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Inaugurazione della Chiesa Dal volume "Un tuffo nel passato - Cinquantesimo di fondazione della Chiesa di S. Carlo Borromeo - Padova - Impressioni e ricordi di Italo Dianin" In questo clima di spaventosa incertezza nasceva la nuova
parrocchia di S. Carlo. Era la domenica 10 novembre 1940, una giornata autunnale
triste e nebbiosa, ma non per noi della zona di S. Carlo, che si viveva un clima
di grande e gioiosa attesa per l'inaugurazione della nostra nuova Chiesa,
progettata dall'arch. Lorenzo Faccioli. Nel pomeriggio, verso le ore 15, arrivo il nostro vescovo,
mons. Carlo Agostini, costruttore della nuova chiesa, accompagnato da mons. De
Zanche, che era stato rettore del Seminario di Padova ed ora novello vescovo di
Montefeltro; i prelati vennero accolti da una folla plaudente. Erano i nuovi i
parrocchiani i di S. Carlo e molti altri, venuti dall’Arcella con il parroco
Padre Bressan; partecipava anche una folta schiera di autorità civili e
religiose intervenute per assistere al grande avvenimento. Faceva gli onori di casa il nuovo Parroco
don Egidio Bertollo, 29 anni, proveniente dal duomo di Este, dove era stato cappellano per
cinque anni. Il sagrato e la chiesa erano strapieni di folla; a stento
il corteo religioso, che accompagnava il Vescovo, poté raggiungere l'altare,
piccolo e disadorno, che si perdeva nell'immensità del presbiterio. Nel più religioso silenzio dei fedeli, con la preghiera di
rito, il vescovo diede inizio alla cerimonia della benedizione. Una
grande ovazione salutò le ultime parole del Vescovo che concludeva l'indimenticabile
cerimonia. Tutti ci si accingeva ad uscire
di Chiesa per salutarlo e ringraziarlo del grande dono che ci aveva fatto. Ad
un certo punto si aprì il finestrone della grande loggia della facciata della
Chiesa ed ecco che, accompagnato dal nuovo parroco, ci apparve il vescovo,
solenne negli abiti episcopali: gioioso e sorridente allargava le braccia in
ampi gesti di saluto e di benedizione e guardava commosso tutta quella folla,
che arrivava fino a via Tiziano Aspetti. Il
suo grazie il popolo di S. Carlo lo manifestò con possenti "Evviva!"
e festoso sventolio di fazzoletti, mentre il vescovo, con la sua benedizione,
chiudeva l'indimenticabile giornata. Aveva così dato il via alla nuova e
promettente vita della nostra cara e amata parrocchia di S. Carlo: e prima di
lasciarci consegnò al parroco, come suo dono, una preziosa reliquia di S.
Carlo, quale segno del suo particolare affetto per noi e come perenne ricordo
dello storico avvenimento vissuto in quel giorno. Già
calavano le prime ombre della sera mentre ce ne tornavamo alle nostre case,
contenti di cominciare una nuova vita nella grande, bella e giovane famiglia di
S. Carlo. In
mezzo al verde della campagna, che tutta la circondava, la nostra Chiesa si
presentava bellissima e monumentale sembrava quasi una cattedrale. Il vescovo,
mons. Carlo Agostini, l'aveva voluta così in omaggio al suo grande patrono per
il quale nutriva ammirazione e devozione. Aveva anche previsto, con lungimiranza
di grande pastore quello che in futuro sarebbe diventata la parrocchia di S.
Carlo per il grande sviluppo della nostra zona: oggi, dopo 50 anni, possiamo
affermare che il vescovo fu un vero profeta, poiché S. Carlo è diventata una
delle più grandi e popolate parrocchie della diocesi di Padova, costretta nel
corso degli anni a smembrarsi più volte, dando vita ad altre parrocchie, come
S. Gregorio Barbarigo, S. Bellino, Buon Pastore, Cristo Risorto, S. Filippo
Neri. Però,
se vista da fuori appariva bellissima, nell'interno era tutta un'altra cosa;
bella sì, maestosa anche, ma vuota, fredda, spoglia e mancante di
tutto. Un piccolo altare di legno ornato alla meglio con qualche candela donata in prestito: questo era tutto l'addobbo dell'immenso presbiterio che, come tutta la chiesa, aveva il pavimento ancora fresco di gettata. Alcuni vecchi banchi, così come qualche paramento, rovinato dal tempo e quanto altro occorreva per celebrare la S. Messa giornaliera, li ottenemmo solo grazie alla chiesetta di Ca' Magno. Dalla stessa chiesetta abbiamo ereditato anche un bellissimo e antico Crocefisso in legno, che era da sempre molto venerato: venne intronizzato nella sacrestia fin dal primo giorno. Tutta l'illuminazione della chiesa era costituita da quattro misere lampadine e l'unica protezione era garantita dalle bellissime porte di ferro, che però, in inverno lasciavano passare tutto il freddo. Non vi era neanche una sedia: tutti, piccoli e grandi dovevano rimanere in piedi. L'arciprete della cattedrale, mons. Schievano, che aveva avuto don Egidio come suo cappellano mentre era arciprete abate mitrato ad Este, mosso a compassione da tanta povertà e spinto dall'amicizia che lo legava a don Egidio, prestò alla Chiesa alcune cose di prima necessità: qualche vecchio candelabro, un ostensorio, un turibolo con navicella e un secchiello per l'acqua santa, qualche vecchio drappo rosso per i matrimoni e altrettanto in nero per i funerali. Ricorderò sempre quella sera in cui, durante la mia consueta visita alla Chiesa, prima di tornarmene a casa dal lavoro, don Egidio mi invitò in canonica e lì, in un angolo, vidi tutto quel ben di Dio: per noi era veramente tale. Con tante raccomandazioni mi diede in consegna il tutto, che avrebbe dovuto consentire il regolare funzionamento della nostra neonata parrocchia. Il
viale della chiesa consisteva ancora in un piccolo viottolo ricavato in mezzo ai
campi di grano, perciò si arrivava in chiesa quasi sempre malconci,
specialmente quando pioveva, e quelli di via Tiziano Vecellio dovevano fare il giro
per via Tiziano Aspetti, poiché mancavano altri sbocchi. Venire
in chiesa a S. Carlo costituiva per molti un gesto eroico; altri, e non erano pochi, dopo le prime esperienze negative continuavano
a frequentare l'Arcella, in quanto era più comoda e più invitante con le sue
tradizioni, specialmente quando le sue otto campane suonavano a festa: richiamo
potente che portavamo ancora tutti nel cuore. Il nuovo parroco di questo soffriva molto e con tutta la passione e lo slancio della sua giovane età studiava nuove iniziative per eliminare tali inconvenienti. A poco a poco la maggioranza cominciò a frequentare la nostra parrocchia di S. Carlo, anche se meno attraente e più povera, poiché avevano capito che questa era la nostra nuova famiglia e poiché erano attratti anche dal grande fervore di opere, che il nuovo parroco si accingeva a compiere col consenso e l'entusiasmo di tutti. |
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