Home

La storia

La chiesa

La cronistoria

Eventi

 

 

SABATO 5 AGOSTO
Settimana della VIII domenica dopo Pentecoste • Anno I
Dedicazione della basilica romana di S. Maria Maggiore.

Lettura del libro dei Numeri.
In quei giorni. Tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; quella notte il popolo pianse. Tutti gli israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: «Fossimo morti in terra d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?». Si dissero l’un l’altro: «Su, diamoci un capo e torniamo in Egitto».
Allora Mosè e Aronne si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a tutta l’assemblea della comunità degli Israeliti. Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunnè, che erano stati tra gli esploratori della terra, si stracciarono le vesti e dissero a tutta la comunità degli Israeliti: «La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra molto, molto buona. Se il Signore ci sarà favorevole, ci introdurrà in quella terra e ce la darà: è una terra dove scorrono latte e miele. Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo della terra, perché ne faremo un boccone; la loro difesa li ha abbandonati, mentre il Signore è con noi. Non ne abbiate paura».
Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti. Il Signore disse a Mosè: «Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me, dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo escluderò dall’eredità, ma farò di te una nazione più grande e più potente di lui».
Mosè disse al Signore: «Gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire di là questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questa terra. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, che tu, Signore, ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora, se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno: “Siccome il Signore non riusciva a condurre questo popolo nella terra che aveva giurato di dargli, li ha massacrati nel deserto”. Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, secondo quello che hai detto: “Il Signore è lento all’ira e grande nell’amore, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. Perdona, ti prego, la colpa di questo popolo, secondo la grandezza del tuo amore, così come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui».
Il Signore disse: «Io perdono come tu hai chiesto; ma, come è vero che io vivo e che la gloria del Signore riempirà tutta la terra, tutti gli uomini che hanno visto la mia gloria e i segni compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno dato ascolto alla mia voce, certo non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri, e tutti quelli che mi trattano senza rispetto non la vedranno. Ma il mio servo Caleb, che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente, io lo introdurrò nella terra dove già è stato; la sua stirpe la possederà».

Lettura del Vangelo secondo Matteo.
In quel tempo. Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Il versetto del canto dell'alleluia fa da sintesi alla liturgia della Parola di questo sabato: Accresci in noi la fede! Il libro dei Numeri riporta la grande mormorazione del popolo, ormai alle soglie della terra promessa, che, dimentico di tutti i prodigi di salvezza operati da Dio - la liberazione dalla schiavitù egiziana, il passaggio del mar Rosso, il dono della manna, delle quaglie, dell'acqua - ancora si lascia sopraffare dalla paura rimpiangendo l'Egitto e maledicendo il deserto. Il pianto della paura soffoca la fede, offuscando la memoria. Così commenta l'autore della Lettera agli Ebrei: Noi vediamo che non poterono entrarvi a causa della loro mancanza di fede. A questa mormorazione antica fanno eco le domande stupite e dubbiose degli abitanti di Nazareth, che inciampano nello scandalo in rapporto alla persona di Gesù: la presunzione di conoscerlo, di sapere da dove viene, l'ordinarietà del suo essere uomo, figlio, fratello... È un ripetersi, in forma diversa, della mormorazione antica del popolo nel deserto: Dio non si sta rivelando come noi ci aspettavamo, Dio non si presenta secondo i nostri schemi, il suo agire non riusciamo a circoscriverlo, a capirlo... La propria idea di Dio e di salvezza, unita alla paura dell'ignoto, della irriducibile novità che è indissolubilmente legata all'alterità di un Dio vicino ma che abita i cieli, impedisce a molti credenti di accoglierlo nel suo mistero, di credere nella sua forza salvifica. E a causa della loro incredulità non fece molti prodigi: la mancanza di fede da parte dell'uomo è l'unica realtà capace di fermare la mano di Dio, rende impotente la sua opera perché chiude il cuore alla sua accoglienza e alla sua grazia efficace. Siamo invitati allora a rinnovare la supplica, perché Dio accresca in noi la fede, ma anche a farci intercessori come Mosè per tutti coloro il cui cuore è chiuso nella paura e nell'incredulità. Rinnoviamo la fede nel Dio grande nell'amore, che perdona la colpa e la ribellione secondo la grandezza del suo amore, e insieme facciamoci carico di tutti i fratelli prigionieri del dubbio, del pianto, dell'incapacità ad affidarsi con fiducia al Padre, irrigiditi nelle proprie false immagini di Dio.