Lectio Divina

 II DOMENICA DI PASQUA – Anno B

Domenica di Tommaso

 

Tema:  Il Signore risorto, presente nell’assemblea domenicale, come colui che dà la pace.

I Lettura: At 2,32-35
Dal Salmo 117 (118) –Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore.-

II Lettura: 1Gv 5,1-6

Alleluia: “Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto:

                                                    beati quelli, che pur non avendo visto, crederanno.” (Gv 20,29)

Vangelo: Gv 20,19-31

 

Contesto e suddivisione tematica

v. 1-2: - Maria Maddalena scopre la tomba vuota ed avverte i discepoli.

v. 3-10: - Pietro e l’altro discepolo osservano la tomba e le bende.

v. 11-18: - Maria Maddalena vede gli angeli e Gesù.

v. 19-23: - Gesù appare ai discepoli e li manda in missione.

v. 24-25: - Tommaso rifiuta di credere agli altri.

v. 26-29: - Gesù si manifesta otto giorni dopo e Tommaso confessa la sua fede.

v. 30-31: - Prima conclusione del Vangelo che è stato scritto perché noi avessimo la fede.

Annotazioni

v. 19.26 - La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato ... otto giorni dopo: Si caratterizza la riunione dei discepoli nel giorno di domenica, giorno della risurrezione. Questo giorno inaugura il tempo nuovo di Dio.

v. 19 – Chiuse le porte: Il racconto della Maddalena (cfr. 20,18) non ha allontanato i dubbi e le paure, anche i discepoli giungeranno alla fede soltanto dopo che il Signore sarà loro apparso e si sarà fatto da loro riconoscere.

- Si fermò: (Cfr. Lc 24,36). La presenza del Risorto è affermata per tre volte nello stesso modo (20,14.19.26; 21,4).

- Pace a voi: Non si tratta di un semplice saluto, ma del dono della pace che Gesù aveva promesso per il suo ritorno (cfr. 14,18-19.27-28; 16,16-23). La pace dei tempi messianici è il dono supremo di Dio annunciato dai profeti (cfr. Is 53,5), implica tutto il benessere di vivere (cfr. Ef 2,14).

v. 20 - Le mani e il costato: Evidenziano il legame con il Gesù della passione (cfr. 19,34-37; Lc 24,39) e fanno vedere la sorgente da cui proviene la pace, che è frutto della Pasqua.

- Gioirono al vedere il Signore: Con la pace viene anche quella gioia che Gesù aveva promesso nella tristezza dell’addio (cfr. 16,20-22). Nella concezione biblica la pace e la gioia sono i segni tipici del tempo escatologico in cui l’intervento di Dio avrebbe riportato armonia nella vita dell’uomo e del mondo. La Pasqua ha inaugurato il tempo finale.

v. 21 - Mando voi: Gesù appare ai suoi discepoli non per rinchiuderli nel suo ricordo, ma per mandarli. I quattro evangelisti concordano su questo punto (cfr. Mt 28,19; Mc 16,15; Lc 24,47; At 1,8). Questa missione è uno degli oggetti della preghiera di Gesù per i suoi discepoli (17,18). E’ il prolungamento della missione che ha ricevuto dal Padre. Il come esprime similitudine e causalità: nel Figlio inviato dal Padre è presente ed opera il Padre; nei discepoli inviati da Cristo si rende presente e ci raggiunge l’attività salvifica del Risorto.

v. 22 - Alitò: Verbo usato per la trasmissione dello Spirito, ricorre solo qui nel NT. Nell’AT evoca la creazione dell’uomo (Gn 2,7) e la vita alle ossa aride (Ez 37,1-14). Mediante il dono dello Spirito Gesù compie nei discepoli una nuova creazione. In Gv resurrezione e dono dello Spirito avvengono lo stesso giorno, in Atti, invece, dopo cinquanta giorni.

v. 23 - Peccati: La missione comporta il perdono dei peccati (cfr. Lc 24,47). Gv ricorda la trasmissione di questo potere in un contesto pasquale. Il suo vangelo è un appello a ricevere la vita mediante la fede in Gesù; perciò il peccato è fondamentalmente il rifiuto a credere. Entrare nella comunità dei fedeli, di coloro che credono in Gesù risorto, significa constatare che il proprio peccato è rimesso.

- Rimettere…non rimettere: E’ un esempio di parallelismo biblico che afferma una totalità esprimendola con due verbi contrari. La missione di Gesù è totalmente orientata alla salvezza (3,16-17; 5,20-30).

v. 24 – Tommaso non era con loro: Il caso di Tommaso (cfr. 20,24-29) è una specie di drammatizzazione della difficoltà a credere nella resurrezione. Egli poteva dare credito alle testimonianze degli amici (cfr. 20,25), ma il suo merito sta nel non aver abbandonato i discepoli accettando di rimanere e di aspettare con loro, pur essendo incredulo.

v. 27 – Non essere più incredulo, ma credente: Il Risorto concede a Tommaso l’esperienza di un segno così marcato (cfr. 20,27), non isolatamente, ma in seno alla comunità dei discepoli e ancora una volta nel giorno di “domenica” (cfr. 20,26), in tal modo la comunità riunita diventa il luogo e la domenica il tempo privilegiato della presenza e del riconoscimento del Risorto.

v. 28 - Mio Signore e mio Dio: Nell’AT alle parole “Signore” e “Dio” corrispondono a “Jahwèh” ed “Elohìm” (cfr. Salmo 35,23). Nel NT si trasferisce su Gesù quanto veniva riferito nell’AT a Dio. Questo titolo veniva applicato all’imperatore Domiziano.

v. 27-31 - Vedere e credere: In questi versetti si punta l’attenzione su questi due verbi. In Gv il “vedere” non è fisico come pretendeva Tommaso, ma è strettamente legato al credere (cfr. 20,8.18.29).

v. 30 - Segni: La prima parte del vangelo di Gv forma il “Libro dei segni” (cfr. cc. 1-12). Gv ne ha scelti sette per illustrare gli insegnamenti di Gesù. Il segno per eccellenza, nel quale tutti gli altri trovano il loro senso, è quello della morte e della resurrezione.

 

Dalle “Omelie” sui Vangeli di S. Gregorio Magno (26,1-6)

 Lo Spirito Santo e la remissione dei peccati

Disse loro [Gesù]: "La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi" (Gv 20,21). Il che vuol dire: Come il Padre, che è Dio, ha mandato me, che sono Dio, così anch’io, in quanto uomo, mando voi, uomini. Il Padre ha inviato il Figlio allorché ha deciso che egli si incarnasse per la redenzione del genere umano. Il Padre ha voluto che il Figlio venisse a patire nel mondo tuttavia, pur inviandolo al patire, lo amava. Ora, anche il Figlio invia gli apostoli che si è scelto; li manda non alle gioie del mondo, bensì verso le sofferenze di ogni genere, così come egli stesso era stato inviato. Il Figlio è amato dal Padre e nondimeno è inviato alla Passione; i discepoli, del pari, sono amati da Cristo Signore, e nondimeno vengono da lui mandati nel mondo a soffrire. Perciò è detto: "Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi". Come dire: Io vi amo con quella stessa carità con la quale sono amato dal Padre, anche se vi invio nel mondo a soffrire tanti patimenti, anche se vi mando in mezzo agli scandali dei persecutori… "Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo" (Gv 20,22). E` il caso ora di chiederci perché mai il Signore donò due volte lo Spirito Santo: una, mentre era sulla terra, un’altra, quando già era salito al cielo. In nessun altro passo, oltre questo (cfr. At 2,4ss), è detto che lo Spirito Santo sia stato dato altre volte, ovvero: la prima, nella circostanza attuale, allorché Gesù ha soffiato sui discepoli, l’altra, più tardi, quando fu mandato dal cielo e si mostrò sotto forma di lingue diverse. Perché allora esso viene dato prima ai discepoli in terra, e poi è mandato dal cielo, se non perché due sono i precetti della carità, ovvero l’amore di Dio e del prossimo? In terra, viene dato lo Spirito perché il prossimo sia amato; lo stesso Spirito ci è poi dato dal cielo, perché sia Dio ad essere amato. E come vi è una sola carità, ma due sono i precetti, così c’è un solo Spirito, ma due sono le sue effusioni. La prima proviene dal Signore Gesù ancora sulla terra; la seconda, dal cielo, per ammonirci che nell’amore del prossimo si apprende come si pervenga all’amore di Dio. Ecco perché lo stesso Giovanni dice: "Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" (1Gv 4,20). Già in precedenza, lo Spirito Santo era presente nelle menti dei discepoli, in virtù della fede. Però fu dato loro in modo manifesto, solo dopo la Risurrezione... "A chi rimetterete i peccati, saranno loro rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,23). Mi piace osservare a quale vertice di gloria siano tratti quegli stessi discepoli che erano stati invitati a caricarsi un immenso fardello di umiltà. Eccoli, infatti, non solo sicuri di sé, ma con la potestà di legare e sciogliere gli altrui legami… Adesso, il luogo che essi (gli apostoli) ebbero nella Chiesa è preso dai vescovi, che ricevono la potestà di legare e sciogliere insieme al compito di governare. Il che è certamente un grande onore, ma è altresì un grave peso…Bisogna quindi ripensare le motivazioni, poi esercitare la potestà di sciogliere e di legare. Occorre far riferimento alla colpa commessa; vedere quale penitenza sia susseguita alla colpa, perché la sentenza del pastore assolva quelli che già il Signore ha visitato con la grazia del pentimento. Solo allora è valida l’assoluzione data dal presidente (vescovo), poiché si adegua al giudizio del giudice interiore. Tutto ciò è ben adombrato nella risurrezione di quel morto da quattro giorni (Lazzaro). Dapprima, il Signore lo ha chiamato e rianimato, dicendo: "Lazzaro, vieni fuori!" (Gv 11,43); poi, quando il morto risuscitato venne fuori, i discepoli del Signore lo sciolsero, come sta scritto: "Essendo quello uscito, così legato con i lacci, Gesù disse ai discepoli: Scioglietelo e lasciatelo andare!" (Gv 11,45). Ecco: I discepoli sciolgono quando è vivo colui che il Maestro aveva richiamato da morte. Se avessero sciolto Lazzaro quando ancora era morto avrebbero messo in mostra la corruzione, non la virtù (del Signore) . Da questa considerazione discende che noi dobbiamo assolvere, usando la nostra autorità pastorale, solo coloro che il nostro autore ha vivificati con la grazia della risurrezione. E se tale opera di rinnovamento sia o no presente al momento della nostra sentenza, possiamo saperlo nella confessione dei peccati. Ecco perché a Lazzaro non viene detto soltanto: "Risuscita!", ma anzitutto: "Vieni fuori!" Finché un peccatore, chiunque esso sia, cela nell’intimo della propria coscienza la colpa commessa, egli sta chiuso in sé, si nasconde nel segreto; quando invece confessa liberamente le sue iniquità, allora il morto viene fuori. Quando, perciò, vien detto a Lazzaro: "Vieni fuori!", è come se si dicesse a chiunque è morto nel peccato: Perché celi la colpa nel segreto della tua coscienza? Vieni fuori, con una buona confessione, tu che, con la tua ritrosia, te ne stai chiuso in te stesso! Che il morto venga fuori, ovvero: Che il peccatore confessi la sua colpa! A colui che viene fuori risuscitato, i discepoli, poi, dovranno sciogliere i lacci. In altre parole, i pastori della Chiesa debbono cancellare la pena meritata da colui che non ha avuto vergogna a confessare l’iniquità commessa.

Per la “Collatio” e la “Deliberatio”

1) Che cosa caratterizza la missione di Gesù e quella dei discepoli?

2) In che modo Gesù conduce Tommaso a credere?

3) Come giungono alla fede quelli che non vedono? Come ci siamo giunti noi?

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