Don Attilio Bassi, parroco dal
1951 al 1962, ricordato amorevolmente da molti di cittadini perché,
bartaliano convinto, fedele al suo Milan e alla Moto Guzzi, volle far
vedere lo sport nella luce giusta del cristianesimo, ovvero come ottimo
strumento per avvicinare ed appassionare la gioventù.
Don Attilio Bassi era senz'altro una personalità di spicco che
non si confondeva nell'anonimato grigiore di molti. Ordinato sacerdote
l'11 Giugno 1938 alla vigilia del secondo conflitto mondiale, fu destinato
dapprima all'oratorio di Vimercate come assistente. Qui seppe conquistarsi
ben presto la stima generale e il cuore di tutti i vimercatesi, ma soprattutto
l'affetto sincero ed entusiastico di tutti i giovani, ai quali ha sempre
e dovunque dedicato le proprie energie e le proprie preghiere. Il suo
primo pensiero era, infatti, quello di poter donare a tutti i giovani
delle parrocchie che hanno avuto la fortuna di incontrarlo la gioia
di una vita pura, rigogliosa ed intensa di ideali altissimi. In particolare
le cronache del 1945 testimoniano il suo impegno in ambito sociale e
cristiano durante i difficili anni della lotta partigiana. I partigiani
conobbero Don Attilio quando, visitandoli di nascosto nei casotti sparsi
nella campagna, con l'assoluzione delle loro debolezze li riconciliava
con Dio per poi nutrirli con la S. Eucarestia. Per loro aveva parole
di conforto e d'incoraggiamento e recava con cura materna cibo, giornali
e sigarette. Li teneva informati e li consigliava con ansia affettuosa.
La sera del 3 febbraio 1945 Don Attilio fu persino arrestato e portato
nel carcere di Monza, dove restò 23 giorni perché riconosciuto
colpevole di atteggiamento antifascista e di aver prestato assistenza
spirituale e materiale ai renitenti e sbandati che si rifiutavano di
aderire alla Repubblica di Salò.
Dopo 11 anni passati a Vimercate e dopo una breve parentesi a S. Biagio,
Don Attilio arrivò nella nostra parrocchia il 10 giugno del 1951.
Nel suo primo discorso il nuovo parroco afferma: “Noi oggi ci
incontriamo per la prima volta e ci guardiamo negli occhi così
come faremo sempre e da questo incontro noi, fin da oggi, in buona conversazione,
comporremo il lavoro che ci farà raggiungere quanto desideriamo.
Il sacerdote è sì un condottiero, ma ognuno di noi ha
già nel suo cuore l'ordine del proprio cammino. Il sacerdote
può dunque solo insegnare, ammonire, recuperare".
Tra le sue opere più importanti vi ricordiamo:
- il ritrovo Edelweiss, definito il monumento più insigne di
quel suo amore cocente per la gioventù. Il ritrovo, dotato di
tavoli di marmo, ombrelloni e gioco di bocce era noto anche con il nome
di Piccola Sanremo perché le sue pareti erano rivestite da vari
ed intensi colori, con annesso un giardino ben curato, ricco di fiori
e con una graziosa fontana;
- la riorganizzazione delle associazioni parrocchiali, dei corsi di
catechismo e delle feste parrocchiali;
- la realizzazione di impianti di amplificazione centralizzati in chiesa,
negli oratori e nell'ufficio parrocchiale,
- la creazione del Ritrovo Ragazzi, con bar, giochi e campi di pallavolo;
- la sistemazione del salone parrocchiale e il rifacimento della Cappella
di Maria Bambina.
Inoltre, grazie alla continua opera di sensibilizzazione della popolazione
svolta in prima persona da Don Attilio verso la carità cristiana,
fu possibile raccogliere somme sempre più considerevoli per l'assistenza
straordinaria ai meno abbienti, ai poveri e a chi era in particolari
gravi necessità, con acquisto di medicinali, distribuzione di
sussidi, pagamento di luce e affitto. In particolare nel 1951 per gli
alluvionati del Polesine si raccolsero 17 quintali di indumenti e generi
diversi, nonché offerte per £ 75.300.
Secondo Don Attilio la parrocchia è una fucina di bene, la casa
dell'elevazione morale e della santificazione di ogni pena e di ogni
gioia, un aiuto alla famiglia ad educare. Il suo compito è quello
di forgiare la coscienza cristiana e non quello di assecondare. Il suo
motto era dunque “famiglia in ordine e parrocchia che primeggia".
Don Attilio morì il 7 dicembre 1962. Un lungo procedere di folla,
oltre 5000 persone, tra le case parate a lutto è l'immagine che
molti ancora oggi ricordano circa i suoi solenni funerali ed è
anche la metafora dell'esistenza umana, che è un comune cammino
e un comune passaggio. Dai giornali dell'epoca si legge: “Se è
vero che alcuni hanno la fama mentre altri se la meritano davvero, tra
questi ultimi va degnamente annoverato Don Attilio".
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