IL NOSTRO SANTO PATRONO SAN FELICE IN PINCIS

Le notizie della vita del nostro Santo protettore ci sono pervenute attraverso la penna e il cuore di Paolino da Nola che nei suoi Carmi traccia a grandi linee la vita del Santo.

La famiglia di Felice è di origine orientale, il padre, siro, si stabilì a Nola dove gli nacquero due figli: Felice e un altro chiamò col suo stesso nome, Ermia. I due fratelli, pur essendo nati dallo stesso sangue mostrarono indole e tendenze diverse: Ermia si sentì attratto dal mestiere delle armi, Felice sentì nel cuore la voce del Signore che lo chiamava ad una vita diversa. La giovinezza di Felice fu ricca di virtù e meriti e ben presto divenne sacerdote.

Le caratteristiche dell'apostolato di Felice si possono così sintetizzare: zelo, predicazione, vincolo filiale col proprio vescovo. Tutto sembra procedere nella tranquillità e libertà, quando, la persecuzione, si abbatte insidiosa e feroce sulla chiesa. Il vescovo Massimo, diffidando delle sue forze, si ritira sui monti vicini dove soffre e prega per il suo gregge. Felice rimane solo ma non teme: Cristo è in lui a combattere per la verità. Viene arrestato e condotto in carcere ma, mentre le catene gli avvolgono il corpo, Cristo viene in suo soccorso. Un angelo risplendente di luce gli appare, li invita ad alzarsi e lo conduce sui monti dove Massimo giace sfinito. Il santo sacerdote cerca di rianimarlo; il Signore gli offre un grappolo d'uva, che miracolosamente gli appare vicino. Il succo di pochi acini fa rinvenire il morente. Felice lo prende sulle spalle e con l'aiuto celeste lo conduce nella sua povera casa custodita da un'anziana domestica.

Felice è fatto ancora oggetto di odio ma il Signore lo salva sempre con interventi divini e straordinari. ora non facendolo riconoscere, ora nascondendolo dietro un improvviso terrapieno e una tela miracolosamente intessuta da un ragno. felice trova, infine, rifugio in una vecchia cisterna dove è sfamato da una donna che, inconsapevolmente, ogni giorno gli porta del cibo.

Dopo questa seconda persecuzione Felice ritorna tra i suoi fedeli che lo accolgono con gioia ed insieme stupore dopo una lunga assenza. Felice riprende il suo lavoro umile e silenzioso e alla morte del vescovo tutto il popolo lo acclama vescovo ma, umile e semplice qual'era, rinuncia all'episcopato in favore del presbitero Quinto. Il 14 gennaio di un anno a noi sconosciuto Felice lascia vita terrena per incontrarsi con Cristo corona dei santi.

Una breve riflessione critica: E' da escludere una datazione troppo antica come il I o II secolo dell'era cristiana. I resti archeologici del Complesso Basilicale fanno pensare con sufficiente certezza al III secolo.  Paolino, venendo a Nola, trova un'antica tradizione già esistente intorno al venerato sepolcro. La vita di Felice, poi, deve porsi in relazione con una persecuzione prima irruente, poi sedata e, quindi, ripresa; al termine della persecuzione segue un decreto di restituzione dei beni confiscati ai cristiani.

Partendo da questi due punti possiamo dire: San Felice fu perseguitato sotto l'impero di Decio che ebbe termine nel 251 e poi di Valeriano fino al rescritto del 258. Tra le due persecuzioni c'è un periodo di calma a cui Paolino fa esplicito riferimento.

Fanno parte di elaborazione sulla scorta della Bibbia i seguenti punti: Felice è oriundo dell'Oriente, la terra dei Patriarchi e dei Profeti; si consacra a Cristo lasciando ad Ermia l'eredità paterna; è liberato dal carcere miracolosamente come san Pietro; i persecutori non riescono a catturarlo; Dio gli fa trovare un grappolo d'uva per rianimare il morente vescovo Massimo; è dissetato come Elia per intervento straordinario di Dio.

Non mancano elaborazioni ascetiche e morali come il Cristo che combatte per lui, l'umiltà, la povertà, la generosità fino a dividere la mensa con il povero.

 

 

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