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Parrocchia san Pio V e s. Maria di Calvairate
Milano - IT

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Ha aggiornato il
11 aprile 2005

Davide.it

Si propongono qui alcuni documenti utili a comprendere la situazione, la storia recente e remota del popolo albanese

Catholic World News
Vatican Update
01/29/1997

Albanian Cardinal Dies; Imprisoned 44 Years Vatican (CWN) -- Cardinal Mikel Koliqi of Albania, who spent 44 years of his life in Communist prison camps, died yesterday in Shkodre, Albania, at the age of 95.

Born in Albania, Mikel Koliqi studied for the priesthood in Italy, where he was ordained in 1931. Four years later, returning to his native land, he was named vicar general of the diocese of Shkodre. A talented writer and poet, he worked quite effectively with young people, and continued his work for the diocese until 1991. But that work exacted a heavy price.

Coming to the attention of Communist authorities because of his popularity, Koliqi was imprisoned, released, and imprisoned again. His third arrest, in 1954, led to a 32-year prison term. The sum total of his punishment was 21 years at forced labor and 23 years of prison confinement.

Pope John Paul II-- who elevated the Albanian priest to the rank of cardinal in 1994-- told Albanian Catholics of the "profound emotion" he felt upon learning of the death of "a heroic priest." His powerful Christian witness, the Pope said, was "a shining example of trust in divine Providence."

INAUGURATO IL CENTRO GIOVANILE "CARDINALE MIKEL KOLIQOI"
SHIROKA (ALBANIA):
Grazie al contributo della parrocchia del Suffragio di Milano è stato inaugurato il Centro Giovanile “Cardinale Koliqoi” annesso alla parrocchia tenuta dai sacerdoti di Don Orione.

Nel lavoro per la costruzione del centro hanno contribuito senza stancarsi Don Mario Baglio, Don Giuseppe De Guglielmo e i seminaristi Dorian e Gioachino della Famiglia Orionina , che da due anni lavorano come missionari in questa zona dell’Albania. La giornata ha avuto inizio con la Santa messa presieduta da S. E. Mons. Angelo Massafra, Arcivescovo della Diocesi di Scutari, accompagnato da numerosi sacerdoti e dal viceparroco della parrocchia del Suffragio a Milano. Erano presenti anche i giovani volontari di Milano e fedeli delle varie zone pastorali dove gli orionini prestano servizio; presenti, inoltre, i parenti del Cardinale albanese scomparso alcuni anni fa.

Dopo la Messa, tutti si sono recati al Centro Giovanile per partecipare al taglio del nastro. Mons. Massafra ha espresso il suo compiacimento per questa realizzazione ed ha invitato i padri orionini a seguire gli insegnamenti del Fondatore nella formazione dei giovani, definiti da Don orione: - sole o tempesta per il futuro!”. Anche Don Mario Baglio FDP ha preso la parola ringraziando tutti i partecipanti ed in modo particolare la delegazione della parrocchia del Suffragio di Milano spiegando il perché si è voluto dedicare l’oratorio al Cardinal Koliqui: - Egli era originario di Shiroka ed è stato il simbolo della persecuzione del passato regime Comunista nei confronti della Chiesa Cattolica. E poi per un segno di riconoscenza nel suoi confronti, perché quando fu nominato cardinale, il Santo Padre gli affidò come titolo proprio la parrocchia di Ognissanti di Roma al quartiere Appio tenuta dai Figli della Divina Provvidenza”.
I giovani stanno lasciando, una volta per sempre, il loro passato amaro, per guardare avanti con coraggio, serenità e speranza e grazie anche a queste iniziative, a questi punti di “riferimento” che possiamo pensare ad un futuro migliore per tutti!

Per informazioni: Gianluca Scarnicci, Addetto stampa Opera Don Orione tel. 0670475537 – 03356207389 e-mail: uso@pcn.net

Fax del Superiore della comunità orionina in Albania.
don Giuseppe de Guglielmo così ci ha scritto da Elbasan.
Elbasan 31/3/1999
Rev.mo Padre Provinciale e confratelli,
a distanza di due anni esatti dalla Pasqua del 1997, un'altra catastrofe si abbatte sulla terra d'Albania: quella dei rifugiati del Kosovo che fuggono dalla propria terra e si riversano sui confini dell'Albania e della Macedonia.

Penso che sia inutile fare una cronistoria o commento, in quanto i mezzi di comunicazione fanno arrivare in tutte le famiglie del mondo le immagini terrificanti di questi fratelli in fuga. Ad una situazione generalizzata di povertà si aggiunge ora anche questa tragedia!

Il popolo Albanese, nonostante le difficoltà proprie, apre il cuore e le porte della propria casa a questi fratelli. Noi come orionini, sia a Scutari che ad Elbasan, siamo impegnati - nella collaborazione ed aiuto con le autorità locali, secondo le nostre possibilità, - a far fronte all'emergenza.

Ad Elbasan di profughi del Kosovo ne sono arrivati, per il momento, 1500 e per i prossimi giorni si prevede un flusso più consistente, fino ad a raggiungere le ottomila unità. Potete immaginare i problemi per una popolazione non abituata e non preparata per una simile situazione!
Abbiamo bisogno di aiuti economici consistenti sia per dare un contributo alle famiglie che ospitano nuclei familiari, sia per l'acquisto di generi di prima necessità.

Noi, come comunità, abbiamo messo a disposizione lo stabile di Luluste Portokalleve, messo a nuovo, per una trentina di persone che dovremmo gestire in prima persona con l'onere finanziario a nostro carico. Un preventivo veloce e approssimativo si aggira sulle 20.000 lire giornaliere pro capite. Vedete che cosa potete fare. Il contributo si può versare sui cc/p o sul cc/b indicati dal Provinciale.

Ringraziamo sempre tutti in quanto non è mai mancata in ogni circostanza l'amore dei Confratelli e degli Amici verso la missione d'Albania. A Lei, Provinciale, ai Confratelli, agli Amici, ai Benefattori tutti il nostro augurio fraterno di una buona e santa Pasqua!
La comunità orionina d'Albania

La geometria inesatta che separa l'Italia dall'Albania

Non aveva ancora 20 anni, Tonin

Stefano Biraghi

gennaio 2004

In cinque anni di andirivieni tra Italia e Albania non ci avevo mai pensato tanto come in questi giorni. Ho molti amici laggiù, persone con cui ho condiviso giornate di lavoro, ore di divertimento, il formaggio fresco attorno a un tavolo, la bottiglia di raki. Vivono soprattutto nelle regioni del nord del paese, in villaggi sparsi nella campagna, abbarbicati sulle montagne o aggrappati alla miseria della periferia delle città più grandi. In Albania la geografia economica del paese è ribaltata rispetto all'Italia. Il sud è a nord della Grecia e in qualche modo riesce a rimanere legato al Mercato occidentale. Il nord, invece, è a sud del Montenegro, nel buco del culo dei Balcani. Traffici e povertà. Tutto questo già lo sapevo. Fin dalla prima volta in cui andai laggiù e tornai innamorato dei tramonti sul lago di Scutari. Quello di cui, invece, non mi ero mai accorto è che non ci separano soltanto l'Adriatico ed un altro mare di pregiudizi ma anche una geometria inesatta, non euclidea. Per cui, presi due punti, non sempre lo spazio che li unisce è uguale; il mondo visto da laggiù, perlomeno, non rispetta questa regola. La distanza fra Milano e uno qualsiasi di questi villaggi è breve: due ore d'aereo - poco più di 200 euro tra andata e ritorno - un centinaio di chilometri in jeep; la distanza inversa, invece, certe volte è infinita: 1.500 euro per morire su un gommone. Non parlo solo di chilometri. Quando vado laggiù, specialmente in estate, mi sento in un mondo diverso ma in fondo vicino, quasi una seconda casa; i ragazzi che conosco mi sembrano in tutto e per tutto come me. Ognuno di questi "ragazzi come me", però, nella sua breve vita, ha già visto morire qualche bimbo per uno stupido attacco d'appendicite, amici crepare ammazzati per qualche sgarro ai boss della mala locale, o parenti, conoscenti partire per l'estero e non fare più ritorno a casa.
Tonin, una storia come tante
Non aveva ancora 20 anni, Tonin. Li avrebbe compiuti in questi giorni: per l'esattezza, il primo di febbraio. Probabilmente sognava di festeggiarli in Italia. Magari s'immaginava un brindisi con una birra e mezza pizza al taglio, qualcosa di semplice e informale; senza le candeline ma col brivido, il fascino e la solitudine dell'avventura clandestina; sotto un tetto provvisorio in compagnia di qualche compagno di viaggio conosciuto soltanto da pochi giorni. Forse sognava già, per quella data, anche di aver trovato un lavoro; in nero, certo, senza alcuna garanzia, faticoso, duro ma sicuramente in grado di offrirgli qualche prospettiva in più rispetto al nulla, all'apatia che ogni giorno respirava aspettando il tramonto lunghe le stradine fangose del suo villaggio nel nord dell'Albania. L'inverno è lungo laggiù. Piove e fa freddo. Con la testa cerchi sempre di essere altrove. Tonin sognava tutto questo, sicuramente con timore ma lo sognava da tempo; forse dal momento in cui aveva smesso di andare a scuola e aveva cominciato a non avere niente da fare per tutto il giorno. A guardare la tv. Il generatore e il volume a palla, se manca la corrente. Troppa tv. Quella maledetta tv che è come una finestra: credi di guardare dentro la tua vita ma poi ti basta uscire dalle quattro mura della casa in cui vivi e ti trovi in una realtà che non centra nulla con quella che ti hanno fatto baluginare davanti agli occhi. Lontana anni luce; o forse, soltanto uno sputo di mare. Lo immagino Tonin che pensa… machecacchio, se siamo arrivati su Marte, non saranno mica ottanta chilometri d'acqua salata a separarmi da tutto questo! Anche per Tonin, dopo la scuola era arrivato il niente. Inverno dopo inverno. Come per la maggior parte dei coetanei e per molti ragazzi più grandi di lui. Per i loro padri. Come quasi per tutti, d'altronde, da queste parti. Quasi. Fatta eccezione per quelli che hanno accettato di sguazzare nei traffici e nei soldi facili della mala e per quelli che, invece, ci hanno provato davvero a fuggire da tutto questo. Ne hanno avuto la possibilità, la fortuna, il coraggio, che importa! "L'occasione ti capita una volta soltanto", questo si sente sempre dire tra i ragazzi. Quelli che ce l'hanno fatta e sono riusciti a fare qualche soldo all'estero, poi tornano. Chi dalla Grecia, chi dall'Italia, chi dalla Germania. Poi tornano e sono diversi. Qualcuno va fino in America. I più fortunati? E chi può dirlo, "quelli non li vedi più tornare!". Lo immagino Tonin, a casa durante le feste di Natale. Tra i suoi che poco più di un decennio prima erano scesi dalle montagne del Dukagjin per stabilirsi ai margini della città. In questa periferia della periferia d'Europa. Lo immagino, Tonin, in mezzo alla sua famiglia: sua sorella Roza che prepara da mangiare e intanto cerca di studiare sui libri di matematica. Già perché Roza è ostinata; ha voluto continuare a studiare e si è iscritta all'università. Scandalo e orgoglio della famiglia, la figlia ribelle. La ragazza che studia. Per Tonin, soltanto la sorella maggiore. Ma così troppo maggiore… . Lo ricordo Tonin, con il suo volto scuro, i grandi occhi castani, così penetranti, eppure schivi, sfuggenti, quasi a non voler trafiggere gli sguardi che incrociava. Di rado sorrideva, ma quando accedeva - a volte, durante le gite, piccole fughe dalla vita quotidiana - la sua risata era un'esplosione coinvolgente. Allora, sotto un accenno serioso di baffetti da uomo, lasciava intravedere due file di denti irregolari e, per qualche istante, perdeva quell'aria triste e pensierosa che si portava sempre appresso. Lo immagino Tonin, ragazzo che sentiva di essere già uomo, con il pensiero a quella partenza. All'ultimo abbraccio a Roza: "…vedrai che anch'io!". Con l'idea di quel primo compleanno vissuto lontano da casa. Quanto aveva aspettato questo momento, quanto lo aveva progettato con gli amici. Quanti di loro, adesso, lo avrebbero invidiato sapendolo in partenza. "Ma come avrà fatto a trovare i soldi che gli servivano?" Millecinquecento sputati eurobigliettoni. La paga di quasi un anno di lavori saltuari, in Albania. Troppo per uno che non lavora… anche gli amici lo avrebbero guardato strano se avesse detto loro che stava per andarsene. Ma probabilmente non gliel'avrà mai detto. E' partito di notte. D'inverno, che tanto nessuno esce di casa e la gente, a differenza di sempre, non mormora, al massimo batte i denti per il freddo.
Alla periferia del benessere
Veniva da Bardhaj, Tonin. Un villaggio alla periferia della città di Scutari; tra la discarica e le colline. Viveva in questa crudele Albania d'inizio secolo. Terra di contrasti: selvaggia, a volte dolcissima. Di una dolcezza antica e paziente. Terra di stenti: in media in Italia circa il 20% del reddito viene speso per il vitto, in Lombardia ancora meno, circa il 17%. In Albania siamo tra l'80% e il 90%. Cioè il reddito serve per riempirsi la pancia; il resto sono solo sogni, buoni per le chiacchiere tra amici ai bordi delle strade polverose. Qualche tempo fa ne parlavo con il vescovo di Scutari, Angelo Massafra e con don Antonio Giovannini, sacerdote in Albania, fidei donum della diocesi di Milano. Guardavamo i camion che scendevano dalla montagna carichi di tronchi di faggio. Legna da ardere, 50 trasporti ogni giorno; di rimboschimento non c'è traccia. "Cosa resterà per i loro figli?" ci chiedevamo. "Già, ma intanto, oggi, cosa danno loro da mangiare?". Il vivere quotidiano laggiù segue logiche d'ineccepibile linearità; le sfumature sono per i benpensanti dell'altra sponda. Tralasciando il disastro ambientale, peraltro, il taglio della legna è una delle poche attività "lecite" che garantisce qualche guadagno. Si può anche coltivare l'erba nera, meglio nota come cannabis. Ma il mercato della maria è talmente saturo che il prezzo di vendita è appena superiore a quello del tabacco. Inoltre c'è bisogno di un sacco d'acqua e la polizia - forse per eliminare concorrenti sul mercato - è sempre pronta a dare multe e a requisire i raccolti. Resta l'emigrazione. Un business florido! Roba che ci campano in tanti e qualcuno riesce anche ad arricchirsi. Quella legale è quasi impossibile. Gommoni, scafi, documenti falsi, sono le possibilità offerte dal mercato: ciascuna ha la sua tariffa, i suoi referenti e le sue coperture. Le sue liste d'attesa. Sempre più lunghe. Pattugliare le coste non basta. E' un deterrente, certo. Una barriera di mercato. Alza i rischi e i costi dell'offerta. Perché nell'ultimo anno ci sono stati così pochi sbarchi in Italia provenienti dall'Albania? Perché la gente non può permettersi più i costi del viaggio. E chi i soldi ce l'ha veramente si paga i documenti in regola. Ricordate la logica lineare? "Non basta mettere i divieti - mi diceva don Antonio, qualche mese fa - occorre dare un'alternativa. Non si può dire ad un uomo dove non deve andare, senza dargli l'opportunità di rimanere" . Sono anni che don Antonio, prima in Italia ora in Albania, ha a che fare con leggi italiane sull'immigrazione. E su questi temi non ha certo peli sulla lingua. "Dare in mano le politiche sull'immigrazione a Bossi è come affidare l'educazione sessuale a un pedofilo! A una persona disturbata, che ha un problema irrisolto con la materia e, più in generale, con la globalizzazione. Col risultato che abbiamo un estremista no-global al governo in una maggioranza che si dichiara liberal. E migliaia di cittadini che si dichiarano euro-entusiasti, fanno i soldi in quella Padania che si autoproclama Libera. Da chi e da che cosa non si sa. Forse dai poveri. Oppure dalle "notizie dei poveri", che disturbano il quieto vivere di tanti onesti cittadini". Irreprensibili cittadini d'Occidente. Irresponsabili, inconsapevolmente complici. Sordi a quel brusio di tante cose non dette che ci circonda. Di storie non raccontate. Di vite che si spengono senza far rumore. Cicche di sigarette nell'acqua.
Epilogo triste e un poco scontato
I sogni di Tonin e i suoi quasi vent'anni sono naufragati la notte del 9 gennaio a largo dell'isola di Saseno; il motore del gommone che lo avrebbe dovuto portare in Italia schivando le barriere d'egoismo delle nostre leggi è andato in avaria a pochi minuti di nuoto dalla costa albanese. Le tenebre, la pioggia e uno sputo di mare in tempesta hanno fatto il resto. Al mattino, quando i soccorsi hanno individuato il natante, a bordo hanno trovato più di venti corpi assiderati. Pochi avevano più di vent'anni e quasi tutti venivano dal nord dell'Albania. Da villaggi, come Bardhaj, dove il tempo per i giovani non sembra mai passare e le giornate, specie d'inverno, sono fredde e monotone, scandite soltanto dal rombo dei generatori e dai jingle della tv.