza che costituisce una forma per vivere la santità.
E vogliamo farlo proprio a partire dalle parole di Gesù, dal suo rivelarci
che siamo luce dei mondo. La santità lalcale va considerata nel suo
aspetto di servizio e responsabilità nel costruire la Chiesa e nell'edificare
il mondo secondo il progetto di Dio. I laici sono dunque chiamati a
tenere insieme, armonicamente, una "cloppia cittadinanza": quella terrena
e quella celeste. Ed è proprio dei laici associati vivere con passione
il proprio territorio, guardare con attenzione e competenza alle vicende
dei Paese, lasciarsi interrogare a e grandi dinamiche che interconnettono
il mondo intero. Portare il Vangelo negli spazi e nel tempi della vita
umana è loro compito. Ed è il grande contributo che essi danno per l'edificazione
dei bene comune. Ancora una volta questo testo è frutto di una Intensa
e feconda collaborazione tra tante associazioni, il cui numero si va
ampliando. E' il segno di una comunione fraterna che sì vuole rendere
esplicita, non solo a livello nazionale, ma anche in ambito diocesano.
Una comunione che unisce nel Signore, pur nella salvaguardia delle speci
ficità di ciascuna aggregazione: esse rappresentano una ricchezza di
doni dello Spirito.
|