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Nel 1918 si iscrive al Cai ed alla "Giovane montagna". L'alpinismo era una sua grande passione. Le escursioni che organizzava con "I tipi loschi" erano anche occasioni di apostolato. Andava a teatro, all'opera, visitava i musei, amava la pittura e la musica, conosceva a memoria interi brani di Dante.
Nel 1920 segue il padre a Berlino. Qui frequenta circoli di cui fanno parte operai e studenti insieme:questa esperienza lo entusiasma e nel 1921 a Ravenna, al primo congresso della Pax romana e al decimo congresso della Fuci ne propone, senza successo, la fusione con la Gioventù Cattolica. Vive con passione il congresso del Partito popolare di Torino nell'aprile 1923, dove si discute sul fascismo. Gli scritti di santa Caterina da Siena e gli accesi discorsi di Savonarola, di cui era grande ammiratore, lo spinsero ad entrare nel 1922 nel terz'Ordine domenicano col nome di fra' Girolamo.
Come suo padre, dal suo nascere riconosce il vero volto del fascismo e gli si oppone, come prima si era opposto alle sopraffazioni dei rossi. E profondamente deluso dall'ingresso di parte dei popolari nel governo fascista. Nel gennaio del 1925 la sorella Luciana sposa un diplomatico polacco e si trasferisce all'Aja. Dal matrimonio nasce Wanda Gawronska. Due mesi prima della laurea, una poliomielite fulminante, contratta molto probabilmente nell'assistere i malati, colpisce il giovane Pier Giorgio. "Ormai sono vicino a raccogliere ciò che ho seminato", aveva scritto a Marco Beltramo il 15 giugno. In sei giorni la malattia stronca il suo fisico forte. Muore il 4 luglio 1925, all'età di 24 anni. La sua ultima preoccupazione sono stati i poveri. La vigilia della morte, facendo prendere un pacchetto dalla tasca della sua giacca, con la mano semiparalizzata scrive un biglietto per un amico: "Ecco le iniezioni di Converso. La polizza è di Sappa. L'ho dimenticata, rinnovala a mio conto". I funerali che furono un vero trionfo, con la partecipazione di una folla di gente sconosciuta alla famiglia, hanno rivelato chi veramente era Pier Giorgio. Malti scoprirono solo allora che era un Frassati. I1 20 maggio 1990, in piazza San Pietro, Giovanni Paolo II beatificava "l'uomo delle otto Beatitudini", "l'alpinista tremendo", come lo aveva anche chiamato. Le spoglie mortali venivano trasferite dalla tomba di famiglia nel cimitero di Pollone al Duomo di Torino, dove ora riposano. «Tu mi domandi se sono allegro. E come potrei non esserlo? Finché la fede mi darà la forza, sempre allegro! Ogni cattolico non può che essere allegro; la tristezza deve essere bandita dagli animi cattolici: il dolore non è la tristezza, che è una malattia peggiore di ogni altra. Questa malattia è quasi sempre prodotta dall'ateismo; ma lo scopo per cui siamo stati creati ci addita la via, seppur seminata di molte spine, ma non una triste via: essa è allegra anche attraverso i dolori... La nostra vita per essere cristiana è una continua rinunzia, un continuo sacrificio, che però non è pesante quando si pensi cosa sono questi pochi anni passati nel dolore in confronto all'eredità felice, dove la gioia non avrà misura e fine, dove noi godremo di una pace inimmaginabile.» [P.G.Frassati, Diario] |
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