Missionarietà nell'amicizia

La proposta del nostro parroco all'Arcivescovo

da Camminiamo Insieme - anno 20, n.31 del 6/4/2003

 

 

Ho davanti agli occhi la difficoltà a fare la Chiesa. Sì ci sono dei buoni cristiani, i fedeli ai sacramenti e alla messa, i confratelli delle associazioni, gli aiuti fraterni, la cooperazione per il terzo mondo, permangono i campanilismi....

Mi sono venuti a questo punto alla mente i suoi semplici ma caldi gesti di amicizia quando è stato con noi ad agosto. Non ricordo le parole dell'omelia, ma quelle che preparavano o accompagnavano un tratto di vicinanza, quelle le ricordo. Mi è venuto spontaneo riandare a quelle parole del Vangelo di Giovanni: "Vi ho chiamato amici". La distanza tra cielo e terra è superata da questa amicizia di Dio: nella concretezza di Gesù; nella presenza dello Spirito che la sequenza indica come: "Ospite dell'anima, dolcissimo sollievo, nella fatica riposo..."; nel dare la vita per noi suoi amici, con la paura che non avessimo a realizzare che l'amore è più forte della morte; nel sottolineare che l'unica inimicizia è con l'avversario, il male e il peccato perché rinnega questa logica. Questo è l'annuncio, questa la bella testimonianza: noi siamo coloro che hanno creduto all'amore. Queste parole certo le ho dette tante volte, ma non nell'ottica dell'amicizia. Forse abbiamo buttato, con l'acqua sporca di una visione distorta di amicizia, anche il bambino. Mi sono affiorate a questo punto una serie di espressioni che Le propongo senza dare ordine, in un tentativo di renderla partecipe di questa cosa che mi piace e può rendere viva e calda la nostra missione: tutto è grazia. Non si può dare quello che non si ha o non si è. Tutto posso in Colui che è la mia forza. Non vi chiamo più esecutori, ma amici. Misericordia io voglio. Fate agli altri quello che volete sia fatto a voi. Non pretendere amicizia, offrila e cerca di meritarla. Il bene è di sua natura capace di diffondersi. Gesù voleva molto bene a Lazzaro. Stare al momento giusto con l'atteggiamento giusto....

Quando Papa Giovanni parlava della parrocchia come della fontana del villaggio a cui ogni persona può arrivare per la sua sete, parlava un evidente linguaggio amicale, un linguaggio che, pur essendo Papa, non esitò ad usare in ogni circostanza, evangelizzando anche chi non era stato mai toccato dalle più avvedute strategie pastorali. Non solo i lontani, ma soprattutto i vicini, preti e laici, potrebbero ricavare spunti notevoli da questa categoria evangelica che per me è urgente accogliere per non continuare a vivere l'unione con Cristo nella comunione e una sana distanza dai fratelli che pure si accostano all'Eucaristia, perché di loro non ci si fida. Amicizia può essere la parola chiave che continui il lavoro portato avanti dal suo predecessore sulla Parola di Dio. Offre infatti alla familiarità con la Parola di Dio un volto, incontrato da Abramo, confermato nell'Alleanza con il popolo antico con Mosè e con il popolo nuovo con Gesù. Ai continui appuntamenti offerti all'uomo, ieri come oggi, la risposta non è mai scontata è sempre nel gioco di una libertà che però è affascinata da questa amicizia che non ti lascia solo. Questo annuncio è missionario perché, mentre ti fa stare di fronte alla chiamata ad essere amico, ti fa anche sorgere l'urgenza di suscitare l'amicizia con Dio e tra gli uomini. In questa prospettiva non ci sono grandi piani o esortazioni da compiere, anche perché la parrocchia è già il volto missionario della chiesa. Questo volto nel tempo ha conosciuto espressioni diverse, ora può avere questo tratto "amicale" anche per entrare a contatto con questo uomo sempre più individuo. I grossi nodi che spesso divengono tormento del vivere personale e pastorale: preghiera e azione, liturgia e vita, "andare a messa " e " arrivare alla messa", catechesi e carità, creatività e regola, per i poveri e poveri, andare e attendere, predicare e testimoniare, vicini e lontani, ricerca e fedeltà,...forse sarebbero letti con maggiore serenità e fiducia nella certezza che il bello della vita è accogliere questa varietà di presenze e di poter contare di avere al fianco il Vescovo, il sacerdote, il laico che ti aiuta a fare discernimento per l'oggi. Infine le nostre parrocchie sono un campionario di situazioni diverse per età, cultura, professione, condizione economica, posizione politica, estrazione sociale, condizione familiare, pratica o assenza religiosa...

Forse il linguaggio da tutti atteso e compreso può essere quello evangelico dell'amico.

Ho scritto questo P.S. con una apertura d'animo amicale.

don giorgio

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